di Carlo Rapicavoli –
Si susseguono gli interventi di autorevoli rappresentanti del Governo volti a “tranquillizzare” i dipendenti delle Province, soggette a “riordino”, che attendono di conoscere il loro destino professionale, dopo la previsione del comma 421 della legge di stabilità 2015 che ha disposto dal 1° gennaio 2015 il taglio delle dotazioni organiche:
a) per le Province, in misura pari al 50% del costo della dotazione organica del personale di ruolo al 8 aprile 2014;
b) per le Città metropolitane, in misura pari al 30% del costo della dotazione organica del personale di ruolo al 8 aprile 2014.
senza alcun riferimento alle funzioni.
Si tratta, com’è noto, di una disposizione che ignora l’esito della mappatura delle funzioni, prevista dalla Legge Delrio, imponendo una riduzione indiscriminata della dotazione organica senza tener conto:
a) del numero di dipendenti effettivamente addetti all’esercizio delle funzioni fondamentali;
b) del diverso assetto di deleghe tra le diverse Regioni
c) della razionalizzazione già realizzata in numerose amministrazioni che si trovano maggiormente penalizzate
d) senza tener conto di alcun rapporto dipendenti/abitanti o costo del personale/abitante
e) dell’assetto organizzativo dei singoli Enti e dell’eventuale esercizio di funzioni fondamentali tramite società partecipate.
A fronte di tale disposizione e del connesso taglio di risorse, il Governo rassicura tutti affermando che il personale così dichiarato in sovrannumero, circa 20.000 dipendenti, verrà ricollocato nelle altre amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni della stessa legge di stabilità.
La legge di stabilità prevede che:
a) Entro 60 giorni vanno definite le procedure di mobilità del personale interessato, con decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previa consultazione con le confederazioni sindacali rappresentative e previa intesa in sede di conferenza unificata, che dovrà fissare i criteri per realizzare i processi di mobilità, anche con passaggi diretti di personale tra amministrazioni senza preventivo accordo, per garantire l’esercizio delle funzioni istituzionali da parte delle amministrazioni che presentano carenze di organico;
b) Entro 90 giorni, tenuto conto del riordino delle funzioni di cui alla legge 56/2014, secondo modalità e criteri definiti nell’ambito delle procedure e degli osservatori regionali, va individuato il personale che rimane assegnato alle Province e quello da destinare alle procedure di mobilità, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale previste dalla normativa vigente;
c) Le regioni e gli enti locali, per gli anni 2015 e 2016, destinano le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato all’immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate alla data del 1° gennaio 2015 e alla ricollocazione nei propri ruoli delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità. Esclusivamente per le finalità di ricollocazione del personale in mobilità le regioni e gli enti locali destinano, altresì, la restante percentuale della spesa relativa al personale di ruolo cessato negli anni 2014 e 2015, salva la completa ricollocazione del personale soprannumerario. Le assunzioni effettuate in violazione di tali disposizioni sono nulle;
d) Il Dipartimento della funzione pubblica avvia, presso le amministrazioni dello Stato, una ricognizione dei posti da destinare alla ricollocazione del personale delle Province interessato ai processi di mobilità. Le amministrazioni statali comunicano un numero di posti, soprattutto riferiti alle sedi periferiche, corrispondente, sul piano finanziario, alla disponibilità delle risorse destinate, per gli anni 2015 e 2016, alle assunzioni di personale a tempo indeterminato. Le procedure di mobilità si svolgono procedendo in via prioritaria alla ricollocazione presso gli uffici giudiziari; le assunzioni effettuate in violazione di tali disposizioni sono nulle;
e) Fino alla conclusione delle procedure di mobilità, il personale rimane in servizio presso le Città metropolitane e le Province con possibilità di avvalimento da parte delle regioni e degli enti locali attraverso apposite convenzioni che tengano conto del riordino delle funzioni e con oneri a carico dell’ente utilizzatore;
f) A conclusione del processo di ricollocazione, le Regioni e i Comuni, in caso di delega o di altre forme, anche convenzionali, di affidamento di funzioni alle Province, dispongono contestualmente l’assegnazione del relativo personale con oneri a carico dell’ente delegante o affidante, previa convenzione con gli enti destinatari;
g) Al 31 dicembre 2016, nel caso in cui il personale interessato ai processi di mobilità di non sia completamente ricollocato, presso ogni ente di area vasta, ivi comprese le città metropolitane, si procede, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali che deve comunque concludersi entro trenta giorni dalla relativa comunicazione, a definire criteri e tempi di utilizzo di forme contrattuali a tempo parziale del personale non dirigenziale con maggiore anzianità contribuiva;
h) Nel caso di mancato completo assorbimento dei soprannumeri e a conclusione del processo di mobilità tra gli enti, si applicano le disposizioni dell’articolo 33, commi 7 e 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Accade però che sulla Gazzetta Ufficiale del 20 gennaio è pubblicato il bando di mobilità per la copertura di 1.031 posti a tempo pieno e indeterminato presso gli uffici giudiziari.
Tale bando del Ministero della Giustizia ignora totalmente l’iter previsto dalla legge di stabilità. Ignora che la stessa legge sanziona con la nullità le assunzioni effettuate in violazione della suddetta procedura.
Il bando ignora e viola il comma 425 della legge di stabilità in quanto non prevede alcuna priorità per il personale in sovrannumero delle Province e addirittura prevede, all’art. 4 punto 4, che il personale appartenente ad amministrazione diversa dai ministeri dovrà allegare alla domanda una dichiarazione della propria amministrazione, con la quale la stessa si impegna “a procedere al versamento delle risorse corrispondenti al 50% del trattamento economico spettante al personale interessato al trasferimento”.
E’ evidente che tale prescrizione impedisce – anziché privilegiare – la partecipazione del personale delle Province.
Le Province non possono assicurare tale impegno; l’effetto combinato dei tagli (o meglio dell’obbligo imposto alle Province di versare somme allo Stato) previsti dal D. L. 24 aprile 2014 n. 66, convertito in Legge 23 giugno 2014 n. 89, (“Le Province devono assicurare una riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi pari a 340 milioni di euro nel 2014 e di 510 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017”) e della Legge di stabilità 2015 (un miliardo per il 2015, 2 miliardi per il 2016 e 3 miliardi per il 2017) non consente l’esercizio neanche delle funzioni fondamentali riconosciute alle Province e Città metropolitane dalla Legge 56/2014, con conseguente disavanzo di parte corrente, interruzione dei servizi e premessa per il dissesto finanziario. Quindi tanto meno potranno co-finanziare il costo del personale del Ministero della Giustizia.
Non solo.
Tale previsione è espressamente in contrasto con il comma 425 allorché prevede, con riferimento al personale in sovrannumero delle Province, che “Le procedure di mobilità di cui al presente comma si svolgono secondo le modalità e le priorità di cui al comma 423, procedendo in via prioritaria alla ricollocazione presso gli uffici giudiziari e facendo in tal caso ricorso al fondo di cui all’articolo 30, comma 2.3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, prescindendo dall’acquisizione al medesimo fondo del 50 per cento del trattamento economico spettante al personale trasferito facente capo all’amministrazione cedente”.
A questo punto cosa possono fare i dipendenti delle Province in sovrannumero in assenza della dichiarazione dell’Ente di appartenenza dell’impegno a versare il 50% del trattamento economico?
Confidando nella legge, potranno fare riferimento nella domanda alla previsione del comma 425 allorché dispone che si prescinde dall’acquisizione al medesimo fondo del 50 per cento del trattamento economico spettante al personale trasferito facente capo all’amministrazione cedente. E quindi ricorrere avverso l’eventuale esclusione dalla procedura; altrettanto potrebbero fare se non viene assicurata la priorità prevista dalla stessa norma.
Se sono queste le premesse per gestire “la più grande operazione di mobilità di personale della storia della nostra Repubblica”, come è stata definita dal Governo, allora è evidente e concreto il fallimento.
Dagli stessi esponenti del Governo è stato ripetutamente affermato che la legge di stabilità ha “bloccato qualsiasi processo di assunzione da parte degli altri enti, dalle regioni alle prefetture. Gli impiegati delle province avranno la priorità insieme ai vincitori di concorso”. Per poi smentirsi direttamente e immediatamente con il bando del Ministero della Giustizia.
Questo ulteriore tassello della gestione del “riordino” delle Province conferma ancora di più che ll risultato finale di tutta questa operazione è che oggi regna caos e incertezza su funzioni, servizi e personale. Si susseguono le dichiarazioni di autorevoli componenti del Governo sulla portata storica della riforma che però, ad oggi, non ha comportato alcun risparmio né alcuna razionalizzazione dei servizi. Ha determinato soltanto un grave conflitto fra lavoratori delle Province legittimamente preoccupati per il loro futuro e coinvolti in una caotica procedura di mobilità e quanti, idonei in concorsi pubblici aspiravano ad essere assunti; tra i lavoratori dipendenti di aziende private e il lavoro pubblico grazie anche alle dissennate campagne di stampa, disinformate, su assenteismo, su jobs act e la sua applicabilità al lavoro pubblico; ha condotto alla triste soddisfazione di vedere accomunati nelle preoccupazioni di perdere il lavoro anche i dipendenti pubblici.
Da oggi sappiamo che le disposizioni di legge possono essere tranquillamente ignorate; che proprio il Ministero della Giustizia, il Guardasigilli, ci attesta che la certezza del diritto è un antico ricordo.