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RIFLESSIONI SULLA VALORIZZAZIONE E TUTELA DEI BENI CULTURALI NEL RIPARTO DELLE COMPETENZE.

Gianluca Trenta*

Abstract (It): Il saggio analizza le difficoltà riscontrate nel riparto delle competenze tra Stato e Regione in materia di valorizzazione e tutela dei beni culturali. Dopo una breve analisi sulla definizione si è proceduto ad esaminare il ruolo svolto dalla Corte Costituzione. Il presente lavoro, quindi, tenta di approfondire le possibili soluzioni volte al superamento di tali criticità anche alla luce delle opportunità che il PNRR può apportare alla valorizzazione del patrimonio culturale.

Abstract (En): The essay analyzes the difficulties encountered in the division of responsibilities between the State and the Region in the field of enhancement and protection of cultural heritage. After a brief analysis on the definition, we proceeded to examine the role played by the Constitutional Court. The present work, therefore, attempts to investigate the possible solutions aimed at overcoming these critical issues also in the light of the opportunities that the PNRR can bring to the enhancement of cultural heritage.

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il riparto delle competenze tra tutela e valorizzazione dei beni culturali. – 3. Il soccorso della Giustizia Costituzionale. – 4. PNRR e opportunità di valorizzazione del patrimonio culturale. – 5. Note conclusive.

1. Premessa.

Prima di procedere con l’analisi del riparto delle competenze tra Stato e Regione è opportuno definire la tipologia dei beni culturali per poi individuare la normativa legislativa prevista nel nostro ordinamento.

Difatti la definizione di bene culturale, soggetta a un continuo mutamento, proprio per le sue caratteristiche, racchiude al suo interno tutte quelle testimonianze, materiali e immateriali, aventi valore di civiltà1.

Una prima distinzione è tra beni materiali e immateriali: i primi possono essere definiti come quei beni che hanno una forma definita e stabile2; i secondi sono quelli che non hanno una forma definita e stabile ma esistono solo nel momento che avvengono3.

Una seconda distinzione è tra beni mobili e immobili: i primi sono quelli che possono essere trasferiti da un luogo ad un altro, senza comprometterne l’integrità4; i secondi invece sono quei beni che non possono essere rimossi dal luogo sul quale sorgono5.

A quest’ultima categoria appartengono le aree archeologiche e i beni paesaggistici che sono quegli angoli del territorio italiano che hanno particolare valore storico e estetico e che, quindi, sono da tutelare così come avviene per i beni realizzati dall’uomo6.

Altra distinzione è tra beni artistici e storici, ovvero quei beni che costituiscono il patrimonio artistico cosiddetto mobile. Di particolare rilevanza in questo settore sono gli interventi di tutela, volti al recupero di opere trafugate o altrimenti alienate, anche in frangenti bellici7.

Da queste prime definizioni si trae che i beni culturali compongono il patrimonio culturale nazionale, nei suoi svariati aspetti: storico, artistico, archeologico, architettonico, ambientale, scientifici8, etno-antropologico9, archivistico, librario10, costituendo testimonianza di valore storico-culturale11. In tale ambito si includono anche le attività culturali, ossia quelle attività rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell’arte12.

Il regime giuridico dei beni culturali comporta alcune significative conseguenze, quali l’assoggettamento del bene stesso a vincoli di varia natura, finalizzati a consentirne la fruizione. La massima espressione del vincolo si realizza quando i beni culturali fanno parte del patrimonio dello Stato o di altri soggetti pubblici; ma anche i beni culturali di proprietà privata sono sottoposti a particolari forme di tutela13.

Le finalità di tutela e conservazione di tali beni si associano strettamente alle finalità rivolte alla loro valorizzazione, quali attività di promozione culturale come interventi di sostegno finanziario, predisposizione o gestione di strutture, iniziative di integrazione tra attività culturali e didattiche, di ricerca, di formazione professionale, sviluppo di nuove o meno note espressioni culturali e artistiche anche in relazione all’impiego di tecnologie in evoluzione14.

I beni culturali, nel nostro ordinamento sono disciplinati dal Codice dei Beni Culturali, emanato nel 200415. La normativa prevede, in linea di principio, cosa è, o non è, bene culturale, definendo al contempo i vincoli ai quali sono soggetti questi beni, nonché le azioni di tutela e salvaguardia da attuarsi nei loro confronti.

L’art. 2 del predetto codice definisce i beni culturali come «cose immobili e mobili che, ai sensi degli artt. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà»16.

Per quanto sopra menzionato, «si dà del bene culturale una nozione che potrà anche essere empirica per lo scienziato che si occupi di civiltà e di culture, ma che per il giurista è semplicemente una nozione aperta, il cui contenuto viene dato da teorici di altre discipline, volta per volta, o anche per categorie di oggetti […]. In questo modo la nozione di bene culturale come testimonianza materiale avente valore di civiltà può anche essere assunta come nozione giuridicamente valida, restando però certo che è nozione liminale, ossia nozione a cui la normativa giuridica non dà un proprio contenuto, una propria definizione per altri tratti giuridicamente conchiusi, bensì opera mediante rinvio a discipline non giuridiche»17.

In Italia la definizione di bene culturale è divenuta di uso comune dopo l’istituzione del relativo Ministero (1975), sostituendo la precedente e più limitata di Antichità e belle arti, facendo ingresso nel nostro ordinamento in seguito al censimento dei beni culturali svolto dalla Commissione Franceschini18. La definizione che diede la Commissione al Bene culturale riconosce al patrimonio culturale le funzioni di diretta testimonianza dell’identità di un Paese e la naturale propensione delle culture all’incontro e alla “contaminazione19.

Bisogna però sottolineare che la locuzione di Bene culturale di livello internazionale viene fatta risalire alla Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, firmata all’Aia il 14 maggio 195420.

Pertanto, al fine di analizzare il riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni, è opportuno partire dalla previsione della tutela del patrimonio storico e artistico e del paesaggio, novellato dall’art. 9 della Cost.21.

L’Assemblea Costituente, difatti, ritenne necessario inserire la tutela e la conservazione dei beni culturali, nella prima parte della Carta Costituzionale, dove sono enunciati i principi fondamentali, in quanto il valore identitario del patrimonio storico e artistico e la possibilità per le persone di fruirne permettesse alla comunità di identificarsi nella storia e nei valori di quello stesso patrimonio culturale22.

2. Il riparto delle competenze tra tutela e valorizzazione dei beni culturali.

Le recenti modifiche apportate all’art. 9 della Costituzione introducono puntuali riferimenti in materia di tutela dell’ambiente, ponendo la riflessione se possano intendersi come l’effettivo esito di un processo di innovazione capace di dare concreta risposta ai problemi emergenti. Dunque, accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione, richiamata dal secondo comma, si attribuisce alla Repubblica anche la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi23.

Gli effetti prodotti da tale riforma costituzionale si riflettono anche nel riparto delle competenze tra Stato e Regioni.

In particolare la let. s) dell’art. 117 della Cost. sancisce che lo Stato ha legislazione esclusiva nelle tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Sempre lo stesso art. al co. 4, definisce le materie di legislazione concorrente con le Regioni tra cui la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali24.

Tra l’altro il co. 3 dell’art. 116 della Cost. definisce ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alla s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 11925.

Inoltre, per quanto riguarda le funzioni amministrative, il co. 3 dell’art. 118 della Cost. sancisce che la legge statale disciplina forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali26.

In ottemperanza a quanto previsto, il legislatore nel 2004 ha emanato il Codice dei beni culturali con cui ha definito e circoscritto le materie di tutela e valorizzazione. In particolare l’art. 3, co. 1 del predetto Codice, specifica che la «tutela consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione».

Per ciò che, invece, attiene la potestà legislativa concorrente fra Stato e Regioni, l’art. 6, co. 1, prevede che la valorizzazione «consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività̀ dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso».

Tuttavia, malgrado lo sforzo da parte del legislatore di attuare una riforma organica e delineare e circoscrivere le materie di competenza, i contenziosi amministrativi tra Stato, Regioni e Autonomie locali, sono stati numerosi. Ciò dovuto essenzialmente alla difficoltà di interpretazione delle norme27.

3. Il soccorso della Giustizia Costituzionale.

Per ovviare a quanto precedentemente descritto è intervenuta in soccorso la giurisprudenza costituzionale28. Sul tema, difatti, larga parte della dottrina sostiene che lo spostamento dell’ago della bilancia «nei rapporti centro-periferia» sia traslato dal Parlamento alla Corte, affermando che «si tratta di un indice negativo dello stato del regionalismo»29.

L’intervento della Corte Costituzionale si è reso necessario per definire e circoscrivere con maggior precisione le materie di tutela e valorizzazione dei beni culturali e indicare le modalità con cui esercitare una migliore allocazione delle funzioni amministrative. In una nota sentenza del 2002 vi è una chiara descrizione di materia-attività, ossia la definizione che viene attribuita ai beni culturali e all’ambiente, secondo quanto disposto dal co. 2 dell’art. 11730. Nello specifico, in altra sentenza, si afferma che «non tutti gli ambiti materiali specificati nel secondo comma dell’art. 117 possono, in quanto tali, configurarsi come “materie” in senso stretto, poiché, in alcuni casi, si tratta più esattamente di competenze del legislatore statale idonee ad investire una pluralità di materie31”.

La Consulta, sulla definizione di materia-attività, evidenzia sia l’ambito materiale entro cui sono attribuite le competenze relative alla tutela dei beni culturali che alle finalità perseguite in grado di incidere trasversalmente su una pluralità di materie di competenza di enti diversi32.

In tale contesto, la Consulta, al fine di definire le materie di tutela e valorizzazione dei beni culturali, ha adottato una interpretazione storico-normativa della Costituzione, indicando una correlazione tra il processo di decentramento amministrativo intrapreso agli inizi degli anni novanta e la riforma costituzionale avvenuta nel 200133.

Ciò è riscontrabile dalla sentenza del 2004 con cui la Corte Costituzionale evidenzia come la riforma del Titolo V abbia raccolto sia le differenze tra tutela e valorizzazione dei beni culturali, già prevista dal D.Lgs del 31 marzo 1998, n.11225 che dalla normativa del Codice dei beni culturali e del paesaggio34.».

Sulla scorta di tale approccio storico-normativo, la Corte costituzionale sottolinea come la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, nelle normative anteriori all’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, siano state considerate attività strettamente connesse ed a volte, ad una lettura non approfondita, sovrapponibili. Così l’art. 148 del d. lgs. n. 112 del 1998 annovera, come s’è visto, tra le attività costituenti tutela quella diretta «a conservare i beni culturali e ambientali», mentre include tra quelle in cui si sostanzia la valorizzazione quella diretta a «migliorare le condizioni di conservazione dei beni culturali e ambientali».

La gestione, poi, nella definizione che ne dà il medesimo articolo, è funzionale sia alla tutela sia alla valorizzazione. Difatti, l’art. 152 dello stesso decreto legislativo considera la valorizzazione come compito che Stato, regioni ed enti locali avrebbero dovuto curare ciascuno nel proprio ambito. Tuttavia le espressioni che, isolatamente considerate, non denotano nette differenze tra tutela e valorizzazione, riportate nei loro contesti normativi, dimostrano che la prima è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale; ed è significativo che la prima attività in cui si sostanzia la tutela è quella del riconoscere il bene culturale come tale.

Pertanto, la valorizzazione è diretta soprattutto alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest’ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa.

Per ciò che attiene le finalità bisogna sottolineare come esse siano in continuità con quanto precedentemente normato dal D.Lgs 112/1998, il quale indica che la funzione è da considerarsi un’attività volta a «riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali». In una medesima ottica interpretativa, la Corte ha specificato che la materia di valorizzazione è diretta soprattutto alla «fruizione del bene culturale», come successivamente ripresa dal novellato Titolo V della Costituzione35.

Quindi, l’interpretazione adottata dalla giurisprudenza costituzionale ha così fugato ogni dubbio sul piano del riparto di competenze, individuando con precisione la potestà legislativa in materia di tutela dei beni culturali, definendola una competenza trasversale la cui finalità principale è di garantire livelli di tutela uniforme sul piano nazionale.

Tuttavia, bisogna sottolineare che malgrado gli sforzi da parte della Corte Costituzionale non si è potuto evitare una sovrapposizione di competenze per via delle finalità trasversali, pur considerando che «nelle materie in cui assume primario rilievo il profilo finalistico della disciplina, la coesistenza di competenze normative rappresenta la generalità dei casi»36.

A conferma di ciò una sentenza della Corte Costituzionale del 2015 indica come la finalità della tutela si sia «intrecciata con la materia concorrente di valorizzazione e promozione nonché con alcune materie di competenza residuale regionale»37.

In tal senso bisogna evidenziare che la nostra Carta Costituzionale non prevede un criterio per fronteggiare le interferenze di competenze ed «è quindi necessaria l’adozione di principi diversi: quello di leale collaborazione, che per la sua elasticità consente di aver riguardo alla peculiarità delle singole situazioni, ma anche quello della prevalenza, cui pure questa Corte ha fatto ricorso, qualora appaia evidente l’appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad altre»38.

Si ricorda, tra l’altro, che il principio di leale collaborazione «deve governare i rapporti tra lo Stato e le Regioni nelle materie e in relazione alle attività in cui le rispettive competenze concorrono o si intersechino imponendo un contemperamento dei rispettivi interessi», ponendo lo Stato in una posizione di pari ordinazione e sicuramente non in un rapporto di supremazia negli organi sottostati39. Quest’ultimi sono tenuti a collaborare secondo «una concezione orizzontale – collegiale […] più che a una visione verticale-gerarchica degli stessi»40.

Pertanto, utilizzando il menzionato principio come chiave di lettura dell’art. 9 Cost., si osserva che è alla Repubblica che viene attribuito il compito di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, e ciò può essere raggiunto attraverso l’intento di «promuovere il concorso o la collaborazione, nella sfera di rispettiva competenza, delle strutture centrali e locali»41.

Inoltre, è importante rilevare che il predetto principio è da intendersi come uno strumento da adottare in ultima istanza, utilizzabile dalla Giustizia Costituzionale per interpretare il riparto delle competenze non altrimenti risolvibile attraverso il criterio di prevalenza. Per questa ragione tale principio è una soluzione residuale ed è di carattere eccezionale solo se «non possa ravvisarsi la sicura prevalenza di un complesso normativo rispetto ad altri, che renda dominante la relativa competenza legislativa»42.

In sostanza «questa norma non postula una riserva statale, ma è intesa a promuovere il concorso o la collaborazione, nella sfera di rispettiva competenza, delle strutture centrali e locali per il migliore perseguimento di un grande obiettivo di civiltà»43.

Gli organi preposti dovranno anzitutto valutare l’ambito materiale «interessato»44 individuando «la ratio dell’intervento legislativo nel suo complesso e nei suoi aspetti fondamentali, non anche aspetti marginali o effetti riflessi dell’applicazione della norma»45.

Ciò significa che «Talvolta la valutazione circa la prevalenza di una materia su tutte le altre può rivelarsi impossibile e avallare l’ipotesi (…) di concorrenza competente che apre la strada all’applicazione del principio di leale collaborazione. In ossequio a tale principio il Legislatore statale deve predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a difesa delle loro competenze»46.

Si ricorda, infine, che l’art. 118, co. 1 sancisce che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Inoltre, il co. 3 dello stesso articolo ribadisce che la legge statale disciplina forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Per tali ragioni, qualora non vengano definite forme di intesa e di coordinamento per l’esercizio delle funzioni amministrative in un’ottica di leale collaborazione tra lo Stato e gli Enti territoriali, si potrebbero verificare degli ostacoli insuperabili alla conclusione del procedimento47.

4. PNRR e opportunità di valorizzazione del patrimonio culturale.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) dedica diversi investimenti alla tutela e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio artistico, architettonico e culturale del nostro Paese, che, oltre a rappresentare un’importante fonte di arricchimento umano, contribuisce in maniera significativa alla crescita economica italiana48.

Il rilancio del settore culturale, uno dei più colpiti dalla pandemia, è strategico ed è uno dei principali protagonisti degli interventi finanziati dal Piano.

Nello specifico, le risorse destinate alla cultura finanziano investimenti presenti nella Missione 149, nell’ambito della Componente 350 del Piano e vengono stanziate, a seconda dei casi, allo Stato e, più specificamente, al Ministero della cultura (che si articola in amministrazione centrale e periferica), agli enti locali e alle imprese.

A favore degli interventi appena menzionati sono inoltre stanziate somme con un ulteriore fondo complementare al PNRR, destinate a un Piano di investimenti strategici su siti del patrimonio culturale, edifici e aree naturali51.

In tale contesto, l’Agenzia nazionale per lo sviluppo “Invitalia” supporta il Governo nella realizzazione degli obiettivi del PNRR, collaborando con le principali Amministrazioni centrali e locali nel pianificare e attuare gli interventi strategici e mettendo a disposizione le competenze necessarie all’accelerazione degli investimenti pubblici.

Invitalia, quindi, supporta anche il Ministero della Cultura nelle procedure di gara per la digitalizzazione del patrimonio culturale52 e l’attuazione del “Piano di investimenti strategici sui siti del patrimonio culturale, edifici e aree naturali”53.

Per il MIC l’Agenzia gestisce l’incentivo “Transizione digitale organismi culturali e creativi” (TOCC), che favorisce l’innovazione e la digitalizzazione delle micro e piccole imprese, enti del terzo settore e organizzazioni profit e no profit.

Le misure della M1C3 in cui si articola il programma predisposto dal Ministero della Cultura sono tre: Patrimonio culturale per la prossima generazione; Rigenerazione di piccoli siti culturali54, patrimonio culturale religioso55 e rurale e Industria culturale e creativa 4.056.

Tuttavia, è evidente che i processi riscontrano notevoli difficoltà del Ministero della cultura con le strutture periferiche in termini di relazioni e di coordinamento e la non fluida esperienza della cooperazione con regioni e sistemi locali.

5. Note conclusive.

Come si è avuto modo di analizzare la riforma del Titolo V ha tentato di definire i riparti di competenze e le relative funzioni amministrative per garantire la valorizzazione e la tutela del patrimonio culturale da parte dello Stato, ma non ha evitato che vi fossero conflitti e contenziosi amministrativi tra Stato ed Enti territoriali.

La funzione di tutela, quale diritto fondamentale espresso nell’art. 9 della Cost., si basa sull’unicità del patrimonio culturale, sulla sua immaterialità, ovvero sulla capacità di dare forma al suo valore culturale e di collegare contemporaneamente le persone nello spazio, con una comunità estesa oltre ogni confine e, nel tempo, con le generazioni passate e future. Pertanto, il fine della funzione di tutela è di preservare il valore culturale che viene dal passato, in favore delle generazioni future.

Malgrado lo sforzo da parte del legislatore di attuare una riforma organica e delineare e circoscrivere le materie di competenza, i contenziosi amministrativi tra Stato, Regioni e Autonomie locali, sono stati e sono tuttora numerosi. Ciò dovuto essenzialmente alla difficoltà di interpretazione delle norme57.

Sulla problematica è intervenuta come detto anche la dottrina che sostiene come i rapporti tra centro e periferia sia stato trasferito dal Parlamento alla Corte; tale situazione va a discapito del regionalismo58. Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale che ha circoscritto le materie di tutela e valorizzazione dei beni culturali ed ha indicato le modalità con cui esercitare una migliore allocazione delle funzioni amministrative.

Tra l’altro, la disciplina giuridica dei beni culturali è stata oggetto di profonda evoluzione normativa sia di rango costituzionale che di giurisprudenza costituzionale talvolta non sempre univoca59.

Una disciplina dei beni culturali intesa solo alla mera tutela non può che rappresentare un’attuazione gravemente insufficiente e gravemente inadeguata dei principi costituzionali. Ne discende che l’unico strumento che può garantire una piena attuazione di questi principi è appunto la valorizzazione, per com’è definita dall’art. 6 del Codice dei beni culturali, ovvero semplicemente come attività finalizzata a «promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e […] assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio atteso […] al fine di promuovere lo sviluppo della cultura». Ecco il motivo per il quale la valorizzazione così intesa può considerarsi un assetto costituzionalmente necessario dei beni culturali60.

E’ necessario, quindi, che le iniziative di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale siano intese quale «bene comune tramandato dalle generazioni precedenti come eredità a favore di quelle a venire»61.

Pertanto, si può affermare che la «peculiarità̀ del patrimonio storico-artistico italiano, formato in grandissima parte da opere nate nel corso di oltre venticinque secoli nel territorio italiano […] delle vicende storiche del nostro Paese sono espressione e testimonianza. Essi vanno considerati nel loro complesso come un tutt’uno anche a prescindere dal valore del singolo bene isolatamente considerato»62.

In conclusione ciò che è veramente importante nei processi di valorizzazione del nostro patrimonio culturale è che gli stessi siano in concreto attuati da coloro che sono impiegati direttamente nel settore dei beni culturali, attraverso lo sviluppo di prassi amministrative adeguate alle esigenze del settore.

Note:

1* Dottore di ricerca in Scienze Giuridiche e Politiche.

F. MORANTE, I beni culturali, in arteweb.eu, 2012, pp. 2-3.

2 Alcuni esempi di beni materiali sono i quadri, le statue, gli strumenti musicali, i vestiti, le architetture, i reperti archeologici, gli utensili. Sul tema cfr M.S. GIANNINI, I beni culturali, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 1976, p. 24, in cui l’autore sostiene che “il bene culturale non è bene materiale, ma immateriale: l’essere testimonianza avente valore di civiltà è entità immateriale, che inerisce ad una o più entità materiali, ma giuridicamente è da questa distinta, nel senso che esse sono supporto fisico, ma non bene giuridico

3 I beni immateriali sono le feste e i riti religiosi, le processioni, le rappresentazioni popolari, le cerimonie folkloristiche, le gare sportive e agonistiche storiche. Di Maurizio De Paolis

4 In genere i beni mobili sono quadri, sculture, oggetti vari, monete, vestiti, strumenti.

5 In questa categoria appartengono tutto ciò che è architettura e urbanistica compreso ciò che è strutturalmente connesso ad esso tra cui appartengono gli affreschi, i monumenti, gli elementi di arredo urbano.

6 Nella categoria paesaggistica rientrano le coste, i vulcani, i parchi naturali, fiumi e laghi, le montagne, boschi e foreste.

7 Appartengono a tale categoria le decorazioni, le sculture, i dipinti, i disegni, le stampe e la grafica in genere, gli arredi, corredi e oggetti sacri e profani.

8 Si tratta di beni pertinenti alla natura (flora, fauna, minerali) e creati dall’uomo per dimostrazioni scientifiche che, spesso raccolti in collezioni e musei, hanno assolto funzione didattica e dimostrativa e conservano valore intrinseco assoluto e storico.

9 Beni di pertinenza delle arti e tradizioni popolari e della cultura materiale, in stretta connessione con il contesto di provenienza.

10 Raccolte di biblioteche, archivi, singoli documenti pubblici e quelli privati se di notevole interesse storico.

11 Vi sono poi delle altre categorie considerate residuali a prescindere dalla loro specifica inclusione in quelle sopramenzionate, come affreschi, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli e altri ornamenti di edifici, esposti o meno alla pubblica via; studi d’artista individuati con decreto ministeriale; aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale; fotografie ed esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o sequenze di immagini in movimento o comunque registrate, nonché documentazioni di manifestazioni sonore o verbali, comunque registrate, la cui produzione risalga a oltre 25 anni; mezzi di trasporto aventi più di 75 anni; beni e strumenti aventi interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di 50 anni. La legge può individuare in ogni caso altri beni da assoggettare alla disciplina dei beni culturali in quanto rappresentano testimonianza avente valore di civiltà. Sul tema cfr L. CASINI, Todo es peregrino Y Raro: Massimo Severo Giannini e i beni culturali, in Rivista trimestrale i diritto pubblico, 3/2015, PP. 987-1005.

12 Beni culturali e ambientali, in Enciclopedia online Treccani, pp. 1-2.

13 Intese quali restrizioni in ordine a conservazione, circolazione, esportazione, alienazione.

14 Beni culturali e ambientali, op.cit., p. 2

15 L’art. 2, co. 2 del D.lgs 22 gennaio 2004, n. 42 avente per oggetto il “Codice dei beni culturali e del paesaggio

16 Il richiamato art. 10 individua le categorie dei beni culturali, con particolare riferimento a: beni culturali ex lege (co. 2); beni culturali appartenenti a soggetti pubblici (o a persone giuridiche private senza fine di lucro) (co. 1 e 4), che divengono tali solo a fronte della verifica dell’interesse culturale disciplinato all’articolo 12; beni culturali appartenenti a privati, o a chiunque appartenenti (co. 3 e 4), che diventano tali solo a seguito della dichiarazione di interesse culturale di cui all’art. 13.

17 M.S. GIANNINI, I beni pubblici, Roma, Bulzoni, 1963, p. 1010.

18 La Commissione fu istituita in ottemperanza alla l. n. 310 del 26 aprile 1964, su proposta del Ministero della Pubblica Istruzione e operò fino al 1967. Al termine dei lavori svolti, furono emanate 84 Dichiarazioni e tra queste, è proprio la prima a contenere la nozione di “bene culturale”, inteso come “tutto ciò che costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà”. B. CAVALLO, La nozione di bene culturale tra mito e realtà: rilettura critica della prima dichiarazione della Commissione Franceschini, in AA.VV., Scritti in onore di Massimo Severo Giannini, vol. II, Milano, 1988.

19 Papa A., Le prospettive di un cambio di paradigma nella definizione del patrimonio culturale “europeo”, in federalismi.it, 4/2022, pp. 732-745.

20 In realtà già in M. GRISOLIA, La tutela delle cose d’arte, Roma, Soc. Il Foro It. Ed., 1952, pp. 124-145, l’autore riprese l’espressione dal rapporto steso dal prof. Georges Berlia a conclusione della riunione di esperti convocati dell’UNESCO, tenutasi a Parigi dal 17 al 21 ottobre 1949 e presieduta dal prof. Paulo de Berredo Carneiro; per un resoconto di tale riunione, R.F. LEE, Compte rendu de la Réunion d’Experts, in Museum, 1950, pp. 90 ss. «Il bene culturale coabiterebbero due anime: la res ed il valore culturale immateriale. Ma se il valore culturale di un bene è rappresentato dall’essere testimonianza avente valore di civiltà, allora ben si potrebbe prescindere dal supporto materiale» così come quanto affermato G. SCIULLO, I beni culturali, in Diritto e gestione dei beni culturali, (a cura di) C. BARBATI, M. CAMMELLI, G. SCIULLO, Bologna, 2011, p. 23.

21 G. TRENTA, Qualche riflessione sulla recente modifica degli artt. 9 e 41 della Costituzione e la valorizzazione dell’ambiente, in D.C.C. DI PAOLA, G. TRENTA (a cura di), La valorizzazione costituzionale dell’Ambiente. (Articoli 9 e 41 Costituzione), Ed. AmbienteDiritto, 2023, pp. 2-35.

22 P. BILANCIA, Diritto alla cultura. Un osservatorio sulla sostenibilità culturale, Diritti culturali e nuovi modelli di sviluppo. La nascita dell’Osservatorio sulla sostenibilità culturale, ESI, Napoli, 2016

23 Nella seduta dell’8 febbraio 2022 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, la proposta di legge costituzionale A.C. 3156-B recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”. La proposta di legge costituzionale era stata approvata, in seconda deliberazione, dal Senato della Repubblica il 3 novembre 2021, approvata, in prima deliberazione, dal Senato, in un testo unificato, il 9 giugno 2021 e dalla Camera il 12 ottobre 2021

24 A. PAPA, Strumenti e procedimenti della valorizzazione dei beni culturali. Ruolo dei livelli di governo e promozione delle identità̀, Napoli, Editoriale Scientifica, 2006.

25 D. MONE, Autonomia differenziata come mezzo di unità statale: la lettura dell’art. 116, comma 3, Cost., conforme a Costituzione, in AIC, 1/2019, pp. 329-350.

26 A. POGGI, La difficile attuazione del Titolo V: il caso dei beni culturali, in federalismi.it, 8/2003, pp. 1-10.

27 S. BUDELLI, La tutela dei beni culturali e la resurrezione dell’interesse nazionale, in AmbienteDiritto, 1/2018, pp. 1-12. M. BARBATO, Il riparto di competenze tra Stato e Regioni nella valorizzazione dei beni culturali, in De Iustitia, giugno 2023, p. 3.

28 G. SCIULLO, Art. 116, comma 3, Cost. e beni culturali, in Le Istituzioni del Federalismo, 1/2008, pp. 96-100. G. CLEMENTE DI SAN LUCA, La elaborazione del diritto dei beni culturali nella giurisprudenza costituzionale, in Aedon, 1/2017. L. RUGGIU, Il “ritorno” del principio di competenza?, in Le Istituzioni del Federalismo, 1/2008, pp. 101-128.

29 R. BIN, Regionalismo differenziato e utilizzazione dell’art. 116, terzo comma, Cost. Alcune tesi per aprire il dibattito, in Le Istituzioni del Federalismo, 1/2008, pp. 9-20. E. CARLONI, Teoria e pratica della differenziazione: federalismo asimmetrico ed attuazione del Titolo V, in Le Istituzioni del Federalismo, 1/2008, pp. 75-86. R. BIFULCO, A. CELOTTO, Corte costituzionale e materie, in R. BIFULCO, A. CELOTTO (a cura di), Le materie dell’art. 117 nella giurisprudenza costituzionale dopo il 2001. Analisi sistematica della giurisprudenza sul riparto di competenze fra Stato e regioni 2001-2014, Napoli, Editoriale scientifica, 2015.

30 Sentenza 407/2002 della Corte costituzionale.

31 Sentenza n. 282 del 2002 della Corte Costituzionale.

32 R. BIN, G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Torino, Giappichelli, 2022, pp. 432 ss.

33 Si pensi alla l. n. 59 del 15 marzo 1997; al D.Lgs n. 112 del’11 marzo 1998 e al D.Lgs n. 490 del 29 ottobre 1999 avente per oggetto il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali.

34 Sentenza n. 9 del 13 gennaio 2004 della Corte costituzionale.

35 Sentenza n. 9 del 13 gennaio 2004 della Corte costituzionale.

36 Sentenza n. 232 del 16 giugno 2005 della Corte costituzionale.

37 Sentenza n. 140 del 9 luglio 2015 della Corte Costituzionale.

38 Sentenza n. 50 del 28 gennaio 2005 della Corte Costituzionale.

39 Sentenza n. 242 del 18 luglio 1997 della Corte Costituzionale.

40 Sentenza n. 31 del 27 ottobre 2006 della Corte Costituzionale. Per un maggiore approfondimento sul testa del principio della leale collaborazione cfr R. BIN, G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Torino, Giappichelli, 2022, pp. 300 ss.

41 Sentenza n. 921 del 28 luglio 1988 della Corte Costituzionale.

42 Sentenze nn. 50 del 13 gennaio 2005 e 133 del 31 marzo 2006 della Corte costituzionale.

43 Sentenza n. 921 del 28 luglio 1988 della Corte Costituzionale.

44 Sentenza n. 422 del 19 dicembre 2006 della Corte Costituzionale.

45 Sentenza n. 30 del 26 gennaio 2005 della Corte Costituzionale.

46 Sentenza n. 251 del 25 novembre 2016 della Corte Cost.

47 In tal senso l’art. 118, co. 1 della Cost. sancisce che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Inoltre, il co. 3 La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.

48 Per un ulteriore indagine sul tema in ambito comunitario cfr A. PAPA, Le prospettive di un cambio di paradigma nella definizione del patrimonio culturale “europeo”, in federalismi.it, 4/2022, pp. 732-745.

49 La missione prevede digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo.

50 La componente prevede Turismo e cultura.

51 Istituito dal D.L. 59/2021 convertito, con modificazioni, dalla legge 101 del 2021.

52 Si tratta del progetto di digitalizzazione del fondo dei microfilm di manoscritti più grande d’Italia, del valore complessivo di 9,2 milioni di euro e che costituisce uno degli interventi più significativi mai condotti prima nel settore dei manoscritti, per rendere accessibile e fruibile a tutti il patrimonio delle biblioteche italiane per mezzo di riproduzioni digitali.

53 Sono previste 6 procedure di gara per accordi quadro del valore di 865 milioni di euro.

54 Il programma prevede l’accrescimento degli investimenti per la digitalizzazione del patrimonio culturale e favorirne la fruizione e i servizi legati al settore culturale e creativo. Inoltre prevede misura per interventi dedicati migliorativi all’accessibilità dei luoghi della cultura e la loro efficienza energetica.

55 Il programma punta ad agire sulla forte polarizzazione dei flussi turistici che confluiscono principalmente solo su alcuni luoghi culturali, con il conseguente rischio di usura e impoverimento nel lungo periodo.

56 Tali misure intervengono nel settore cinematografico e audiovisivo per accrescerne la competitività e si articola ulteriormente in: Piattaforme e strategie digitali per l’accesso al patrimonio culturale; Rimozione delle barriere cognitive in musei, biblioteche e archivi per consentire un più ampio accesso e partecipazione alla cultura; Migliorare l’efficienza energetica in cinema, teatri e musei.

57 S. BUDELLI, La tutela dei beni culturali e la resurrezione dell’interesse nazionale, in AmbienteDiritto, 1/2018, pp. 1-12. M. BARBATO, Il riparto di competenze tra Stato e Regioni nella valorizzazione dei beni culturali, in De Iustitia, giugno 2023, p. 3.

58 R. BIN, Regionalismo differenziato e utilizzazione dell’art. 116, terzo comma, Cost. Alcune tesi per aprire il dibattito, in Le Istituzioni del Federalismo, 1/2008, pp. 9-20. E. CARLONI, Teoria e pratica della differenziazione: federalismo asimmetrico ed attuazione del Titolo V, in Le Istituzioni del Federalismo, 1/2008, pp. 75-86. R. BIFULCO, A. CELOTTO, Corte costituzionale e materie, in R. BIFULCO, A. CELOTTO (a cura di), Le materie dell’art. 117 nella giurisprudenza costituzionale dopo il 2001. Analisi sistematica della giurisprudenza sul riparto di competenze fra Stato e regioni 2001-2014, Napoli, Editoriale scientifica, 2015.

59 D. MONE, Il sistema delle fonti dei beni culturali tra giurisprudenza e prospettiva di riforma costituzionale con particolare riferimento alla disciplina dei musei, in Costituzionalismo.it, 3/2016, pp. 59-87.

60 G. MANFREDI, La valorizzazione dei beni culturali come compito costituzionalmente necessario, in Il capitale culturale, Studies on the Value of Cultural Heritage, Università degli Studi di Macerata, 3/2011, pp. 25-31.

61 Quadro d’azione europeo sul patrimonio culturale, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2019, p. 4

62 M. CECCHETTI, Ambiente, paesaggio e beni culturali, in G. CORSO, V. LOPILATO (a cura di), Il diritto amministrativo dopo le riforme costituzionali, Parte speciale, vol. 1, Milano, Giuffrè, 2006, p. 386.