TEORIA DELLO SVILUPPO POLITICO
Sergio Benedetto Sabetta
Vi sono tre prospettive nella costruzione dello sviluppo politico: la prima si fonda sulla costruzione dello Stato e della nazione, la seconda sui fenomeni di mobilitazione sociale necessari ad una modernizzazione socio-economica, la terza nel cruciale rapporto tra sviluppo politico e sviluppo economico.
La causalità può essere sia esogena, originata dal sistema internazionale, che endogena, derivante da variabili interne quali il ruolo della leadership nazionale e la sua capacità di fornire coalizioni stabili (Almond), superando una concezione puramente economicistica (Hirschman).
Eguaglianza, capacità e differenziazione sono per Pye i tre livelli in cui si manifesta lo sviluppo politico:
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quale passaggio da suddito a cittadino con diritti e doveri;
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capacità del sistema politico di dirigere e controllare l’apparato pubblico e i contrasti e le richieste provenienti dalla popolazione;
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come differenziazione strutturale e integrazione tra centro e periferia, nonché coordinazione tra le molteplici istituzioni.
La costruzione di una nazione implica non solo la formazione di una coscienza nazionale, ma anche una integrazione territoriale – culturale e il superamento del problema della contrapposizione centro/periferica (Deutsch).
Lo sviluppo politico è pertanto inteso quale capacità di affrontare e superare le crisi che si presentano nella sua evoluzione (Huntington, Binder), si definisce così una “teoria delle crisi” che cerca di spiegare i differenti esiti di queste sfide e la loro “sequenza” all’interno di ogni paese, queste crisi sono individuate nelle cinque più ricorrenti, identificate rispettivamente nelle crisi di identità, di legittimità, di partecipazione, di penetrazione e di distribuzione (Binder, Coleman, La Palombara, Pye, Verba, Weiner).
La prima crisi che si presenta nella formazione di una nazione è la capacità identitaria di creare una appartenenza alla comunità, a cui segue la convinzione della bontà, correttezza e efficacia delle istituzioni e delle regole fondamentali del sistema politico ossia la sua legittimazione, il coinvolgimento nelle istituzioni e nel processo politico creano una crisi partecipativa.
Una volta formata una cittadinanza si susseguono due possibili ulteriori crisi quello della penetrazione del sistema politico nei vari settori della società e della distribuzione dell’autorità tra centro e periferia, nonché dei rapporti che si instaurano tra pubblica amministrazione, cittadini e i vari gruppi di interesse, si può concludere che la costruzione della nazione in uno Stato implica necessariamente il mantenimento dell’ordine pubblico, la capacità di mobilitare risorse per la collettività e quella di far fronte efficacemente agli impegni internazionali.
La rapida crescita economica appare per alcuni autori spesso incompatibile con la democrazia, in quanto l’economia necessita di stabilità e mantenimento dell’ordine (Coleman, Parsons, Aldmond), d’altronde lo sviluppo politico può essere inteso solo come un processo multidimensionale di mutamento sociale (Lerner), anche se Lypset stabilisce esserci una correlazione tra sviluppo economico e democrazia secondo i seguenti indici:
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ricchezza, industrializzazione, istruzione e urbanizzazione per l’economia;
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stabilità, effettività e legittimità per la democrazia.
A loro volta Almond e Powell individuano quattro tipologie di crisi per i sistemi politici:
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la prima è la penetrazione e l’integrazione attraverso cui si costruisce l’autorità centrale dello Stato;
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la seconda è la fedeltà e l’impegno dei cittadini nei confronti del contesto culturale identificato con la “nazione”;
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la terza è la partecipazione all’azione politica dei cittadini che presuppone la capacità di un effettivo controllo sul potere decisionale;
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la quarta sfida si presenta nel momento in cui vi è un rapido accrescersi del volume delle domande di servizi e di redistribuzione delle risorse entro la società.
Rokkan collega il processo democratico con la crescita della partecipazione, questa avviene attraverso il passaggio per quattro “soglie istituzionali”:
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di legittimazione, riconoscimento dei diritti politici individuali e di libertà di stampa;
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di incorporazione, partecipazione dei rappresentanti delle opposizioni alle decisioni assunte dai membri dei gruppi al potere;
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di rappresentanza, difficoltà nel creare gruppi di opposizione che possano venire rappresentati nell’assemblea legislativa;
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del potere esecutivo, rapporti e divisione tra i poteri.
Secondo questo schema le prime due soglie controllano la crescita di una politica di massa competitiva, con l’abbassamento delle due soglie si ha la possibilità di un ampliamento sia del dibattito politico che della partecipazione mediante suffragio, con la conseguente proliferazione delle organizzazioni, comunque da un punto di vista empirico i mutamenti da una soglia all’altra sono concentrati, senza tuttavia poterli prevedere temporalmente dipendendo dal sistema politico, interviene in questo l’atteggiamento delle élite e le modalità di estensione del voto .
Sorge il problema del rapporto temporale tra sviluppo politico ed economico, Organski, partendo dalla premessa che lo sviluppo economico non può che essere identificato con lo sviluppo nazionale, riconosce essere lo sviluppo politico elemento necessario quale premessa allo sviluppo economico, e ne identifica quattro stadi:
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l’unificazione primitiva;
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l’industrializzazione;
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il benessere nazionale;
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la politica dell’obbedienza.
Il succedersi di queste fasi muta la funzione fondamentale dello Stato, la cui capacità di utilizzare le risorse umane e materiali del paese al servizio degli obiettivi nazionali deve avere un costante aumento (Organski).
Nel primo stadio vi è la creazione di un mercato nazionale attraverso un effettivo controllo politico e amministrativo sulla popolazione, necessario quale elemento preliminare alla successiva industrializzazione, nella quale, secondo stadio, esigenza primaria del governo sarà l’accumulazione di capitale senza alcuna considerazione degli altissimi costi sociali, si formerà una nuova classe sociale mentre la massa verrà definitivamente integrata.
Nel terzo stadio una ampia crescita nella distribuzione dei beni e dei servizi con il diffondersi del benessere economico, nella quarta e ultima fase vi è un’automazione tecnologica che accresce il livello economico, ma al contempo si delineano alcuni problemi relativi alla sempre crescente concentrazione del potere economico e politico mentre vi è un progressivo impoverimento delle masse per espulsione o riduzione a livello inferiore nel ciclo economico.
Particolare interesse investe l’analisi del secondo stadio dello sviluppo politico relativo alla preparazione della crescita industriale, la tesi sostenuta è che storicamente solo tre modelli di governo hanno saputo affrontare le problematiche relative alla modernizzazione economica:
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il modello borghese delle democrazie occidentali;
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il modello stalinista del regime comunista degli anni Trenta;
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il modello fascista o “sincretico” quale realizzato in Italia, Spagna e Argentina.
Organski mette in luce le difficoltà del modello borghese e le possibilità che i due modelli, sia quello più diretto stalinista che quello mediano fascista, offrono in termini di velocità nella preparazione del tessuto sociale per la successiva industrializzazione, tuttavia tra i tre modelli vi è una analogia nell’impiego degli affari statali ai fini del controllo delle proteste sui sacrifici che il cambiamento impone, sul mantenimento di bassi salari e il contenimento della spesa pubblica.
Le differenze risiedono nell’attuazione esclusivamente imperativa nel sistema staliniano ed indiretta nei governi borghesi; un sistema misto “assimilabile” al modello “sincretico” è quello che è stato attuato negli ultimi decenni nella Cina popolare, dove dirigismo e stimolo verso una nuova élite industriale vengono ad integrarsi nella necessità di evitare un futuro possibile conflitto che l’autore ritiene inevitabile in quest’ultimo modello.
Apter indica necessarie nella modernizzazione tre condizioni:
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l’esistenza di un sistema sociale in grado di assorbire l’innovazione senza disgregarsi;
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l’esistenza di strutture sociali flessibili e differenziate;
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la presenza di un quadro di conoscenze tecnologicamente avanzate.
Il processo che ne deriva si dispiega lungo tre dimensioni:
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La dimensione normativa, riferita ai valori che vivono nella società;
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La dimensione strutturale, i limiti entro i quali gli individui effettuano le scelte;
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La dimensione comportamentale, i tipi di scelte e i motivi che le inducono .
Si passa dal modello collettivo fortemente ideologizzato che Parsons definisce come valori “espressivi” propri dell’area della religione, al modello laico – libertario nel quale vi è l’incentrarsi sulla cittadinanza e i cui valori vengono definiti da Parsons “strumentali”, nel mezzo in posizione intermedia vi sono i sistemi politici burocratici dove i valori strumentali sono controllati da un apparato, si hanno così strutture sociali fortemente gerarchiche a fianco di strutture piramidali con responsabilità diffusa.
Nel passaggio da un sistema fortemente gerarchico ad un sistema libertario vi è insita la necessità di un riconoscersi in alcuni valori, crescendo altrimenti il rischio di una crisi per destrutturazione, una frammentazione conseguente allo sviluppo economico e alla diffusione del benessere necessario di per sé all’ulteriore crescita economica.
Tuttavia nasce un conflitto tra le crescenti richieste della popolazione e le capacità finanziarie dello Stato, come le difficoltà nel dissolversi tecnologico del lavoro e dell’identità, lo stesso accade nel diritto in cui si passa da un sistema codicistico fortemente gerarchico e pertanto compatto, ad uno nel quale si forma una legislazione interpretativa magistratuale, vicina al common low, frutto dell’avvenuta frammentazione, dove viene a perdersi parte del preteso tecnicismo asettico kelsiano.
Relativamente all’Italia rimane poi l’antico concetto di derivazione franca ma rielaborato nel IX secolo di “immunità”, quale elemento di coesione della classe aristocratica e dell’élite che viene ad inserirsi nel rapporto Chiesa-Stato, in cui i poteri dei gruppi locali, più o meno legittimi, si intrecciano con quelli ecclesiastici, riprendendo una tradizione che risale al Mille, una bivalenza che rende fragile ma al contempo elastica nelle fasi critiche la struttura, con uno sviluppo politico originale, un misto tra teocrazia e laicità borghese.
BIBLIOGRAFIA INIZIALE
(Alcune opere classiche)
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