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Sciopero degli avvocati (20 e 21 Settembre). I motivi dell’astensione.

Queste, in sintesi, le ragioni della protesta: geografia giudiziaria, abolizione delle tariffe, mediaconciliazione obbligatoria, delegificazione dell’ordinamento forense, attacco all’autonomia delle casse previdenziali

Così, il 20 e 21 settembre sarà sciopero dell’avvocatura, indetto dall’Oua, contro gli attacchi alla professione forense e i provvedimenti sulla giustizia. Intanto,  crescono le adesioni degli ordini e delle associazioni forensi.

Il presidente dell’Organismo di rappresentanza politica dell’avvocatura (Oua), ha indicato alla vigilia della protesta le ragioni di fondo dell’astensione e sottolineato l’unità della categoria: «Uno sciopero che è un ulteriore avviso alla politica: non si rottama la giustizia, non si possono demolire i diritti dei cittadini e aggredire il ruolo costituzionale della professione forense».

«Manifesteremo contro la soppressione di 1.000 uffici giudiziari – continua il presidente Oua – il Governo non ha accolto le proposte formulate dall’Avvocatura sulla revisione della geografia giudiziaria, recepite nei pareri resi dalle Commissioni Giustizia del Senato e della Camera dei Deputati. La colossale operazione messa in campo dall’Esecutivo non porterà alcun beneficio economico, anzi contribuirà ad intasare ancor più la giustizia ledendo i diritti dei cittadini. Una scelta che non assicura l’efficienza della giustizia, ma si traduce piuttosto in un disegno perverso di rottamazione dei diritti. Nell’assemblea del 21 settembre, a Roma (alle ore 15.00) l’OUA proporrà iniziative per contrastare la normativa illegittima e incostituzionale con una pluralità di azioni giudiziarie: dal ricorso al Tar alle azioni giudiziarie per sollevare le questioni di incostituzionalità della legge delega e del decreto legislativo, fino alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo. Nonché con denunce alla Corte dei Conti per gli sprechi nella gestione dei fondi destinati alla giustizia (più di 8 miliardi di euro), e segnatamente per la costruzione di nuovi Palazzi di Giustizia e ristrutturazione di numerosi uffici giudiziari in sedi soppresse». «Ma non basta – aggiunge – rimane irrisolto il nodo della fallimentare introduzione dell’incostituzionale obbligatorietà della mediaconciliazione. L’80 per cento dei tentativi di conciliazione non riescono con dispendio di tempo, energia e spese (queste ultime sono servite solo ad arricchire la Camere di conciliazione private). Il restante 20 per cento riguarda prevalentemente controversie di modico valore. Si denuncia, inoltre, che gran parte delle Camere di conciliazione mancano presupposti di terzietà e di qualità.

La Corte Costituzionale esaminerà il 23 ottobre le questioni di incostituzionalità sollevate con ben otto ordinanze di rimessione.

Successivamente interverrà la decisione della Corte Europea di Giustizia nel procedimento incardinato in base a due ordinanze di rimessione. In tale procedimento la Commissione Europea ha già manifestato perplessità circa gli alti costi della procedura coercitiva di mediazione (si arriva fino a 9.000 euro per procedimento)».

Sempre sul fronte della giustizia civile, l’Oua ribadisce la netta opposizione all’appello cassatorio (filtro in appello) e alla rottamazione della giustizia civile. «È forte la preoccupazione riguardo agli interventi legislativi sulla previsione di un più rigido, arbitrario e ingiusto meccanismo di impugnazione – sottolinea de Tilla – . Le riforme, soprattutto in un settore che gli economisti ritengono così determinante e strategico per lo Sviluppo del Paese, non possono essere eseguite a costo zero, ovvero addirittura con continue riduzioni di risorse economiche ed umane, ma richiederebbero cospicui investimenti. È inaccettabile deflazionare il contenzioso, comprimendo drasticamente il diritto del cittadino a vedere tutelate le proprie ragioni davanti ad un giudice. Ed è grave che ciò avvenga nella delicata fase dell’impugnazione, con la previsione di un complesso meccanismo che, lungi dall’accelerare il giudizio di secondo grado, potrebbe impegnare la maggior parte dei giudici di secondo grado ad effettuare una preliminare diagnosi sulla possibilità di accoglimento dell’impugnazione (svincolata da ogni criterio logico e controllo), piuttosto che nel loro istituzionale compito di decidere le cause e motivare i provvedimenti.

L’intervento legislativo sul filtro in appello è un rimedio peggiore del male».

L’altra faccia della medaglia è l’attacco alle professioni. Il presidente dell’Oua, ribadisce la richiesta di ripristinare le tariffe: «Governo e Parlamento hanno fortemente leso la funzione dell’avvocato che assiste il cittadino nel processo. L’eliminazione delle tariffe professionali costituisce, infatti, una violazione del diritto dell’avvocato al compenso per la prestazione data al cliente. Le tariffe vanno ripristinate in quanto costituiscono uno strumento di valutazione dell’attività forense che garantisce la qualità e l’indipendenza. Le tariffe non possono essere sostituite dai parametri al ribasso che saranno impugnati dall’Avvocatura».
E non manca di criticare la delegificazione dell’ordinamento forense: «L’Avvocatura unita – ricorda – si è dichiarata contraria ad ogni forma di delegificazione dell’ordinamento professionale e di liberalizzazione selvaggia della funzione difensiva.

Va approvata senza remore la riforma in Aula alla Camera dei Deputati con alcune modifiche che non possono certamente riguardare le norme varate dalla Commissione Giustizia (consulenza legale esclusiva, tariffe, società professionali senza soci di capitale, specializzazioni)».

Infine de Tilla mostra la grande preoccupazione per i recenti provvedimenti che ledono la natura privata e l’autonomia delle Casse professionali, proprio alla vigilia della X Conferenza Nazionale della Cassa Forense a Roma (21 e 22 settembre), dove interverrà il 21 mattina: «Dopo la privatizzazione degli enti previdenziali dei professionisti (avvenuta nel 1994) e dopo gli effetti positivi del passaggio dal pubblico al privato non si può tornare indietro.
La giusta vigilanza pubblica non può costituire “esproprio” dei patrimoni delle Casse, i cui risparmi non possono essere incamerati dallo Stato ma vanno devoluti a beneficio dei professionisti iscritti. Non si può, inoltre, mettere in discussione la natura privata (a tutti gli effetti) e l’autonomia delle Casse professionali.

Le più lunghe proiezioni attuariali – conclude – non possono formare oggetto di imposizioni autoritarie che preludono a forme di manipolazione e di assoggettamento a famelici provvedimenti espropriativi che l’Avvocatura ha sempre combattuto».

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