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Per la Cassazione, l’accertamento induttivo può essere legittimo, in presenza di altri elementi forniti e provati a sostegno della pretesa tributaria, anche quando la contabilità sia formalmente ineccepibile.

 

Decisione: Sentenza n. 3279/2016 Cassazione Civile – Sezione V
Il caso.

Una società di costruzioni impugnava un accertamento induttivo adducendo tra i motivi di ricorso la motivazione contraddittoria: l’Ufficio aveva ritenuto il bilancio formalmente corretto, ma aveva considerato la contabilità inattendibile, ed aveva emesso atto di accertamento induttivo.

Dagli atti risultava che l’impresa aveva utilizzato doppi contratti preliminari, che riportavano prezzi di vendita significativamente diversi.

Le Commissioni Tributarie, in entrambi i gradi di giudizio, davano ragione alla società, ma l’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia e ha rinviato ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale, perché il giudice di appello si era limitato a un mero giudizio formale senza valutare gli elementi forniti nell’atto di accertamento a sostegno dell’inattendibilità della contabilità.
La decisione.

La Cassazione, nell’affrontare i motivi di ricorso, richiama le conclusioni dell’Ufficio: «In conclusione: per argomentare in maniera sufficientemente adeguata la decisione di annullare l’avviso, la CTR avrebbe dovuto illustrare le ragioni per cui la regolarità esteriore della contabilità potesse prevalere sugli indici di grave irregolarità sostanziale individuati dall’Ufficio e contestati in tale valenza dalla società contribuente e consistenti in:1) acquisizione di quindici “doppi” preliminari di vendita immobiliare indicanti il reale e più elevato prezzo pagato dagli acquirenti; 2) riscontro di una sopravvalutazione sistematica delle giacenze finali, con attribuzione agli immobili invenduti di prezzi esorbitanti dai valori di mercato».

Poi censura l’operato della Commissione Tributaria Regionale per essersi fermata al parametro della regolarità formale della contabilità: «la regolarità formale della contabilità, assunta dalla CTR come primo ed unico fondamento della sua decisione, non risulta essere canone ermeneutico corretto per l’applicazione della normativa in esame.

In proposito va anche rimarcato che, contrariamente a quanto affermato nel controricorso (fol. 11), dalla sentenza impugnata non emerge affatto che il Commissario giudiziale si sia espresso a favore dell’attendibilità della contabilità, ma solo sulla sua regolarità: peraltro, anche una eventuale pronuncia di attendibilità da parte del Commissario giudiziale non avrebbe mai potuto liberare la CTR dall’onere di vagliare tutti gli elementi raccolti dall’Amministrazione finanziaria a sostegno dell’inattendibilità della contabilità e sottoposti al suo esame, attraverso l’impugnazione dell’avviso di accertamento compiuta dalla parte privata.

Al contrario, nel caso in esame, la CTR ha omesso ogni valutazione sulle informazioni acquisite dai verbalizzanti nel corso delle operazioni presso i clienti privati, che avevano acquistato unità immobiliari destinate ad abitazione, e sulla documentazione, segnatamente costituita dai doppi contratti preliminari, prodotti dai clienti e reperiti presso la sede sociale, che riportavano prezzi di vendita significativamente diversi, sulla scorta delle quali l’Ufficio aveva ritenuto la omessa contabilizzazione della rilevante parte dei ricavi».

Infine, bacchetta la Commissione Tributaria Regionale: «Va quindi cassata la decisione in esame che, dando atto in modo secco del riconoscimento da parte dei verificatori del dato meramente formale della correttezza del bilancio e delle scritture contabili ed invocando a conforto , in modo assertivo, la relazione del Commissario giudiziale, non ha fatto corretta applicazione delle disposizioni normative prima richiamate e si è limitata ad esprimere la conclusiva determinazione circa la non ricorrenza dei presupposti per l’accertamento con metodo induttivo, pretermettendo tuttavia ogni considerazione sugli elementi decisivi indicati nell’avviso di accertamento e riportati in ricorso, in ragione dei quali la contabilità era stata ritenuta inattendibile, era stata quindi basata la

applicazione del metodo di accertamento induttivo ed, infine, erano stati ricostruiti i maggiori ricavi, ritenuti artatamente occultati.

Su tali circostanze la motivazione risulta senza dubbio assente e la censura fondata (v. Cass. ord. n. 3370/2012)».

Nell’accogliere il ricorso, la Corte di legittimità cassa la sentenza impugnata e rinvia al Giudice di appello in altra composizione che dovrà attenersi ai principi di diritto prima espressi e riesaminare tutti gli elementi di fatto sottoposti al suo vaglio.
Osservazioni.

La Cassazione, in conformità all’orientamento prevalente, ritiene legittimo l’accertamento induttivo nei casi in cui, malgrado la contabilità sia formalmente ineccepibile, siano forniti (e provati) concreti elementi che ne smentiscano le risultanze.
Disposizioni rilevanti.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 600

Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi
Art. 39 – Redditi determinati in base alle scritture contabili

Per i redditi d’impresa delle persone fisiche l’ufficio procede alla rettifica:

a) se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto dei profitti e delle perdite e dell’eventuale prospetto di cui al comma 1 dell’articolo 3;

b) se non sono state esattamente applicate le disposizioni del titolo I, capo VI, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

c) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari di cui ai numeri 2) e 4) del primo comma dell’articolo 32, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del numero 3) dello stesso comma, dalle dichiarazioni di altri soggetti previste negli articoli 6 e 7, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell’ufficio;

d) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32. L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti.

In deroga alle disposizioni del comma precedente l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma:

a) quando il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione;

b) LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 9 LUGLIO 1997, N.241;

c) quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell’art. 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dall’art. 14 ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;

d) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica. Le scritture ausiliarie di magazzino non si considerano irregolari se gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantità annotate nel carico o nello scarico e dei costi specifici imputati nelle schede di lavorazione ai sensi della lettera d) del primo comma dell’art. 14 del presente decreto.

d-bis) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o dell’articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

d-ter) in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15 per cento, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.

Le disposizioni dei commi precedenti valgono, in quanto applicabili, anche per i redditi delle imprese minori e per quelli derivanti dall’esercizio di arti e professioni, con riferimento alle scritture contabili rispettivamente indicate negli articoli 18 e 19. Il reddito d’impresa dei soggetti indicati nel quarto comma dell’art. 18, che non hanno provveduto agli adempimenti contabili di cui ai precedenti commi dello stesso articolo, è determinato in ogni caso ai sensi del secondo comma del presente articolo.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 ottobre 1972, n. 633

Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto
Art. 54 – Rettifica delle dichiarazioni

L’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto procede alla rettifica della dichiarazione annuale presentata dal contribuente quando ritiene che ne risulti un’imposta inferiore a quella dovuta ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante. L’infedeltà della dichiarazione, qualora non emerga o direttamente dal contenuto di essa o dal confronto con gli elementi di calcolo delle liquidazioni di cui agli articoli 27 e 33 e con le precedenti dichiarazioni annuali, deve essere accertata mediante il confronto tra gli elementi indicati nella dichiarazione e quelli annotati nei registri di cui agli articoli 23, 24 e 25 e mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta delle fatture ed altri documenti, delle risultanze di altre scritture contabili e degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti negli articoli 51 e 51-bis . Le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie a norma dell’art. 53 o anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti.

L’ufficio puo` tuttavia procedere alla rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilita` del contribuente qualora l’esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l’inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture di cui ai numeri 2), 3) e 4) del secondo comma dell’articolo 51, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonche´ da altri atti e documenti in suo possesso.

COMMA ABROGATO DAL D.L. 30 SETTEMBRE 2005, N.203 CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 2 DICEMBRE 2005, N. 248.

Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall’articolo 57, i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dalle attivita` istruttorie di cui all’articolo 51, secondo comma, numeri da 1) a 4), nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di corrispettivi o di imposta in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l’imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante , nonché l’imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all’articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

Le disposizioni di cui al comma precedente possono trovare applicazione anche con riguardo all’accertamento induttivo del volume di affari, di cui all’articolo 12 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, della legge 27 aprile 1989, n. 154, e successive modificazioni, tenendo conto dell’indicazione dei motivi addotti dal contribuente con le modalità di cui al comma 1 dello stesso articolo 12.

Gli avvisi di accertamento parziale possono essere notificati mediante invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. La notifica si considera avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario ovvero da persona di famiglia o addetto alla casa.

Gli avvisi di accertamento parziale sono annullati dall’ufficio che li ha emessi se, dalla documentazione prodotta dal contribuente, risultano infondati in tutto o in parte.

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