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di Ruggero Tumbiolo. Si consolida l’orientamento del Consiglio di Stato in ordine alla natura oggettiva della responsabilità della pubblica amministrazione per illegittimità accertate in materia di appalti pubblici.

Con la decisione n. 966 del 18 febbraio 2013, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, aderendo ad un recente orientamento del giudice amministrativo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686, con ampia motivazione, nonché Consiglio di Stato, Sez. V, 16 gennaio 2013, n. 240, Consiglio Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana 7 dicembre 2012, n. 1109, Consiglio di Stato, Sez. V, 5 giugno 2012, n. 3314, Consiglio di Stato, Sez. V, 7 febbraio 2012, n. 661, Consiglio di Stato, Sez. V, 28 dicembre 2011, n. 6919, Consiglio di Stato, Sez. V, 21 novembre 2011, n. 6127, Consiglio di Stato, Sez. III, 18 luglio 2011, n. 4355 e Consiglio di Stato, Sez. V, 24 febbraio 2011, n. 1193), rimedita la problematica della colpa della stazione appaltante alla luce dell’insegnamento del giudice comunitario e perviene alla conclusione secondo la quale il risarcimento del danno per equivalente in materia di appalti pubblici non è subordinato al positivo riscontro della colpa in capo alla stazione appaltante.

Va rammentato che, con la sentenza del 30 settembre 2010 (C-314/09), la Terza Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ribadendo quanto già espresso con la sentenza del 14 ottobre 2004 (C-275/03), ha affermato che la vigente normativa europea che regola le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi non consente ad una normativa nazionale di subordinare il diritto ad ottenere un risarcimento, a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice, al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui la legislazione interna non faccia gravare sul soggetto leso l’onere della prova dell’esistenza di una colpa dell’amministrazione aggiudicatrice, bensì imponga a quest’ultima di vincere la presunzione di colpevolezza su di essa gravante, limitando i motivi invocabili a tal fine.

Come messo in risalto dal Consiglio di Stato, dall’analisi del diritto comunitario, così come interpretato dalla Corte di Giustizia, emerge che in materia di appalti pubblici, da un lato, non possa gravare sul ricorrente danneggiato l’onere di provare che il danno derivante dal provvedimento amministrativo illegittimo sia conseguenza di una colpa della pubblica amministrazione, dall’altro lato, che non possa l’amministrazione stessa sottrarsi all’obbligo di risarcire i danni cagionati da un suo provvedimento illegittimo adducendo l’inesistenza a proprio carico di elementi di dolo o di colpa; in altri termini, l’ordinamento comunitario dimostra che ciò che rileva è l’ingiustizia del danno e non l’elemento della colpevolezza.

Di qui la conclusione che in materia di risarcimento di danni per assunzione da parte della stazione appaltante di provvedimenti illegittimi si configura una responsabilità non avente natura contrattuale o extracontrattuale, ma oggettiva, sottratta ad ogni possibile esimente, poiché derivante dalla necessità di garantire la piena ed effettiva tutela degli interessi delle imprese, a protezione della concorrenza, nel settore degli appalti pubblici.

La regola, in quanto espressione di un principio generale di diritto comunitario in materia di effettività della tutela, non può, come osservato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 966 del 2013, essere poi circoscritta ai soli appalti di rilevanza comunitaria, ma va estesa a tutto il campo degli appalti pubblici (altra questione è se il principio possa essere esteso anche a settori diversi da quelli degli appalti pubblici; estensione negata, ad esempio, dal Consiglio di Stato nella decisione della Quarta Sezione n. 482 del 31 gennaio 2012, in materia di impugnazione di un decreto dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato che determinava il prezzo minimo di vendita delle sigarette).

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