Ritardi nei pagamenti della Sanità Pubblica: cosa cambia con il DLgs 9.11.2012 n. 192 rispetto al Dlgs N. 231/2002
Il ritardo nei pagamenti è ormai una vera emergenza, poiché le Imprese sono prive di liquidità: particolarmente penalizzate sono le piccole e medie imprese italiane.
Dal 1° gennaio di quest’anno tutte le transazioni passano sotto le regole introdotte dal decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, recante “Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l’integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell’articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180”.
È stata quindi modificata la disciplina sui ritardi di pagamento contenuta nel d. lgs 231/2002 che – in linea di massima – lasciava piena libertà contrattuale a tutte le parti in ordine alla pattuizione dei termini di pagamento e alle conseguenze del ritardo.
La norma si applica in generale ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale effettuata tra imprese o tra imprese e Pubbliche Amministrazioni.
È opportuno, tuttavia, analizzare la nuova disciplina laddove regolamenta i rapporti delle aziende che riforniscono il Servizio Sanitario Nazionale.
Il termine massimo per i pagamenti nelle transazioni commerciali tra imprese e Pubbliche Amministrazioni in materia sanitaria, è ora infatti determinato nella misura di 60 giorni.
Qualsiasi pattuizione che possa innalzare il predetto termine è nulla.
Le amministrazioni che non rispetteranno i termini di pagamento, dovranno corrispondere alle Aziende gli interessi legali di mora su base giornaliera, pari al saggio di interesse applicato dalla BCE al principale strumento di rifinanziamento effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione, maggiorato di 8 punti percentuali (anziché di 7%).
Gli interessi decorreranno automaticamente, a partire dal giorno successivo alla scadenza del termine, senza che sia necessaria la costituzione in mora, ossia la classica richiesta scritta al debitore di adempiere all’obbligo di pagamento.
Anche in questo caso, eventuali clausole in danno del creditore in materia di interessi saranno considerate nulle.
“Con la normativa previgente, il termine per il pagamento da parte della P.A. era quello previsto nel contratto, ed in mancanza di tale previsione, di 30 giorni dalla fattura. Era quindi data ampia possibilità alla Sanità Pubblica di imporre contrattualmente termini di pagamento anche molto lunghi” spiegano gli Avvocati Francesco Maria Lino e Federico Lerro di Omnialex. Invece, “dal 1 gennaio 2013, la Sanità Pubblica non potrà più imporre contrattualmente tempistiche di pagamenti superiori a 60 giorni, poiché saranno considerate nulle”.
Gli avv.ti Lino e Lerro chiariscono a tutte le Imprese che operano nel settore intrattenendo rapporti commerciali di fornitura di bene e i servizi con la Sanità Pubblica, che se “è oggi inequivoco che sui contratti stipulati a partire dal 1 gennaio 2013 la P.A. dovrà pagare entro il massimo di 60 giorni, pena l’automatico decorrere degli interessi di mora oggi pari all’8% più Euribor, è pur vero che tale termine di pagamento e di interesse di mora dovrà essere applicato anche ai contratti ante 2013, che, scaduti, siano stati prorogati con una nuova delibera della P.A.. Infatti la delibera di proroga del rapporto di fornitura fatta dalla P.A., non potrà essere in contrasto con la normativa del Dlgs n. 192/2012, e non potrà quindi porre in capo dell’Imprese i termini e le condizioni onerose e vessatorie che avevano contraddistinto il precedente rapporto contrattuale, pena la nullità della delibera stessa per quella statuizione.”
In sostanza, occorre attivarsi immediatamente per il recupero del credito per interessi, che porterà ad una considerevole iniezione di liquidità per le Imprese, poiché i tassi di mora si aggireranno intorno alla soglia del 10 per cento.