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MARCHI.

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MARCHI

Sergio Benedetto Sabetta

INDICE

(Prima parte)

Classificazione

Requisito del marchio:

  1. Originalità

  2. Novità

  3. Liceità

  4. Materialità

  5. Verità

Marchi geografici

Ritratti e nomi:

  1. Ritratti

  2. Nomi

Necessità dell’uso del marchio

Premessa

Con la globalizzazione e la conseguente facilità di circolazione delle merci e delocalizzazione produttive in atto, si facilita sia la riproduzione delle merci con marchi uguali o similari, come produzioni di qualità inferiori che vengono ad inondare i mercati.

Emerge, quindi, chiaramente la necessità sempre più impellente di tutelare i marchi italiani da contraffazioni varie, considerando il pregio e la conseguente desiderabilità che godono le merci italiane nel mondo, oggetto di assalti sempre più pirateschi.

In questa tutela dei marchi si inserisce anche la lotta alla pirateria informatica, dove la mancanza di sede fisiche nel territorio dell’UE e la possibile creazione di sedi legali fittizie in paradisi fiscali ne rende difficile il contrasto, come dimostrato dal recente caso di Telegram e la tutela dei copyright.

Con la firma nel 1999 dell’accordo per l’ingresso di Pechino nell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), a guida USA, sembrava possibile una apertura completa del mercato cinese con la piena convertibilità della moneta nazionale, secondo il modello di mercato occidentale.

Un cambiamento che avrebbe compromesso alla lunga il sistema autocratico cinese, sottoponendolo a inevitabili shock finanziari politicamente e istituzionalmente insostenibili secondo tale modello.

L’urgenza della lotta al terrorismo del primo decennio del XXI secolo ha fatto sì che, a seguito dell’appoggio cinese, gli USA non reclamassero l’applicazione integrale dell’accordo, permettendo a Pechino di accogliere solo quelle parti che le interessavano, sfruttando i benefici dell’integrazione commerciale internazionale senza pagarne i costi.

La crisi finanziaria del 2008-2009 imponeva agli USA una richiesta di aiuto alla Cina per stabilizzare i mercati finanziari, una collaborazione pienamente avvenuta con successo ma che ha indotto la leadership cinese di considerare il proprio sistema autocratico un modello superiore alle democrazie neoliberali, si è quindi innestata una nuova strisciante guerra fredda a cui gli USA hanno progressivamente reagito, prima che vi fosse il sorpasso economico.

Con il nuovo decennio due organizzazioni macroregionali, la TTIP per l’Europa e la TPP per l’Asia e il Pacifico, secondo il disegno strategico americano,avrebbero dovuto sostituire la WTO permettendo una maggiore presa agli USA, il sistema tuttavia non ha avuto successo per varie resistenza e si è passati, quindi, dal blocco di alleanze agli accordi bilaterali.

Si cercava così di bloccare parte dell’esportazione cinese e i suoi acquisti di aziende straniere, una lotta in cui si è inserita l’attuale pandemia con conseguenti tentativi di utilizzarla per il cambiamento degli equilibri mondiali.

Classificazione

Il marchio ha una duplice funzione, una distintiva riguardante i prodotti e le merci ed una pubblicitaria come collettore di clientela.

I marchi si classificano in due tipi:

  1. MARCHI SPECIALI: si riferiscono ad un determinato tipo di prodotto, variando da un prodotto all’altro;

  2. MARCHI GENERALI: sono unici e costanti contraddistinguendo tutti i prodotti di una stessa impresa.

I due tipi di marchi possono concorrere entrambi, oppure il solo marchio speciale avente delle caratteristiche comuni con altri marchi della stesa impresa. I marchi possono essere classificati anche per l’indicazione o meno dell’impresa di provenienza, si avranno in questo caso marchi indicativi della impresa o marchi anonimi.

Marchi dei Prodotti (Marchi di fabbrica – Marchi d’origine). Beni prodotti dalle imprese industriali o dalle imprese agricole.

Marchi delle Merci (Marchi di commercio). Marchio, solitamente di qualità posto dal commerciante sui prodotti da lui acquistati e rivenduti. E’ vietato sopprimere il marchio del produttore.

Marchi di Servizio. Sono destinati a contraddistinguere, anziché prodotti e merci, l’attività di imprese di trasporti e comunicazioni, pubblicità, costruzioni, assicurazioni e credito, spettacolo, radio e televisione, trattamento di materiali e simili.

Accanto ai marchi individuali sopra descritti esistono i marchi collettivi , essi non sono marchi di impresa, bensì marchi di categoria comuni ad una pluralità di imprese. I marchi collettivi, per avere valore, devono essere registrati a differenza dei marchi individuali che possono essere non registrati (marchi di fatto).

Vi è una certa differenza di disciplina giuridica fra marchi individuali e collettivi derivante dalla loro differenza funzionale, in quanto il discredito causato da un imprenditore sul marchio si ripercuote negativamente sugli altri imprenditori. Da ciò deriva l’onere di produrre o porre in commercio merci, munite di qualità rigorosamente prestabilite.

Possono essere titolari del marchio collettivo gli enti o le associazioni . I loro statuti devono contenere le norme regolatrici dell’uso di tali marchi e delle sanzioni da infliggere agli imprenditori in caso di abusi. Particolare importanza hanno i marchi di esportazione dei prodotti ortofrutticoli e i marchi dei vini tipici. La titolarità del marchio collettivo è intrasferibile.

Il brevetto decade se l’ente a cui il marchio collettivo è intestato si estingue, non altrettanto in caso di trasformazione giuridica dell’ente intestatario. L’azione a tutela del marchio collettivo spetta esclusivamente all’ente titolare del marchio, esso è tutelato anche se non è mai stato registrato (marchio di fatto art. 2569 c. 2).

Requisiti del marchio

I requisiti del marchio sono: I) Originalità, II) Novità, III) Liceità, IV) Verità, V Materialità.

Originalità

Non vi sarà originalità se le parole, figure o segni che compongono il marchio siano di uso generale; consistono in denominazioni generiche di prodotti o merci, o in indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono.

Denominazioni generiche. Sono tali i nomi propri di una determinata specie o di un determinato tipo di prodotto, sia nel linguaggio corrente che in quello aulico.

Quanto detto vale anche per le denominazioni tratte da lingue straniere.

Comunque potranno essere accettate le espressioni in lingua dialettale, esotica e soprattutto di una lingua morta, in altre parole vocaboli di lingue scarsamente note. Se la denominazione generica, mercé l’applicazione a prodotti del tutto diversi, si trasforma in nome di fantasia acquista l’originalità necessaria.

Indicazioni descrittive. In particolar modo sono indicazioni descrittive del prodotto la specificazione delle materie prime impiegate e delle loro caratteristiche. Per analogia dovranno ritenersi invalidi i contrassegni figurativi che rappresentino i prodotti contrassegnati, questo non toglie che siano validi i marchi così detti espressivi o significativi che hanno un riferimento di natura fantastica alle qualità del prodotto.

Uso generale (non nuovo). Il fatto di essere il marchio di uso generale comporta la mancanza di forza differenziatrice del marchio stesso. Tale mancanza sarà generale ed assoluta e non particolare e relativa, come quella nei confronti di altro marchio riprodotto.

Elementi di uso generale potranno esservi in parole , figure e segni:

  1. Parole: Per quanto riguarda le parole ha importanza il fenomeno della volgarizzazione del marchio. La parola o un gruppo di parole prescelte da un imprenditore per designare un proprio prodotto, diventa nel comune linguaggio di uso generale per designare le merci della stessa specie, da qualunque imprenditore siano prodotte. La volgarizzazione può rendere in tutelabile non solo i marchi di fatto ma anche quelli registrati.

  2. Figure e segni : Sono di uso generale quelli aventi un tradizionale valore simbolico rispetto alle merci indicate. (Es.: CADUCEO – prodotti farmaceutici).

Novità

Il marchio non sarà nuovo quando è identico ad altro marchio o simile in guisa tale che i due marchi possono facilmente scambiarsi l’uno con l’altro. Per giudicare la confondibilità fra due marchi occorre far capo al punto di vista del medio consumatore, tenendo conto del livello di cultura della cerchia di pubblico a cui la merce è indirizzata e del fatto che il marchio è giudizio di impressione, basato su reminescenze piuttosto che su precisi ricordi.

Possono esservi fra due marchi tre tipi di somiglianze : I) Visiva, II) Fonetica, III) Ideologica.

Non tutte le somiglianze comportano l’accertata esistenza del difetto di novità. I marchi così detti espressivi o significativi hanno una ristretta tutelabilità nei confronti di marchi analoghi, in quanto la loro originalità è limitata quindi altrettanto limitata è la possibilità di difesa. Per questo motivo la dottrina li ha definiti come marchi deboli contrapposti ai marchi forti dall’ampia tutelabilità. Il motivo della loro debolezza coincide con quello della loro alta efficacia , ossia l’espressività.

Liceità

Il marchio non può essere costituito da parole, figure o segni contrari alla legge, all’ordine pubblico od al buon costume. Il divieto legislativo colpisce anche i marchi preesistenti alla sua emanazione.

I concetti di ordine pubblico e di buon costume non sono rigidi ma variabili nel tempo ed il contrasto tra marchio e questi può essere sopravvenuto; come prevede l’art. 59 c. 2 l.s..

Materialità

Requisito necessario per la identificazione del marchio tramite la registrazione. Esso postula la riproducibilità grafica del marchio che per definizione consiste in parole, in figure od in segni (art. 16 I.s.). Vietati i marchi funzionali.

Verità

I marchi devono contenere indicazioni veritiere sulla origine o sulla qualità dei prodotti o merci, comunque non atte a trarre in inganno nella scelta di queste. Il principio della verità non ha manifestazioni positive necessarie.

A differenza di quello che avviene per altri segni distintivi (ditta, ragione sociale) il principio della verità deve essere applicato non soltanto al momento in cui il contrassegno è costituito, ma anche per tutto il tempo in cui è utilizzato.

Costituiscono ulteriori applicazioni del principio della verità le regole che vietano di adottare, quale marchio, figure o denominazioni costitutive della ditta, dell’insegna o dell’emblema altrui. Analogamente deve affermarsi l’esistenza di un correlativo divieto di usare parti del marchio altrui nella propria ditta o insegna.

Esistono due tipi di diritto: I) Diritto sul marchio di fatto – II) Diritto di brevetto. Il diritto sul marchio di fatto attraverso la registrazione può assurgere a diritto di brevetto, mentre questi può degradarsi per decadenza che non implichi illegittimità o per mancata rinnovazione del brevetto, in diritto sul marchio di fatto.

Marchi geografici

Per risolvere il problema della loro validità occorre considerarli a seconda della località assunta come marchio:

  1. Se il nome della località di fabbricazione è assurta a designazione specifica di un prodotto e della sua provenienza, tale marchio sarebbe invalido in quanto si costituirebbe di fatto un monopolio di fabbricazione. Quanto detto ha pieno valore se la località non è in pieno possesso dell’imprenditore, altrimenti si verificherà una eccezione. Se nel marchio rientra una località circoscritta, tutta in proprietà od in esclusiva disponibilità dell’imprenditore, il marchio sarà pienamente valido in quanto corrispondente ai principi della verità, della capacità distintiva e dell’originalità del marchio.

  2. Se la località indicata nel contrassegno non sia, in realtà, il luogo di provenienza del prodotto, il marchio dovrà considerarsi invalido in quanto contrario al principio della verità.

  3. Se il nome geografico ha manifesto carattere di denominazione fantastica il marchio sarà pienamente valido.

  4. Se il nome della località è assurto a designazione generica di un prodotto tale marchio sarà invalido in quanto denominazione generica.

l’autentico campo dei marchi geografici è quello dei marchi collettivi, raggruppante tutte le imprese operanti in un dato settore produttivo in una determinata regione. In tal modo la denominazione generica diventa denominazione specifica e grazie ai marchi collettivi non si creano situazioni di monopolio.

La sfera d’azione localistica del diritto scaturito, anziché dalla registrazione, dal mero uso del marchio è più o meno ampia secondo la notorietà del marchio stesso, conseguentemente più o meno ampia sarà anche la tutela (art. 2571).

In proposito, la legge distingue due ipotesi:

  1. L’uso del marchio non importi notorietà oppure importi notorietà puramente locale .

  2. L’uso del marchio comporti notorietà che non sia puramente locale.

Comunque la sfera d’azione del diritto al marchio, rispetto alla specie di prodotti che in contrassegno è destinato a distinguere, ossia rispetto all’oggetto, varia secondo si tratti di marchio registrato o non registrato.

Ritratti e nomi

La materia dei ritratti e dei nomi altrui, usati come marchi, è regolata dalla legge speciale, nell’art. 21 c. 1(ritratti), c. 2 (nomi).

c. 1 (Ritratti)

I ritratti di persone non possono essere brevettati, come marchi, senza il consenso delle medesime e, dopo la loro morte, senza il consenso del coniuge e dei figli; in loro mancanza, o dopo la loro morte, dei genitori e degli altri ascendenti; e, in mancanza, o dopo la loro morte, dei parenti fino al quarto grado incluso”

Da quanto stabilisce la legge si possono fissare i seguenti punti:

  1. Il marchio, consistente nel ritratto di una persona, qualora sia brevettato senza il prescritto consenso, non è nullo, ma soltanto impugnabile entro 5 anni dall’inizio dell’uso.

  2. Il consenso deve essere dato all’unanimità da ciascuna categoria. Gli affini non sono legittimati a dare o a prestare il consenso.

Le ragioni che determinano la disciplina dell’art. 21 I.m. per i marchi registrati, si ripetono identiche per i marchi non registrati.

c. 2 (Nomi)

I nomi di persona, diverso da quello di chi chiede il brevetto, possono essere brevettati come marchi, purché il loro uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portare tali nomi. L’ufficio dei brevetti ha la facoltà di chiedere il consenso dell’interessato o dei suoi parenti. Comunque la concessione del brevetto non impedisce, a chi ha diritto al nome, di farne uso nella ditta da lui prescelta”.

Limitazioni al 2° comma, art. 21

  1. Non può essere brevettato come marchio il nome altrui se questo sia usato da altri come ditta. Quanto detto vale anche per le ditte successive all’atto della domanda di brevetto e non solo per le dite preesistenti (art.14 I.m.)

  2. Non si può brevettare quale marchio il nome altrui se ciò comporta offesa all’essenziale principio della verità dei segni distintivi. A meno che non si brevettino nomi celebri in campi non affini ma diversi e lontani dal settore economico interessato dal marchio.

  3. Non si può brevettare il nome altrui se questo comporta pregiudizio morale all’avente diritto al nome.

I marchi composti da nome altrui devono essere sempre brevettati, salvo che esista il consenso dell’avente diritto al nome.

Coloro a cui spetta il diritto alla ditta hanno la facoltà esclusiva di farne uso come marchio (art. 13 I.m.)

Necessità dell’uso del marchio

Secondo l’art. 22 della legge speciale può ottenere il brevetto per marchio d’impresa chi lo utilizza o si propone di utilizzarlo nella sua industria o nel suo commercio, salvo il caso considerato nel successivo art. 42 c.3 (marchi protettivi o difensivi). Nello stesso articolo si precisa che anche le amministrazioni dello Stato possono ottenere brevetti per marchi.

Affinché i marchi siano brevettabili necessita che esista l’azienda o la prospettiva, da parte di chi brevetta il marchio stesso della creazione dell’impresa.

In caso di fraudolenta o capricciosa registrazione ciascun interessato potrà insorgere contro il brevetto senza attendere il decorso del termine per mancata utilizzazione statuito dall’art. 42.

Quanto sostenuto si riscontra del resto, dal disposto dell’art. 23, 1° comma, I.m., nel quale si afferma che il brevetto per marchio d’impresa può essere di regola rilasciato ai cittadini stranieri solo se essi hanno nel territorio dello Stato l’impresa da cui provengono i prodotti su cui si applica il marchio, oppure siano cittadini di Stati che riconoscano ai cittadini italiani reciprocità di trattamento.

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