MISURE DI CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI.
Matteo Boscolo Anzoletti
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Significato economico della conservazione.
L’alto e, non di rado, altissimo valore economico dell’arte è ben chiaro sin dall’antichità. Sin dai tempi in cui gli artisti Lisippo e Fidia ma anche, in seguito, Donatello, Giotto, Michelangelo Buonarroti, Gian Lorenzo Bernini, Canova, Pablo Picasso e molti altri davano (e danno) forma a opere che nel mercato dell’arte sono molto ben pagate (è stato calcolato che il solo Michelangelo Buonarroti abbia guadagnato con la sua attività l’equivalente di ben più di 50 milioni di euro). Non solo. Tale cospicuo valore economico è stato talora causa di condotte che hanno travalicato nel penale, come ci ricorda nei suoi scritti Cicerone1, e come risulta dai molti scavi che i ladri di tombe hanno compiuto e compiono per appropriarsi dei beni che adornano le tombe antiche (egizie ed etrusche, in primis). A maggior ragione quando l’arte, anche quella erroneamente definita minore quale, ad esempio, l’oreficeria, la tessitura e la fabbricazione di mobili, diventa bene culturale2. Ciò sta a significare che i beni culturali hanno una notevole importanza per numerosi motivi. E la possono avere anche quando, a differenza degli esempi sopra riportati, il loro valore economico sia esiguo.
Importante è considerare che il valore economico dei beni culturali è generativo di economia, diventato anche una disciplina universitaria che insegna come valorizzare il potenziale economico dei beni culturali, tenuto conto delle loro caratteristiche intrinseche.
Tale valore può essere svolto sotto forma imprenditoriale3, sì che diviene un settore economico valorizzante considerato in se stesso. Vi è anche di più. Sotto un diverso profilo, un singolo bene culturale o una universalità di beni culturali considerati nel loro insieme e messi a sistema con gli altri ambiti economici e sociali sono, turisticamente intesi, in grado di contribuire a fare il bilancio di una città e, nel suo insieme, della Repubblica. Infatti, i beni culturali producono economia dentro un sistema che li valorizzi.
A conferma di ciò, l’archeologo Salvatore Settis, con una competenza maturata nel mondo lungo gli anni, anche quale direttore scientifico del Louvre, non si limita a ricordare che in nessun paese al mondo si pensa che il fine principale della gestione di un museo o di uno scavo archeologico o di un monumento sia quello di massimizzare il rendimento economico (che in ogni caso presenta ovunque un bilancio negativo). Al contrario, egli sottolinea che lo scopo fondamentale della gestione del bene deve restare collegato alla sua funzione culturale: che non significa affatto che il rendimento economico del patrimonio culturale (e di una sua buona conservazione e fruizione) non esista, ma che tale rendimento va ricercato in quello che in una brutta parola viene definito “l’indotto”, ossia nel complesso delle attività economiche (il turismo4, innanzitutto, ma non soltanto5) che traggono stimolo, come dimostra proprio il caso italiano, dalla presenza di un ricco tessuto d’arte e di cultura6.
Peraltro, i beni culturali sono generatori di economia anche in applicazione di quanto previsto dal principio di sussidiarietà orizzontale7, che favorisce in modo peculiare l’utilità sociale la sicurezza, la libertà, e la dignità umana. Come previsto dall’articolo 6, comma 3, del D. Lgs. 42/2004.
Molte pubbliche amministrazioni hanno predisposto regolamenti per la gestione condivisa dei beni comuni urbani, in virtù dei quali tra la pubblica amministrazione e i cittadini sorgono veri e propri patti di collaborazione. Essi sono partenariati sociali, come emerge, peraltro, dall’articolo 189 della L. 50/2016, dove nei confronti dei beni culturali l’imperativo deve sempre essere la salvaguardia di testimonianze, che non a caso in inglese si traduce con cultural heritage, e che per questo devono essere trattate come beni unici e irripetibili.
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Cosa significa conservazione?
Entrando nel proprium della conservazione dei beni culturali8, per impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale, si ha un’attività di tutela, che si sostanzia nel riconoscere il bene culturale come tale9. Sotto un primo profilo giuridico va osservato che essa consiste in una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. In concreto, per conservazione s’intende il mantenimento in essere di un bene, prendendosene cura e salvaguardandone l’integrità. Si tratta, in pratica, della sistematica conoscitiva e tecnica in grado di interpretare e preservare le preesistenze cui siano riconosciuti valori storici, artistici e culturali; sul piano esecutivo, di quell’insieme di operazioni tecniche applicate a un bene, tali da garantire la conservazione della sua consistenza materiale, ridurne i fattori di degrado e far sì che esso sia consegnato e attualizzato per una giusta fruizione sia presente sia futura10.
La tutela è di competenza esclusiva dello Stato, che detta le norme ed emana i provvedimenti amministrativi necessari per garantirla; la valorizzazione è svolta in maniera concorrente tra Stato e Regione, e prevede anche la partecipazione di soggetti privati.
Dopo un’attività di studio, inteso come conoscenza approfondita del bene culturale, per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio, connesse al bene culturale nel suo contesto. La manutenzione è il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti. Il restauro è, quindi, l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il restauro comprende l’intervento di miglioramento strutturale11. In questo modo, attraverso la sua conservazione12, è favorita la valorizzazione del bene culturale.
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Chi sostiene i costi della conservazione?
Con riferimento a un secondo profilo giuridico, relativo alla competenza circa i costi della conservazione, i soggetti che devono compierla sono lo Stato, le Regioni, le Città metropolitane, le Province e i Comuni, i quali assicurano e sostengono la sicurezza e la conservazione del patrimonio culturale di loro appartenenza, e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione13. Ciò significa rendere certa, anche attraverso la sopportazione dei costi, la conservazione dei beni culturali. In secondo luogo, gli altri soggetti pubblici, nello svolgimento della loro attività, assicurano la conservazione e la pubblica fruizione del loro patrimonio culturale. I privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale, sono, quindi, tenuti a garantirne la conservazione. E’, cioè, loro compito permettere la conservazione dei beni di cui siano titolari, e ciò mediante risorse economiche
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proprie;
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di mecenati privati;
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di soggetti pubblici.
Nel caso di cui al punto c) il bene culturale è accessibile al pubblico.
Avviene, così, la valorizzazione del bene culturale, diretta soprattutto alla sua fruizione14.
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L’importanza dei beni culturali.
L’espressione “patrimonio culturale” assume, pertanto, un significato particolare, che è l’opposto di ogni individualismo proprietario, e si rifà invece a valori collettivi, a quei legami e responsabilità sociali che proprio e solo mediante il riferimento a un comune retaggio di cultura e di memoria prendono la forma del patto di cittadinanza, rendono possibile la “pubblica utilità”, e dunque ogni comunità organizzata, dal Comune allo Stato15.
Per questo motivo, che si tratti del Colosseo, di un’opera di Michelangelo Buonarroti o, mutatis mutandis, di un bene di ben minore valore, i beni culturali sono molto importanti poiché rappresentano ciò che un popolo è a partire dalle testimonianze delle sue origini più profonde. Essi ne rappresentano il DNA16. E questo è il significato “politico” della conservazione, nel senso che la pluralità di fattori che sono i beni culturali contribuiscono a identificare la polis. I quali, non di rado, sono reperiti da archeologi alla meticolosa ricerca di antiche vestigia, e la cui testimonianza è trasmessa alle presenti generazioni da pazienti insegnanti. I beni culturali svolgono, così, la loro funzione attuale più rilevante per il popolo: quella educativa. Educare significa, infatti, rendere conosciuti al popolo una pluralità qualitativa di contenuti che nel loro complesso costituiscono il passato (si pensi a un castello medievale, a una statua o a un dipinto). Educare significa, ancor di più, fare in modo che coloro i quali ne vengono a conoscenza se ne approprino all’interno di un’identità comune che, nel suo insieme, è qualificativa di un popolo.
Varie sono le definizioni di popolo. E per comprendere il significato del termine popolo (in greco demos, in latino populus) come idea-forza è necessario attribuirgli almeno tre caratteri: 1) la partecipazione; 2) la forza; 3) la permanenza. I quali non sono sempre presenti con la stessa intensità. Quale che essa sia, da questi tre elementi scaturiscono due conseguenze: l’eguaglianza nella dignità dei componenti del popolo e la sua unità. Il carattere unitario di un popolo è quello che gli permette di garantirsi l’indipendenza (e l’esperienza non solo continentale dimostra che essa non elude e non elide l’attuazione dei principi di autonomia e decentramento amministrativo, come previsto dall’articolo 5 della Costituzione italiana, ma la richiede come imprescindibile). Anche l’eguaglianza è indispensabile come elemento di dignità per il popolo inteso sia nei singoli che lo compongono, sia nel suo insieme17. I beni culturali sono pertanto particolarmente importanti per coltivare l’unità e l’eguaglianza del popolo, in quanto per loro mezzo, attraverso le vestigia che li costituiscono, è mantenuta l’identità comune che esso ha raggiunto nel suo divenire, e che ne costituisce la fisionomia. Da ciò si evince perché sia di somma importanza la conservazione dei beni culturali. E,’ infatti, la conservazione che permette la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, la quale concorre a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio, e a promuovere lo sviluppo della cultura18.
Ciò spiega perché i beni culturali e la loro conservazione siano tutelati dalla Costituzione19.
4.a Cosa sono i beni culturali?
Il primo documento di diritto internazionale che si occupò di tutela dei beni culturali in caso di conflitto risale al 1899 e venne integrato nel 1907 in seguito alle Conferenze di Pace dell’Aja del 1899 e del 1907. In seguito, nella Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, trattato internazionale stipulato all’Aja nel 1954, viene usata per la prima volta l’espressione “beni culturali” che sono considerati beni appartenenti a tutta l’umanità e non soltanto ad una delle fazioni che prendono parte al conflitto. Scopo della Convenzione è quello di tutelare i beni culturali durante una guerra o un conflitto armato per preservarli da distruzione, furto o saccheggio. Sono definiti come “beni culturali” i “beni mobili o immobili di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli”. Le indicazioni fornite dalla convenzione vennero integrate da due successivi protocolli, uno del 1954 e uno del 1999. Questi tre accordi sono parte del diritto internazionale umanitario affiancandosi alle normative sulla tutela delle persone civili durante i conflitti20. Quanto emerge dalla convenzione ora citata è in linea con quanto affermato dall’ONU nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo21. Da allora numerose sono state le convenzioni che hanno definito il contenuto dei beni culturali. Importante è il fatto che il loro valore è particolarmente significativo per il genere umano, come sottolineato dall’Unesco22.
Alla luce della legislazione attuale sono beni culturali ex articolo 10 11 del D. Lgs. 42/2004 le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà23. Con una tutela che consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. I beni culturali sono sottoposti a vigilanza da parte del Ministero e, in concreto, essa si realizza attraverso ispezioni volte ad accertare l’esistenza e lo stato di conservazione o di custodia dei beni culturali24.
Premesso che i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione, vi sono interventi che su di essi sono vietati25, e altri che possono avvenire soltanto mediante autorizzazione26.
I beni culturali, ricevono anche tutela penale, ex articolo 635, comma 2, n. 1) c.p., ex D. Lgs. 42 del 22 gennaio 2004 n. 42 ed ex Lege 1 giugno 1939 n. 108927. Da ciò si evince che i beni culturali sono diritti umani. Sono anche beni comuni, quando ne sia pubblica la fruizione.
1 CICERONE, Le verrine, Torino 1988. 2 La cui tutela e valorizzazione è riferita all’articolo 117, comma 2, lett. s) della Costituzione. Si vedano, sul punto, le sentenze della Corte costituzionale n. 138/2020, 140/2015, e 194/2013. 3 Corte costituzionale, sentenza n. 221/2018. 4 Corte costituzionale, sentenze n. 29/2021, 164/2021, 66/2018, 11/2016, 309/2011, 101/2010, 226/2009, 180/2008, 378/2007 e n. 367/2007. 5 Articolo 41 della Costituzione. 6 http://www.arteecarte.it/primo/stampa.php?nn=928 7 Articolo 118 della Costituzione. 8 Corte costituzionale, sentenze n. 194/2013 e 26/2004. 9 Corte costituzionale, sentenza n. 9/2004. 10 www.treccani.it 11 Articolo 29 D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, in G.U. 24 febbraio 2004 n. 45 – Supplemento Ordinario n.28. 12 https://atlantelavoro.inapp.org/dettaglio_ada.php?id_ada=129&id_sequenza=33&id_processo=10 13 Articolo 30, commi 1 e 2, D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. 14 Sul punto, si considerino gli articoli 111-115 D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. 15 S. SETTIS, La tutela del patrimonio culturale, in www.treccani.it 16 Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e per la protezione e la promozione delle diversità culturali, adottate a Parigi, rispettivamente, il 3 novembre 2003 ed il 20 ottobre 2005. 17 C. CESA, Popolo, in Enciclopedia delle scienze sociali, Vol. VI, Roma 1996, p. 683 e ss. 18 D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. 19 F. MERUSI, Commento all'art. 9 della Costituzione, in Commentario alla Costituzione, Bologna 1975, p. 435. 20 Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (1954). 21 www.onu.it 22 Articolo 1 Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale, culturale e naturale dell'Umanità (1972). 23 Articolo 2, comma 2, D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. 24 Articoli 18-19 D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. 25 Articolo 20 D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. 26 Articolo 21 D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. 27 G.U. 8 agosto 1939 n. 184.