Il TAR Campania, sezione Quinta, con la sentenza n. 679/2015 del 3 febbraio 2015 ha accolto il ricorso proposto da Fintecna di impugnazione dell’ordinanza contingibile ed urgente n. 1 del 2013, emessa ex artt. 50 e 54 d.lgs. n. 267/2000 dal Sindaco del Comune di Napoli, Direzione Generale PG/2013/914058 del 03.12.2013, nella parte in cui ordina alla Fintecna s.p.a. di provvedere entro gg. 30 dalla notifica del provvedimento, ai fini della messa in sicurezza dell’arenile di Coroglio-Bagnoli, alla presentazione del progetto per la rimozione integrale della colmata e alla sua successiva realizzazione.
Il Comune resisteva al ricorso sulla base del principio “chi inquina paga”.
Ecco invece le motivazioni della sentenza:
FATTO e DIRITTO
La società ricorrente ha impugnato l’ordinanza del Sindaco del Comune di Napoli n. 1 del 2013, nella parte in cui viene ordinato alla medesima società di provvedere entro gg. 30 dalla notifica del provvedimento, ai fini della messa in sicurezza dell’arenile di Coroglio-Bagnoli, alla presentazione di un progetto per la rimozione integrale della colmata e alla sua successiva esecuzione.
La ricorrente premette quanto segue:
– che nel 1910 l’Ilva s.p.a. realizzava in Bagnoli uno stabilimento siderurgico la cui gestione nel 1961 veniva affidata all’Italsider;
– che nel periodo compreso tra il 1962 e il 1964 lo specchio d’acqua antistante lo stabilimento industriale, compreso tra i due pontili realizzati per l’attracco delle navi di grosso tonnellaggio, veniva colmato dall’Italsider per creare maggiori spazi operativi alle attività industriali (c.d. colmata);
– nel 1991 lo stabilimento siderurgico, rientrato verso la fine degli anni ‘80 nella titolarità dell’Ilva, cessava ogni attività industriale;
– con protocollo di intesa del 30 marzo 1996, il Ministero del Bilancio e della Programmazione economica, il Ministero dell’Ambiente, la Regione Campania, la Provincia di Napoli, il Comune di Napoli e l’I.R.I. individuavano le somme necessarie alla realizzazione di un progetto di bonifica dei siti industriali dismessi nell’area di Bagnoli;
– con decreto legge n. 486/1996, convertito in legge 18 novembre 1996, il compito di provvedere agli interventi di ripristino ambientale dei predetti siti veniva affidato all’I.R.I., che, a sua volta, assegnava alla Bagnoli s.p.a. (società di scopo) la missione di realizzare le opere di risanamento previste dal predetto piano di bonifica;
– con legge n. 426/1998 l’area di Bagnoli veniva inserita tra i siti inquinati di interesse nazionale;
– con legge n. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001) venivano stanziate ulteriori risorse per le operazioni di bonifica e recupero dell’area industriale di Bagnoli;
– nel gennaio 2001, la società Bagnoli s.p.a., in qualità di soggetto attuatore ex lege degli interventi di risanamento ambientale, presentava il progetto definitivo di bonifica delle aree di Bagnoli, che veniva approvato in conferenza di servizi;
– avvalendosi di una disposizione contenuta nella legge n. 388/2000, il Comune di Napoli acquisiva la proprietà delle aree oggetto di intervento, subentrando alla Bagnoli s.p.a. nelle attività di bonifica e correlativamente in tutti i finanziamenti previsti per la realizzazione dei predetti interventi; il subentro nei rapporti della Bagnoli s.p.a. veniva regolato attraverso scrittura privata del 14 marzo 2002 sottoscritta dalla predetta società e dall’Ente subentrante;
– con deliberazione n. 40 del 18 febbraio 2002, il Comune di Napoli costituiva la società Bagnoli Futura s.p.a., società di trasformazione urbana a partecipazione pubblica, cui veniva affidato il compito di realizzare gli interventi di bonifica dell’area di Bagnoli;
– il 5 maggio 2003, la Fintecna s.p.a. procedeva alla riconsegna all’Autorità portuale di Napoli dei beni demaniali marittimi, tra cui la colmata e i pontili, di cui l’Ilva s.p.a. era concessionaria;
– con decreto del 31 luglio 2003, il Ministero dell’Ambiente, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, approvava il piano di bonifica presentato dalla Bagnoli Futura s.p.a.; in base al predetto decreto, l’Autorità portuale di Napoli assumeva l’obbligo di rimuovere e smaltire la colmata a mare e di provvedere al trattamento e trasporto dei materiali derivanti dalla stessa;
– con atto di transazione del 13 marzo 2006, la società Bagnoli Futura s.p.a. assumeva espressamente l’obbligo di manlevare “tutte le società che tempo per tempo sono state concessionarie delle aree demaniali marittime sulle quali sono state realizzate la <<colmata a mare>> e i <<pontili>>, da ogni responsabilità conseguente alla mancata rimozione sia della stessa colmata che dei medesimi pontili, da parte di tutte le società che sono state tempo per tempo concessionarie, assumendo a proprio carico gli oneri conseguenti all’ipotesi che tali rimozioni non fossero eseguite dall’Autorità Portuale. La manleva si estende anche al caso in cui a tanto provvedesse il Commissario di Governo o qualsivoglia altro soggetto e che si rivalessero successivamente su tutte le società che tempo per tempo ne hanno detenuto la concessione”;
– l’Autorità portuale di Napoli non ottemperava agli obblighi assunti con l’Accordo quadro del 2003;
– nel marzo del 2007, su incarico del Commissario di Governo, la società Sviluppo Italia s.p.a. redigeva uno studio di fattibilità per la rimozione della colmata a mare e la bonifica del sedimenti marini antistanti il sito di interesse nazionale Bagnoli – Coroglio; il progetto veniva inserito in un nuovo Accordo di programma stipulato nel 2007, che poneva a carico del Provveditorato alle opere pubbliche di Campania e Molise il compito di rimozione della colmata a mare e bonifica dei fondali dell’area marino – costiera del sito di interesse nazionale Bagnoli – Coroglio.
Premesso ciò, la società ricorrente contesta la legittimità del provvedimento impugnato per i seguenti motivi:
– Violazione degli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000. Assenza dei presupposti di contingibilità e urgenza. Erroneità dei presupposti. Assoluto difetto di motivazione. Eccesso di potere – Difetto di istruttoria – Illogicità – Violazione del principio di buon andamento della p.a. ex art. 97 Cost.;
– Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per assoluta carenza di istruttoria ed ingiustizia manifesta. Violazione dell’art. 244, 2 comma, d.lgs. n. 152/2006 – Eccesso di potere per travisamento e manifesta illogicità. Difetto di legittimazione passiva di Fintecna s.p.a. – Violazione del principio di legalità e buon andamento ex art. 97 Cost.;
– Violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990. Violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo. Violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Cost. Incompetenza e sviamento.
Si sono costituiti in giudizio per resistere al proposto gravame il Comune di Napoli, il Ministero dell’Interno, l’Autorità Portuale di Napoli ed il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.
Con ordinanza di questo Tribunale n. 92/2014 è stato respinta l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, sul presupposto della mancanza del periculum in mora.
Il fallimento della società Bagnoli Futura s.p.a. ha depositato in giudizio atto di intervento ad opponendum (che tuttavia non risulta notificato alle altre parti).
All’udienza pubblica del 4 dicembre 2014, su richiesta delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Preliminarmente, non può essere accolta l’istanza di estromissione dal giudizio formulata dal Ministero dell’Ambiente, per il tramite dell’Avvocatura distrettuale dello Stato; detto Ministero non può considerarsi estraneo alla vicenda de qua agitur, atteso che l’art. 114 della legge n. 388/2000 attribuisce espressamente al Ministro dell’ambiente il compito di approvare il piano di completamento della bonifica e del recupero ambientale dell’area industriale di Bagnoli (comma 17) e la funzione di vigilare e controllare sulla corretta e tempestiva attuazione del piano di recupero di Bagnoli (comma 19).
Sempre in via preliminare, il Collegio rileva l’inammissibilità dell’atto di intervento depositato dal Fallimento Bagnoli Futura s.p.a., che non risulta notificato alle parti del giudizio, come invece previsto dall’art. 50, 2° comma, del c.p.a. nonché la tardività del deposito dei documenti depositati da Fintenca s.p.a. in data 24 ottobre 2014 (appena dieci giorni liberi prima della udienza di discussione), in palese violazione di quanto disposto dall’art. 73, comma 1, del c.p.a.
Nel merito, la questione dedotta in giudizio attiene alla dedotta illegittimità della ordinanza sindacale, con la quale il Sindaco del Comune di Napoli ha intimato alla società ricorrente, ai sensi degli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000, di provvedere entro il termine di gg. 30 dalla notifica del provvedimento, alla presentazione di un progetto per la rimozione integrale della colmata a mare e la messa in sicurezza dell’arenile di Coroglio-Bagnoli nonché alla sua successiva esecuzione.
Il Sindaco del Comune di Napoli ha posto alla base del provvedimento impugnato i seguenti elementi:
a) l’art. 1, comma 14, del d.l. 20 settembre 1996 n. 486, convertito con modificazioni dalla legge 18 novembre 1996 n. 582, che prevede come prioritaria la bonifica dell’arenile di Bagnoli – Coroglio e dell’area marina, ponendo a carico dei concessionari i relativi costi;
b) la (presunta) caducazione, per mancanza di risorse finanziarie, del secondo accordo di programma, stipulato in data 21 dicembre 2007, che (modificando il precedente accordo di programma del 17 luglio 2003) ha posto gli obblighi di bonifica a carico del Provveditorato alle opere pubbliche;
c) la sussistenza di rischi per la salute pubblica, connessi alla presenza della colmata e alla mancata bonifica dei siti, da cui sarebbero derivati il divieto di balneazione (imposto con ordinanza sindacale n. 1304 del 7 agosto 2006) e il divieto di frequentazione degli arenili (imposto con ordinanza n. 19 del 3 agosto 2006 del presidente dell’Autorità portuale di Napoli);
d) la tesi secondo la quale gli obblighi di messa in sicurezza dei siti contaminati graverebbero non già sul proprietario non responsabile dell’inquinamento, ma sull’autore dell’inquinamento, conformemente al principio comunitario “chi inquina paga”;
e) l’ulteriore considerazione secondo la quale alla società ricorrente, nella sua qualità di assuntrice della gestione e del controllo dei processi di liquidazione e ristrutturazione delle società facenti capo al gruppo I.R.I., dovrebbe imputarsi la responsabilità dell’inquinamento prodotto dalla Italsider prima e dall’Ilva poi.
Sennonché gli elementi individuati dal Sindaco del Comune di Napoli per giustificare l’esercizio del potere di ordinanza – ai sensi degli artt. 50, commi 4 e 5, e 54, comma 4, del d.lgs. n. 267/2000 – nei confronti della società Fintecna s.p.a. non possono essere condivisi per le ragioni di seguito indicate.
Anzitutto, il Collegio rileva che l’art. 1, comma 1, del d.l. n. 486/1996 (convertito con modificazioni dalla legge n. 582/1996), che affidava all’I.R.I. (Istituto per la ricostruzione industriale) il compito di provvedere al risanamento dei siti industriali dismessi di Bagnoli è stato abrogato dall’art. 114, comma 18, della legge 23 dicembre 2000 n. 388.
Il comma successivo dell’articolo da ultimo richiamato dispone che:
– la funzione di vigilanza e controllo sulla corretta e tempestiva attuazione del piano di recupero di Bagnoli è attribuita al Ministero dell’ambiente, il quale, in caso di inosservanza delle prescrizioni e dei tempi stabiliti nel piano stesso, può, previa diffida a conformarsi alle previsioni entro congruo termine, disporre l’affidamento a terzi per l’esecuzione dei lavori in danno, ai sensi dell’articolo 17, commi 2, 9, 10 e 11, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni;
– in considerazione del pubblico interesse alla bonifica, al recupero ed alla valorizzazione dell’area di Bagnoli, è attribuita facoltà al Comune di Napoli, entro il 31 dicembre 2001, di acquisire la proprietà delle aree oggetto degli interventi di bonifica anche attraverso una società di trasformazione urbana;
– il Comune di Napoli, a seguito del trasferimento di proprietà, subentra nelle attività di bonifica attualmente gestite dalla società Bagnoli S.p.A. con il trasferimento dei contratti in essere, dei finanziamenti specifici ad essi riferiti e di quelli non ancora utilizzati, ivi compresi i finanziamenti per il completamento della bonifica.
Orbene, il Comune di Napoli, avvalendosi della facoltà riconosciutagli dalla disposizione normativa sopra richiamata, con deliberazione n. 145 del 26 novembre 2001, disponeva l’acquisizione delle aree oggetto di intervento, subentrando alla Bagnoli s.p.a. (società di scopo istituita dall’I.R.I.) nelle attività di bonifica e correlativamente in tutti i finanziamenti previsti per la realizzazione dei predetti interventi.
Il subentro del Comune di Napoli nei rapporti della Bagnoli s.p.a. veniva regolato attraverso scrittura privata del 14 marzo 2002, che faceva seguito alla deliberazione n. 40 del 18 febbraio 2002, con la quale il Consiglio comunale di Napoli costituiva la società Bagnoli Futura s.p.a. (società di trasformazione urbana a partecipazione pubblica), cui veniva affidato il compito di realizzare gli interventi di bonifica dell’area di Bagnoli.
Con verbale del 30 aprile 2002, la società Bagnoli s.p.a. riconsegnava al Comune di Napoli le aree oggetto dell’intervento di risanamento e di bonifica di cui alla legge n. 582/1996 e alla legge n. 388/2000 (art. 114, commi 18 e 19), facendo cessare così l’obbligo di custodia convenzionalmente stabilito nella scrittura privata sopra richiamata.
Con processo verbale del 5 maggio 2003, la Fintecna s.p.a. procedeva alla formale riconsegna al Presidente dell’Autorità portuale di Napoli dei beni demaniali marittimi (aree, opere e specchi acquei) oggetto delle concessioni demaniali marittime. Nella predetta occasione la Fintecna s.p.a assumeva anche l’obbligo di corrispondere all’Autorità portuale l’importo di € 370.341,93 e di far rimuovere dalla società Bagnoli s.p.a. due scaricatori da 30 tonnellate ubicati sul pontile sud.
Ritiene conseguentemente il Collegio che, se originariamente l’obbligo di bonifica dell’arenile Bagnoli- Coroglio gravava sull’I.R.I., che, al fine di provvedervi, aveva istituito la società di scopo Bagnoli s.p.a., per effetto delle disposizioni di cui all’art. 114 (comma 18 e 19) della legge 23 dicembre 2000 n. 388 e della opzione esercitata dal Comune di Napoli, si è verificata una sorta di traslazione (legale) dell’obbligo di bonifica a carico del Comune di Napoli, subentrato nella titolarità delle aree e dei finanziamenti previsti per la bonifica del sito.
All’obbligo di bonifica il Comune di Napoli ha ritenuto di provvedere attraverso la costituzione di una società di trasformazione urbana, Bagnoli Futura s.p.a., e la sottoscrizione di ben due accordi di programma:
– il primo accordo di programma (sottoscritto in data 17 luglio 2003 dalla Regione Campania, dal Commissario delegato per le bonifiche, dal Comune di Napoli, dall’Autorità portuale di Napoli e dalla società Bagnoli Futura s.p.a. e approvato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio del 31 luglio 2003) prevedeva la rimozione della colmata e il trasporto dei relativi materiali da parte dell’Autorità portuale di Napoli; l’accordo di programma non veniva portato ad esecuzione;
– il secondo accordo di programma (Bagnoli – Piombino) del 2007 prevedeva la rimozione della colmata previa asportazione dei sedimi classificati come pericolosi, ai fini della loro bonifica in loco, e il conferimento dei sedimenti marini non pericolosi nel porto di Piombino; anche il secondo accordo di programma, la cui esecuzione veniva affidata al Provveditorato alle opere pubbliche, non veniva portato ad esecuzione, per ragioni connesse, secondo quanto riportato nello stesso provvedimento impugnato, alla carenza delle risorse finanziarie.
Non si comprende dunque la ragione per la quale il Comune di Napoli, dopo aver esercitato liberamente la facoltà prevista dall’art. 114, comma 19, della l. n. 388/2000 ed essere volontariamente subentrato nella titolarità dei siti inquinati (come pure nella titolarità dei relativi obblighi di bonifica e dei connessi finanziamenti), dopo aver costituito una società di trasformazione urbana (Bagnoli Futura s.p.a.) finalizzata alla bonifica dei siti inquinati di Bagnoli ed aver sottoscritto ben due accordi di programma, anziché adoperarsi per portare ad esecuzione gli accordi di programma precedentemente sottoscritti e per i quali sono state stanziate ingenti risorse finanziarie (sia a livello centrale che locale), senza tener conto della successiva evoluzione normativa (per effetto della quale si è verificata una sorta di traslazione legale dell’obbligo di bonifica, attuata con il consenso del soggetto subentrante), ritenga ora che l’onere della bonifica debba ricadere in via esclusiva sulla società ricorrente.
Ritiene invece il Collegio che nel caso di specie debba trovare applicazione il principio giuridico codificato nel brocardo “cuius commoda, eiusque incommoda”, dovendo ritenersi che l’onere di bonifica si sia trasferito unitamente alla titolarità dei beni da bonificare e delle risorse finanziarie previste per la bonifica.
Né può ritenersi applicabile ratione temporis il principio codificato dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n 22/1997 (abrogato dall’art. 264 del d.lgs. n. 152/2006), a norma del quale chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti normativamente stabiliti, ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento, in quanto risulta non controverso tra le parti che l’attività industriale fonte di inquinamento è cessata nel 1991, in data cioè anteriore alla entrata in vigore della predetta disposizione.
Del pari è inapplicabile alla fattispecie dedotta in giudizio la disciplina di cui agli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, in quanto non compatibile con le disposizioni di cui all’art. 114, commi 18 e 19, della legge n. 388/2000, dettate specificamente per i siti inquinati di Bagnoli (lex posterior generalis non derogat priori speciali).
Il Collegio rileva infine che nell’atto di transazione stipulato con rogito notarile del 13 marzo 2006, la società Bagnoli Futura s.p.a. (al punto i –i) assumeva espressamente l’obbligo di manlevare “tutte le società che tempo per tempo sono state concessionarie delle aree demaniali marittime sulle quali sono state realizzate la <<colmata a mare>> ed i <<pontili>>, da ogni responsabilità conseguente alla mancata rimozione sia della stessa colmata che dei medesimi pontili, da parte di tutte le società che sono state tempo per tempo concessionarie, assumendo a proprio carico gli oneri conseguenti all’ipotesi che tali rimozioni non fossero eseguite dall’Autorità Portuale. La manleva si estende anche al caso in cui a tanto provvedesse il Commissario di Governo o qualsivoglia altro soggetto e che si rivalessero successivamente su tutte le società che tempo per tempo ne hanno detenuto la concessione”.
Con riguardo alla nullità della predetta clausola per violazione di norme imperative, eccepita dal Fallimento Bagnoli Futura s.p.a. nella memoria depositata in data 20 ottobre 2014, il Collegio, avvalendosi dei poteri di cognizione incidentale di cui all’art. 8 del c.p.a., non rileva la eccepita nullità ex art. 1418 comma 1 c.c., in quanto la clausola sospettata di nullità per violazione di norme imperative deve ritenersi invece compatibile con le disposizioni normative di cui all’art. 114, commi 18 e 19 della l. n. 388/2000.
Appare dunque fondato il secondo motivo di ricorso, in quanto, in relazione agli elementi di fatto e di diritto richiamati nel provvedimento impugnato, il Collegio non ravvisa la sussistenza in capo alla società Fintecna s.p.a. dell’obbligo giuridico di provvedere alla rimozione della colmata e alla bonifica dei siti inquinati di Bagnoli.
In conclusione, assorbita ogni altra censura, il ricorso va accolto, con il conseguente annullamento (in parte qua) della ordinanza impugnata.
La complessità delle questioni di fatto e di diritto dedotte in giudizio giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.(omissis)