Non ricorre inadempimento del promittente venditore se il promissario acquirente è a conoscenza della – parziale o totale – abusività dell’immobile. Nel contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato dopo l’entrata in vigore della legge n. 47/1985, la sanzione della nullità prevista dall’art. 40 della legge trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi, e non per quelli con efficacia obbligatoria come il preliminare di vendita. La dichiarazione, o la documentazione, che attesta la regolarità della edificazione, può essere fornita all’atto della stipulazione del contratto traslativo definitivo, o anche in corso di giudizio e prima della pronuncia della sentenza.
Decisione: Sentenza n. 20707/2017 Cassazione Civile – Sezione II
Classificazione: Civile, Immobiliare
Il caso.
A seguito della sottoscrizione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, una promissaria acquirente di un immobile citava in giudizio i promittenti venditori invocando la nullità del preliminare e, in via subordinata, la sua risoluzione.
Le parti promittenti venditrici si erano accollate le spese della domanda di sanatoria, che inoltre era stata presentata tardivamente.
I convenuti eccepivano che l’attrice era consapevole della parziale abusività dell’immobile, e del mancato esaurimento della pratica di condono.
Eccepivano anche la responsabilità dell’attrice per aver realizzato opere abusive – senza autorizzazione – che avevano determinato il sequestro e il procedimento penale, e il mancato pagamento della terza rata del prezzo.
Il Tribunale autorizzava il sequestro giudiziario dell’immobile, e con successiva sentenza escludeva la nullità del preliminare e dichiarava la risoluzione per inadempimento dell’attrice, che proponeva appello, il quale veniva però dichiarato inammissibile a causa della mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti di uno dei promittenti venditori rimasto contumace.
La Cassazione cassava la sentenza di appello, e disponeva il rinvio, a seguito del quale la Corte territoriale rigettava l’appello dell’attrice.
L’attrice non demorde e ricorre nuovamente in cassazione, che lo rigetta.
La decisione.
Il relatore parte dal primo motivo di critica alla decisione di appello: «la ricorrente sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, la M. era soltanto a conoscenza dell’esistenza di una generica pratica di condono del fabbricato promesso in vendita, pendente dinanzi al Comune di M.F., mentre non era assolutamente a conoscenza dell’irregolarità urbanistica di tale pratica e, particolarmente, della tardiva presentazione della stessa».
L’attrice, promissaria acquirente«contesta che vi sia la possibilità di stipulare il contratto definitivo di compravendita in presenza di una domanda di condono edilizio ai sensi della legge n. 47 del 1985, tardivamente presentata, avendo il notaio il compito di verificare se la domanda di sanatoria ex art. 31 della legge n. 47 del 1985, da allegare all’atto, sia conforme a legge, sotto il duplice aspetto della tempestiva presentazione e della congruità delle due rate versate dal richiedente. Inoltre la domanda di condono non poteva essere accolta, perché erano condonabili solo le opere edilizie erette sino a tutto il 10 ottobre 1983, in assenza di concessione edilizia, laddove nella specie risulta dagli atti che al Culmine era stata contestata l’esecuzione dell’opera abusiva, consistita in una veranda delle dimensioni di m. 9 x 3,70. Deduce la ricorrente che la tardiva presentazione e la falsa dichiarazione dei tempi di esecuzione della parte abusiva rendevano impossibile l’accoglimento della richiesta sanatoria da parte del promittente venditore».
Lamenta inoltre che il mancato pagamento della terza rata del prezzo era legittimo in virtù dell’art. 1460 c.c. (eccezione di inadempimento): «i giudici di merito non avrebbero saputo ben valutare l’importanza dell’inadempimento dei promittenti venditori e, particolarmente, non avrebbero applicato correttamente l’eccezione di inadempimento sollevata dalla Messia, “la quale, una volta verificato che la parte abusiva non era condonabile, si è ben guardata dal corrispondere ulteriori somme”»
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La Suprema Corte ritiene il motivo infondato, richiamando precedenti decisioni: «Non è configurabile la dedotta nullità del preliminare per abusività dell’immobile. Infatti, al contratto preliminare di compravendita di immobili stipulato dopo l’entrata in vigore della legge n. 47 del 1985 non è applicabile la sanzione della nullità, prevista dall’art. 15 della legge n. 10 del 1977, in relazione agli atti giuridici aventi ad oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione, essendo stata detta disposizione interamente sostituita da quelle di cui al capo primo della citata legge n. 47 (Cass., Sez. II, 26 aprile 2017, n. 10297, che dà continuità a Cass., Sez. II, 21 agosto 2012, n. 14579). D’altra parte, per costante giurisprudenza, la sanzione della nullità prevista dall’art. 40 della legge n. 47 del 1985, e succ. mod., con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, ben potendo essere resa la dichiarazione o prodotta la documentazione relative alla regolarità dell’edificazione, all’eventuale concessione in sanatoria o alla domanda di oblazione e ai relativi primi due versamenti, all’atto della stipulazione del definitivo contratto traslativo, ovvero in corso di giudizio e prima della pronunzia della sentenza ex art. 2932 cod. civ., che tiene luogo di tale contratto (Cass., Sez. II, 28 maggio 2010, n. 13117; Cass., Sez. II, 6 ottobre 2010, n. 20760; Cass., Sez. II, 9 maggio 2016, n. 9318)».
Ma la Cassazione conferma la decisione della Corte di Appello: «la Corte distrettuale, adeguatamente scrutinando le risultanze processuali, ha correttamente affermato che non poteva darsi inadempimento dei promittenti venditori: sia perché della – pervero soltanto parziale – abusività dell’immobile la promissaria acquirente era perfettamente a conoscenza sin dal momento della stipula del preliminare, sia perché detta situazione edilizia non precludeva la possibilità di rogare l’atto definitivo, essendosi di fronte, sotto il profilo della tipologia dell’abuso, ad un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità (cfr. Cass., Sez. II, 18 settembre 2009, n. 20258)».
Anche in relazione al fatto che «il Tribunale aveva valutato in ogni caso il comportamento colpevole prevalente della promissaria acquirente: non solo in relazione alla mancata corresponsione della somma pattuita quale terza rata del prezzo dell’immobile (non giustificato, come visto, da un legittimo rifiuto ad adempiere), ma anche in riferimento al fatto che costei, avuta la consegna anticipata dell’immobile, vi ha eseguito “ben numerose opere di ristrutturazione … non autorizzate dalla P.A. né – comunque – consentite dagli appellati”, il che condusse “a sequestro penale dell’immobile”.
Infine, la Corte rigetta il ricorso con condanna alle spese e al pagamento dell’ulteriori importo a titolo di contributo unificato.
Osservazioni.
La Suprema Corte ha ribadito la validità del contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato dopo l’entrata in vigore della legge n. 47/1985: la sanzione della nullità prevista dall’art. 40 della legge trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi, e non per quelli con efficacia obbligatoria come il preliminare di vendita.
La ragione addotta dalla Cassazione risiede nel fatto che dichiarazione – o la documentazione – che attesta la regolarità della edificazione, ben potrebbe essere fornita all’atto della stipulazione del contratto traslativo definitivo, o anche in corso di giudizio e prima della pronuncia della sentenza.
Non ricorre inadempimento del promittente venditore se il promissario acquirente è a conoscenza della – parziale o totale – abusività dell’immobile.
Giurisprudenza rilevante.
Cass. 20258/2009
Cass. 13117/2010
Cass. 20760/2010
Cass. 9318/2016.
Altra Giurisprudenza in materia di Diritto Urbanistico
Disposizioni rilevanti.
LEGGE 28 febbraio 1985, n. 47
Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie
ART. 40 – Mancata presentazione dell’istanza
Se nel termine prescritto non viene presentata la domanda di cui all’articolo 31 per opere abusive realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, si applicano le sanzioni di cui al capo I. Le stesse sanzioni si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata l’oblazione dovuta. PERIODO ABROGATO DAL D.L. 12 GENNAIO 1988, N. 2, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 13 MARZO 1988, N. 68.
Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell’articolo 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione di cui al sesto comma dell’articolo 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1 settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l’opera risulti iniziata in data anteriore al 1 settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all’atto medesimo. Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto è stato approvato o l’opera autorizzata.
Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall’insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1 settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente.
Si applica in ogni caso il disposto del terzo comma dell’articolo 17 e del primo comma dell’articolo 21.
Le nullità di cui al secondo comma del presente articolo non si applicano ai trasferimenti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali nonché a quelli derivanti da procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa.
Nella ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purchè le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge.