Nel caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca operato a carico della società incorporata, se il giudice penale prova la mancata buona fede della incorporante e il vantaggio conseguito dalla società incorporante, la misura si estende anche a quest’ultima.
Decisione:
Sentenza n. 4064/2016 Cassazione penale – Sezione V.
Il caso.
Una banca, successivamente incorporata, aveva subito il sequestro finalizzato alla confisca per sospetti di market abuse, precisamente dei delitti di abuso di informazioni privilegiate, omessa comunicazione di conflitto di interessi e di manipolazione di mercato. Il sequestro preventivo è stato confermato e poi appellato per la sua revoca, appello però rigettato con ordinanza, che a sua volta è stata impugnata con ricorso in Cassazione.
La decisione.
La Suprema corte ha dapprima rilevato che su alcune questioni si era formato il cd. “giudicato cautelare” che, in assenza di una modifica della situazione di riferimento, non possono essere rimesse in discussione.
Ha poi chiarito l’applicabilità della confisca anche nei soggetti sforniti di capacità penale: «La confisca ex art. 240 c.p., come misura di sicurezza patrimoniale, è applicabile anche nei confronti di soggetti (quali le società) sforniti di capacità penale. Di conseguenza, ove il prezzo del reato di “market abuse” commesso dai legali rappresentanti di una Banca, sia stato da questa utilizzato per propri fini, legittimamente è disposta la confisca di una somma di denaro equivalente al prezzo del reato e di cui la Banca abbia la disponibilità».
La Cassazione, ricorda anche l’applicabilità della confisca per equivalente del profitto ai sensi del Decreto Legislativo 231/2001: «in ogni caso, è possibile la confisca per equivalente del profitto anche nei confronti della persona giuridica, d.lgs. n. 231 del 2001, ex art. 6, comma 5 (SSUU Gubert), per reati che, come nella specie, facciano parte del catalogo di cui all’art. 25 ter, d.lgs. cit.».
Sulla posizione del terzo rispetto agli effetti del provvedimento di confisca derivante dalla responsabilità degli enti ex Decreto Legislativo 231/2001, la Corte così si esprime: «Premesso che per terzo, i cui diritti vengono salvaguardati dal legislatore prevalendo anche sulla sanzione della confisca, deve intendersi la persona estranea al reato, ovvero la persona che non solo non abbia partecipato alla commissione del reato, ma che da esso non abbia ricavato vantaggi e utilità, evidenziano le Sezioni Unite di questa Corte che soltanto colui che versi in tale situazione oggettiva e soggettiva può vedere riconosciuta la intangibilità della sua posizione giuridica soggettiva e l’insensibilità di essa agli effetti del provvedimento di confisca. Al requisito oggettivo integrato dalla non derivazione di un vantaggio dall’altrui attività criminosa, deve aggiungersi la connotazione soggettiva della buona fede del terzo, intesa come “non conoscibilità, con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, del predetto rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato commesso dal condannato”. Da quanto detto risulta che il concetto di buona fede per il diritto penale è diverso da quello di buona fede civilistica a norma dell’art. 1147 c.c., dal momento che anche i profili di colposa inosservanza di doverose regole di cautela escludono che la posizione del soggetto acquirente o che vanti un titolo sui beni da confiscare o già confiscati sia giuridicamente da tutelare».
Per la Cassazione, la regola civilistica fissata nell’art. 2504bis codice civile non si può estendere automaticamente alla società incorporante, e afferma che: «Deve, pertanto, escludersi che la confisca (ed il sequestro preventivo ad essa finalizzato) disposta nei confronti della società che ha partecipato alla fusione per incorporazione, si estenda automaticamente alla società incorporante, solo sulla base della regola, fissata in sede civilistica dall’art. 2504 bis, c.c.».
L’estensione degli effetti della confisca alla società incorporante richiede però l’ulteriore accertamento della mancanza di buona fede: «Al tempo stesso deve accertarsi se, all’atto della fusione, “Banca Intesa” (società incorporante, ndr), in relazione alla circostanza innanzi indicata, si trovasse o meno in una condizione di buona fede, vale a dire se conosceva ovvero se era in condizione di conoscere, attraverso l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, che la BER si era avvantaggiata in qualche modo del profitto derivante dai reati in materia di “market abuse” innanzi indicati, ad esempio, impiegandolo per estinguere una parte dei propri debiti pregressi».
Osservazioni.
Nel caso oggetto di decisione, per la Corte di legittimità è necessario verificare se la banca incorporata abbia utilizzato i profitti illeciti per ridurre la propria posizione debitoria: attraverso la fusione per incorporazione, la banca incorporante potrebbe aver conseguito un vantaggio da tale aspetto attraverso la fusione per incorporazione.
Nel decidere la questione, la Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato al Tribunale per un nuovo esame nel merito osservando i principi di diritto indicati.
Disposizioni rilevanti.
Codice Civile
Art. 2504-bis – Effetti della fusione
La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione.
La fusione ha effetto quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte dall’articolo 2504. Nella fusione mediante incorporazione può tuttavia essere stabilita una data successiva.
Per gli effetti ai quali si riferisce il primo comma dell’articolo 2501-ter, numeri 5) e 6), possono essere stabilite date anche anteriori.
Nel primo bilancio successivo alla fusione le attività e le passività sono iscritte ai valori risultanti dalle scritture contabili alla data di efficacia della fusione medesima; se dalla fusione emerge un disavanzo, esso deve essere imputato, ove possibile, agli elementi dell’attivo e del passivo delle società partecipanti alla fusione e, per la differenza e nel rispetto delle condizioni previste dal numero 6 dell’articolo 2426, ad avviamento. Quando si tratta di società che fa ricorso al mercato del capitale di rischio, devono altresì essere allegati alla nota integrativa prospetti contabili indicanti i valori attribuiti alle attività e passività delle società che hanno partecipato alla fusione e la relazione di cui all’articolo 2501-sexies.Se dalla fusione emerge un avanzo, esso è iscritto ad apposita voce del patrimonio netto, ovvero, quando sia dovuto a previsione di risultati economici sfavorevoli, in una voce dei fondi per rischi ed oneri.
La fusione attuata mediante costituzione di una nuova società di capitali ovvero mediante incorporazione in una società di capitali non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni delle rispettive società partecipanti alla fusione anteriori all’ultima delle iscrizioni prescritte dall’articolo 2504, se non risulta che i creditori hanno dato il loro consenso.
DECRETO LEGISLATIVO 8 giugno 2001, n. 231
Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica
Art. 19 – Confisca
1. Nei confronti dell’ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.
2. Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato.
Art. 29 – Fusione dell’ente
1. Nel caso di fusione, anche per incorporazione, l’ente che ne risulta risponde dei reati dei quali erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione.
– CODICE 231 – Decreto Legislativo 231/2001