Effetto fracking
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di Stefano Nespor. Il disastroso terremoto che ha colpito l’Emilia ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica italiana la nuova tecnologia della frantumazione idraulica, più nota con il nome di fracking. Su di essa si è recentemente soffermato un articolo pubblicato su questo quotidiano.
Il fracking, inventato a meta degli anni cinquanta negli Stati Uniti, consiste nel provocare la fuoruscite del gas da formazioni rocciose (cosiddetti depositi non convenzionali) nelle quali è racchiuso, pompando all’interno acqua, sabbia e altri prodotti chimici.
Nei giorni scorsi sono state diffuse e subito riprese via Internet notizia che sperimentazioni di fracking avrebbero prodotto il terremoto in Emilia. Le notizie sono però infondate e sono state categoricamente smentite sia dal Governo che dalle società petrolifere interessate. Vale anche la pena di soggiungere che non vi è alcuna prova che il fracking possa provocare fenomeni sismici secondo gli studi compiuti dall’Istituto geologico degli Stati Uniti.
In compenso, collegate al fracking ci sono anche notizie positive, provenienti dall’Agenzia internazionale per l’energia (IEA): negli ultimi cinque anni le emissioni di CO2 sono diminuite negli Stati Uniti di circa 450 milioni di tonnellate a seguito della progressiva riduzione dell’impiego di carbone per la produzione di elettricità. È una riduzione superiore a quanto realizzato nello stesso periodo di tempo dagli stati vincolati dal Protocollo di Kyoto all’adozione di politiche di riduzione delle emissioni,
Il risultato è stato ottenuto per effetto dell’aumento della produzione di elettricità mediante altre tecnologie e soprattutto mediante fracking: l’elettricità prodotta da gas estratto da depositi non convenzionali è aumentata negli Stati Uniti dal 21,6%al 29,4% negli ultimi 15 anni (mentre nello stesso periodo è passata dal 8,3% a 12,1% quella prodotta da fonti rinnovabili). Ad oggi sono stati effettuati oltre 20000 interventi di fracking negli Stati Uniti, ottenendo grandi quantità di gas a costi contenuti. Sempre secondo lo IEA, gli Stati Uniti, mantenendo i ritmi di produzione attuali hanno scorte di gas naturale (sia ottenuto mediante fracking sia gas contenuto in depositi convenzionali) sufficienti per almeno un secolo. Lo IAE prevede inoltre che la produzione globale di gas potrebbe aumentare del 50% tra il 2010 e il 2035, e 2\3 dell’aumento sarà dovuto al gas ottenuto mediante fracking.
Si tratta di dati incoraggianti per le politiche di contenimento del cambiamento climatico, in quanto il gas naturale produce CO2 in quantità assai inferiore al carbone ed anche al petrolio.
È tuttavia un risultato non particolarmente gradito agli ambientalisti. Ci sono molte ragioni per opporsi all’utilizzazione di questo sistema e, come detto, su di esse si è soffermato un recente articolo di Luca Coppini.
Soprattutto in Europa, le associazioni ambientaliste sono schierate per vietare il fracking. In Francia e in Bulgaria esso è già stato vietato. In Italia la questione è all’esame del Governo.
Le ragioni dell’opposizione sono varie: l’enorme consumo di acqua necessaria per provocare l’estrazione, il rischio di inquinamento dalle falde acquifere per effetto del metano in genere contenuto insieme al gas nelle formazioni rocciose o per effetto dei prodotti chimici inseriti nel sottosuolo, e infine l’emissione di metano e altre sostanze inquinanti o climaticamente dannose nel corso dell’estrazione del gas. Infine, ci sono anche timori che il fracking possa produrre fenomeni sismici.
Vi è comunque da osservare che tutti questi rischi potrebbero essere eliminati o contenuti adottando specifiche cautele e tenendo sotto sorveglianza i processi di estrazione: secondo lo IAE, l’adozione di tutte le misure necessarie per rendere il fracking una tecnologia ambientalmente sicura non dovrebbero incidere per più del 7% sul costo di produzione, sicché il gas così ottenuto resterebbe una fonte di energia assai competitiva da un punto di vista economico.
Ancora una volta è un problema di corretta applicazione del principio di precauzione applicato ad una nuova tecnologia: si tratterà di valutare accuratamente i rischi e di verificare se l’adozione delle cautele tecnologicamente disponibili offrirà sufficienti garanzie per evitare danni all’ambiente e alla salute. Certamente, non sarà il fracking che risolverà il problema del contenimento del cambiamento climatico . Ma in una fase in cui le prospettive di uso dell’energia nucleare si affievoliscono, è più che mai necessario trovare fonti di energia che garantiscano un passaggio verso la conversione ad una produzione affidata a fonti rinnovabili.

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