di Paola Brambilla. Con sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, del 6 giugno 2012 n. 3345, il giudice amministrativo torna sugli atti complessi ineguali, ovvero su quegli atti che sono emanati con un procedimento bifasico in cui intervengono due amministrazioni distinte, di cui la prima adotta l’atto e la seconda lo approva.
Tale è il caso, ad esempio, dei piani provinciali per le attività estrattive, che le legislazioni regionali affidano solitamente alla Provincia, quanto ad adozione, in relazione alla specifica competenza in ordine alla ricognizione del fabbisogno provinciale e alla conoscenza delle vocazioni e criticità del territorio, riservandosene l’approvazione per finalità di coordinamento interprovinciale. Così è previsto dalla L.R. Lombardia 14/98, nel cui vigore è stato approvato il piano cave per la Provincia di Bergamo, profondamente stravolto in sede regionale rispetto al piano adottato dalla Provincia.
La pronuncia conferma l’impianto della sentenza di primo grado in cui i giudici avevano accolto il ricorso del Comune, che aveva subito un ampliamento dell’attività estrattiva di oltre 6,5 ha rispetto alla proposta provinciale; il Consiglio di Stato rileva come, in caso di modifiche alla proposta di piano il Consiglio Regionale non ha il potere di approvarle in carenza dell’acquisizione del parere degli enti che intervengono nel procedimento di adozione del piano: Provincia in primis, ma anche enti deputati all’espressione di pareri in materia paesistica ed ambientale; e, diremmo noi, anche stakeholders in genere, da rendere edotti mediante una ripubblicazione del piano, anche sui siti web e sugli albi on line degli enti, ora disponibili.