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RIMEDI GIUDIZIALI A TUTELA DEI DIRITTI LESI DA COMPORTAMENTI INQUINATORI. LEGITTIMAZIONE, REQUISITI ED ONERE DELLA PROVA. LA NOVITÀ INTRODOTTA DALL’ART. 840 BIS C.P.C..

 

 

 

Marcello Scapati

 

Abstract il lavoro si propone di descrivere lo stato dell’arte in ordine ai rimedi giudiziali esperibili a fronte di comportamenti inquinatori prendendo in esame le singole azioni previste dall’ordinamento verificandone effetti e ambito di applicazione.

This work aims to describe the state of the art in relation to the judicial remedies available in the face of polluting behavior by examining the individual actions provided for by the law, verifying their effects and scope of application.

 

SOMMARIO: 1. Il danno risarcibile. 2. Rimedi esperibili. 3. Onere della prova. 4. La nuova azione introdotta dall’art 840 bis c.c. 5. Conclusioni.

 

 

  1. Il danno risarcibile

La norma principale volta alla tutela civilistica dei danni subiti a seguito di comportamenti inquinatori è l’articolo 844 c.c. ai sensi del quale il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti, e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino se non superano la normale tollerabilità avuto riguardo anche alla condizione dei luoghi.

Al fine di fornire al giudice una serie di criteri utili all’applicazione della norma e alla definizione del concetto di normale tollerabilità la norma fornisce una serie di indici e criteri disponendo che l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà e può tener conto della priorità di un determinato uso1. Nell’interpretazione della norma fu subito chiaro che il criterio del preuso avesse carattere facoltativo e sussidiario e nel 1992 la Corte d’Appello di Catania statuiva che la priorità d’uso va considerata nella sua obiettività, cioè con riferimento ai fondi nei loro reciproci rapporti, e non già in relazione al momento dell’acquisto della proprietà da parte dei soggetti tra i quali è sorta la controversia2.

Negli ultimi decenni si è data sempre maggiore importanza alla funzione sociale della proprietà e conseguentemente hanno assunto maggiore centralità le conseguenze che i comportamenti inquinatori hanno sulla qualità della vita delle persone che li subiscono. La giurisprudenza ha statuito che l’art. 844 2° comma, nella parte in cui prevede la valutazione da parte del giudice del contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, considerando eventualmente la priorità di un determinato uso deve essere letto, tenendo conto che il limite della tutela della salute è da ritenersi ormai intrinseco nell’attività di produzione oltre che nei rapporti di vicinato, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata dovendo considerarsi prevalente rispetto alle esigenze della produzione il soddisfacimento di una normale qualità della vita, sicché, in siffatta evenienza va escluso qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità d’uso3. in tema di tollerabilità delle immissioni, è stato discusso il problema relativo ad immissioni che, pur recando danno al fondo confinante, provengono da impianti che producono nel pieno rispetto della normativa speciale in materia ambientale come può essere un’aia. La Suprema Corte ha avuto modo di occuparsi della questione statuendo che i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell’ambiente, dirette alla protezione di esigenze della collettività di natura pubblicistica, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile che, nello stabilire la tollerabilità o meno delle immissioni in ambito civilistico che, nello stabilire la tollerabilità o meno dei relativi effetti nell’ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità, ex art. 844 c.c., delle emissioni, ancorché contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concrete dei criteri fissati dalla norma civilistica4, in senso conforme, più recentemente la Cassazione ha statuito che i limiti alle immissioni fissati da norme ambientali pur rappresentando criteri minimi utili alla valutazione dell’intollerabilità delle immissioni che li eccedono non sono vincolanti per il giudice civile che potrà discostarsene secondo il suo prudente apprezzamento pervenendo a un giudizio d’intollerabilità anche ove esse siano contenute in quei limiti. La valutazione del giudice civile risponde alla diversa esigenza di tutela dei diritti dominicali5 Alla luce dell’orientamento giurisprudenziale sono da ritenersi intollerabili tutte le immissioni che, pur prodotte nel rispetto di una norma posta a tutela dell’ambiente, compromettano illegittimamente la qualità della vita dei proprietari dei fondi confinanti. Ciò avviene perché la norma ambientale è posta a tutela dell’ambiente quale bene di natura pubblicistica mentre la qualità della vita è indice posto a tutela del diritto alla salute che non può mai subire alcun contemperamento nemmeno con interessi di rango costituzionale.

  1. Le azioni esperibili

Analizzati i confini del danno risarcibile che si sostanzia in ogni forma d’immissione che comprometta la qualità della vita degli abitanti del fondo confinante è opportuno interrogarsi in ordine ai rimedi esperibili nella fattispecie d’immissioni ed ai soggetti legittimati ad esperire l’azione.

Un primo rimedio è volto ad ottenere la cessazione delle immissioni intollerabili

L’azione inibitoria trae fondamento direttamente nell’art 844 c.pc., la norma nello statuire che il proprietario non possa impedire le immissioni tollerabili provenienti dal fondo confinante, stabilisce a contrario che il proprietario possa impedire le immissioni intollerabili, tale risultato è raggiungibile attraverso l’azione offerta dal secondo comma dell’articolo 949 c.c. secondo cui il proprietario può agire per far cessare le turbative sul proprio fondo. L’azione inibitoria è volta ad ottenere dal giudice l’illegittimità del presunto diritto del proprietario di un fondo a produrre immissioni nel fondo del vicino. La legittimazione attiva ad agire e art 844 c.c spetta al proprietario del fondo interessato dalle immissioni e qualunque soggetto possa vantare un diritto di godimento sul fondo. la giurisprudenza ha ritenuto infatti che l’azione ex art 844 c.c. è riconosciuta non solo al proprietario ma anche al superficiario, all’enfiteuta, al titolare di usufrutto, del diritto di uso e di abitazione, ed in via analogica al titolare di un diritto personale di godimento sul fondo come il conduttore; per converso, per converso, proprio perché presupposto dell’azione è la titolarità di un diritto reale sul fondo interessato dal fenomeno inquinatorio, la legittimazione ad agire non può essere estesa anche ai parenti o affini dei titolari del diritto reale sul fondo, nella cui sfera giuridica non vi sia una situazione giuridica di carattere reale o personale relativamente al bene esposto alle immissioni6.

Altro tipo di rimedio è costituito dalla classica azione aquiliana ex art 2043 c.c.

Si evidenzia che la domanda di risarcimento da danno ingiusto risulta del tutto autonoma e distinta da quella ex art 844 c.c. ciò per la differenza di petitum che per la differenza di soggetti legittimati a proporla. In ipotesi di immissioni intollerabili è applicabile lo schema classico della tutela aquiliana con la conseguenza che chiunque abbia subito un danno ingiusto ex art 2043 può chiedere la tutela risarcitoria. L’azione di danno può essere volta ad ottenere, tanto il ristoro del danno patrimoniale che il ristoro del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. Il danno patrimoniale risarcibile può comprendere sia il danno emergente che il lucro cessante.7 In particolare a titolo di danno emergente può considerarsi l’insieme delle spese che il privato ha dovuto patire per approntare i rimedi necessari a far fronte alle immissioni inquinanti sul proprio fondo come ad esempio la necessità di avvalersi regolarmente dell’opera di società di pulizie per ripristinare lo stato dei luoghi a seguito dello spolverio proveniente dall’impresa vicina, a titolo di lucro cessante, quindi di mancato guadagno può risultare emblematico il caso della perdita subita dal proprietario di una masseria che, al momento di rivendere il fondo ha visto un decremento del valore del bene di circa due terzi in ragione delle immissioni odorigene provenienti dal fondo vicino all’interno del quale era stata posta in essere una discarica. Un’altra voce di danno risarcibile in seguito ad immissioni intollerabili è il danno da perdita di chance che si sostanzia nella mancata possibilità di sfruttamento economico del fondo interessato da immissioni. Con riferimento all’ azione di risarcimento del danno non patrimoniale ex art 2059 c.c. a titolo esemplificativo si segnala che la Suprema Corte ha statuito che l’esposizione ad immissioni intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione. La domanda di risarcimento del danno non patrimoniale era stata proposta dal proprietario di un appartamento limitrofo ad un fondo sul quale veniva effettuata attività di stoccaggio e commercio di carte, cartoni, vetro e plastica, desumendo la ricorrenza del pregiudizio, dalla circostanza che le immissioni interessavano la quasi totalità dei vani dell’appartamento dell’attore ed erano percepibili anche nei giorni festivi nelle ore serali e con gli infissi chiusi.8 In senso conforme con un’altra recente pronuncia ha ritenuto risarcibile anche ai sensi dell’art. 8 della Convenzione Europea Dei Diritti Dell’Uomo la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria casa di abitazione nonché la lesione del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane9

In alternativa all’azione negatoria e all’azione ed all’azione risarcitoria chi ritiene di subire un pregiudizio intollerabili dalle immissioni provenienti dal fondo vicino può proporre ricorso ex art 700 c.p.c. per richiedere che il giudice emani un provvedimento cautelare atipico in cui siano indicati i rimedi urgenti e indifferibili per porre rimedio alla turbativa. Presupposti dell’azione sono il fumus boni iuris, il periculum in mora, e l’assenza di una specifica azione cautelare tassativamente prevista dalla norma. Con il provvedimento in esame è rimessa all’apprezzamento del giudice la scelta delle misure da adottare che possono consistere anche nella condanna del soggetto proprietario del fondo che produce le immissioni alla posa in opera di accorgimenti tecnici volte ad eliminare le conseguenze dannose della condotta. Da quanto esposto si evince l’esistenza di una vasta gamma di azioni a disposizione del privato che intende difendersi dai pregiudizi arrecati dai comportamenti inquinatori esse possono essere proposte da soggetti diversi ed hanno un petitum diverso l’una dall’altra: l’azione negatoria che trae fondamento dal combinato disposto dall’art. 844 c,c, e 949 c.c. è volta a negare il diritto di chi inquina a produrre le immissioni ed è esperibile soltanto da chi vanti un diritto reale sul fondo limitrofo; l’azione risarcitoria ex art 2043 c.c. e/o art. 2059 c.c. può essere proposta da chiunque abbia subito un pregiudizio della propria sfera giuridica a seguito d’immissioni intollerabili sul fondo e l’azione ex art 700 c.p.c. può essere proposta da chiunque voglia ottenere dal giudice un provvedimento cautelare ulteriore e diverso da quelli tassativamente previsti volto ad eliminare la turbativa sul fondo.

  1. L’onere della prova

Giova rilevare che tutte le azioni poste a tutela dei diritti lesi da immissioni intollerabili soggiacciono alle normali regole in materia di onere della prova dettata dall’art. 2697 c.c. In altri termini, perché si possa ottenere la tutela giurisdizionale invocata, non è sufficiente che le immissioni inquinanti siano qualificate come intollerabili ma è contemporaneamente necessario che le stesse abbiano cagionato un danno all’attore e che quest’ultimo ne fornisca la prova in giudizio. La Cassazione ha più volte statuito che il danno da immissioni intollerabili non è in re ipsa ma deve essere provato secondo la regola generale secondo la quale chi propone una domanda deve fornire la prova dei fatti su cui la stessa si fonda, l’allegazione deve quindi essere circostanziata, riferirsi a fatti specifici e precisi e non può risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico.10 Invero, la giurisprudenza ha più volte riconosciuto che il danno da immissioni può essere provato per presunzioni11

Una semplificazione dell’onere probatorio in tema d’immissioni può desumersi da una recente pronuncia giurisprudenziale con cui la Cassazione ha statuito che la prova del livello di tollerabilità delle immissioni non deve essere necessariamente di natura tecnica ciò anche in considerazione della circostanza che se così non fosse, nel caso in cui le immissioni cessassero in un momento successivo alla proposizione della domanda giudiziale, per l’attore sarebbe estremamente difficile veder tutelata la propria posizione antecedente12.

Proprio per ovviare alla difficoltà di cristallizzare la prova durante il corso del giudizio, in materia d’immissioni si ricorre sovente all’accertamento tecnico preventivo. L’istituto, disciplinato all’art. 696 c.p.c., pur non essendo annoverato tra i mezzi di prova, consente di chiedere che il giudice, prima dell’instaurazione della litispendenza, disponga, in contraddittorio tra le parti un accertamento tecnico dei luoghi a cura di un proprio consulente e che oggetto dell’accertamento possa comprendere anche valutazioni in ordine alle cause ed i danni relativi all’oggetto della verifica. All’esito della verifica e avuto riguardo alle osservazioni delle parti, il consulente tecnico redige una relazione che farà piena prova nel giudizio che sarà instaurato tra le parti.

4.La nuova azione introdotta dall’art 840 bis c.c.

Il quadro normativo e giurisprudenziale innanzi descritto, è stato innovato dalla l. 12 aprile 2019 n.31 la cui entrata in vigore è stata differita causa covid al 19 maggio 2021 che ha introdotto all’interno del libro quarto del codice di procedura civile il titolo VIII dedicato ai procedimenti collettivi ed in particolare una nuova azione di classe disciplinata dall’art. 840 bis. La nuova norma dispone che i diritti individuali omogenei sono tutelabili anche attraverso l’azione di classe. A tale fine, un’organizzazione o un’associazione senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei predetti diritti o ciascun componente della classe, può agire nei confronti dell’autore della condotta lesiva per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni. Ai fini di cui al periodo precedente, ferma la legittimazione di ciascun componente della classe, possono proporre l’azione di classe esclusivamente le organizzazioni e le associazioni iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia. Con riferimento ai soggetti legittimanti a resistere si evidenzia che l’azione di classe può essere esperita nei confronti di imprese ovvero nei confronti di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività, fatte salve le disposizioni in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici, restando in ogni caso impregiudicato il diritto all’azione individuale. Per inquadrare le nuove opportunità d’azione offerte dalla l. 12 aprile 2019 n.31 occorre preliminarmente interrogarsi su quali siano i diritti tutelabili con questa nuova azione di classe ed in particolare sul corretto significato da attribuire alla locuzione di cui al primo comma “ diritti individuali omogenei, l’espressione è stata mutuata dall’art 140 bis del d.lgs. n. 206/2005 c.d. codice del consumo13 che per la prima volta ha introdotto la definizione di diritti individuali omogenei. Secondo la giurisprudenza per ricavare la definizione di diritti individuali omogenei si deve tenere conto della ratio sottesa all’azione di classe così come fu introdotta nel codice del consumo; essa mirava da un lato ad accrescere la fiducia dei consumatori fornendo loro un efficace strumento di tutela, dall’altro si proponeva di rendere edotti gli imprenditori in ordine all’alveo dei danni risarcibili, pertanto l’aggettivo omogenei deve essere utilizzato nel senso di designare fattispecie assimilabili in virtù di tratti comuni ma non identici14. Successivamente, per procedere nell’analisi è opportuno rilevare come, ai sensi del secondo comma dell’art 840 bis c.p.c. sono legittimati a proporre l’azione sia i privati, ed in questo senso risulta decisivo l’inciso “ferma restando la legittimazione di ciascun componente della classe,” ma anche le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro i cui obbiettivi statutari comprendano interessi collettivi (ed omogenei) ma solo a condizione che queste ultime siano iscritte in un apposito elenco tenuto dal Ministero della giustizia.

Ancora, si evidenzia che il successivo terzo comma prevede che l’azione di classe possa essere esperita nei confronti di imprese ovvero nei confronti di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nelle rispettive attività con i limite che sono fatte salve le disposizioni in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e di concessionari di servizi pubblici. La novità normativa in esame produce l’effetto di estendere una possibilità di azione che precedentemente era limitata a quanto previsto dal codice del consumo allargando ulteriormente la platea di soggetti che saranno legittimati a difendersi dai danni subiti a seguito di comportamenti inquinatori, essendo stata fornita anche alle associazioni, purché iscritte nello specifico elenco la possibilità di ottenere il risarcimento del danno (non a titolo di danno ambientale ma) a titolo di danno patrimoniale e non patrimoniale per il pregiudizio subito dai propri iscritti15.

Al fine di completare la disamina dei rimedi che l’ordinamento pone a tutela dei privati che subiscano danni da immissioni intollerabili è doveroso analizzare un’ulteriore possibilità di azione disciplinata dall’art 840 sexiesdecies c.p.c.16 che fornisce agli stessi soggetti legittimati ad esperire l’azione collettiva, la possibilità di chiedere l’inibitoria di atti e comportamenti posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti.

5. conclusioni

La disamina fin qui svolta appare tracciare un percorso evolutivo in ordine al modo in cui il legislatore e la giurisprudenza si sono approcciati nel tempo ai comportamenti inquinatori: la prima norma emanata in materia fu l’articolo 844 c.c. entrato in vigore nel periodo antecedente Costituzione e che aveva come fulcro la tutela degli interessi della produzione, successivamente attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, letta in combinato disposto con l’art 32 della costituzione e ,più in generale, aderendo ad un’interpretazione sistematica la giurisprudenza ha attribuito la massima rilevanza al diritto alla salute e più in generale a tutti gli interessi di rango primario, da ultimo anche il legislatore è intervenuto nel senso di prevedere un sempre più vasto ventaglio di rimedi volti da un lato ad offrire la più ampia tutela possibile alla più vasta platea di soggetti possibile ove lesi da comportamenti inquinatori e dall’altro a costringere chi produce immissioni inquinanti ad agire con la massima diligenza e porre in essere tutti gli accorgimenti tecnici secondo le migliori pratiche al fine di azzerare o quanto meno ridurre al minimo le conseguenze dannose della propria condotta.

BIBLIOGRAFIA

Art 844 2°comma c.c.

Corte d’Appello Catania 14.1.1992

Tribunale Bergamo 14.7.2021 n. 1347

Cass. Civ. 1.10.2018 n.23754

Cass. Civ. 24.11.2020 n. 26715

Corte d’Appello Firenze 15.3.2018 n. 591

Le immissioni, Edizioni Simone 21.4.2019

Cass. 13.4.2022 n. 11930

Cass. 28.7.2021 n. 28649

Cass. 18.7.2019 n. 19434

Cass. 4.10.2021 n. 28036

Cass. 28.7.2021 n. 21621

Corte d’Appello Milano 3.3.2014

Art 140 bis d.lgs, n. 206/2005

Art 840 bis c.p.c.

Art. 840 sexiesdecies c.p.c

1 Art 844 2°comma c.c.

2 Corte d’Appello Catania 14.1.1992

3Tribunale Bergamo 14.7.2021 n. 1347

4 Cass. 1.10.2018 n.23754

5 Cass. 24.11.2020 n. 26715

6 Corte d’Appello Firenze 15.3.2018 n. 591

7 Le immissioni, Edizioni Simone 21.4.2019

8 Cass. 13.4.2022 n. 11930

9 Cass. 28.7.2021 n. 28649

10 Cass. 18.7.2019 n. 19434

11 Cfr nota 7 ed in senso conforme Cass. 4.10.2021 n. 28036

12 Cass. 28.7.2021 n. 21621

13 I diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti di cui al comma 2 nonché gli interessi collettivi sono tutelabili anche attraverso l’azione di classe, secondo le previsioni del presente articolo. A tal fine ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni

14 Corte d’Appello Milano 3.3.2014

15 Trattandosi di novità normativa si riporta l’art 840 bis c.p.c. I diritti individuali omogenei sono tutelabili anche attraverso l’azione di classe, secondo le disposizioni del presente titolo.

A tale fine, un’organizzazione o un’associazione senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei predetti diritti o ciascun componente della classe può responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni. Ai fini di cui al periodo precedente, ferma la legittimazione di ciascun componente della classe, possono proporre l’azione di cui al presente articolo esclusivamente le organizzazioni e le associazioni iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia.

L’azione di classe può essere esperita nei confronti di imprese ovvero nei confronti di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività. Sono fatte salve le disposizioni in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici.

In ogni caso, resta fermo il diritto all’azione individuale, salvo quanto previsto all’articolo 840 undecies, nono comma.

Non è ammesso l’intervento dei terzi ai sensi dell’articolo 105.

Nel caso in cui, a seguito di accordi transattivi o conciliativi intercorsi tra le parti, vengano a mancare in tutto le parti ricorrenti, il tribunale assegna agli aderenti un termine, non inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta giorni, per la prosecuzione della causa, che deve avvenire con la costituzione in giudizio di almeno uno degli aderenti mediante il ministero di un difensore. Nel caso in cui, decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo, non avvenga la prosecuzione del procedimento, il tribunale ne dichiara l’estinzione. A seguito dell’estinzione, resta comunque salvo il diritto all’azione individuale dei soggetti aderenti oppure all’avvio di una nuova azione di classe.

16 Chiunque abbia interesse alla pronuncia di una inibitoria di atti e comportamenti, posti in essere in pregiudizio di una pluralita’ di individui o enti, puo’ agire per ottenere l’ordine di cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva. Le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta di cui al primo periodo sono legittimate a proporre l’azione qualora iscritte nell’elenco di cui all’articolo 840-bis, secondo comma.  L’azione può essere esperita nei confronti di imprese o di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività. La domanda si propone con le forme del procedimento camerale, regolato dagli articoli 737 e seguenti, in quanto compatibili, esclusivamente dinanzi alla sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo dove ha sede la parte resistente. Il ricorso e’ notificato al pubblico ministero.  Si applica l’articolo 840-quinquies in quanto compatibile. Il tribunale può avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici. Con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, il tribunale può, su istanza di parte, adottare i provvedimenti di cui all’articolo 614-bis, anche fuori dei casi ivi previsti. Con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, il tribunale può su richiesta del pubblico ministero o delle parti, ordinare che la parte soccombente adotti le misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate. Il giudice, su istanza di parte, condanna la parte soccombente a dare diffusione del provvedimento, nei modi e nei tempi definiti nello stesso, mediante utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti piu’ appropriati. Quando l’azione inibitoria collettiva e’ proposta congiuntamente all’azione di classe, il giudice dispone la separazione delle cause.  Sono fatte salve le disposizioni previste in materia dalle leggi speciali.