UN BREVE RIFLESSIONE SULLE VARIE RIFORME COSTITUZIONALI
Sergio Benedetto Sabetta
Nella Costituente del 1947 emerse la volontà dei Partiti di raggiungere un compromesso che permettesse di “costruire la comunità” attorno ad un nuovo concetto di democrazia (Dossetti), che venisse a superare il vecchio Stato liberale con le sue contraddizioni e limiti, tali da avere permesso la nascita nel primo dopoguerra del movimento dei fasci.
In questo impegno si capisce “lo straordinario senso dello Stato dei partiti impegnati a scrivere la Costituzione: il loro essere realmente ispirati dall’esigenza di – cercare i punti di contatto – per rifondare la nazione, per dirla con La Pira” (Crainz, Storia della Repubblica, 43, Donzelli Ed., 2016).
Si capisce quindi l’accettazione del Concordato all’art. 7 da parte delle sinistre al fine di evitare l’inasprirsi delle tensioni religiose, come la lunga discussione sul bicameralismo perfetto quale vicendevole controllo e la necessità di differenziarle nella composizione, nonché nella durata.
Anche i poteri più limitati del Presidente del consiglio, rispetto al sistema presidenziale francese, rientra nel timore di un forte potere esecutivo non controllabile e senza bilanciamenti, che nelle mani di una parte, a scapito della controparte, potesse dare luogo a nuovi autoritarismi.
Vi sono tuttavia affermati nella Costituzione alcuni principi fondamentali, che si sarebbero rinsaldati nella società solo nei decenni successivi e secondo una interpretazione determinata dalle nuove necessità del miracolo economico.
Le tensioni e i conflitti sociali sono riassorbiti nel modello costituzionale secondo i meccanismi in essa previsti, come nella istituendo Corte Costituzionale, o come nel CSM, garante dell’autonomia della magistratura quale contraltare alle derive autoritarie.
Pur con tutti i suoi limiti e tensioni la Costituzione ha accompagnato l’evoluzione dello Stato repubblicano per tutta la seconda metà del ‘900, attraverso la Guerra Fredda e l’industrializzazione del paese.
Lo scontro politico fu rinviato all’aprile del 1948, distinguendo tra fondazione della Repubblica e confronto elettorale.
E’ proprio questa distinzione che viene a mancare nelle successive riforme del nuovo millennio.
Ogni riforma costituzionale si trasforma in un confronto elettorale, essa è fatta innanzitutto contro qualcuno, così che uno strumento fondativo di concordia diventa di per sé arma politica.
Un vizio di fondo che ne limita sia l’equilibrio istituzionale, sia la sua accettazione, creando sempre nuovi conflitti e sbilanciando nella sua palese parzialità le istituzioni stesse.
Una continua insicurezza che toglie credibilità alle stesse, sia all’interno che all’esterno in ambito internazionale, ma forse questo rientra nel nostro modello di società liquida che noi stessi abbiamo entusiasticamente accettato, ma che potrebbe essere premessa per una futura richiesta di sicurezza e protezione mediante un nuovo autoritarismo informaticamente soft.