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Obblighi informativi e responsabilità sul rischio derivati.

Se la banca e il promotore finanziario hanno prospettato al cliente la possibilità di perdere anche più del capitale investito, non hanno particolari responsabilità.

 

Decisione: Sentenza n. 3624/2016 Cassazione Civile – Sezione I

 
Il caso.

A fronte delle perdite subite su derivati, due investitrici avevano agito contro una banca, chiamando in causa anche la direttrice della filiale.
Le investitrici chiedevano l’annullamento per errore del contratto uniforme per strumemnti finanziari derivati, oltre al risarcimento del danno per inadempimento.
Il Tribunale aveva rigettato le domande proposte, e la Corte di Appello aveva a sua volta respinto l’impugnazione proposta contro la sentenza di primo grado.
La Corte ha rilevato che era stato concluso un contratto quadro di negoziazione, e a seguito di questo, un contratto uniforme per strumenti derivati regolamentati, quindi la Corte territoriale ha ritenuto la banca adempiente.
Le investitrici propongono ricorso in Cassazione basato su 13 motivi.

 

 

La decisione.

Le investitrici avevano così prospettato i 13 motivi di ricorso:

1) per avere la corte territoriale errato nel ritenere la banca adempiente agli obblighi di informazione attiva e passiva, ivi previsti, da essa riferiti al momento anteriore alla conclusione del contratto quadro e non ai singoli ordini, in particolare con riguardo alle informazioni sui titoli da offrire prima di ogni specifica operazione; quanto alle cd. notifiche ricezione ordini, esse riguardavano momenti successivi agli ordini ed erano irrilevanti;

2) la avvenuta prova, da parte della banca, dell’adempimento ai propri obblighi informativi di cui sopra;

3) la forma scritta convenzionale degli ordini, che secondo la sentenza impugnata sarebbe stata prevista solo ad probationem, con falsa applicazione dell’art. 1352 c.c.;

4) per avere la corte territoriale ritenuto sussistere la forma scritta per l’autorizzazione ad operare in derivati, nonostante la pacifica non adeguatezza di tali strumenti finanziari;

5) la pretesa prova dell’effettivo conferimento degli ordini alla banca, dato che la sentenza al riguardo menziona solo, per alcuni ordini, le notifiche della ricezione ex art. 60 Reg. Consob n. 11522 del 1998 e le note informative ex art. 61 del detto regolamento, queste ultime però meri rendiconti successivi al compimento dell’operazione;

6) che le presunzioni non sono ammesse ove si tratti di forma scritta ad probationem, mentre di quelle la corte fa uso, laddove afferma che dalla prova, mediante le cd. notifica ricezione ordini, di alcuni di essi può desumersi, per la loro significatività, anche quella degli altri;

7) la ratifica degli ordini in ragione della dichiarazione delle attrici di cui alla loro lettera con la quale esse avevano autorizzato la banca a vendere tutti gli strumenti finanziari loro intestati (ma solo relativamente alla vendita dei titoli depositati sul conto n. 6302 e dalle limitate finalità dell’accredito del ricavo a restituzione di un finanziamento) – laddove la ratifica va diretta al terzo, non allo stesso falso rappresentante – e delle informazioni sull’andamento del rapporto sempre ricevute, mentre la tacita approvazione presuppone un eccesso dal mandato;

8) l’interpretazione della lettera, che invece era inscindibilmente connessa al contratto di finanziamento ed a garanzia dello stesso e, comunque, concerne solo le vendite successive a tale data;

9) la nullità della sentenza quanto all’omessa pronuncia sul secondo motivo di appello, o non avendo la sentenza impugnata motivato l’implicito rigetto dell’istanza dell’appellante di inammissibilità della produzione degli originali di alcuni documenti da parte della banca, avvenuta, ai fini dell’istanza di verificazione, solo dopo il maturare delle preclusioni istruttorie in primo grado;

10) nullità del procedimento e della sentenza, avendo la corte territoriale confermato l’ammissibilità di quella produzione, sebbene i documenti in originale fossero stati tardivamente prodotti;

11) per avere la corte territoriale ritenuto rispettata la norma sulle operazioni non adeguate, quanto allo specifico riferimento alle avvertenze ricevute dal cliente, posto che si trattava di comunicazioni posteriori agli ordini;

12) la pretesa prova della ricezione delle rendicontazioni ex art. 61 Reg. Consob n. 11522 del 1998 da parte delle attrici;

13) che in materia di intermediazione finanziaria non trova applicazione l’art 119, 3° comma, d.lgs. n. 58 del 1998, in forza dell’espressa previsione dell’art. 23, relativa all’approvazione tacita degli estratti conto.

Tralasciando l’analisi dei singoli motivi di ricorso, nei passaggi più rilevanti la Corte di legittimità rileva che «la corte del merito ha affermato che:

a) la banca ha prefigurato alle clienti “il peggiore degli scenari configurabili”, e lo ha fatto in modo perfettamente comprensibile, mediante: l) l’art. 9 del “contratto uniforme per strumenti derivati regolamentati” del 26 ottobre 2000, che chiariva tutti rischi dell’investimento, anche quanto alle perdite superiori all’esborso originario, dato che il valore di mercato dei contratti oggetto dell’accordo “è soggetto a notevoli variazioni” e l’investimento “comporta l’assunzione di un elevato rischio di perdite di dimensioni anche eccedenti l’esborso originario e comunque non quantificabili”: onde le investitrici sono state rese edotte della caratteristica tipica degli investimenti in prodotti derivati, insita nella possibilità di perdite anche di molto eccedenti il capitale investito, trattandosi di informazioni chiare ed immediatamente percepibili; 2) il documento sui rischi generali degli investimenti, il quale reca un’apposita sezione relativa alla “rischiosità degli investimenti in strumenti finanziari derivati”, in particolare chiarendo quanto che la vendita di un’opzione “comporta l’assunzione di un rischio molto più elevato di quello relativo al suo acquisto”, con perdite “potenzialmente illimitate”;

b) sussiste, altresì, l’adeguatezza soggettiva delle operazioni compiute, in ragione della cd. profilatura a “tendenza prettamente speculativa” delle investitrici;

c) laddove, per alcune operazioni, la banca ha ravvisato la non adeguatezza, è provata l’accettazione scritta delle medesime, in forza delle sottoscrizioni in calce alle notifiche di ricezione ordini ex art. 60 Reg. Consob n. 11522 del 1998;

d) gli obblighi informativi sono completati dal regolare invio delle note informative sugli investimenti finanziari ex art. 61 Reg. Consob n. 11522 del 1998 e dalle comunicazioni relative alle perdite superiori al 50%, come prescritto dall’art. 28, 3 0 comma, citato, senza che nessuna disposizione di rientro fosse pervenuta dalle clienti.
In tal modo, la sentenza impugnata ha dato adeguatamente conto, senza alcuna violazione di legge o regolamento, del ritenuto adempimento della banca agli obblighi sanciti dalle norme menzionate, in particolare quanto all’adempimento del dovere di informare l’investitore in prodotti derivati circa l’elevato livello di rischio in essi insito. In presenza di tali strumenti, invero, la banca ha l’onere di provare il diligente adempimento del proprio obbligo di informare il cliente sulla circostanza che il rischio, in tal caso, finisce per riguardare non solo il capitale investito, potendo andare ben oltre, a causa del cd. effetto leva, che può indurre perdite assai superiori alla stessa somma investita.
Proprio tale obbligo la sentenza impugnata ha giudicato adempiuto».
In relazione agli obblighi informativi dovuti sulle singole operazioni, la Cassazione precisa: «occorre ribadire come, atteso lo strumento prettamente speculativo, scolora ai fini informativi del rischio il rilievo del cd. sottostante (titolo, indice, ecc.) di riferimento dell’operazione di investimento in strumenti finanziari derivati».
Quindi la Suprema corte afferma che «si può convenire con la generale affermazione che l’informazione dell’intermediario circa i titoli deve essere specifica, non solo al momento della conclusione del contratto-quadro, ma anche in quello della sottoscrizione dei singoli ordini (cfr. Cass. 19 febbraio 2014, n. 3889): tuttavia, la ratio sottesa al principio palesa come esso non si adatti all’ipotesi in cui i connotati di rischio siano definibili ex ante e non appartengano, invece, ad ogni singola scelta di investimento o al valore intrinseco di un titolo, ma proprio al meccanismo contrattuale, riguardante prodotti tutti uniformemente ad elevato rischio (come .1.1p gli strumenti finanziari derivati su titoli, merci e indici di mercati regolamentati); per questi, allora, l’informazione è rispettosa delle norme predette laddove sia chiara ed inequivoca in ordine alla natura ed alle caratteristiche di rischiosità di quel genere di operazioni a struttura speculativa. Ciò dipende, in altri termini, dalla natura stessa delle operazioni in derivati, dove, assai più che il singolo cd. sottostante, il cliente deve comprendere i rischi per definizione connessi al tipo di operazione: il rischio, infatti, è suscettibile di essere influenzato dal meccanismo di questa, onde la banca ha l’obbligo di spiegarlo compiutamente. Ed è proprio a tale esigenza che risulta volta la stipulazione di un secondo contratto, avente specificamente ad oggetto le operazioni in strumenti derivati, che dettagliatamente ne chiarisca il funzionamento. Avendo il giudice del merito fatto corretta applicazione degli enunciati principi, i motivi in questione vanno dunque disattesi. Quanto, infine, alla dedotta inadeguatezza delle operazioni, va aggiunto che, con la ricordata argomentazione, la corte del merito ha fornito una duplice motivazione: dapprima escludendo l’inadeguatezza delle stesse (sub b) e poi, ad abundantiam, affermando che, in punto di fatto, per alcune vi fu la specifica sottoscrizione delle clienti (sub c), con apprezzamento insindacabile delle risultanze processuali».

 
Osservazioni.

 

Relativamente al caso deciso, occorre tenere presente che la corte del merito aveva anche rilevato «come neppure il comportamento delle investitrici fosse stato improntato a trasparenza, posto che il consulente grafico aveva con certezza riconosciuto le firme disconosciute sui documenti n. 28, 34 e 35 prodotti dalla banca (accertando, altresì, come, in due casi, le firme siano state apposte con l’espediente dell’autofalsificazione, al fine di contestarle all’occorrenza)».
In ogni caso, la sintesi della decisione è che il contratto chiariva tutti i rischi e rappresentava la possibilità che le perdite fossero anche eccedenti il capitale investito e non quantificabili proprio in virtù del rischio legato al cd. “effetto leva”.
Per la Cassazione, la consapevolezza di operare con uno strumento prettamente speculativo comporta che gli obblighi informativi previsti a fronte di ogni singola operazione non si adattino all’ipotesi in cui i connotati di rischio siano definibili ex ante e non appartengano, invece, ad ogni singola scelta di investimento o al valore intrinseco di un titolo, ma proprio al meccanismo contrattuale, riguardante prodotti tutti uniformemente ad elevato rischio (come per gli strumenti finanziari derivati).
In buona sostanza, se il meccanismo contrattuale presenta una elevata rischiosità già di per sé, gli obblighi informativi su ogni singola operazione successiva hanno una funzione “scolorita”.

 
Disposizioni rilevanti.

 

DECRETO LEGISLATIVO 24 febbraio 1998, n. 58
Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52
Art. 23 – Contratti
1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all’articolo 1, comma 5, lettera f), e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni . . . o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.

2. E’ nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tal casi nulla è dovuto.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente.

4. Le disposizioni del titolo VI, capo I, del T.U. bancario non si applicano ai servizi e attività di investimento . . . , al collocamento di prodotti finanziari nonché alle operazioni e ai servizi che siano componenti di prodotti finanziari assoggettati alla disciplina dell’articolo 25-bis ovvero della parte IV, titolo II, capo I. In ogni caso, alle operazioni di credito al consumo si applicano le pertinenti disposizioni del titolo VI del T.U. bancario.

5. Nell’ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l’articolo 1933 del codice civile.

6. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.

Regolamento Consob 11522/1998
Disciplina degli intermediari

Art. 29 – Operazioni non adeguate

1. Gli intermediari autorizzati si astengono dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione.

2. Ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all’articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati.

3. Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.

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