Giustizia italiana
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Anche quando il bene è formalmente intestato a terzi, pur se prossimi congiunti all’indagato, non opera alcuna presunzione, ma grava sul Pubblico Ministero l’onere di dimostrare la discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene.

 

Decisione: Sentenza n. 24816/2016 Cassazione Penale – Sezione III
Il caso.

Il Tribunale del riesame confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale nei confronti dell’indagato (per il reato di cui all’art. 5, d.lgs. 74/2000, cioè per omessa dichiarazione).
L’indagato proponeva ricorso per cassazione deducendo violazione di legge per la carenza della motivazione in ordine al fumus commissi delicti, con particolare alla soglia di punibilità prevista per il reato ascrittogli, e la mancanza di motivazione in ordine al valore dei beni sottoposti a sequestro in rapporto al quantum confiscabile ex lege ed ai relativi principi di proporzionalità/adeguatezza.
La Suprema Corte accoglie il ricorso, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale del riesame per una nuova valutazione.

 

La decisione.

Il Collegio, ha dapprima esaminato la questione relativa alla intervenuta esclusione della illiceità penale del fatto omissivo (mancata dichiarazione tributaria) a seguito dell’entrata in vigore della più elevata soglia di punibilità operata dal D. Lgs. n. 158/2015).
Poi ha esaminato il secondo profilo del motivo di ricorso: «Quanto al secondo profilo ossia relativamente al periculum in mora, il ricorrente si duole sia della determinazione del quantum sequestrabile sia della, mancata, motivazione del giudice del riesame sulla questione della riferibilità dei beni sequestrati ad esso ricorrente.
Ribadito il rilievo generale circa l’ammissibilità di siffatte doglianze, tenuto conto dello “sbarramento” di cui all’art. 325, cod. proc. pen., la prima risulta manifestamente infondata, poiché il Tribunale del riesame ha dato congrua e completa risposta al correlativo motivo di impugnazione.
Infatti, come ha correttamente osservato il Tribunale medesimo, per ciò che concerne la individuazione e valorizzazione dei beni da sequestrare, tale specifica attività è demandata alla fase esecutiva del sequestro, anche sulla base dei valori di catasto (v. Sez. 3, n. 10438 del 08/02/2012), bastando invece che il giudice della cautela determini l’ammontare massimo della misura, come è stato senz’altro fatto nel caso di specie (tra le molte, v. da ultimo Sez. 3, n. 37848 del 07/05/2014, Chídichimo, Rv. 260148).
Il secondo profilo della censura invece supera detto “sbarramento”, mancando assolutamente ogni cenno del Tribunale del riesame sulla questione, che pure le era stata espressamente posta, della corrispondenza tra intestazione formale dei beni alla F.lli P. T. sas e la correlativa disponibilità dei beni medesimi da parte dell’indagato/sequestrato P. P.
Sul punto va infatti ribadito il principio che «In tema di sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, quando il bene è formalmente intestato a terzi, pur se prossimi congiunti dell’indagato, non opera alcuna presunzione di intestazione fittizia, ma incombe sul pubblico ministero l’onere di dimostrare situazioni da cui desumere concretamente l’esistenza di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del cespite» (v. Sez. 3, n. 14605 del 24/03/2015, Zaza, Rv. 263118)».
Di conseguenza, la Suprema Corte annulla l’ordinanza e rinvia al Tribunale per la rideterminazione del valore sequestrabile per equivalente, e per la motivazione in ordine alla riferibilità dei beni oggetto di sequestro all’indagato.
Osservazioni.

La Cassazione riafferma la illegittimità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente se non viene prevista dall’accusa l’intestazione fittizia del bene formalmente intestato a terzi, cioè la prova concreta della effettiva disponibilità da parte dell’indagato.

 

Disposizioni rilevanti.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 settembre 1988, n. 447

Approvazione del codice di procedura penale
Art. 321 – Oggetto del sequestro preventivo

1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.

2. Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca.

2-bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca.

3. Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell’interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell’interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria.

3-bis. Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell’intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l’emissione del decreto previsto dal comma 1 entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria.

3-ter. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dal comma 3-bis ovvero se il giudice non emette l’ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell’ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.
Art. 325 – Ricorso per cassazione

1. Contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322- bis e 324, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge.

2. Entro il termine previsto dall’articolo 324 comma 1, comma 1, contro il decreto di sequestro emesso dal giudice può essere proposto direttamente ricorso per cassazione. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.

3. Si applicano le disposizioni dell’articolo 311 commi 3 e 4.

4. Il ricorso non sospende l’esecuzione della ordinanza.

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