di Fulvio Conti Guglia. Nel fatto venivano contestati i reati di cui agli articoli 44 lettera c) d.p.r. 380/01, 734 del codice penale e art. 181 quinquies D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, per avere in qualità di direttore e di legale rappresentante della ditta realizzato opere edilizie e di trasformazione del territorio in area boscata consistite nella costruzione di un tracciato di viabilità delle dimensioni di 74 mt di lunghezza e della larghezza media di metri 6 su cui risultavano essere state abbattute ed estirpate 57 piante adulte di specie varie tra cui, robina,e corbezzolo e pini marittimi di oltre 40. anni.
La difesa sostenuta nello specifico, era che il disboscamento effettuato, era avvenuto per errore e ad confermare quanto dichiarato era il fatto che la bretella realizzata fosse priva di qualche utilità per facilitare i lavori che la ditta degli imputati doveva svolgere.
Nondimeno, la questione concernente la sussistenza del reato è stata esaminata sotto un diverso profilo in quanto ciò che in realtà rileva è unicamente la valutazione circa l’esistenza di una trasformazione ambientale, a prescindere dalle ragioni per cui è stata posta in essere.
Sicché, il riferimento allo “sbaglio degli operai” contenuto in sentenza, a prescindere dalla atecnicità dell’espressione, non rispondeva ai rilievi formulati.
Inoltre, i reati (art. 44 lett. c) DPR 380/01 e 734 cod. pen.) hanno natura contravvenzionale e, dunque, per la punibilità è sufficiente il profilo colposo.
Non basta dunque l’errore ad escludere il reato.
E’ oramai consolidato l’orientamento secondo cui: in materia contravvenzionale la buona fede acquista giuridica rilevanza soltanto se si traduce, a causa di un elemento positivo estraneo all’agente, in uno stato soggettivo tale da escludere la colpa oppure se l’imputato prova di aver fatto quanto poteva per osservare la legge per cui nessun rimprovero può essergli mosso, neppure per negligenza o imprudenza (Sez. 3, n. 9955 del 08/07/1988 Rv. 179397) Ed è pacificamente l’imputato a dover dare la prova della sussistenza di un elemento positivo di tal genere e anche di dimostrare di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata (Sez. 3, n. 12710 del 29/11/1994 Rv. 200950; Sez. 3, n. 46671 del 05/10/2004 Rv. 230889 ).
In relazione al reato di cui all’art. 44 lett. c) DPR 380/01 la costruzione di una strada richiede il permesso di costruire, (ex concessione edilizia) e, quando sorge in zona paesisticamente vincolata, anche l’autorizzazione regionale, poiché viene posta in essere una trasformazione ambientale, che rende indispensabile l’intervento e la valutazione delle due autorità locali, preposte al controllo del territorio sotto i diversi profili urbanistico e paesaggistico. (Sez. 3, n. 8507 del 26/05/1995 Rv. 202490; Sez. 3, n. 33186 del 03/06/2004 Rv. 229130); Tale principio vale anche per le strade campestri (Sez. 3, n. 10162 del 29/06/1981 Rv. 150947; Sez. 3, n. 30594 del 03/06/2004 Rv. 230152).
Mentre, sotto altro profilo, ai sensi dell’art. 181 quinquies D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, da parte del trasgressore, estingue il reato di cui al comma primo solo qualora non sia stata ancora disposta d’ufficio dall’Autorità amministrativa. (Sez. 3, n. 3945 del 19/12/2005 Rv. 234046).
La disposizione dell’articolo 181, comma 1 quinquies, nella parte in cui prevede l’estinzione del reato ambientale, opera esclusivamente nell’ipotesi che la persona responsabile della violazione abbia spontaneamente rimosso le opere abusive, con ciò intendendosi che la rimozione deve avere luogo prima che l’ente competente intervenga mediante ordine di demolizione o di rimessione in pristino (per tutte, Sez. 3 n. 3064 del 2007, RV 238628).
Nell’occasione giuridica, si è in particolare escluso che possa ritenersi sufficiente per il privato dare esecuzione all’ingiunzione dell’autorità ed evitare in tal modo l’esecuzione coatta da parte dell’ente pubblico in quanto l’esecuzione dell’ordine dell’autorità rappresenta un atto dovuto e non assume rilievo al fine di escludere la punibilità della violazione commessa (Sez. 3^, 2 febbraio 2012, Sentenza n. 4434).
Nel caso cui la decisione si riferisce, la Corte ha specificamente escluso l’applicazione della fattispecie estintiva dell’art. 181 quinquies, risultando il ripristino effettuato dopo che era stata emessa l’ingiunzione a demolire da parte del Comune, anche se non era iniziata la fase esecutiva.
Sentenza per esteso e massime su: www.ambientediritto.it