Anche in sede di appello, se la legge regionale cambia la disciplina e l’appellante non trarrebbe alcun vantaggio da una decisione a suo favore perché non potrebbe comunque conseguire il bene della vita a cui aspira, il ricorso di primo grado è improcedibile.
Decisione: Sentenza n. 352/2017 Consiglio di Stato – Sezione IV
Classificazione: Amministrativo
Il caso.
Una società proprietaria di un edificio adibito ad albergo, impugnava tutti gli atti di adozione, formazione e approvazione del PUC (piano urbanistico comunale) nella parte in cui l’edificio veniva mantenuto con destinazione turistico-ricettiva di tipo alberghiero, anziché consentirne l’uso residenziale come richiesto dalla società.
In primo grado il Tribunale Amministrativo Regionale accoglieva il ricorso, basandosi sul fatto che tanto la normativa nazionale, tanto quella regionale, attribuiva la competenza al Consiglio Comunale, mentre nel caso di specie la determinazione sui pareri e le osservazioni della società era stata assunta con delibera di giunta.
Il comune proponeva appello al Consiglio di Stato, che riforma la sentenza del T.A.R. impugnata e dichiara improcedibile il ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse.
La decisione.
Per il Collegio ha rilevato d’ufficio la questione relativa alla sopravvenuta carenza d’interesse: «Il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e a questa conclusione non è di ostacolo la mancata richiesta del Comune appellante, trattandosi di circostanza che – a norma dell’art. 35 c.p.a. – il giudice può rilevare anche d’ufficio, fermo restando l’obbligo di comunicazione alle parti in udienza a norma dell’art. 73, comma 3, c.p.a., che nella specie il Collegio ha assolto. Infatti, mutata la disciplina regionale di riferimento, intervenuta la variante al P.U.C. e incluso l’Hotel E.P. nel nuovo elenco degli alberghi assoggettati a vincolo alberghiero con la ricordata determinazione dirigenziale n. 32/2014, la società appellante non trarrebbe alcun vantaggio da una decisione che respingesse l’appello comunale confermando la decisione impugnata, perché in tal modo non potrebbe comunque conseguire il bene della vita cui aspira, cioè lo svincolo in vista della sostituzione della destinazione alberghiera con quella residenziale».
La società escludeva la sopravvenuta carenza di interesse, richiamando due precedenti della Sezione, relativi entrambi a vincoli alberghieri imposti nella Regione Liguria, oggetto di giudizio, ma «Il Collegio ritiene tuttavia che, alla luce delle intrinseche diversità delle situazioni prese in esame, le sentenze richiamate non siano decisive per impedire una pronunzia di improcedibilità in quanto: a) nel caso deciso dalla sentenza 11 settembre 2012, n. 4812, la parte privata contestava l’applicabilità della nuova disciplina legislativa (legge regionale n. 1/2008) all’albergo di proprietà e valorizzava l’esistenza dell’interesse ai fini risarcitori; mancava inoltre quel puntuale provvedimento di riapposizione del vincolo che è invece presente nella presente fattispecie; b) nel caso deciso dalla sentenza 10 marzo 2014, n. 1081, l’eccezione era formulata (non dal Comune appellante, come nella vicenda precedente, ma) dalla parte privata appellata ed è stata disattesa dalla Sezione sul rilievo che la nuova previsione normativa della legge regionale n. 4/2013 (nel senso di stabilire delle deroghe al regime vincolistico per le strutture ex alberghiere aventi determinate caratteristiche tipologiche e dimensionali, fra le quali si assumeva rientrare quella della società appellata) fosse destinata a operare per il futuro e quindi non si applicasse alla fattispecie per cui era causa».
Il Consiglio di Stato riforma quindi la decisione del T.A.R., e dichiara il ricorso di primo grado improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Osservazioni.
La sopravvenuta carenza di interesse a seguito di mutamenti della disciplina normativa rimane una spada di Damocle che può rendere improcedibile il ricorso di primo grado anche in sede di impugnazione.
Se il cd. “bene della vita” a cui aspira il ricorrente non può più essere conseguito a seguito delle modifiche intervenute nelle more dei giudizi, una decisione non gli attribuirebbe alcun vantaggio, e quindi rende inutile procedere nel giudizio.
Disposizioni rilevanti.
DECRETO LEGISLATIVO 2 luglio 2010, n. 104
Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo
Art. 35 – Pronunce di rito
1. Il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso:
a) irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito;
b) inammissibile quando è carente l’interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito;
c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito.
2. Il giudice dichiara estinto il giudizio:
a) se, nei casi previsti dal presente codice, non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice;
b) per perenzione;
c) per rinuncia.