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SUL CONTRASTO ALLA POVERTA’ SERVE UN DECRETO GOVERNATIVO

Enrico Schenato

La crescita della povertà negli ultimi anni ha toccato cifre davvero record in Italia, tanto che l’ISTAT stima che sono un milione e 470 mila le famiglie in condizioni di povertà assoluta, con una distribuzione territoriale che non risparmia nessuna regione.

Ad evidenziare il progressivo deterioramento delle condizioni di vita della popolazione, il tasso di mortalità è cresciuto enormemente rispetto agli anni precedenti, mentre si è registrata una flessione del trend demografico.

In Italia, manca da tempo un sistema universale di protezione sociale, in quanto questa è sempre stata prevista in relazione a specifiche tipologie di svantaggio (ciechi, disabili, lavoratori delle grandi imprese industriali in crisi etc.), escludendo dall’aiuto pubblico altre categorie.

Infatti, soltanto le provvidenze collegate ad una situazione di invalidità o vecchiaia sono riconosciute in forma di prestazione vitalizia.

L’assenza di una misura generale di contrasto alla povertà, in Italia, è stata nel corso degli anni giustificata dalla necessità di contenere la spesa pubblica.

La liberalizzazione dell’economia e le privatizzazioni avviate nei primi anni ’90 hanno esposto al rischio di disoccupazione una intera classe media, protetta fino a quel momento da una politica economica ed industriale condotta, in modo prevalente, dalla mano pubblica.

Il venir meno delle politiche di sostegno economico alle classi meno abbienti ha comportato il crollo del reddito pro capite e la riduzione dei consumi.

In anni più recenti, sulla scia di orientamenti di stampo neoliberista, l’opinione pubblica si è fatta pilotare da un malinteso spirito critico nei confronti di tutto ciò che ruota intorno al welfare.

Va anche detto che dalla legge quadro sulla assistenza, partorita nel 2000, all’introduzione del c.d. ISEE (indicatore della situazione economica equivalente) fino alla più recente legislazione, non sono stati fatti grandi passi in avanti sul contrasto all’indigenza.

Una spinta verso nuove misure di coesione sociale è giunta anche dalle istituzioni comunitarie grazie ai fondi strutturali e al metodo di consultazione aperto.

Si tratta di un sistema di consultazione mirato alla conoscenza delle buone prassi provenienti dagli altri stati membri.

L’idea di riconoscere un reddito a tutti coloro che si trovano in condizioni di povertà coinvolge scelte fondamentali di politica economica, che non può tuttavia prescindere dalla politica attiva del lavoro come strumento principale.

Finora le misure introdotte (si pensi, ad esempio, al reddito di ultima istanza e alla riforma degli interventi contro la disoccupazione involontaria) non hanno prodotto i risultati sperati.

Per fronteggiare l’emergenza economica, si sarebbe dovuto intervenire, ad esempio, nella materia della esecuzione forzata per rilascio di immobili e nella normativa sulle locazioni.

In un mondo con risorse limitate, il primo strumento di contrasto alla indigenza è costituito dalla lotta allo spreco alimentare.

L’idea è quella di alleviare le forme più gravi di povertà, attraverso la somministrazione di prodotti alimentari.

La prima forma di redistribuzione è la lotta allo spreco dei beni di prima necessità.

Secondo lo schema della economia circolare, sarebbe logico prevedere norme speciali che impongano alle grandi catene di considerare il cibo alla stregua di un rifiuto speciale da avviare alla distribuzione gratuita o a prezzi calmierati, grazie all’impegno delle associazioni di volontariato.

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