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Varata dal Consiglio dei ministri la riforma delle professioni, avvocati sul piede di guerra.

Sciopero avvocati

E’ stata approvata dal Consiglio dei ministri, con decreto n. 41, la riforma delle professioni, così come previsto dall’articolo 3, comma 5, del Dl 138/2011, rispettando i tempi della delega che imponevano l’adozione di un Dpr entro il 13 agosto: il testo è alla firma del Capo dello Stato. Le nuove regole valgono anche per gli avvocati, mancando l’auspicato stralcio per la professione forense. Per il Consiglio nazionale forense “è un attacco al diritto di difesa”. “Per lo statuto dell’avvocatura, soggetto imprescindibile della giurisdizione, serve una legge dello Stato. Il regolamento non rispetta le specificità delle professioni e inspiegabilmente non esclude dal suo ambito di applicazione gli avvocati che, come i medici, svolgono una attività relativa a diritti costituzionalmente riconosciuti”. Continua il comunicato “il Cnf non può che stigmatizzare questo approccio, prima che sul merito, innanzitutto sul metodo di legiferare in materia di professioni e di avvocatura e si riserva di adire ogni rimedio giurisdizionale per denunciare la illegittimità del regolamento”.

In un comunicato, si dichiara che “il Governo ha tenuto in debito conto le osservazioni del Consiglio di Stato e del Parlamento, attuando i principi delle liberalizzazioni”. In particolare, prosegue la nota governativa, “è stato garantito il principio dell’accesso alla professione libero e non discriminatorio, e dell’effettività del tirocinio e dell’obbligo di formazione continua permanente del professionista. È stato stabilito l’obbligo di assicurazione del professionista a tutela del cliente ed è stata regolata la libertà di pubblicità informativa relativa all’attività professionale. Infine – sempre in attuazione della delega – è stato fissato il principio della separazione tra gli organi disciplinari e gli organi amministrativi nell’autogoverno degli ordini”.

La definizione di professione regolamentata. Si restringe la definizione di “professione regolamentata”, limitata ora a quelle attività “il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in ordini e collegi”, rimangono fuori dal perimetro dunque gli iscritti ad albi, registri ed elenchi tenuti dalle amministrazioni pubbliche che figuravano nella prima stesura del testo.

La pubblicità informativa, (sostituisce l’espressione “informazioni pubblicitarie”) è consentita, purché “funzionale all’oggetto”, veritiera e corretta. In caso di violazione scattano diverse sanzioni: oltre all’illecito disciplinare si rischia, infatti, di violare anche le norme del codice del consumo e della pubblicità ingannevole.

Disciplina rivista sul regime assicurativo: le convenzioni sono stipulate unicamente dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti (restano fuori le associazioni professionali), accolta poi la istanza di una moratoria di 12 mesi per l’effettiva entrata in vigore in modo da “consentire la negoziazione delle convenzioni collettive”.

Novità anche sul tirocinio, cambia la formula relativa all’obbligatorietà che rimane in piedi solo “ove previsto dai singoli ordinamenti professionali”. Mentre la durata di 18 mesi diventa “massima”. Rimane, la soglia dei tre praticanti, unica eccezione la presenza di una “motivata autorizzazione rilasciata dal competente consiglio territoriale”, sulla base di particolati caratteristiche organizzative, previo parere del ministero. Passa anche la possibilità di stipulare convenzioni tra i consigli nazionali e il ministero per la pubblica amministrazione per lo svolgimento del tirocinio presso le PA, all’esito del corso di laurea. Salta, invece, il divieto del praticantato in costanza di rapporto di pubblico impiego sempre che gli orari di lavoro e le modalità siano idonee allo svolgimento. Mentre si abbassa, da sei a tre mesi, il periodo di interruzione che vanifica il tirocinio già espletato; solo in presenza di un giustificato motivo l’interruzione potrà arrivare fino a nove mesi.

Per i corsi di formazione, modalità, contenuti, durata minima ecc, dei corsi sarà stabilita mediante regolamento dal consiglio nazionale dell’ordine entro un anno, sentito il ministero. Anche le Regioni potranno entrare nella formazione attraverso la stanziamento di fondi per scuole, corsi ed eventi formativi. Mentre la cd. “formazione continua”, obbligatoria per il professionista, si effettua attraverso le associazioni di iscritti ed “altri soggetti” autorizzati dal ministero. Sarà sempre il Consiglio nazionale dell’ordine a definirne le caratteristiche con un regolamento da emanare entro un anno.

Si segue una nuova formulazione, anche, per gli organi disciplinari cambiando la procedura disciplinare. I consiglieri componenti dei consigli di disciplina saranno nominati dal presidente del circondario in cui hanno sede, tra i soggetti indicati in un elenco di nominativi proposti dai corrispondenti consigli dell’ordine. Tale elenco conterrà un numero di consiglieri doppio rispetto a quelli da designare. I criteri per l’inserimento nell’elenco e per la scelta saranno definiti in seguito dai Consigli entro tre mesi.

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