Euro soldi banconote
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Parte dal 30 giugno l’obbligo per i professionisti e le imprese di munirsi di Pos e consentire al cliente il pagamento della parcella attraverso il bancomat per importi superiori a 30 euro. La tegola giunge dopo che il Tar del Lazio, in prima verifica, rigetta la richiesta di sospensiva avanzata dal Consiglio nazionale degli Architetti a giudizio dei quali si tratta di una norma insensatamente vessatoria e costosa stante che il suo scopo primario, quello di contrastare elusione ed evasione, che può essere raggiunto attraverso pagamenti tracciati (bonifico o assegni) senza obbligare i professionisti ad attivare Pos costosi.

L’obbligo del POS è previsto dal DL 179/2012, convertito nella Legge 221/2012 ed è stato disciplinato dal DM 24 gennaio 2014. L’obbligo si applica ai pagamenti per l’acquisto di prodotti o la prestazione di servizi di importo superiore a 30 euro, e vale per tutti i professionisti e imprese, a prescindere dal fatturato.

Il termine di decorrenza dell’obbligo di accettare i pagamenti con moneta elettronica, inizialmente previsto per il 1° gennaio 2014, è stato spostato al 30 giugno 2014 dal decreto Milleproroghe (Legge 15/2014).

Come riportato in un precedente articolo dal titolo “Disposizioni sui pagamenti elettronici per i professionisti e le imprese per importi superiore a 30 euro. DECRETO INTERMINISTERIALE 24/01/2014” …la nuova formulazione non parlerebbe in modo specifico ai Bancomat o ai POS, ma più genericamente di carte di debito, per cui il POS non sarebbe necessario per queste ultime utilizzabili anche tramite Internet senza la necessità di altri dispositivi intermedi; da questo punto di vista, per soddisfare quanto previsto dalla normativa dovrebbe essere sufficiente essere dotati di una postazione dotata di connessione alla Rete dati.

Unico riferimento specifico ai POS è stato introdotto nell’art. 1 lettera e) del Decreto Interministeriale il quale recita: “terminale evoluto di accettazione multipla: terminale POS con tecnologia di accettazione multipla  ovvero che consente l’accettazione di strumenti di pagamento tramite diverse tecnologie.” Quest’ultimo inciso riapre in modo razionale la possibilità di pagamenti con carta di debito attraverso postazioni dedicate a tale scopo on line. Del resto l’interesse primario della disciplina è la tracciabilità in qualunque modo essa avvenga anche con tecnologie mobili (ad es. smartphone, tablet…) basta che siano agganciati al conto corrente del ricevente.
Note giuridiche: La conseguenza della violazione di un tale “obbligo” (che in realtà è un onere), insomma, è la c.d. mora del creditore, al pari di quanto avviene ai sensi dell’art. 1206 cc per tutte le altre ipotesi in cui il creditore rifiuti pagamenti legittimi (ad es., in contanti sotto la soglia antiriciclaggio, assegni circolari, ecc.). E, ovviamente, la mora del creditore di per sè non estingue certo il credito (quindi il cliente che non riesca a pagare in modo elettronico non è percio stesso liberato dal debito).

Altre conseguenze non ve ne sono. Tant’è vero che, non per niente, il predetto onere è infatti contenuto in una c.d. lex imperfecta, che appunto non prevede una sanzione per il caso di sua inosservanza. E, come detto, non potrebbe essere altrimenti, salvo stravolgere princìpi di diritto fondati su secoli di tradizione giuridica.
Di seguito il testo del decreto:

Di seguito il testo completo: Tar del Lazio, sezione terza ter, Ordinanza n. 01932/2014 depositata il 30 aprile.

N. 01932/2014 REG.PROV.CAU.

N. 04477/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 4477 del 2014, proposto dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, in persona del Presidente p.t. e l’Arch. Leopoldo Freyrie in proprio, rappresentati e difesi dagli avvocati Massimo Luciani e Piermassimo Chirulli, con domicilio eletto presso l’avv. Massimo Luciani in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, 9;

contro
il Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro p.t. ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Banca D’Italia; Consorzio Bancomat;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Luciani, con domicilio eletto presso Massimo Luciani in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, 9;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
del Decreto Ministeriale 24 gennaio 2014 del Ministro dello Sviluppo Economico (pubblicato in G.U. 27 gennaio 2014, n. 21) in attuazione dell’art. 15, comma 5, D.L. 18.10.2012 n. 179, laddove prevede (art. 2, comma 1) che l’obbligo di accettare pagamenti attraverso carte di debito di cui all’art. 15 cit., si applica a tutti i pagamenti di importo superiore a trenta euro disposti in favore dei soggetti di cui all’art. lett. d) (imprese e professionisti) per l’acquisto di prodotti o la prestazione di servizi anche professionali, nonché con riferimento alla disposizione di cui all’art. 2, comma 2 (“In sede di prima applicazione, e fino al 30 giugno 2014, l’obbligo di cui al comma 1 si applica limitatamente ai pagamenti effettuati a favore dei soggetti di cui all’art. 1, lett. D), per lo svolgimento di attività di vendita di prodotti e prestazione di servizi il cui fatturato dell’anno precedente a quello nel corso del quale è effettuato il pagamento sia superiore a duecentomila euro”);

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l’art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2014 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto che, alla luce della sommaria delibazione dell’atto impugnato e dei motivi di ricorso, la domanda diretta all’annullamento del Decreto Ministeriale in epigrafe (atto di normazione secondaria, attuativo di quanto disposto dal D.L. n. 179 del 2012, convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221) non appare caratterizzata da evidente “fumus boni juris”, atteso che il Decreto impugnato sembra rispettare i limiti contenutistici ed i criteri direttivi fissati dalla richiamata fonte legislativa che, all’art. 9, comma 15-bis, impone perentoriamente ed in modo generalizzato che “a decorrere dal 30 giungo 2014, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazioni di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito….”;

Ritenuto che con il Decreto impugnato il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, ha dato attuazione al suddetto obbligo generale di fonte legale (relativo all’uso tendenzialmente generalizzato delle carte di debito per le transazioni commerciali) limitandosi a prevedere, nel rispetto della norma attributiva del potere di normazione secondaria (cfr. art. 15, comma 5, D.L. n. 179 del 2012), un termine di decorrenza differenziato in relazione a distinte classi di imprese e professionisti (obbligo immediato per imprese e professionisti il cui fatturato, nell’anno precedente a quello nel corso del quale è stato effettuato il pagamento, sia stato superiore ai duecentomila euro; obbligo differito al 30 giugno 2014 per tutti gli altri operatori) e l’importo minimo dei pagamenti ai quali si applica la nuova disposizione di legge (peraltro ai sensi dell’art. 15, comma 5, D.L. cit. la fissazione di “importi minimi” da parte della fonte secondaria è espressamente indicata come “eventuale”);

Considerato, pertanto, che ad una prima e – inevitabilmente – sommaria valutazione, l’atto impugnato non sembra viziato dalle illegittimità dedotte in ricorso, né sotto il profilo della violazione di legge né sotto quello dell’eccesso/sviamento del potere;

Ritenuto che le censure ulteriormente svolte dai ricorrenti mediante il richiamo ai parametri costituzionali di cui agli artt. 23 e 41 Cost. (cfr. parte delle censure di cui al primo motivo di ricorso) non sembrano riferibili all’atto impugnato ma, semmai, all’atto avente forza di legge da cui esso promana mentre i ricorrenti pongono espressamente, nel motivo di ricorso sub 2, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 D.L. 179 del 2012 alla luce degli artt. 23 e 77 Cost.;

Ritenuto che le predette questioni, involgenti il Decreto impugnato non in via diretta bensì in via derivata, al pari della sollevata questione di legittimità costituzionale della disposizione impongono approfondimenti ulteriori, non consentiti nella presente sede cautelare;

Ritenuto altresì che il pregiudizio allegato, in relazione ai costi organizzativi ed economici connessi all’acquisto del POS reso obbligatorio dalla norma in discorso, ha natura prettamente economica;

Ritenuta, sotto tale ultimo profilo, carente la dimostrazione dell’irreparabilità del pregiudizio, richiesta dall’art. 55, comma primo, c.p.a., che non può riferirsi al Consiglio dell’Ordine come ente esponenziale della categoria mentre, con riferimento al singolo professionista ricorrente tale pregiudizio non può esaurirsi nella generica allegazione di danni meramente patrimoniali, in assenza di deduzioni sulla situazione economica dell’interessato, tali da far ipotizzare un esito potenzialmente irreversibile, in caso di mancata sospensione degli effetti del provvedimento;
ritenuto di compensare le spese della presente fase, stante la peculiarità della fattispecie;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter):
respinge l’istanza cautelare;
spese di fase compensate.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Daniele, Presidente
Maria Grazia Vivarelli, Consigliere
Claudio Vallorani, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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