Natura fiume
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Greenpeace ha notificato ieri un ricorso amministrativo al Tar del Veneto contro le difficoltà poste dalla Regione Veneto e dalla AULSS 8 all’accesso ai dati sui monitoraggi relativi alla presenza di PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) in acque destinate al consumo umano. L’associazione ambientalista si riserva la possibilità di procedere anche a livello penale per omissione di atti d’ufficio.

 

Lo scorso 30 novembre Greenpeace ha presentato alla Direzione Prevenzione, Sicurezza Alimentare e Veterinaria dell’Area Sanità e Sociale della Regione Veneto una formale richiesta dei dati relativi alla presenza di PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) in acque destinate al consumo umano nel territorio regionale e relative al triennio 2013-2016. A distanza di quasi tre mesi, e dopo una serie di rimpalli di competenze che hanno coinvolto l’Area Sanità e Sociale, ARPAV ed AULSS Venete, ad oggi sono stati forniti solo parte dei dati, violando così la normativa sulla trasparenza della pubblica amministrazione.

 

È noto dal 2013 che in una vasta area della Regione Veneto, compresa tra le provincie di Vicenza, Padova e Verona, è presente un massiccio inquinamento da PFAS, tutt’ora in atto, che interessa le acque dei fiumi, le falde acquifere, le acque potabili e la catena alimentare. I PFAS appartengono al più ampio gruppo dei PFC (composti poli- e per-fluorurati), sostanze chimiche di cui Greenpeace chiede l’eliminazione con la campagna Detox sin dal 2011.

 

“È paradossale che in una situazione così critica dal punto di vista ambientale e sanitario le istituzioni responsabili della salute pubblica in Veneto non siano in grado di fornire i dati richiesti da Greenpeace”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento. “Le istituzioni regionali si professano trasparenti ma alla prova dei fatti si sottraggono ad una richiesta di semplice accesso, violando a nostro avviso le normative vigenti”.

 

Le normative prevedono infatti che ad una richiesta di accesso ad atti pubblici sia data una risposta entro trenta giorni. Dopo mesi di rimpalli, Greenpeace ha ricevuto riscontro solo dalle ULSS 20 e 21 (oggi parte dell’AULSS 9) e dalla ULSS 17 (oggi parte dell’AULSS 6). Nulla invece è arrivato proprio dalle ULSS 5 e 6 (oggi parte dell’AULSS 8) che ricadono nell’area più contaminata. Attualmente i dati relativi alla presenza di PFAS in acque potabili vengono pubblicati in forma aggregata nel bollettino “Acqua potabile in Veneto”, disponibile sul sito istituzionale della Regione Veneto, e suddivisi per comune solo per alcune AULSS del veronese. Di fatto oggi, almeno per i dati più recenti pubblicati sul sito della Regione, è quasi sempre impossibile risalire alla presenza di PFAS nell’acqua potabile del proprio Comune.

 

“In una situazione ambientale così grave è necessario che le informazioni siano facilmente disponibili per chi vive quotidianamente in aree a rischio. Trasparenza e diritto di sapere sono i principi cardini che dovrebbero ispirare ogni amministrazione pubblica e non a caso sono obiettivi fondamentali della campagna Detox di Greenpeace, già adottati da famosi marchi internazionali della moda da Zara a Valentino, passando per Benetton fino alle piccole aziende tessili italiane del distretto tessile di Prato” conclude Ungherese.

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