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Reati ambientali: D.L.vo n.231/01 e responsabilità degli enti collettivi.

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Giurisprudenza

di Fulvio Conti Guglia. Reati ambientali ex D. L.vo n. 231/01 – Responsabilità degli enti collettivi – Confisca di valore, cd. “profitto da risparmio” – Fattispecie – Artt. 2, 5, 19 24-ter, c.2, 30, 39 e 53 D. Lgs. n. 231/01 – Art. 29-bis ss. del D. Lgs. n. 152/2006.
La responsabilità dell’Ente ai sensi del decreto Legislativo n. 321/01 per i reati ambientali ex art. 25 undecies, consente (ai sensi degli artt. 19 e 53 del d.lgs. n. 231/01) il sequestro e, poi, la confisca per equivalente del profitto cd. “da risparmio” previa verifica di una diretta correlazione causale con i reati-presupposto e accertamento dell’eventuale determinazione di un risultato economico positivo ricavato dall’Ente per effetto della realizzazione delle ipotesi di reato contestate. Nella specie è stato annullato senza rinvio il decreto di sequestro per equivalente non essendo stati esplicitati elementi per ritenere che le conseguenze economiche generate dagli eventi – di danno o di pericolo – tipizzati nei reati contestati potessero essere assimilate a profitto inteso come diretto risparmio dei costi d’impresa, risultando, invece una integrale equiparazione dell’entità del profitto con i costi non sostenuti per l’adeguamento degli impianti – nella specie siderurgici – per evitare danni ambientali.
(annulla senza rinvio ordinanza n. 94/2013 TRIB. LIBERTA’ di TARANTO, del 15/06/2013) Pres. Agrò, Est. De Amicis, Riva Fi.Re. SPA e altro.
RIFIUTI – D. L.vo n.231/01 responsabilità sanzionatoria degli Enti – Reati ambientali – Nozione di profitto aggredibile con una misura ablativa – Correlazione diretta del profitto col reato – Necessità –  Confisca del profitto del reato.
Nell’operazione di verifica del “profitto assoggettabile a sequestro” in funzione della confisca prevista dall’art. 19 del D. Lgs. n. 231/01, il riferimento al principio di diritto stabilito in ordine alla corretta delimitazione della nozione di profitto aggredibile con una misura ablativa nel sistema della responsabilità sanzionatoria degli enti, a norma degli artt. 19 e 53 del D. Lgs. n. 231/01, si sostanzia nel “complesso dei vantaggi economici tratti dall’illecito e a questo strettamente pertinenti”, quale sua conseguenza economica immediata, richiedendo pertanto una diretta derivazione eziologica del profitto dalla condotta penalmente rilevante commessa nell’interesse o a vantaggio dell’ente collettivo (Cass. Sez. Un., n. 26654 del 27/03/2008, dep. 02/07/2008, Fisia Italimpianti s.p.a. e altri). Occorre, dunque, “una correlazione diretta del profitto col reato e una stretta affinità con l’oggetto di questo, escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita ad ogni e qualsiasi vantaggio patrimoniale, che possa comunque scaturire, pur in difetto di un nesso diretto di causalità, dall’illecito”. Inoltre, la confisca del profitto del reato prevista dagli artt. 9 e 19 del D. Lgs. n. 231 del 2001 si configura come sanzione principale, obbligatoria ed autonoma rispetto alle altre previste a carico dell’ente, e si differenzia da quella configurata dall’art. 6, comma quinto, del medesimo decreto, applicabile solo nel caso in cui difetti la responsabilità della persona giuridica, la quale costituisce invece uno strumento volto a ristabilire l’equilibrio economico alterato dal reato presupposto, i cui effetti sono comunque andati a vantaggio dell’ente.
(annulla senza rinvio ordinanza n. 94/2013 TRIB. LIBERTA’ di TARANTO, del 15/06/2013) Pres. Agrò, Est. De Amicis, Riva Fi.Re. SPA e altro.
Per le altre massime e sentenza per esteso vedi AmbienteDiritto.it
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