DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Pergotenda – Regime urbanistico – Intervento manutentivo libero – Presenza di tamponature verticali – Riconducibilità alla categoria dell’edilizia libera – Esclusione.
Argomento:
Autorità:
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 6 giugno 2018, n. 6319
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Pergotenda – Regime urbanistico – Intervento manutentivo libero – Presenza di tamponature verticali – Riconducibilità alla categoria dell’edilizia libera – Esclusione.
La c.d. pergotenda non configura né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o la modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi interni interessati, della sua facile e completa rimovibilità, dell’assenza di tamponature verticali e della facile rimovibilità della copertura orizzontale: la stessa va pertanto qualificata come arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’appartamento cui accede ed è riconducibile agli interventi manutentivi liberi, ossia non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6, comma 1, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. Per aversi una costruzione definibile come pergotenda occorre tuttavia che l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’immobile al cui servizio è posta, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda (Nella specie, la presenza di tamponature verticali, costituite da pannelli di vetro scorrevole richiudibili a pacchetto, ha condotto il giudice ad escludere la riconducibilità della struttura alla categoria dell’edilizia libera)
Pres. Stanizzi, Est. Andolfi – F.M. (avv. Zampetti) c. Roma Capitale (avv. Siracusa)
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 6 giugno 2018, n. 6319
Pubblicato il 06/06/2018
N. 06319/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00092/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 92 del 2017, proposto da
Francesca Mineo, rappresentata e difesa dall’avvocato Enrico Zampetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Paganica n. 13;
contro
Roma Capitale, in persona del sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Sergio Siracusa, con domicilio eletto in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
per l’annullamento
della Determinazione Dirigenziale di Roma Capitale n. 1454 del 6 ottobre 2016 – 87436, notificata in data 12.10.2016, recante ingiunzione a rimuovere o demolire gli interventi di ristrutturazione edilizia abusivamente realizzati in via del Fontanile Nuovo n. 108, nonché di ogni suo atto preparatorio, presupposto, connesso e consequenziale, con particolare riferimento agli accertamenti tecnici port. 93362 e 93362 del 18.11.2015 così come indicati nella determinazione dirigenziale e non meglio conosciuti nei loro contenuti, e comunque ad ogni altro atto d’accertamento eventualmente compiuto con riferimento all’immobile in oggetto;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 maggio 2018 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato a Roma Capitale il 12 dicembre 2016 e depositato il 10 gennaio 2017, l’interessata impugna la determinazione dirigenziale numero 1454 del 6 ottobre 2016.
Con il provvedimento impugnato è ordinata la demolizione degli interventi di ristrutturazione edilizia abusivi consistenti nella realizzazione di una pergotenda ritraibile di m 9 per m 4,30 di altezza variabile da m 2,60 a m 2,25 circa, comandata elettricamente, tamponata su due lati con pannelli di vetro scorrevole richiudibili a pacchetto; il terrazzo risulta arredato con tavoli e sedie da giardino e sono stati installati due climatizzatori.
Roma Capitale si costituisce per resistere al ricorso.
Nella fase cautelare, con ordinanza numero 1056 del 2017, è accolta l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato.
All’udienza pubblica del 21 maggio 2018 il ricorso è trattato ed è posto in decisione.
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente sostiene che la pergotenda non costituirebbe intervento di ristrutturazione edilizia bensì edilizia libera, in base all’articolo 6 del d.p.r. numero 380 del 2001, laddove alla lettera “e quinquies” vengono richiamati gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.
Il motivo è infondato.
E’ noto al Collegio il consolidato orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato sez. VI 11 aprile 2014 n. 1777) per cui la struttura costituita da due pali poggiati sul pavimento di un terrazzo a livello e da quattro traverse con binario di scorrimento a telo in pvc, ancorata al sovrastante balcone e munita di copertura rigida a riparo del telo retraibile (c.d. pergotenda) non configura né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o la modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi interni interessati, della sua facile e completa rimovibilità, dell’assenza di tamponature verticali e della facile rimovibilità della copertura orizzontale: la stessa va pertanto qualificata come arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’appartamento cui accede ed è riconducibile agli interventi manutentivi liberi, ossia non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6, comma 1, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380.
Nella fattispecie, peraltro, non sono ravvisabili i presupposti per ricondurre la struttura realizzata dalla ricorrente alla categoria dell’edilizia libera, per la presenza di tamponature verticali, costituite da pannelli di vetro scorrevole richiudibili a pacchetto.
Per aversi una costruzione definibile come pergotenda occorre che l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’immobile al cui servizio è posta, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda (T.A.R. Lazio, sez. II, 22 dicembre 2017, n. 12632).
Nella fattispecie, quindi, a giudizio del Collegio, è stata realizzata un’opera che non rientra nella nozione di pergotenda e configura un’ipotesi di intervento di ristrutturazione edilizia, avendo una consistenza ben più rilevante di una mera tenda, alterando il prospetto e la sagoma dell’edificio, risultando ancorata stabilmente al suolo ed essendo di conseguenza non qualificabile alla stregua di una facile rimovibilità (T.A.R. Liguria, 12 febbraio 2015 n. 177).
Ne consegue l’infondatezza del primo motivo.
Con il 2º motivo, la ricorrente lamenta difetto di istruttoria e di motivazione.
A suo avviso, il provvedimento impugnato non sarebbe motivato correttamente, non essendo qualificata in termini giuridici l’opera abusiva, non essendo specificato sotto quale profilo l’intervento sarebbe riconducibile alla fattispecie della ristrutturazione edilizia; inoltre, sotto il profilo istruttorio, sarebbe carente uno specifico accertamento da cui desumere la riconducibilità della pergotenda agli interventi di ristrutturazione edilizia determinanti un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, determinanti modifiche della volumetria complessiva dell’edificio o del prospetto.
Anche il 2º motivo è da ritenersi infondato.
L’ordine di demolizione è sufficientemente motivato con la qualificazione dell’intervento edilizio in termini di ristrutturazione abusiva, rinviando implicitamente alla definizione della suddetta categoria edilizia, alla quale sono riconducibili le opere modificative del prospetto e della sagoma dell’edificio preesistente, tra le quali ricade quella oggetto del provvedimento impugnato.
Sotto il profilo della istruttoria, nessuna ulteriore accertamento è richiesto qualora sia stata verificata la consistenza dell’opera edilizia realizzata in assenza del titolo abilitativo e la stessa sia stata esattamente individuata, come nel caso concreto.
In conclusione, accertata l’infondatezza di tutti i motivi di impugnazione, deve essere respinto il ricorso proposto dalla ricorrente.
Le spese processuali, tenuto conto della particolarità della fattispecie, devono essere interamente compensate tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Ofelia Fratamico, Consigliere
Antonio Andolfi, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Antonio Andolfi
IL PRESIDENTE
Elena Stanizzi
IL SEGRETARIO
Tratto da: www.ambientediritto.it