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Listeriosi e contaminazione alimentare: quali difese per il consumatore?

Listeriosi e contaminazione alimentare: quali difese per il consumatore?

di TOMMASO ROSSI

Il caso. Nelle scorse settimane i media hanno riportato la notizia di un rischio di contaminazione alimentare da listeria riguardante alcuni vegetali surgelati. In via precauzionale FINDUS ha richiamato volontariamente alcuni prodotti surgelati ( minestrone) e LIDL ha fatto sapere che l’azienda belga Greenyard N.V. , da cui si rifornisce, ha disposto il ritiro di alcuni lotti di mais e mix venduti esclusivamente nella Regione Sicilia.

L’European Center for Disease Prevention and Control (ECDC) e l’European Food Safety Authority (EFSA), nel loro ultimo bollettino pubblicato, riportano che in Europa dal giugno 2015 all’8 giugno di quest’anno le persone contagiate sono 47, con 9 morti registrati in 5 Paesi : Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia, e Regno Unito.

L’origine della contaminazione è stato individuato in uno stabilimento ungherese. Nuovi casi di listeriosi potrebbero, però, ancora avvenire per il lungo periodo di incubazione, per lunga durata di conservazione dei surgelati e per il fatto che alcuni esemplari possono essere stati acquistati prima del ritiro dal mercato e consumati senza essere stati prima ben cotti.

Il ministro della Salute Giulia Grillo ha assicurato che “al momento non risultano focolai di infezione in Italia” e che il ritiro dei prodotti è stato effettuato “ in via precauzionale”, precisando che sono stati predisposti “ tutti i controlli e le misure necessarie”.

Dal punto di vista istituzionale la listeriosi rientra nel gruppo di malattie per le quali sono state stabilite, sia negli Stati Uniti che in Europa, reti di sorveglianza sulla sicurezza alimentare con obbligo di denuncia.

Queste reti, volte ad individuare focolai di infezione e determinarne la causa, permettono di agire sia ritirando i prodotti dal mercato, sia adottando le necessarie misure nei confronti degli impianti di produzione e informando la popolazione a rischio.

Gli esperti dell’EFSA che hanno lavorato alle indagini sul focolaio si sono serviti della tecnica del sequenziamento dell’intero genoma per individuare la fonte alimentare, che inizialmente si pensava fosse limitata al solo mais surgelato.Gli stessi ceppi di L. monocytogenessono stati riscontrati in ortaggi surgelati prodotti dalla medesima azienda ungherese nel 2016, 2017 e 2018, il che suggerisce una persistenza dei ceppi nell’impianto di trasformazione nonostante l’esecuzione di procedure di pulizia e disinfezione.

Le informazioni in possesso dell’EFSA e diffuse nei suoi bollettini confermano la contaminazione dello stabilimento ungherese. Sono necessarie tuttavia ulteriori indagini, tra cui campionamenti ed esami di laboratorio approfonditi, per individuare i punti esatti di contaminazione dell’ambiente dello stabilimento ungherese. La stessa raccomandazione è applicabile ad altre aziende appartenenti allo stesso gruppo dell’operatore ungherese, nel caso venisse rilevata una contaminazione dell’ambiente dei loro stabilimenti.

Il 29 giugno 2018 l’Ufficio ungherese per la sicurezza della catena alimentare ha vietato la commercializzazione di tutti i prodotti ortofrutticoli surgelati prodotti nell’impianto interessato tra l’agosto 2016 e il giugno 2018, ordinandone l’immediato ritiro e richiamo. E’ probabile che quest’ultima misura riduca notevolmente il rischio di infezioni nell’uomo e contenga il focolaio. Ogni attività di surgelamento nello stabilimento è stata sospesa.

L’ANALISI GIURIDICA DELLE NORME FONDAMENTALI IN MATERIA DI SICUREZZA ALIMENTARE.

Alimenti a rischio, alimenti dannosi o alimenti inadatti. 

Secondo il Regolamento CE N. 178/2002 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato (Art. 14 co.1).

Per determinare se un alimento sia a rischio occorre prendere in considerazione le condizioni d’uso normali dell’alimento da parte del consumatore in ciascuna fase della produzione, della trasformazione e della distribuzione nonché le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese le informazioni riportate sull’etichetta o altre informazioni generalmente accessibili al consumatore sul modo di evitare specifici effetti nocivi per la salute provocati da un alimento o categoria di alimenti.

  • Secondo l’art. 14 co.4 del Reg. 178/02, per determinare quali siano gli alimenti dannosi per la salute occorre prendere in considerazione:

a) non soltanto i probabili effetti immediati e/o a breve termine, e/o a lungo termine dell’alimento sulla salute di una persona che lo consuma, ma anche su quella dei discendenti;

b) i probabili effetti tossici cumulativi di un alimento;

c) la particolare sensibilità, sotto il profilo della salute, di una specifica categoria di consumatori, nel caso in cui l’alimento sia destinato ad essa.

  • Secondo l’art. 14 co.5 Reg. 178/2002, per determinare se un alimento sia inadatto al consumo umano, occorre prendere in considerazione se l’alimento sia inaccettabile per il consumo umano secondo l’uso previsto, in seguito a contaminazione dovuta a materiale estraneo o ad altri motivi, o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione.

Se un alimento a rischio fa parte di una partita, lotto o consegna di alimenti della stessa classe o descrizione, si presume che tutti gli alimenti contenuti in quella partita, lotto o consegna siano a rischio a meno che, a seguito di una valutazione approfondita, risulti infondato ritenere che il resto della partita, lotto o consegna sia a rischio.

Il ritiro e il richiamo dei prodotti non conformi ai requisiti di sicurezza alimentare.

Il Regolamento CE 178/2002 non contiene una definizione specifica delle procedure di ritiro e di richiamo del prodotti. Una definizione per tali procedure deve ricavarsi dalla Direttiva 01/1995/CE, recepita oggi nel cd. “Codice del Consumo”.

Per delle definizioni può/deve farsi alle definizioni date dalla Dir. 01/95, recepita oggi nel Codice del consumo, secondo cui deve definirsi:

  • «ritiro»: qualsiasi misura volta a impedire la distribuzione e l’esposizione di un prodotto pericoloso, nonché la sua offerta al consumatore
  • «richiamo»: le misure volte ad ottenere la restituzione di un prodotto pericoloso che il fabbricante o il distributore ha già fornito o reso disponibile ai consumatori.

L’art. 19 del Reg. 178/2002 disciplina le procedure per il ritiro e il richiamo dei prodotti non conformi ai requisiti di sicurezza alimentare che non si trovino più sotto il controllo immediato dell’Operatore del settore alimentare (OSA).

  • Se un operatore del settore alimentare ritiene o ha motivo di ritenere che un alimento da lui importato, prodotto, trasformato, lavorato o distribuito non sia conforme ai requisiti di sicurezza degli alimenti, e l’alimento non si trova più sotto il controllo immediato di tale operatore del settore alimentare, esso deve avviare immediatamente procedure per ritirarlo e informarne le autorità competenti.
  • Se il prodotto può essere arrivato al consumatore, l’operatore informa i consumatori, in maniera efficace e accurata, del motivo del ritiro e, se necessario, richiama i prodotti già forniti ai consumatori quando altre misure siano insufficienti a conseguire un livello elevato di tutela della salute.

Gli OSA responsabili di attività di vendita al dettaglio odistribuzione che non incidono sul confezionamento, sull’etichettatura, sulla sicurezza o sull’integrità dell’alimento devono, entro i limiti delle rispettive attività, avviare procedure per ritirare dal mercato i prodotti non conformi ai requisiti di sicurezza alimentare e contribuire a garantire la sicurezza degli alimenti trasmettendo al riguardo le informazioni necessarie ai fini della loro rintracciabilità, collaborando agli interventi dei responsabili della produzione, della trasformazione e della lavorazione e/o delle autorità competenti.

Gli operatori del settore alimentare informano immediatamente le autorità competenti quando ritengano o abbiano motivo di ritenere che un alimento da essi immesso sul mercato possa essere dannoso per la salute umana. Essi informano le autorità competenti degli interventi adottati per evitare rischi al consumatore finale e non impediscono né scoraggiano la cooperazione di chiunque con le autorità competenti, in base alla legislazione nazionale e alla prassi legale, nel caso in cui tale cooperazione possa prevenire, ridurre o eliminare un rischio derivante da un prodotto alimentare.

Gli operatori del settore alimentare collaborano con le autorità competenti riguardo ai provvedimenti volti ad evitare o ridurre i rischi provocati da un alimento che forniscono o hanno fornito.

Il D.Lgs. 190/2006 prevede le sanzioni per le violazioni del regolamento CE n.178/02. 
In particolare, per quel che qui interessa, l’art. 3 (Violazione degli obblighi derivanti dagli articoli 19 e 20 del regolamento (CE) n. 178/2002 relativi all’avvio delle procedure per il ritiro dal mercato) impone una sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a diciottomila euro per gli OSA che, essendo a conoscenza che un alimento o un mangime o un animale da loro importato, prodotto, trasformato, lavorato o distribuito, non più nella loro disponibilità, non è conforme ai requisiti di sicurezza, non attivano le procedure di ritiro degli stessi, salvo che il fatto costituisca reato. Gli OSA che, avendo attivato la procedura di ritiro non ne informano contestualmente l’autorità competente, sono soggetti al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a tremila euro.

Detto tutto quanto sopra in tema di ritiro e richiamo, comprendiamo ora quanto fondamentale sia la rintracciabilità del prodotto alimentare, disciplinata dall’art. 18 Reg. 178/02. È disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo, oltrer che di sistemi e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti. Le informazioni al riguardo sono messe a disposizione delle autorità competenti che le richiedano. Gli alimenti o i mangimi che sono immessi sul mercato della Comunità o che probabilmente lo saranno devono essere adeguatamente etichettati per agevolarne la rintracciabilità, mediante documentazione o informazioni pertinenti.

MA CHE COS’È LA LISTERIOSI? LA PAROLA AL DOTT. GIORGIO ROSSI (Medico Oncologo).

La listeria è una famiglia di batteri composta da 10 specie. Una di queste, la listeria monocytogenes, causa la listeriosi una seria intossicazione alimentare che colpisce l’uomo e gli animali; può essere particolarmente insidiosa per persone con un sistema immunitario compromesso, ma anche anziani,bambini e donne incinte.

La Listeria si trova nel terreno, nelle piante e nelle acque. Anche gli animali, tra cui bovini, ovini e caprini possono essere portatori del batterio. Gli alimenti più facilmente contaminati sono : pesce affumicato, carne , latte non pastorizzato, formaggi (specie quelli a pasta molle) e ortaggi crudi e in molti alimenti pronti all’uso anche surgelati in quanto il batterio tollera le basse temperature, mentre la cottura a temperature superiori a 65°C lo uccide. Le tossinfezioni alimentari da listeria affliggono l’industria alimentare a partire dagli anni ’80. Anche se come detto la contaminazione può avvenire direttamente sulla materia prima, la gran parte delle contaminazioni avviene negli impianti di lavorazione dei prodotti alimentari, poiché tali batteri hanno grande resistenza e adattabilità all’ambiente, e dunque possono sopravvivere in frigoriferi, attrezzature varie, specie quando le procedure di autocrontrollo (HACCP) non sono adeguate o adeguatamente rispettati dagli operatori del settore alimentare.

La dose infettante di Listeria non è certa: il rischio di sviluppare la malattia si ha anche con bassi livelli di carica batterica, anche se la maggior parte dei soggetti adulti in buona salute non presenta alcun sintomo dopo il consumo di alimenti contaminati o può presentare sintomi gastroenterici quando la contaminazione è molto elevata .

Nelle donne in gravidanza può causare serie conseguenze per il feto : aborto, parto prematuro o listeriosi congenita.

In adulti immunocompromessi e anziani la listeriosi può causare meningiti, encefaliti e gravi setticemie. Queste manifestazioni sono trattabili con antibiotici, ma la prognosi nei casi più gravi è infausta.

I sintomi nelle forme non complicate sono quelli tipici delle tossinfezioni alimentari: febbre, mal di testa, dolori muscolari, vomito, diarrea. La diagnosi viene accertata solo con l’isolamento del batterio nel sangue o nel liquido amnitico per le donne in gravidanza o nel liquido cerebrospinale nei casi complicati di meningite e/o encefalite.

Nei Paesi occidentali, la malattia si sta rivelando sempre più un importante problema di sanità pubblica, poiché pur trattandosi di forma rara, negli ultimi anni si stanno verificando sempre più frequentemente nuovi casi soprattutto in seguito alla distribuzione di cibo contaminato attraverso le grandi catene di ristorazione.

Secondo quanto riportato dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA)  nel 2017 la listeria si colloca al quinto posto tra le zoonosi segnalate in Europa. Con 2.536 casi notificati nel 2016 (0,47 casi ogni 100.000 abitanti) e un aumento del 9% rispetto al 2015 e un tasso di mortalità particolarmente elevato soprattutto tra gli anziani  al di sopra degli 84 anni.

Tuttavia potrebbero ancora emergere nuovi casi in ragione del lungo periodo di incubazione della listeriosi (fino a 70 giorni), della lunga durata di conservazione dei prodotti a base di mais surgelato e del consumo potenziale di mais surgelato acquistato prima del richiamo e consumato senza accurata cottura.

Fermo restando che per il singolo cittadino la migliore strategia di lotta alla listeriosi passa attraverso una efficiente prevenzione, che si può facilmente attuare applicando le generali norme di igiene e attenzione previste per tutte le altre tossinfezioni alimentari:

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