Fallimento
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Di Stefano Nespor. Molti sostengono che l’attuale crisi economica e finanziaria dell’Unione europea e in particolare dei paesi aderenti all’euro sia stata provocata dall’aver introdotto una moneta unica per realtà economiche e politiche assai diverse, senza aver prima creato un unico sistema politico e istituzionale. La Lega sta promuovendo una campagna per abbandonare la moneta unica e presumibilmente un ritorno alla lira.

FallimentoNon bisogna però dimenticare che l’idea di partenza era, al contrario, che l’introduzione dell’euro avrebbe dovuto costituire il passo iniziale e il motore per giungere ad una maggiore integrazione politica e economica tra i vari stati che adottavano l’euro.

Non era affatto un’idea stravagante.

È ciò che è successo, per esempio, negli Stati Uniti. Fin dopo la fine della seconda guerra mondiale, il dollaro circolava negli stati del Nord altamente industrializzati e dotati di una forte economia di mercato e negli stati del Sud, ancora fondamentalmente agricoli e basati su un sistema di sfruttamento e sottomissione della popolazione nera non molto diverso dal sistema schiavistico formalmente abolito nel 1865 a seguito di una cruenta guerra civile.

Tra Nord e Sud non c’era solo una enorme diversità economica, ma anche una diversità istituzionale e normativa: fino all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso gli Stati del Sud erano dotati di legislazioni che prevedevano un apartheid di tipo sudafricano e la sostanziale esclusione dall’istruzione e dal voto della popolazione di colore.

Anche sotto l’aspetto culturale, il mondo descritto da Faulkner e quello descritto da Steinbeck avevano ben poco in comune ed erano ben più diversi  di quanto non siano oggi, nell’Unione europea, Italia e Germania.
Solo a partire dai primi anni Cinquanta negli stati del Sud si avvia un processo che, nello spazio di alcuni decenni, porterà a una sostanziale parità economica con gli stati del Nord. Tre sono i fattori che lo mettono in moto: l’introduzione di macchine per la raccolta del cotone che rende via via superfluo l’impiego di lavoratori di colore, la (conseguente) migrazione di questi ultimi verso il Nord e infine la conquista, tutt’altro che agevole e spesso imposta manu militari, dei diritti civili per i Neri (la sentenza della Corte Suprema  Brown c. Board of Education è del 1954).

Bene, l’esistenza di una moneta unica non ha provocato lo sfascio o il dissesto degli Stati Uniti nonostante coesistessero realtà non solo economiche ma anche istituzionali così diverse. Anzi, da un certo punto in poi, ha contribuito allo sviluppo delle aree più arretrate del paese.

Certamente, ci sono voluti decenni di sforzi, di conflitti spesso laceranti (solo nel 1962 è stato garantito l’accesso del primo studente nero in una università del Mississippi, sotto la quotidiana protezione della Guardia Nazionale per tutto l’anno accademico). Ma il risultato è stato che il reddito medio pro capite dell’Alabama o della Louisiana, negli anni Cinquanta pari a circa il 50% di quello degli stati più sviluppati del Nord, è progressivamente cresciuto ed è divenuto sostanzialmente uguale a quello dell’Illinois o dello stato di New York nello spazio di pochi decenni.

Naturalmente, come tutti i paragoni di storia istituzionale o economica, anche questo non tiene conto di tutti i molteplici aspetti che caratterizzano l’evolversi di un paese e lo svilupparsi delle sue istituzioni politiche. Si può per esempio sostenere che il solo fatto che, oltre che dal dollaro, gli stati americani fossero uniti, come si è detto, da una lingua comune, mentre nell’Unione europea ce ne sono 27 abbia fatto la differenza. O si può sostenere che, oltre al dollaro, negli Stati Uniti ci sia sempre stata una forte coscienza di essere una nazione diversa da tutte le altre, coscienza  che nell’Unione europea certamente manca.

Tuttavia, pur con tutti questi limiti, la recente storia degli Stati Uniti permette da un lato di dubitare della spiegazione che attribuisce all’euro l’attuale situazione di crisi economica che travaglia l’Unione europea, d’altro lato insegna che mettere insieme un sistema federale che riunisce realtà diverse economicamente, istituzionalmente e culturalmente non è impossibile, anche se non è un pranzo di gala: richiede impegno, fatica, partecipazione e determinazione, soprattutto se, come si è accennato, c’è una differenza che ha un peso non trascurabile: la presenza di oltre venti lingue diverse.

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