Terremoto EmiliaRomagna
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Terremoto EmiliaRomagna
Terremoto EmiliaRomagna

di Fulvio Conti Guglia. In questi giorni se ne parla tanto, l’obbligo di un’assicurazione per le calamità naturali, spinti dall’onda emotiva dei recenti fatti  nell’Emilia Romagna e delle tragedie che hanno colpito l’Italia in tutte le sue regioni. Sembra esserci un coro unanime in attesa di accogliere un definitivo evento normativo.

Si sostiene che 7 edifici su 10 in Italia sono a rischio se colpiti da un evento sismico, (e probabilmente i tre rimanenti sono a rischio per altre calamità naturali: dissesto idrogeologico, incendi, vulcani, maremoti, ecc…).

La domanda principale è: cosa fare?

Il decreto legge 59/2012 contenente: “Disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile”, all’art. 2 stabilisce la necessità di avviare un nuovo regime assicurativo privato per i rischi derivanti dalle calamità naturali, attraverso la stipula di una nuova polizza per coloro che hanno già l’assicurazione sulla casa (ma senza l’opzione per le calamità naturali) estendendo anche alla nuova fattispecie le proprie garanzie.

Entro 90 giorni dall’approvazione del decreto, inoltre, il Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), che si esprimono entro trenta giorni definiranno i criteri per il calcolo del premio “senza aggravi per la finanza pubblica”. Le linee guida per il calcolo del premio prevedono: a) estensione della copertura assicurativa del rischio calamita’ naturali nelle polizze che garantiscono i fabbricati privati contro qualsiasi danno; b) esclusione, anche parziale, dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati. c) incentivazioni di natura fiscale, nel rispetto del principio dell’invarianza di gettito, tramite regimi agevolativi all’imposta sul premio di assicurazione ovvero la deducibilita’, anche parziale, del premio dalla base imponibile ai fini IRPEF e IRES dell’assicurato; d) previsione di un regime transitorio, anche a fini sperimentali ovvero di prima applicazione.

In altri termini (per adesso), lo Stato, da un lato, si limita a “consigliare” ai privati la stipula dell’assicurazione contro le calamità, prevedendo tuttavia incentivi fiscali per compensare il “malus” monetario nelle tasche dei contribuenti. Dall’altro, rinuncia alle entrate attraverso il sistema degli incentivi fiscali, delegando alle assicurazioni i compiti e le responsabilità ad esso appartenenti.

Il dato facoltativo fatto proprio dal decreto legge, tuttavia, sembra avere mero carattere sperimentale e sembra destinato ad essere superato in tempi brevi. E’ stato, infatti, presentato uno schema di proposta legislativa, il quale prevede la sottoscrizione da parte dei proprietari immobiliari di un’assicurazione obbligatoria sui fabbricati contro i terremoti. Una parte dei ricavi andrebbe a finanziare i danni relativi a terremoti già avvenuti. Un’altra parte sarebbe invece destinata agli interventi di prevenzione, andando a finanziare un apposito fondo per la messa in sicurezza degli edifici che oggi non lo sono. Il premio assicurativo stimato per singola unità immobiliare oscillerebbe tra i 150 e i 300 euro l’anno. Il costo sarebbe proporzionale alla pericolosità sismica della zona in cui è ubicato l’edificio. Ma pagherebbero ovviamente di più i proprietari degli edifici che oggi non sono a norma (cioè oltre il 70%).

La scelta dello Stato di non voler intervenire sui danni generati agli edifici dalle calamità naturali, onestamente sembra assurda sia sul piano legale sia sul piano economico e sia sull’opportunità politica.

Allo Stato sono demandati compiti costituzionalmente inderogabili, non cedibili, di tutela dell’integrità fisica e morale dei cittadini, del paesaggio e della salute… . In questo caso, le assicurazioni società private, economicamente dovrebbero sostituirsi allo Stato e accollarsi danni incalcolabili con un rischio che si aggira intorno al 100%. Solo chi ha altri programmi e non certamente non quello di risarcire potrebbe accettare tale fardello. Al bisogno sono proprio le assicurazioni, che cercano con tutti i cavilli di non pagare gli assicurati, nonostante aumentano ogni anno considerevolmente con l’accordo dei “governanti” di turno il “premio” (obbligatorio). Comunque, anche a non voler pensar male, la realtà è che le assicurazioni non godono di buona salute a livello economico e in questi frangenti è impossibile per chiunque ripagare i danni sismici subiti in una città o area geografica (e la storia anche non remota dovrebbe insegnare qualcosa).

No, ognuno si prenda le proprie responsabilità; si inizi con una seria riforma della materia urbanistica, si inizi a far pagare, veramente con pene reali, gli enti e le persone preposte alle verifiche e alla sicurezza e si smetta di speculare sulle disgrazie.

Se salta il principio che lo Stato ha “obbligatoriamente” dei compiti si può pensare, (qualcuno forse lo sta facendo) di eliminare le forze dell’ordine e di affidare “obbligatoriamente” la sicurezza ai vigilantes, di chiudere le scuole pubbliche per affidare “obbligatoriamente” il servizio alle scuole parificate, di chiudere gli ospedali pubblici per affidarli “obbligatoriamente” alle case di cura private ecc.. ecc.. Oppure, paradossalmente (un assurdo in uno stato di diritto) eliminare i giudici per affidarli “obbligatoriamente” alla mediazione privata.

Ma allora pagare le tasse, secondo questa concezione, serve solo a foraggiare politici corrotti e fannulloni?

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