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URBANISTICA: distinzione tra crollo colposo e rovina di edifici. Giurisprudenza.

In tema di identificazione del reato contestato e di distinzione tra violazione dell’art. 434 cod. pen. e dell’art. 676 cod. pen.: «Nel delitto di crollo colposo si richiede che il crollo assuma la fisionomia del disastro, cioè di un avvenimento di tale gravità da porre in concreto pericolo la vita delle persone, indeterminatamente considerate, in conseguenza della diffusività degli effetti dannosi nello spazio circostante; invece, per la sussistenza della contravvenzione di rovina di edifici non è necessaria una tale diffusività e non si richiede che dal crollo derivi un pericolo per un numero indeterminato di persone» (Sez. 4, n. 3221,6 del 20/06/2018, Capobianco e altri, Rv. 273569); «In tema di disastro colposo, per “costruzione” di cui all’art. 434 cod. pen. si intende qualsiasi manufatto tridimensionale, anche diverso da un edificio, che comporti una ben definita occupazione del terreno e dello spazio aereo e che, per la sua natura e per le ripercussioni che la norma di cui all’art. 434 cod. pen. assegna alla sua caduta, sia atto a determinare conseguenze tali da minacciare la vita o l’incolumità fisica di una cerchia indeterminata di persone. (In applicazione di tale principio la S. C. ha escluso che il crollo di un di un palo della luce possa integrare il delitto previsto dagli artt. 434 e 449 cod. pen.)» (Sez. 4, n. 35864 del 05/07/2018, Salzano e altri Rv. 273412); «Ai fini della configurabilità del delitto di crollo colposo è necessario che il crollo della costruzione – inteso quale caduta violenta e improvvisa della stessa, senza che sia necessariamente richiesta la disintegrazione delle strutture essenziali – assuma la fisionomia del disastro, cioè di un avvenimento di tale gravità e complessità da porre in concreto pericolo la vita e l’incolumità delle persone, indeterminatamente considerate, in conseguenza della diffusività degli effetti dannosi nello spazio circostante; mentre, per la sussistenza della contravvenzione di rovina di edifici di cui all’art. 676, secondo comma, cod. pen., non è necessaria una tale diffusività e non si richiede che dal crollo derivi un pericolo per un numero indeterminato di persone. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la sussistenza del delitto di cui agli artt. 434 e 449 cod. pen., in un caso in cui, a causa di uno scavo, si era verificata la caduta di un muro portante a confine tra due edifici contigui, con conseguente crollo dei solai sovrastanti un garage e l’androne di un palazzo)» (Sez. 4, n, 51734 del 08/11/2017, Piacentini, Rv. 271535, sentenza espressamente richiamata nel ricorso nell’interesse di Falcini, p. 146); «Nel delitto di crollo colposo si richiede che il crollo assuma la fisionomia del disastro, cioè di un avvenimento di tale gravità da porre in concreto pericolo la vita delle persone, indeterminatamente considerate, in conseguenza della diffusività degli effetti dannosi nello spazio circostante; invece, per la sussistenza della contravvenzione di rovina di edifici non è necessaria una tale diffusività e non si richiede che dal crollo derivi un pericolo per un numero indeterminato di persone. (La 5. C. ha qualificato l’originaria imputazione di cui agli artt. 434 e 449 cod. pen., riferita ad un caso in cui si era verificato, durante lavori di straordinaria manutenzione, il crollo del solaio, senza interessamento delle strutture portanti e senza danni alle persone, nella contravvenzione prevista dall’art. 676, secondo comma, cod. pen.)» (Sez. 4, n. 18432 del 01/04/2014, dep. 2015, Papiani e altri, Rv. 263886, sentenza richiamate nella sentenza impugnata, alla p. 39, ma di cui la difesa Felici contesta, alla p. 3, la pertinenza, mentre la difesa Falcini, alla p. 147, ne invoca la corretta applicazione); «Ai fini dell’integrazione del reato di cui agli artt. 434 e 449 cod. pen., per crollo di costruzione, totale o parziale, deve intendersi la caduta violenta ed improvvisa della stessa accompagnata dal pericolo della produzione di un danno notevole alle persone, senza che sia necessaria la disintegrazione delle strutture essenziali dell’edificio. (Nella specie, la 5.C. ha ritenuto la sussistenza del reato in presenza del distacco completo, su una linea lunga circa 150 metri, del rivestimento di mattoni che rivestiva la parete esterna di un edificio scolastico)» (Sez. 4, n. 239 del 13/12/2011, dep. 2012, Nonni e altro Rv. 251749, sentenza richiamata nella sentenza impugnata, alla p. 39, ma di cui la difesa Felici, alle pp. 3-4, contesta la pertinenza); «In tema di delitti contro l’incolumità pubblica, le condotte colpose integranti pericolo di crollo di una costruzione non configurano il delitto di cui all’art. 449 cod.pen., che richiede il verificarsi di un disastro inteso come disfacimento dell’opera. (Nella specie, la Corte ha escluso che il grave, genetico disastro statico di un edificio, tanto rilevante da determinare pericolo di collasso, configurasse la fattispecie di disastro innominato colposo)» (Sez. 4, n. 18977 del 09/03/2009, Innino, Rv. 244043, precedente invocato dalla difesa Felici alla p. 4 del ricorso); «Per la configurabilità del delitto di crollo colposo occorre che il fatto dia luogo a concreto pericolo, da valutarsi “ex ante”, per la vita o l’incolumità di un numero indeterminato di persone, anche se appartenenti tutte a determinate categorie, restando irrilevante il mancato verificarsi del danno e differenziandosi la detta ipotesi di reato da quella contravvenzionale di cui all’art. 676, comma secondo, cod. pen. proprio per la presenza, in essa, del pericolo per la pubblica incolumità, derivante dal diffondersi del crollo nello spazio circostante» (Sez. 1, n. 47475 del 29/10/2003, Bottoli ed altri, Rv. 226459); «Per la sussistenza del delitto di disastro colposo previsto dagli artt. 434 e 449 cod. pen. è necessario che il crollo della costruzione abbia assunto la fisionomia di un disastro, cioè di un avvenimento di tale gravità e complessità da porre in concreto pericolo la vita e l’incolumità delle persone, indeterminatamente considerate, dal momento che il pericolo da esso cagionato deve essere caratterizzato dalla potenzialità di diffondersi ampiamente nello spazio circostante la zona interessata dall’evento, sicché il solo elemento oggettivo del crollo, diversamente da quanto previsto per la contravvenzione di cui all’art. 677 stesso codice, non è sufficiente per la configurabilità del delitto in questione» (Sez. 1, n. 30216 del 25/06/2003, Barillà, Rv. 225504); «Il delitto di disastro colposo di cui all’art. 449 cod. pen. richiede un avvenimento grave e complesso con conseguente pericolo per la vita o l’incolumità delle persone indeterminatamente considerate al riguardo; è necessaria una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all’attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti; ed, inoltre, l’effettività della capacità diffusiva del nocumento (c.d. pericolo comune) deve essere accertata in concreto, ma la qualificazione di grave pericolosità non viene meno allorché, casualmente, l’evento dannoso non si è verificato» (Sez. 4, n. 5820 del 03/03/2000, Alessio G., Rv. 216602); «Per la sussistenza del delitto di cui agli artt. 449 e 434 cod. pen. è necessario che il crollo della costruzione abbia assunto la fisionomia di un disastro, cioè proporzioni notevoli – non limitate ad un qualsiasi distacco con conseguente caduta al suolo di singoli elementi costruttivi – e tali da mettere in pericolo una cerchia indeterminata di persone. (Nella specie la Corte ha evidenziato che il crollo aveva interessato un’ampia porzione delle facciate tergali di due fabbricati e di settori di vari solai ai piani, con lesioni di altri edifici ed instabilità della stessa piazza del castello di Ambra e con pericolo non solo degli abitanti degli edifici ma anche di una squadra di operai e di persone indeterminate che si trovavano nei paraggi)» (Sez. 4, n. 11771 del 09/10/1997, P.M. in proc. Posfortunato e altri, Rv. 210152); «Poiché il concetto di crollo, totale o parziale, di una costruzione implica la disintegrazione delle strutture essenziali di essa in modo che la forza di coesione tra i singoli elementi costruttivi venga superata e vinta dalla forza di gravità, non è sufficiente ad integrare il reato di cui agli artt. 434, 449 cod. pen. il pericolo di un qualsiasi distacco con conseguente caduta al suolo di singoli elementi costruttivi, ancorché stabilmente inserito nella costruzione, qualora non sia possibile che le strutture essenziali di essa risultino definitivamente compromesse. (Nella fattispecie, a seguito di un’esplosione causata dall’accensione del motore di un veicolo, custodito nell’autorimessa di un edificio, da cui era fuoriuscito G.P.L., erano stati gravemente danneggiati alcuni garages vicini, le cui porte erano state divelte verso l’esterno, e l’appartamento sovrastante. La Corte di Cassazione ha escluso che ricorressero gli estremi del crollo)») (Sez. 4, n. 10162 del 29/04/1994, Trevisani, Rv. 200156, sentenza invocata dalla difesa Felici alla p. 4 del ricorso); «Le due ipotesi di reato, rispettivamente delittuosa e contravvenzionale, previste dall’art. 449 cod. pen., con riferimento all’art. 434, e dall’art. 676 stesso codice, differiscono tra loro non soltanto perché soggetto attivo del delitto può essere chiunque, mentre soggetti attivi della contravvenzione possono essere esclusivamente il progettista ed il costruttore, ma si distinguono anche e soprattutto per la differenza inerente all’elemento materiale e, particolarmente per la maggiore gravità dell’avvenimento che caratterizza il delitto rispetto alla contravvenzione. Per la sussistenza del delitto, invero, si richiede che il crollo della costruzione abbia assunto la fisionomia di un disastro, cioè di un avvenimento grave e complesso con conseguente pericolo per la vita e la incolumità delle persone, indeterminatamente considerate, mentre per la contravvenzione deve trattarsi di semplice rovina di un edificio o di altra costruzione e la circostanza che sia derivato pericolo alle persone è prevista come aggravante» (Sez. 4, n. 9553 del 05/02/1991, Navone ed altro, Rv. 188197); «Il delitto di crollo di costruzione nella ipotesi colposa prevista dall’art. 449 cod. pen. richiede l’insorgere di un pericolo effettivo per la incolumità pubblica che, per i suoi caratteri di estensione e diffusività, e diverso dal pericolo alle persone previsto nella contravvenzione di rovina di edifici o altre costruzioni(art. 676 cod. pen.)» (Sez. 4, n. 2954 del 26/01/1973, Cheso, Rv. 123848); «Le due ipotesi di reato, rispettivamente delittuosa e contravvenzionale, previste dall’art 449 cod. pen. con riferimento al 434,e dell’art 676 stesso codice, differiscono tra loro non soltanto perche soggetti attivi del delitto può essere chiunque,mentre soggetti attivi della contravvenzione possono essere esclusivamente il progettista ed il costruttore, ma si distinguono anche e soprattutto per la differenza inerente all’elemento materiale e, particolarmente, per la maggiore gravita dell’avvenimento, che caratterizza il delitto rispetto alla contravvenzione. Per la sussistenza del delitto, invero, si richiede che il crollo della costruzione abbia assunto la fisionomia di un disastro,di un avvenimento cioè grave e complesso, con conseguente pericolo per la vita e la incolumità delle persone, indeterminatamente considerate, mentre per la contravvenzione deve trattarsi di semplice rovina di edificio o di altra costruzione e la circostanza che sia derivato pericolo alle persone e prevista con aggravante» (Sez. 6, n. 1462 del 13/07/1967, Lencioni, Rv. 105727).

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