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TRIBUTARIO: ICI – IMU – Esenzione per le non profit che non svolgono attività con modalità commerciali. – QUOTIDIANO LEGALE
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TRIBUTARIO: ICI – IMU – Esenzione per le non profit che non svolgono attività con modalità commerciali.

TRIBUTI – ICI – IMU – Fondazione Casa di riposo non profit – Attività con modalità non commerciali – Svolgimento in modo gratuito – Mancata prova della gratuità o quasi gratuità del servizio – Esenzione ex art. 7 co. 1 lett. i) d.lgs.504/92 – Non spetta – Accertamento IMU – Legittimità – Nozione di imprenditore – Nozione di impresa – Sussistenza del requisito oggettivo – Necessità – Onere della prova.  

 

Massima:

TRIBUTI – ICI – IMU – Fondazione Casa di riposo non profit – Attività con modalità non commerciali – Svolgimento in modo gratuito – Mancata prova della gratuità o quasi gratuità del servizio – Esenzione ex art. 7 co. 1 lett. i) d.lgs.504/92 – Non spetta – Accertamento IMU – Legittimità.

È legittimo l’accertamento IMU, e non spetta la richiesta esenzione ex art. 7 co. 1 lett. i) d.lgs.504/92, ove non si dimostri (dimostrazione mancato nel caso trattato) che, pur ricorrendo sia i requisiti oggettivi – svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o equiparate (nel caso specifico attività assistenziale a favore di anziani e disagiati), e soggettivi -diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (nel caso specifico Fondazione ex IPAB non profit), l’attività nell’immobile non venga svolta con modalità commerciali, occorrendo a tal fine la prova che l’attività venga svolta in modo del tutto gratuito dato che non può essere considerata imprenditoriale l’erogazione gratuita o quasi gratuita dei beni o servizi prodotti. (G.T.)

TRIBUTI – ICI – IMU – Nozione di impresa – Requisito oggettivo – Attività economica – Necessità – Nozione di imprenditore – Fine di lucro –  Sufficiente l’idoneità tendenziale – Onere della prova.  

La nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. La classificazione di un determinato soggetto come impresa dipende pertanto interamente dalla natura delle sue attività. Pertanto, la nozione di imprenditore, ai sensi dell’art. 2082 cod. civ., va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all’attività economica organizzata che sia ricollegabile, ad un dato obiettivo inerente all’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l’imprenditore ad esercitare la sua attività e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell’attività nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l’erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti. Peraltro, ai fini dell’industrialità dell’attività svolta (art. 2195, primo comma, cod. dv.), per integrare il fine di lucro è sufficiente l’idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio; né ad escludere tale finalità è sufficiente la qualità di congregazione religiosa dell’ente (Cass. n. 16612 del 2008; conf. Cass. 14225/2015). (F.C.G.)

TRIBUTI – ICI – IMU – Non Profit – Documenti attestanti – Verifiche – Nozione di impresa – Modalità di un’attività commerciale – Sussistenza del requisito oggettivo – Onere della prova.

La sussistenza del requisito oggettivo — che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare —non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale» (Cass. n. 5485 del 2008; sull’onere della prova gravante sul contribuente v. anche Cass. n. 27165 del 2011). In particolare, occorre «accertare con criteri di rigorosità, seguendo le indicazioni tracciate dalla circolare ministeriale n. 2/DF del 2009, l’esistenza di determinate caratteristiche della “clientela” ospitata nella struttura ricettiva, la durata dell’apertura della struttura durante l’anno solare e, soprattutto, il fatto, definito “determinante”, che le cosiddette “rette” [siano] di importo significativamente ridotto rispetto ai “prezzi di mercato” onde evitare un’alterazione del regime di libera concorrenza e la trasformazione del beneficio in un aiuto di stato (Cass. 13970/2016). (F.C.G.)

 

Riferimenti normativi:. art. 7 co. 1 lett. i) d.lgs.504/92; art. 39 d.l. n. 223/2006; art. 91-bis d.l. n.1 2012;

Riferimenti giurisprudenziali: Cass. 14225/15; 4502/12; 27165/11; 13970/16; 16612/08.

 

GIURISPRUDENZA per esteso e massimata 

 

Comm. Trib. Reg. per il Lazio Sezione/Collegio 7 Sentenza del 17/10/2019 n. 5801 

Testo sentenza:

FATTI DI CAUSA

La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IMU per l’anno 2012 relativamente ad una unità immobiliare censita al fg. 498, n. 214, cat. b/1 in Roma, per la quale la Fondazione Casa di riposo XXXX aveva reclamato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del 1992 nonché la riduzione dell’imposta per immobili sottoposti a vincolo storico-culturale.

La CTP di Roma, dopo aver elencato e descritto le condizioni dei cinque immobili oggetto della pretesa, dava ragione alla Fondazione, sul presupposto che ravviso di accertamento “non consente di identificare chiaramente le ragioni dell’imposta applicata” e che comunque la Fondazione aveva documentalmente provato sia la sottoposizione a vincolo dell’immobile sia la sua “destinazione per le attività non commerciali, che caratterizzano la natura non profit della Fondazione medesima”.

La decisione è stata impugnata in questa sede da Roma capitale, che rappresenta come l’accertamento riguarda (non cinque, ma) il solo immobile sopra menzionato, accatastato in categoria B/01 (collegi e convitti), di cui, a seguito di reclamo della Fondazione, aveva riconosciuto con provvedimento parziale n. 380170/2/1 del 9 giugno 2016 il carattere storico, per il quale rimane una debenza di soli euro 92,73. Deduce, invece, la mancanza di prova da parte della Fondazione dell’esclusiva destinazione dell’immobile a finalità benefiche, senza aver riguardo ad eventuale remissione economica gestionale o al massimo tendente a conseguire una gestione economica di equilibrio. Chiede, pertanto, confermarsi il provvedimento di annullamento parziale sopra indicato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’accertamento non è generico, riguarda (a differenza di quanto si ricava dalla narrativa della sentenza impugnata) il solo immobile sopra menzionato e assolve alla funzione, riconosciuta per questo tipo di atti, di provocatio ad opponendum: esercizio, anche alla stregua dell’accatastamento indicato, di attività assistenziale con modalità commerciali.

Con l’ art. 39, d.l. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 248 del 2006, è stato stabilito che «l’esenzione disposta dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale». Successivamente, tuttavia, all’evidente scopo di ovviare all’indagine avviata dalla commissione europea sulla concorrenza sul rispetto della disciplina eurounitaria in materia di aiuti di stato, è stato approvato l’art. 91-bis del d.l. n. 1 del 2012 (convertito con modificazioni dalla legge n. 62 del 2012). In base al comma 1 di tale disposizione, la lettera i) dell’art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992 ha il seguente testo: «gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, fatta eccezione per gli immobili posseduti da partiti politici che restano comunque assoggettati all’imposta indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’immobile, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222».

Il quadro normativo generale, così completato, è stato esaurientemente interpretato dalla Corte suprema con la sentenza n. 14225/2015, che ha ribadito il principio secondo cui: «l’esenzione prevista dall’art. 7, comma primo, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. e), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia). La sussistenza del requisito oggettivo deve essere accertata in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale» (Cass. n. 4502 del 2012).

La prova della sussistenza del requisito oggettivo spetta al soggetto che pretende l’applicazione dell’esenzione: «La sussistenza del requisito oggettivo — che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare — non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale» (Cass. n. 5485 del 2008; sull’onere della prova gravante sul contribuente v. anche Cass. n. 27165 del 2011). In particolare, ha stabilito di recente la Corte suprema in un caso analogo a quello in esame, occorre «accertare con criteri di rigorosità, seguendo le indicazioni tracciate dalla circolare ministeriale n. 2/DF del 2009, 1’esistenza di determinate caratteristiche della “clientela” ospitata nella struttura ricettiva, la durata dell’apertura della struttura durante l’anno solare e, soprattutto, il fatto, definito “determinante”, che le cosiddette “rette” [siano] di importo significativamente ridotto rispetto ai “prezzi di mercato” onde evitare un’alterazione del regime di libera concorrenza e la trasformazione del beneficio in un aiuto di stato (Cass. 13970/2016).

Nel caso di specie tale prova non risulta fornita dalla Fondazione, che si è limitata ad asserire che nell’immobile si svolge attività assistenziale a favore di anziani e disagiati, conformemente alle sue finalità istituzionali, senza dimostrare che tale attività si svolga con modalità non commerciali. Invero, l’esenzione non spetta sempre laddove l’ente si proponga finalità diverse dalla produzione di reddito. In verità secondo l’orientamento della Corte suprema, «la nozione di imprenditore, ai sensi dell’art. 2082 cod. civ., va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all’attività economica organizzata che sia ricollegabile, ad un dato obiettivo inerente all’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l’imprenditore ad esercitare la sua attività e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell’attività nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l’erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti. Peraltro, ai fini dell’ industrialità dell’attività svolta (art. 2195, primo comma, cod. dv.), per integrare il fine di lucro è sufficiente l’idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio; né ad escludere tale finalità è sufficiente la qualità di congregazione religiosa dell’ente» (Cass. n. 16612 del 2008; conf. Cass. 14225/2015).

In assenza della prova di gratuità o quasi gratuità del servizio, il vantaggio selettivo concesso ad alcune imprese operanti nel settore di assistenza agli anziani costituirebbe aiuto di Stato, incorrendo perciò nel divieto e nel regime di illiceità sanato dall’art. 107, paragrafo 1, TFUE. Infatti, la Commissione europea, con la decisione del 19 dicembre 2012, C 26-10, in materia di esenzione dall’ ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici, quindi sulla stessa tematica interpretativa qui in discussione, ha stabilito (v. punti da 99. a 103 della decisione): “… secondo una giurisprudenza costante, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. La classificazione di un determinato soggetto come impresa dipende pertanto interamente dalla natura delle sue attività. Questo principio generale comporta tre importanti conseguenze, descritte in appresso. (100) In primo luogo, è ininfluente lo status che una legge nazionale specifica conferisce a un determinato soggetto. Ciò significa che la forma giuridica e organizzativa è irrilevante. Pertanto, anche un soggetto che in base alla normativa nazionale è classificato come un’associazione o una società sportiva può nondimeno essere considerato come un’impresa ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. L’unico criterio rilevante al riguardo è se il soggetto interessato svolga o meno un’attività economica. (101) In secondo luogo, l’applicazione della normativa sugli aiuti di Stato non dipende dal fatto che un soggetto venga costituito per conseguire utili, poiché anche un ente senza fine di lucro può offrire beni e servizi sul mercato. (102) In terzo luogo, un soggetto è classificato come impresa sempre in relazione a un’attività specifica. Un soggetto che svolga attività a carattere sia economico che non economico è considerato un’impresa solo per quanto riguarda il primo tipo di attività. (103) Per attività economica si intende ogni attività che preveda l’offerta su un mercato di beni e servizi”.

Incontestato, quindi, il requisito soggettivo previsto dalla norma, trattandosi di una Fondazione ex IPAB, si riscontra la mancanza (di prova) del requisito oggettivo per l’esenzione pretesa.

Sulla sussistenza del carattere storico dell’immobile non c’è più contestazione dopo il provvedimento di annullamento parziale sopra menzionato. Né è stata contestata dalla Fondazione il quantum di debenza residua (euro 92,73).

L’avviso di accertamento – come modificato dal detto provvedimento di annullamento parziale- va, pertanto, giudicato legittimo e l’appello va accolto con condanna alle spese liquidate come da dispositivo.

PQM

Accoglie l’appello di Roma capitale e condanna il contribuente al pagamento delle spese di questo grado del giudizio, che liquida in complessivi euro mille oltre accessori..

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