Superare l’analisi statistica e studiare i terremoti come eventi interconnessi, comprendendone i meccanismi di generazione, esattamente come è avvenuto in campo meteorologico. E’ questa l’idea alla base dello studio di un gruppo di geofisici dell’Università di Siena, guidati dal professor Enzo Mantovani, che terrà la lectio magistralis al congresso del Gruppo nazionale di geofisica della terra solida, in programma dal 20 al 22 novembre, a Potenza.
Nel lavoro che verrà presentato domani, 20 novembre, in apertura del congresso, sarà spiegato come proprio attraverso lo studio della storia sismica e delle concatenazioni di cause ed effetti all’interno di
importanti esiste attualmente la possibilità di ottenere informazioni su quali siano le zone sismiche italiane più esposte alle prossime scosse forti.
Spiega Mantovani: “Dopo quaranta anni di osservazioni e ricerche, siamo ora in grado di dare una valida dimostrazione alla nostra teoria. Gli unici risultati soddisfacenti sulla previsione degli eventi naturali sono stati ottenuti nei casi in cui il metodo utilizzato ha potuto contare su una ricostruzione realistica dei modelli di sviluppo dei sistemi coinvolti. Un esempio molto significativo riguarda le previsioni meteorologiche, per le quali la percentuale di previsioni corrette ha raggiunto livelli molto elevati. Il motivo di questo successo è legato al fatto che gli esperti di questo settore sono riusciti a ricostruire in modo realistico i meccanismi di circolazione atmosferica e la loro connessione con gli eventi naturali da prevedere, come piogge, temporali, nevicate”.
“Anche il terremoto – continua Mantovani – è un evento legato all’evoluzione di un sistema che si frattura con una determinata distribuzione spaziale e successione temporale condizionate dalle forze tettoniche in atto e dalle caratteristiche delle strutture sollecitate. Quindi, la possibilità di seguire la stessa strada delle previsioni meteorologiche è in teoria aperta. Ovviamente, le possibilità di successo sono condizionate dalla nostra capacità di ricostruire il modello di base, cioè la geodinamica della zona considerata, il complesso dei processi tettonici che permettono al sistema di assorbire le sollecitazioni in atto e le modalità con cui questi due aspetti controllano la distribuzione dei terremoti forti”.