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L’Autorità garante della concorrenza ha stabilito che i Consigli degli Ordini degli Avvocati di Civitavecchia, Latina, Tempio, Tivoli e Velletri hanno posto in essere intese restrittive della concorrenza finalizzate a ostacolare l’accesso degli avvocati comunitari al mercato italiano dei servizi di assistenza legale, diffidandoli dal porre in essere in futuro comportamenti analoghi e sanzionandoli con una multa simbolica di 1.000 euro ciascuno. Gli Ordini hanno, tra l’altro, tempestivamente revocato le determinazioni contestate. Con la stessa delibera, del 23/4/2013, l’Autorità ha invece stabilito che i Consigli degli Ordini di Chieti, Matera, Modena, Milano, Roma, Sassari e Taranto non hanno violato la normativa a tutela della concorrenza, in quanto si sono limitati ad effettuare verifiche mirate al controllo di posizioni individuali in casi isolati e specifici (AGCM Provvedimento n. 24327 pubblicato sul Bollettino n. 19 del 20 maggio 2013).

La decisione è stata assunta al termine del procedimento istruttorio avviato il 14 dicembre 2011 su segnalazione di un abogado, iscritto al Colegio de Abogados de Madrid, e dell’Associazione Italiana Avvocati Stabiliti, il cui fine è quello di rappresentare e tutelare a livello locale, nazionale, europeo ed internazionale, i possessori di titolo di laurea in giurisprudenza e/o equipollente, acquisito all’interno dell’Unione europea, e/o chi ha acquisito l’abilitazione alla professione di avvocato, “avvocato stabilito o integrato e/o equipollente” in ambito intracomunitario. In materia, la normativa nazionale di recepimento del diritto comunitario appare volta a semplificare e facilitare l’attività e l’integrazione di professionisti appartenenti ai Paesi membri che intendano esercitare l’attività di avvocato in Italia. Infatti, il Decreto Legislativo n. 96/2001, emanato in attuazione della direttiva 98/5/CE, disciplina l’esercizio permanente della professione di avvocato con il titolo professionale di origine e l’eventuale successiva integrazione nella professione di avvocato in Italia. In particolare, l’articolo 6 di tale provvedimento consente l’esercizio permanente in Italia della professione di avvocato ai cittadini degli Stati membri dell’UE in possesso di un titolo corrispondente a quello di avvocato, conseguito nel paese di origine. Il professionista che intenda esercitare la professione in Italia è tenuto ad iscriversi come “avvocato stabilito” nella Sezione Speciale dell’Albo degli Avvocati dedicata agli avvocati stabiliti, che gli consente, con alcune limitazioni, l’esercizio professionale con il titolo acquisito nel paese di origine, indicato nella lingua ufficiale dello stato membro di origine. L’iscrizione è subordinata all’iscrizione dell’istante presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine. Successivamente, dopo tre anni di esercizio regolare ed effettivo nel paese ospitante, e riguardante il diritto di tale Stato, l’avvocato può iscriversi all’albo degli avvocati ed esercitare la professione di avvocato senza alcuna limitazione e senza alcuna necessità di sostenere la prova attitudinale prevista dal Decreto Legislativo n. 114/92.

Gli Ordini sanzionati avrebbero, invece, introdotto, nelle delibere, nei regolamenti e attraverso condotte mirate, requisiti restrittivi di portata generale, ultronei rispetto a quelli previsti dalla normativa nazionale e comunitaria, finalizzati a porre ostacoli all’esercizio della professione legale in Italia da parte degli avvocati comunitari.

 

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