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RICOSTRUZIONE STORICA DELL’EX ILVA DI TARANTO E DELL’OSPITANTE QUARTIERE TAMBURI.

Giuseppina Ferrara

Il presente contributo è animato dalla volontà di dimostrare come il quartiere Tamburi di Taranto, ospitante il polo siderurgico più grande d’Italia, sia sorto antecedentemente la posa della prima pietra dell’impianto industriale oggi noto come ex Ilva. L’elaborato si pone come obiettivo, dunque, quello di opporre la realtà storica alla falsa impostazione diffusa fra alcuni per cui la popolazione della città dei due mari, ignara delle conseguenze dannose dettate dalla vicinanza delle proprie abitazioni all’industria, avesse costruito le stesse in un momento successivo l’attivazione dell’impianto.

Quanto palesato nel testo che segue è il frutto di una ricerca storica attuata presso l’Archivio di Stato di Taranto.

Lo stabilimento industriale Italsider nasce a Taranto nel 1960, di proprietà pubblica. Il colosso siderurgico venne costruito nel quartiere Tamburi; quest’ultimo, già esistente, si sviluppò ulteriormente anche alla luce dell’edilizia popolare intervenuta a favore degli operai dello stabilimento stesso. La decisione di costruire il polo siderurgico nella provincia jonica venne presa nel 1959 dopo un ampio dibattito che vide il coinvolgimento del Governo, dell’IRI e della Finsider. La scelta di far ricadere su Taranto ‘i benefici’ della costruzione del polo industriale rappresentò una vittoria per i rappresentanti politici del territorio, alla luce anche dei contributi statali per le politiche meridionalistiche. Infatti, fino a quel tempo, la grande industria nazionale era localizzata prevalentemente al nord del paese1. Era dunque necessario un investimento nelle aree in via di sviluppo. Il polo tarantino era, in ordine di tempo, il quarto centro siderurgico del paese (dopo quelli di Cornigliano, Piombino, Bagnoli) ma più grande di tutti.

Questo investimento assunse le sembianze del polo siderurgico sulla scorta della convinzione, diffusa fra molti economisti dell’epoca, che l’industria fosse il migliore investimento nel breve periodo, poiché quella più consona a promuovere gli effetti a monte ed a valle. Il siderurgico a ciclo integrale di Taranto si proponeva anche di soddisfare i bisogni frutto dei consumi interni sempre più crescenti. Infine, la scelta localizzativa tarantina si presentava florida in relazione ad alcune condizioni operative facilitate dalla morfologia del territorio; infatti, qui si presentavano: “vaste aree pianeggianti e vicine al mare, disponibilità di calcare in buona quantità, una rada ben protetta, un non difficile reperimento di manodopera con possibilità di un’idonea qualificazione”2. La costruzione del centro siderurgico venne avviata il 9 luglio del 1960, la posa della prima pietra avvenne alla presenza del Presidente Gronchi.

Nel 1961 le Acciaierie di Cornigliano si fondono con l’ILVA – Alti Forni e Acciaierie d’Italia, sviluppando l’Italsider – Alti Forni e Acciaierie Riunite ILVA e Cornigliano che risponderà al nome di Italsider nel 1964. Il primo reparto ad entrare in attività fu quello produttore di tubi nel 1961, dopodiché il primo altoforno entra in funzione il 21 ottobre 1964 ed il secondo il 29 gennaio 1965. L’inaugurazione si ebbe il 10 aprile 1965, data simbolo della vittoria della politica meridionalistica convinta di aver messo in moto un immobile mezzogiorno, limitando drasticamente il fenomeno dell’emigrazione e creando un volano per lo sviluppo tutto tondo della fascia jonica. Il fermento di una mutata realtà per il meridione portò, in fabbrica, rappresentanti d’ogni genere; infatti, furono il Presidente del Consiglio Moro, accompagnato dai Ministri Colombo, Pieraccini, Bo, Arnaldi, ad inaugurare il quarto polo siderurgico d’Italia. “La città dell’acciaio, grande quattro volte Taranto”3 accolse anche il Presidente della Repubblica Saragat e Papa Paolo VI, il quale qui celebrò la Santa Messa di mezzanotte del 24 dicembre 1968. Il Ministro per le Partecipazioni Statali, Bo, sottolineò che “con essa si è voluto compiere un atto politicamente lungimirante”4. Il polo siderurgico sotto la governance pubblica vivrà per un trentennio, ma fu la grande crisi degli anni ’80 a consacrare la volontà di privatizzare l’acciaieria più grande d’Europa. Tant’è che nel maggio del 1995 l’Italsider venne acquisita dal gruppo Riva5 e mutò di nomenclatura diventando l’Ilva6. Lo stabilimento industriale venne localizzato, come poc’anzi precisato, all’interno del quartiere Tamburi, rione nord-occidentale della città di Taranto, anche alla luce della vicinanza con il porto. Infatti, la localizzazione del centro siderurgico nei suoi pressi, avrebbe facilitato di gran lunga il trasporto e la spedizione del materiale finito. In aggiunta, l’area pianeggiante prossima alle sponde del Mar Jonio, avrebbe garantito l’approvvigionamento idrico dell’acciaieria7. L’analisi del territorio (finalizzata ad eleggere il luogo ove costruire il polo) si fermò a queste considerazioni, tralasciando del tutto la questione abitativa. Infatti, il rione Tamburi si presentava come una zona cittadina già abitata. A testimonianza di ciò vi sono documenti fotografici attestanti insediamenti abitativi fin dai primi anni del XX secolo. Il quartiere, poi, iniziò ad espandersi con i primi complessi abitativi sorti per soddisfare l’esigenza di residenza dei dipendenti dell’impianto ferroviario8 della città tarantina. Un altro elemento che dimostra la presenza di un quartiere abitato anteriormente la costruzione della fabbrica, è la struttura ospitante la scuola primaria e secondaria di primo grado, Egidio Giusti, localizzato in via Galeso: “l’edificio risale agli anni ’30 del secolo scorso, quando si decise di risolvere i problemi dei residenti nel rione Tamburi che, per far studiare i propri figli, erano costretti a mandarli nella città vecchia”9. Un ulteriore documento di convalida della preesistenza del quartiere è rappresentato dalle “richieste di contributi” da parte della scuola Giusti del rione Tamburi indirizzate, negli anni 1936/195410, al Comune di Taranto. Proseguendo lungo questo percorso, vi sono testimonianze documentali attinenti l’“edilizia scolastica del rione Tamburi” datati 1932/193911. Ancora, nel 1948 si certificarono i “danni bellici [al] rione Tamburi”12 con la conseguente “ricostruzione degli edifici popolari”13 nel quartiere stesso (annate 1936/1951). L’affermata esistenza di un quartiere abitato è, per giunta, affermata dalla “costruzione di case minime al rione” nel periodo compreso fra il 1941 ed il 194514. Dal 1948 al 1955 si assicurò la “fornitura di energia elettrica all’asilo di mendicità”15 ed “alle case popolari ed ina-casa”16 del quartiere in analisi. Per di più, dal 1952 al 1960 si attesta la “costruzione di abitazioni per dipendenti del Ministero [della] Difesa al rione Tamburi”17. Possiamo, proseguendo nell’indagine storica, notare che l’agglomerato urbano del quartiere Tamburi si è dotato di un “mercato rionale”18 negli anni 1955-1957. In più, nel periodo che va dal 1955 al 1958, sempre in relazione all’edilizia popolare, si intese dar applicazione alla Legge 64019 per “l’eliminazione delle case malsane”20; in riferimento a quest’ultima testimonianza, posiamo dedurre l’esistenza di unità abitative, elette come domicilio da una serie di inquilini, persone fisiche, da tempi remoti. Gli ultimi documenti di questa breve, ma assolutamente non esaustiva, rassegna di atti rimarcanti l’esistenza del rione Tamburi fin da decenni prima la decisione di calare in una fitta rete urbana l’acciaieria più grande d’Europa, si riferiscono alla “Pavimentazione della Piazza Orsini”21 ed alla “Costruzione [degli] alloggi Ina-Casa per dipendenti del Banco di Napoli e dell’INPS al rione Tamburi”22, datati rispettivamente 1958 e 1959. Appurata la preesistenza del quartiere Tamburi all’impianto siderurgico, possiamo fin da subito notare che la costruzione dello stesso venne attuata in piena violazione dell’art. 216 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie23 che imponeva la costruzione di stabilimenti industriali al di fuori delle zone abitate. Non bastevole, negli anni successivi la messa in moto dell’impianto industriale, lo stesso quartiere Tamburi, già esistente (come abbiamo avuto modo di dimostrare) e già ospitante una fabbrica sproporzionata in termini di grandezza, venne eletto come destinatario di un’ulteriore e corposa opera di costruzioni destinate all’abitazione dei dipendenti del polo siderurgico. Si edificarono, con stanziamenti di fondi pubblici, scuole24, case popolari25 e mercati26. Il tutto a ridosso dell’impianto siderurgico più grande d’Europa.

1 Per un maggiore approfondimento si rimanda a E. CERRITO La politica dei poli di sviluppo nel Mezzogiorno. Elementi per una prospettiva storica, in Quaderni di Storia Economica, Banca d’Italia, giugno 2010 n. 3;

2 LEONE E. (1996, p. 456) Siderurgia meridionale, in D’ANTONE L. (a cura di), Radici storiche ed esperienza dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno (Taormina, 18-19 novembre 1994), Roma: Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia;

3 Istituto Luce Cinecittà, La settimana Incom 02528, del 26/11/1964, rinvenibile al sito https://www.archivioluce.com;

4 Istituto Luce Cinecittà, La settimana Incom 02528, del 26/11/1964 https://www.archivioluce.com;

5 Gruppo industriale fondato dai fratelli Emilio ed Adriano Riva nel 1954;

6 Raffigura il nome antico dall’Isola d’Elba, situata nel Mar Tirreno. L’isola era chiamata “Aithàle” (dal significato di fuliggine) dagli Antichi Greci (che già estraevano il ferro dal sottosuolo elbano in quell’epoca) poi chiamata “Ilva” dai Romani (con riferimento alla popolazione locale degli Ilvati, appartenenti ai Liguri, il cui significato è “ferroso”) per diventare “Ilba” ed “Helba” nel Medioevo. L’origine del toponimo si ritiene essere etrusca. Il significato è la chiave del perché è stata battezzata così l’acciaieria: ilva significa ferro, materiale riccamente presente sull’isola toscana, dove le varie miniere sono oggigiorno in disuso;

7 Mediante il ricorso ad un dissalatore, l’acqua, attinta dal Sinni, dal Mar Piccolo, dal Tara e dal Fiumicello, viene impiegata in tutti i circuiti chiusi (nelle centrali termoelettriche e negli altiforni). Per il raffreddamento delle torri del reparto di cokeria e per altre funzionalità, l’acqua non viene trattata e trasformata ma direttamente impiegata.

8 La ferrovia Jonica, costruita dalla società Vittorio Emanuele, ultimò il tratto Taranto-Metaponto il 28 febbraio 1869, dopodiché vennero costruite abitazioni nel rione Tamburi per ospitare i lavoratori, un esempio è dato dal documento “Case per i ferrovieri in via Galeso” datato 1947/1959, rinvenibile nella Busta 186, Fascicolo 566, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli

comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

9 vedi http://www.scuolagalilei.gov.it/wp/la-scuola/plessi/;

10 Busta 178, Fascicolo 525, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

11 Busta 559, Fascicolo del “Genio Civile anni 1897-1980”, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

12 Busta 368, Fascicolo del “Genio Civile anni 1897-1980”, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

13 Busta 1007, Fascicolo del “Genio Civile anni 1897-1980”, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

14 Busta 183, Fascicolo 550, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

15 Busta 169, Fascicolo 489, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

16 Busta 169, Fascicolo 490, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

17 Busta 190, Fascicolo 590, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

18 Busta 192, Fascicolo 603, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

19 Con la Legge 640 si fa riferimento alla Legge del 9 agosto 1954, n. 640 nomenclata “Provvedimenti per l’eliminazione delle abitazioni malsane”;

20 Busta 1317, Fascicolo del “Genio Civile anni 1897-1980”, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

21 Busta 208, Fascicolo 707, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

22 Busta 195, Fascicolo 635, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

23 Decreto Regio del 27 luglio del 1934 n. 1265;

24 Negli anni 1960/1963, documentazione rinvenibile nella Busta 197, Fascicolo 651, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

25 Nel 1962, documentazione rinvenibile nella Busta 199, Fascicolo 663, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;

26 “Mercato ingrosso ortofrutticolo sulla via Orsini al Rione Tamburi” 1961/1975, documentazione rinvenibile nella Busta 199, Fascicolo 661, “Prefettura di Taranto”, serie II “affari speciali dei singoli comuni”, comune di Taranto, rinvenibile presso l’Archivio di Stato di Taranto;