di Luca Palladini. Inviare degli sms allo scopo di informare che il destinatario è ripetutamente tradito dal proprio coniuge integra la fattispecie di reato reato di molestia. È, infatti, riconosciuto il disagio subìto dalla persona destinataria della comunicazione, non solo per il contenuto offensivo dei messaggi ma anche per la significativa alterazione delle normali condizioni di tranquillità personale e familiare. Lo ha stabilito la prima sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza 2597 depositata il 17 gennaio 2013.
Nell’arco di una decina di giorni una signora invia due sms alla cognata per metterla al corrente dei ripetuti tradimenti del marito: «È giusto che tu lo sappia, Sergio da sempre ti fa le corna povera cretina, sei l’unica a non saperlo, forse» e, poi, «D’altronde una mediocre come te che si aspettava? Tuo marito è un bel ragazzo e tu una befana, non ti resta che fare la cornuta contenta». Messaggini non proprio piacevoli inviati direttamente con il cellulare personale alla (“adorata”) sorella del marito che, dall’episodio, ha deciso di far sorgere una vera e propria controversia giudiziaria sfociata, poi, nella condanna della donna a 400 euro di ammenda e a 500 euro di risarcimento, per molestie telefoniche.
Successivamente intervenuti sulla vicenda, i giudici della Corte di Cassazione, aderendo alla linea di pensiero dei magistrati di merito, respingono il ricorso presentato dalla donna. È lapalissiano, infatti, come i contenuti dei suddetti sms fossero idonei a disturbare sia la «tranquillità» della cognata sia, potenzialmente, l’«ordine pubblico» per la «possibile reazione» della parte lesa. Il reato di cui all’art. 660 c.p., puntualizzano infatti gli Ermellini, «… è plurioffensivo poiché protegge, oltre la tranquillità della persona offesa, anche l’ordine pubblico, che però è sufficiente, per la sussistenza del reato, che sia messo solo in pericolo per la possibile reazione della parte offesa».