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Verifica presso il commercialista non obbligatoria e legittima anche se fatta presso gli uffici dei verificatori.

Commento a Decisione Giurisprudenziale 

In tema di verifiche tributarie, la facoltà – attribuita al contribuente dall’art. 12 dello Statuto del contribuente – di richiedere che l’esame dei documenti amministrativi e contabili possa essere effettuato nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta, non gli attribuisce alcun diritto di scelta circa il luogo ove devono essere svolte le verifiche, e i verificatori possono ben decidere di esaminare la documentazione presso i loro uffici.

Decisione: Ordinanza n. 7613/2018 Cassazione Civile – Sezione V

Classificazione: Tributario

 

 

Il caso.

A una SRL venivano notificati avvisi di accertamento per 4 periodi d’imposta (AL 2001 AL 2004) ai fini IRPEG, IVA e IRAP, nei quali si contestavano una pluralità di violazioni tra cui l’utilizzo di fatture di acquisto relative a operazioni inesistenti.

I ricorsi proposti dalla società venivano rigettati sia in primo grado che in appello; veniva quindi proposto ricorso in Cassazione affidato a cinque motivi, che lo accoglie in relazione al mancato assolvimento dell’onere della prova gravante sull’Ufficio relativamente alla asserita reciproca emissione e utilizzazione di fatture oggettivamente false tra la società e una ditta individuale, ma ritiene infondato il motivo proposto relativamente alla decisione dei verificatori – ritenuta legittima – di asportare la documentazione presso i loro uffici, contrariamente alla richiesta della società di svolgere la verifica presso il professionista depositario delle scritture contabili.

 

La decisione.

Il Collegio affronta il primo morivo di ricorso, che denunciava «violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 3, I. n. 212 del 2000 (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.) e difetto di motivazione della sentenza d’appello (art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c.), là dove la Ctr ha ritenuto corretto l’iter seguito dai verificatori durante l’accertamento».

Dalla pronuncia, emerge che «i verificatori hanno asportato la documentazione amministrativa e contabile presso i propri uffici, in contrasto con l’indicazione data dall’amministratore della società, che aveva indicato quale luogo della verifica fiscale il depositario delle scritture contabili», e che «la società, in altre parole, si era avvalsa della facoltà accordata al contribuente dall’art. 12, comma 3, I. n. 212 del 2000 cit.».

Secondo la tesi della società ricorrente, «secondo tale norma, su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi o contabili può essere effettuata nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta»; conseguentemente, «il contribuente ha esercitato tale facoltà, tuttavia i verificatori non solo non l’hanno esaudita, ma hanno deciso autonomamente di esaminare la documentazione presso i propri uffici, laddove, secondo la norma in esame, tale soluzione alternativa è condizionata al valore del verificato, che tale volere non aveva espresso».

La Suprema Corte non condivide questa tesi.

Anzitutto, perché «nel motivo si deduce genericamente che l’istanza per lo svolgimento dell’attività nel diverso luogo fu fatta verbalizzare dal contribuente, mentre il requisito dell’autosufficienza del ricorso per cassazione avrebbe in questo caso richiesto la integrale trascrizione del processo verbale nella parte che conteneva l’indicazione data dalla contribuente, in modo da consentire alla Corte di verificare se e in che termini essa fu espressa e le eventuali diverse ragioni opposte dai verificatori, tenuto conto che la problematica interferisce con quella del rifiuto o della sottrazione della documentazione all’ispezione ex art. 52, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972».

Ma la Corte ritiene anche che sia «assorbente la considerazione che la norma non prevede sanzioni per il caso che i verificatori abbiano proseguito la verifica presso i propri uffici in assenza di istanza in tal senso manifestata dal contribuente», e che, in conformità a una precedente pronuncia, non «vi è spazio per ipotizzare in materia una nullità virtuale, posto che, come chiarito da questa Suprema Corte, il comma terzo dell’art. 12 della I. n. 212 del 2000 in esame non interferisce né con il diritto al contraddittorio, né con il diritto di difesa (cfr. Cass. n, 28390/2013)».

Nel precisare ulteriormente questa interpretazione, la Cassazione fa una lettura sistematica secondo la quale «dall’analisi del comma 3 dell’art. 12, in sistematica relazione con il comma 1, si desume solamente l’esigenza che il controllo sia effettuato secondo “modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile”, esigenza attuata, fra l’altro, attribuendo al contribuente l’opportunità di scelta del luogo del prosieguo dell’indagine fiscale».

Rifacendosi a una pregressa decisione, il Collegio chiarisce che «il contribuente potrebbe dolersi che i verbalizzanti abbiano eseguito un accesso nei locali della impresa in difetto delle esigenze di ricerca e rilevazione indicate nella norma, «ma non anche nel caso inverso in cui la verifica sia stata condotta in luoghi diversi […], risultando pienamente legittimati i verificatori a predisporre discrezionalmente le modalità di svolgimento della propria attività secondo le esigenze che realizzino gli obiettivi delle indagini e delle ricerche, con il limite di evitare quanto più possibile di occupare o prolungare la occupazione dei locali in cui si svolge l’attività imprenditoriale o professionale […]» (Cass. n. 28390/2013 cit.)».

In sintesi, per la Cassazione «i verificatori non solo non sono obbligati a soddisfare la richiesta del contribuente, di proseguire la verifica presso il professionista che lo rappresenta o lo assiste, ma non può costituire oggetto di censura nemmeno la autonoma decisione degli stessi verificatori di esaminare la documentazione presso i propri uffici».

 

 

Osservazioni.

Per la Suprema Corte, l’art. 12 dello Statuto del Contribuente prevede solamente l’esigenza che il controllo sia effettuato con modalità tali da arrecare la minor turbativa possibile, ma non attribuisce al contribuente alcun diritto di scelta circa il luogo ove devono essere svolte le verifiche, specialmente se i verificatori decidono di esaminare la documentazione presso i loro uffici.

 

Giurisprudenza rilevante.

Cass. 2055/2017
Cass. 8584/2015
Cass. 25775/2014
Cass. 28930/2013
Cass. 9108/2012

 

Disposizioni rilevanti.

LEGGE 27 luglio 2000, n. 212
Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente

Art. 12 – Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali

1. Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente.

2. Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche.

3. Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta.

4. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica.

5. La permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente.
6. Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo quanto previsto dall’articolo 13.

7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.Per gli accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’articolo 34 del testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si applicano le disposizioni dell’articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374.
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DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 ottobre 1972, n. 633
Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto

Art. 52 – Accessi, ispezioni e verifiche

Gli uffici dell’imposta sul valore aggiunto possono disporre l’accesso di impiegati dell’Amministrazione finanziaria nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, nonché in quelli utilizzati dagli enti non commerciali e da quelli che godono dei benefici di cui al codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106, per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione e delle altre violazioni. Gli impiegati che eseguono l’accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’ufficio da cui dipendono. Tuttavia, e in ogni caso per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione, è necessaria anche l’autorizzazione del procuratore della Repubblica. In ogni caso, l’accesso nei locali destinati all’esercizio di arti o professioni dovrà essere eseguito in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato. (181)182

L’accesso in locali diversi da quelli indicati nel precedente comma può essere eseguito, previa autorizzazione del procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni delle norme del presente decreto, allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove delle violazioni.

E’ in ogni caso necessaria l’autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina per procedere durante l’accesso a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all’articolo 103 del codice di procedura penale.

L’ispezione documentale si estende a tutti i libri, registri, documenti e scritture, compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sono obbligatorie, che si trovano nei locali in cui l’accesso viene eseguito, o che sono comunque accessibili tramite apparecchiature informatiche installate in detti locali.

I libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione.

Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia.

I documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non è possibile riprodurne o farne constare il contenuto nel verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale. I libri e i registri non possono essere sequestrati; gli organi procedenti possono eseguirne o farne eseguire copie o estratti, possono apporre nelle parti che interessano la propria firma o sigla insieme con la data e il bollo d’ufficio e possono adottare le cautele atte ad impedire l’alterazione o la sottrazione dei libri e dei registri.

Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche per l’esecuzione di verifiche e di ricerche relative a merci o altri beni viaggianti su autoveicoli e natanti adibiti al trasporto per conto di terzi.

In deroga alle disposizioni del settimo comma gli impiegati che procedono all’accesso nei locali di soggetti che si avvalgono di sistemi meccanografici, elettronici e simili, hanno facoltà di provvedere con mezzi propri all’elaborazione dei supporti fuori dei locali stessi qualora il contribuente non consenta l’utilizzazione dei propri impianti e del proprio personale.

Se il contribuente dichiara che le scritture contabili o alcune di esse si trovano presso altri soggetti deve esibire una attestazione dei soggetti stessi recante la specificazione delle scritture in loro possesso. Se l’attestazione non è esibita e se il soggetto che l’ha rilasciata si oppone all’accesso o non esibisce in tutto o in parte le scritture si applicano le disposizioni del quinto comma.

Per l’esecuzione degli accessi presso le pubbliche amministrazioni e gli enti indicati al n. 5) dell’articolo 51 e presso gli operatori finanziari di cui al 7) dello stesso articolo 51, si applicano le disposizioni del secondo e sesto comma dell’articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.

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