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L’IMPORTANZA DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI SDGS DELL’AGENDA 2030.

 

 

L’IMPORTANZA DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI SDGS DELL’AGENDA 2030

Marina Ione

SOMMARIO: 1) l’Agenda Globale e gli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030. 2) Quadro di riferimento: dagli interventi dell’Unione Europea agli interventi normativi di adeguamento agli obiettivi dell’Agenda 2030 in Italia. 3) L’obiettivo 11: Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili. 4) Target e strumenti di attuazione per il raggiungimento dell’obiettivo 11 ed il ruolo fondamentale dei servizi pubblici locali. 5) Mobilità Sostenibile e l’importanza della Pianificazione Urbana: i PUMS.

ABSTRACT (ITA) Il 25 settembre 2015 è stata approvata l’Agenda Globale e, a partire da questa data storica, il concetto di sviluppo sostenibile diventa il leitmotiv delle politiche mondiali. I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’Agenda Globale dovranno essere raggiunti entro il 2030. Dopo 7 anni, giunti a metà strada di questo itinerario, ho voluto ripercorrere le tappe fondamentali raggiunte a livello europeo e nazionale, per poi soffermarmi in particolare sul Goal 11: “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili” e constatare, sempre in un’ottica che degrada, via via, da un livello europeo ad un livello nazionale sino a quello locale cosa e quanto è stato fatto per il raggiungimento dell’obiettivo 11. Traguardi e criticità determinati prendendo come parametro i servizi pubblici locali e nello specifico la mobilità per valutarne il grado di sostenibilità; traguardi e criticità indispensabili che, ad oggi, ci danno contezza di quanto la realtà attuale sia “sostenibile” e che, nella prospettiva futura, ci danno un’indicazione sulla rotta da seguire per il raggiungimento di questo importante obiettivo di sviluppo sostenibile.

ABSTRACT (EN) On 25 September 2015, the Global Agenda was approved and, from this historic date, the concept of sustainable development becomes the leitmotif of world policies. The 17 sustainable development goals set by the Global Agenda must be achieved by 2030. After 7 years, halfway through this itinerary, I wanted to retrace the milestones reached at European and national level, and then focus in particular on Goal 11: “Making cities and settlements human inclusive, safe, durable and sustainable” and to observe, always in a perspective that gradually degrades from a European level to a national level up to the local what and what has been done to achieve Objective 11. Objectives and criticalities determined taking as a parameter the local public services and in the and in particular mobility to assess the degree of sustainability; essential goals and criticalities that, to date, give us insight into how the current reality is “sustainable” and that, in the future perspective, give us an indication of the route to follow to achieve this important objective of sustainable development.

1. L’Agenda Globale e gli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030.

Introduco questo mio lavoro inerente lo stato di raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile consacrati nell’Agenda 2030, soffermandomi con particolare riguardo sul Goal 11: “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”, partendo da un doveroso inquadramento storico-temporale e giuridico che ha scandito le varie tappe di questo lungo percorso intrapreso nella direzione dello sviluppo sostenibile per fare poi, ad oggi, il punto della situazione circa i traguardi raggiunti e le criticità emerse con specifico riguardo ai servizi pubblici locali e, tra questi, alla mobilità urbana che, da sempre, ha rappresentato l’esternalità più costosa ed impegnativa da impostare in un’ottica sostenibile. All’inizio di questo excursus su tale argomento, il quesito/curiosità che sorge quasi immediato nella mia mente e al quale mi riprometto di dare in conclusione una risposta è: “nelle realtà amministrative comunali (come quella di Taranto, la mia città) cosa e quanto effettivamente si sta facendo nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, tenuto conto che una delle principali priorità dell’Agenda europea è proprio quella di guidare lo sviluppo urbano delle città su percorsi sostenibili, competitivi ed efficienti?”.

Il 25 settembre 2015 rappresenta una data storica per quanto concerne il concetto di sostenibilità ed infatti, è proprio in tale data che le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile che consiste in un ambizioso programma d’azione condiviso, sottoscritto dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU, tra cui l’Italia.

L’Agenda, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, fissa 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals– SDGs nell’acronimo inglese) e con essa i leader mondiali si sono ufficialmente impegnati ad eliminare la povertà, garantire pace e prosperità e proteggere il pianeta, perseguendo l’obiettivo di creare un mondo migliore e più sicuro. L’Agenda 2030 crea, dunque, la tabella di marcia per la cooperazione internazionale in tema di sviluppo sostenibile, apportando una grande novità; infatti, per la prima volta, viene espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità del previgente modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale ma anche su quello economico e sociale, superando in questo modo definitivamente l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale ed affermando una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo1.

I 17 SDGs, che rappresentano il cuore dell’Agenda Globale, dovranno essere raggiunti entro l’anno stabilito, ossia il 2030; sono articolati in 169 Target e rappresentano una bussola per indirizzare le politiche dell’Italia e del mondo intero in un’ottica di sostenibilità, guidando le scelte strategiche dei Paesi firmatari sia nell’ambito della propria politica nazionale, sia nelle relazioni internazionali2. Il processo di cambiamento del modello di sviluppo viene monitorato attraverso i Goals, i Target e oltre 240 indicatori; rispetto a tali parametri, ciascun Paese viene valutato periodicamente in sede Onu e dalle opinioni pubbliche nazionali ed internazionali.

Gli obiettivi prevedono l’eliminazione di mali endemici quali la fame e la povertà, la degradazione dell’ambiente, l’eliminazione della paura e della violenza e puntano all’incoraggiamento nella realizzazione di partnership strategiche a tali fini. Più nel dettaglio, gli SDGs sono rivolti a cinque aree, note anche come 5P: Persone (eliminare fame e povertà in tutte le forme, garantire dignità e uguaglianza), Prosperità (garantire vite prospere e piene in armonia con la natura), Pianeta (proteggere le risorse naturali e il clima del pianeta per le generazioni future), Pace (promuovere società pacifiche, giuste e inclusive) e infine Partnership (implementare l’Agenda attraverso solide partnership. Il che significa che per raggiungere la pace e la prosperità è necessario lavorare in collaborazione a beneficio del pianeta e di tutte le persone che lo abitano3). E, poiché il raggiungimento di un obiettivo di sviluppo sostenibile comporta una serie di passaggi, le Nazioni Unite definiscono anche alcuni indicatori che valutano il successo e l’evoluzione di una nazione in un’area specifica.

Ma vediamo in dettaglio questi 17 obiettivi sostenibili quali sono e cosa prevedono: 1) Sconfiggere la povertà: porre fine alla povertà in tutte le sue forme, ovunque. 2) Sconfiggere la fame: porre fine alla fame, garantire la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile. 3) Buona salute: garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età, riducendo in particolare la mortalità materna e dei bambini sotto i 5 anni. 4) Istruzione di qualità: garantire un’istruzione inclusiva per tutti e promuovere opportunità di apprendimento permanente eque e di qualità. 5) Parità di genere: raggiungere la parità di genere ponendo fine ad ogni forma di discriminazione ed attraverso l’emancipazione delle donne. 6) Acqua pulita e servizi igienico-sanitari: garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienico-sanitari. 7) Energia rinnovabile e accessibile: assicurare la disponibilità di servizi energetici accessibili, affidabili, sostenibili e all’avanguardia per tutti. 8) Buona occupazione e crescita economica: promuovere una crescita economica inclusiva, sostenuta e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva un lavoro dignitoso per tutti. 9) Innovazione ed infrastrutture: costruire infrastrutture solide, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e favorire l’innovazione. 10) Ridurre le diseguaglianze: ridurre le disuguaglianze all’interno e tra i Paesi e promuovere l’inclusione sociale, economica e politica di tutti. 11) Città e comunità sostenibili: creare città sostenibili e insediamenti umani che siano inclusivi, sicuri e solidi aumentando l’urbanizzazione inclusiva. 12) Utilizzo responsabile delle risorse: garantire modelli di consumo e produzione sostenibili. 13) Lotta contro il cambiamento climatico: adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico integrando nelle politiche nazionali misure di contrasto alle sue conseguenze. 14) Utilizzo sostenibile del mare: conservare gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile. 15) Utilizzo sostenibile della terra: proteggere, ristabilire e promuovere l’utilizzo sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire le foreste in modo sostenibile, combattere la desertificazione, bloccare e invertire il degrado del suolo e arrestare la perdita di biodiversità. 16) Pace e giustizia: promuovere società pacifiche per uno sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso alla giustizia e creare istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli. 17) Partnership per lo sviluppo sostenibile: rafforzare gli strumenti di attuazione e rivitalizzare la partnership globale per lo sviluppo sostenibile.

Questi 17 obiettivi sono senza dubbio pilastri importanti di una società moderna ed equilibrata, in grado di generare occupazione e ricchezza, nel rispetto della natura e dei diritti umani. Un tema che riguarda tutti e al quale sicuramente tutti noi possiamo contribuire nelle nostre attività quotidiane.

Da una prima osservazione, si ricava come la sostenibilità non sia una questione unicamente ambientale, ma riguardi anche un cambiamento del modello socio-economico e, in definitiva, non si tratta solo di lavorare per una società giusta sul piano economico, sociale e ambientale, ma anche di essere consapevoli della responsabilità e dell’impatto di ciascun individuo sul pianeta.

L’Agenda 2030 lancia una sfida complessa: poiché le tre dimensioni dello sviluppo (economica, ambientale e sociale) sono strettamente correlate tra loro, ciascun obiettivo non può essere considerato in maniera indipendente ma deve essere perseguito sulla base di un approccio sistemico, che tenga in considerazione le reciproche interrelazioni e non si ripercuota con effetti negativi su altre sfere dello sviluppo; Garantire un’istruzione di qualità, equa e inclusiva (Goal 4) vuol dire anche offrire pari opportunità a donne e uomini (Goal 5); per assicurare salute e benessere (Goal 3), occorre vivere in un Pianeta sano (Goal 6, 13, 14 e 15); un lavoro dignitoso per tutti (Goal 8) richiede l’eliminazione delle disuguaglianze (Goal 10). Solo la crescita integrata di tutte e tre le componenti consentirà il raggiungimento dello sviluppo sostenibile.

Gli SDGs sono universali, rimandano cioè alla presenza di problemi che accomunano tutte le nazioni. Per questo motivo, tutti i Paesi sono chiamati a contribuire alla sfida per portare il mondo su un sentiero sostenibile, senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo. Ciò vuol dire che ogni Paese deve impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere gli SDGs e a rendicontare i propri risultati all’Onu. Non solo, all’interno dei Paesi serve un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese al settore pubblico4, dalla società civile alle istituzioni filantropiche, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura, perché, per abbracciare lo sviluppo in ogni sua parte, è fondamentale l’impegno di tutti5. Tutti siamo, pertanto, parte del cambiamento per un domani migliore, tutti ne siamo responsabili perché sono le nostre azioni che influenzeranno il futuro dei nostri figli e delle prossime generazioni. Stili di vita corretti e azioni individuali, in quest’ottica che degrada, via via, da un livello mondiale ad un livello umano, fanno la differenza6.

2. Quadro di riferimento: dagli interventi dell’Unione Europea agli interventi normativi di adeguamento agli obiettivi dell’Agenda 2030 in Italia.

L’Agenda 2030 è una pietra angolare per lo sviluppo sostenibile, frutto delle conferenze ONU per lo sviluppo sostenibile tenutesi nel 1992, 2002, 2012; rappresenta il nuovo quadro di riferimento globale ed universale per l’impegno nazionale ed internazionale teso a trovare soluzioni comuni alle grandi sfide del pianeta, quali l’estrema povertà, i cambiamenti climatici, il degrado dell’ambiente e le crisi sanitarie; vale per tutti i Paesi, al Nord come al Sud, e pone una serie di priorità per lo sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030.

Elementi essenziali dell’Agenda 2030, come abbiamo già detto, sono i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e i 169 sotto-obiettivi ad essi associati, che si raggruppano in cinque principi fondamentali, ossia le persone, il pianeta, la prosperità, la pace e la partnership (le 5 P). Mira, ad esempio, a garantire il benessere di tutte le persone, lo sviluppo economico, la protezione dell’ambiente, affrontando aspetti come la pace, lo Stato di diritto e il buongoverno, essenziali per la promozione dello sviluppo sostenibile. La sua attuazione mediante partenariati viene sancito come quinto principio.

Ma vediamo più nel dettaglio quale in concreto sia stata la risposta dell’Unione Europea alla sfida lanciata dall’Agenda 2030.

La base giuridica delle strategie per lo sviluppo sostenibile è l’articolo 3 del Trattato sull’Unione Europea (TEU), che afferma la responsabilità interna ed esterna dell’UE alla salvaguardia di questo principio. La necessaria connessione tra le politiche e l’integrazione di esse è solidamente ancorata agli articoli 7 e 11 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU), che esigono l’integramento della protezione ambientale in tutte le aree di intervento politico.

All’interno dell’Unione Europea, è la Commissione ad avere il compito di proporre strategie per il miglioramento e l’implementazione dello sviluppo sostenibile, attraverso la selezione delle aree chiave su cui concentrarsi, delle tendenze problematiche da affrontare e degli obiettivi specifici da raggiungere. Gli obiettivi individuati sono poi tradotti in provvedimenti ed interventi, mentre, per verificarne l’impatto, vengono effettuati controlli sul piano delle politiche, a livello degli stati membri per verificarne l’attuazione e a livello della stessa UE.

Lo sviluppo sostenibile, pertanto, è formalmente uno degli obiettivi a lungo termine dell’UE, che già nel 2010 ha integrato la tematica nella “Strategia Europa 2020”, che si basava su un approccio tematico ed era strutturata intorno a cinque obiettivi principali per il 2020: 1) l’aumento del tasso di occupazione dal 69% al 75%; 2) l’investimento di un 3% del PIL in ricerca e sviluppo; 3) la riduzione del 20% nell’emissione dei gas serra; 4) gli obiettivi nel campo dell’educazione e 5) quelli per la riduzione della povertà al fine di migliorare le condizioni di vita di 20 milioni di persone.

La stipulazione di resoconti da parte degli stati membri venne introdotta per monitorare l’impatto della strategia e per aiutare i Paesi a sviluppare ed implementare le tattiche di sviluppo sostenibile. Le raccomandazioni indirizzate agli specifici Paesi includevano anche delle forme di sollecitazione per gli stati che non avevano fornito delle risposte adeguate ai problemi da affrontare.

Oltre a ciò, nel 2011 la Commissione Europea ha pubblicato la comunicazione n. 681 – “A renewed EU strategy 2011-14 for Corporate Social per finire, nel contesto del suo naturale partenariato con le Nazioni Unite per la creazione di un mondo migliore e più sicuro Responsibility” – nella quale si delinea una nuova strategia sulla responsabilità delle imprese. Imprese che ora sono chiamate ad integrare nei loro piani strategici aziendali temi sociali, etici, ambientali per massimizzare i risultati in un’ottica di sviluppo sostenibile7. Tra le altre iniziative rilevanti dell’Unione Europea in tema di sostenibilità ci sono: la Strategia sulla Bioeconomia (2012), che ha l’obiettivo di sostituire l’uso di fonti fossili con alternative naturali e, in generale, di promuovere la produzione di risorse biologiche rinnovabili.

Il Piano d’azione per l’economia circolare (2015), che consiste in un pacchetto di misure per agevolare le imprese e i consumatori nella transizione verso un’economia che prevede il riciclaggio e il riutilizzo, nell’ottica di aumentare il ciclo di vita dei prodotti. E, l’Unione Europea si è impegnata nella definizione dei principi dell’Agenda 2030.

Tra il 2019 e il 2020 è stato, infatti, avviato il Green Deal Europeo, un programma d’azione per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, in relazione anche all’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

L’Agenda riflette gli obiettivi europei per la promozione dello sviluppo sostenibile e l’UE ha determinato tre azioni in particolare da sviluppare sotto di essa entro il 2030: 1) l’integrazione degli SDGs in tutte le iniziative e politiche europee; 2) i report periodici sui progressi compiuti; 3) l’organizzazione di una piattaforma multilaterale di alto livello per discutere sia le politiche che i progressi in merito. L’Agenda 2030 dall’impronta globale ha il grande merito di aver unificato per la prima volta l’approccio sia interno che esterno dell’UE allo sviluppo sostenibile, creandone uno congiunto.

Nel 2018 la Commissione ha annunciato le sue sei priorità per i cinque anni successivi. Queste sei aree tematiche definiscono i diversi fattori riguardanti lo sviluppo sostenibile, a partire dall’aspetto ambientale. Tutto ciò è stato poi formalizzato nello European Green Deal del 2019, che traccia una tabella di marcia per la transizione dell’UE verso la sostenibilità economica, con l’intento di renderla il primo continente climaticamente neutro entro il 2050, tramite la riduzione delle emissioni di gas serra a zero. Inoltre, il Deal si propone di dissociare la crescita economica dal consumo di risorse attraverso lo sviluppo dell’economia circolare. Le aree di intervento includono: la biodiversità, l’energia pulita, l’industria sostenibile e le iniziative del programma Farm-to-Fork.

La strategia si accompagna allo European Climate Law (Legge climatica europea), un atto legislativo che dovrebbe assicurare l’integrazione e l’impegno delle politiche europee allo scopo di raggiungere la neutralità climatica.

Il Just Transition Mechanism (il Meccanismo per una giusta transizione) è parte integrante del Green Deal, in quanto offre un supporto finanziario ai cittadini, alle imprese e alle regioni che, a causa della loro dipendenza dai combustibili fossili, vengono colpiti negativamente dalla transizione verde. Il Meccanismo si appoggia su tre pilastri: il Just Transition Fund, il Just Transition Scheme e un programma di prestiti per il settore pubblico, che insieme costituiscono un supporto finanziario pari a cento miliardi di euro. Scopo di questi strumenti è promuovere l’equità sociale, stimolando egualmente gli stati membri nel mutamento verso un’economia climaticamente neutra.

Il Green Deal è integrato nel Semestre Europeo, il ciclo semi-annuale che mira ad uniformare le politiche macroeconomiche nazionali guidando gli stati membri con raccomandazioni relative alle loro manovre economiche e fiscali. L’“inverdimento” del semestre europeo è legato alla Strategia annuale di crescita sostenibile, la quale definisce la politica economica e di assunzione in conformità con le priorità del Green Deal. Il semestre europeo contribuisce a rendere concreti gli strumenti economici necessari per una produzione competitiva e sostenibile tramite i suoi tre pilastri: investimenti, riforme strutturali e consolidamento fiscale. E questo a dimostrazione di come gli SDGs siano stati progressivamente integrati negli interventi economici. I progressi fatti dagli stati membri in relazione alle loro manovre macroeconomiche vengono periodicamente controllati attraverso i Country Reports e le Country Specific Recommendations.

Tutti i Paesi sono chiamati, dunque, ad impegnarsi per definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere gli obiettivi fissati, comunicando i risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’ONU. Ciascun Paese viene infatti valutato annualmente in sede ONU attraverso l’attività dell’High-level Political Forum (HLPF), che ha il compito di valutare i progressi, i risultati e le sfide per tutti i Paesi, e dalle opinioni pubbliche nazionali ed internazionali. Ogni quattro anni si svolge, inoltre, un dibattito sull’attuazione dell’Agenda 2030 in sede di Assemblea Generale dell’ONU, alla presenza di Capi di Stato e di Governo: la prima verifica di questo tipo è stata realizzata nel settembre 2019.

Anche l’Italia è intervenuta introducendo normative di adeguamento agli obiettivi dell’Agenda 2030 Gli interventi più rilevanti sono: il Collegato Ambientale8, contenente “disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di Green Economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”. Garantisce l’aggiornamento con cadenza triennale della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SnSVS) ed è lo strumento con cui sono declinati a livello nazionale i principi e gli obiettivi dell’Agenda 2030.

L’istituzione della Cabina di regia “Benessere Italia”, che è un organo della Presidenza del Consiglio con il compito di coordinare, monitorare, misurare e migliorare le politiche dei Ministeri nell’ottica del benessere dei cittadini. Un passo avanti per dotare l’Italia di una governance per l’Agenda 2030, uno strumento che permetterà al Governo di promuovere un benessere equo e sostenibile attraverso la definizione di nuovi approcci e nuove politiche. Rigenerazione equo sostenibile dei territori, mobilità e coesione territoriale, transizione energetica, qualità della vita, economia circolare sono le cinque macroaree in cui si sviluppano le sue linee programmatiche. Pongono al centro la persona e mirano alla promozione di stili di vita sani, alla definizione di tempi di vita equilibrati, alla progettazione di condizioni di vita eque, alla promozione di azioni finalizzate allo sviluppo umano, alla formazione continua.

A livello nazionale, lo strumento di coordinamento dell’attuazione dell’Agenda 2030 è rappresentato dalla Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS), approvata dal CIPE con Delibera n. 108/2017. Si tratta di un provvedimento che prevede un aggiornamento triennale e “che definisce il quadro di riferimento nazionale per i processi di pianificazione, programmazione e valutazione di tipo ambientale e territoriale per dare attuazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite”. L’attuazione della Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile deve raccordarsi con i documenti programmatici esistenti, in particolare con il Programma Nazionale di Riforma (PNR) e più in generale il Documento di Economia e Finanza (DEF). Le azioni proposte e gli strumenti operativi devono conciliarsi, inoltre, con gli obiettivi già esistenti e vincolanti a livello comunitario. La Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile 2017-2030 si configura come lo strumento principale per la creazione di un nuovo modello economico circolare, a basse emissioni di CO2, resiliente ai cambiamenti climatici e agli altri cambiamenti globali causa di crisi locali, come, ad esempio, la perdita di biodiversità, la modificazione dei cicli biogeochimici fondamentali (carbonio, azoto, fosforo) e i cambiamenti nell’utilizzo del suolo.

Un aspetto innovativo dell’Agenda 2030 è l’attenzione rivolta al fenomeno delle disuguaglianze. In assenza di un’adeguata strategia di intervento, diversi fattori possono contribuire ad alimentare una polarizzazione tra diverse situazioni. Per questo motivo è necessario individuare e condividere le politiche che possono rilanciare la crescita e renderla sostenibile nel lungo periodo. La Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile si basa, infatti, su un approccio multidimensionale per superare le disuguaglianze economiche, ambientali e sociali e perseguire così uno sviluppo sostenibile, equilibrato ed inclusivo. Tale approccio implica l’utilizzo di un’ampia gamma di strumenti, comprese le politiche di bilancio e le riforme strutturali.

Il piano aggiorna la precedente “Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia 2002-2010”, ma ne amplia il raggio d’azione, integrando gli obiettivi contenuti nella Agenda 2030 delle Nazioni Unite. E’ strutturata in cinque aree di intervento, corrispondenti alle “5P” dello sviluppo sostenibile proposte dall’Agenda 2030, ciascuna delle quali contiene Scelte Strategiche ed Obiettivi Strategici per l’Italia, correlati agli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e richiamano alla profonda interrelazione tra dinamiche economiche, crescita sociale e qualità ambientale, aspetti conosciuti anche come i tre pilastri dello sviluppo sostenibile9.

Un altro passo importante per l’attuazione dell’Agenda 2030 in Italia è rappresentato dalla Legge di bilancio 2017.

I 17 Goals dell’Agenda 2030 sono, inoltre, richiamati anche nel Piano per il Sud 2030 – Sviluppo e coesione per l’Italia.

La creazione dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASVIS), che, dal punto di vista della partecipazione della società civile e della diffusione degli obiettivi di sviluppo sostenibile, rappresenta una realtà significativa. Creata nel 2016 su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma “Tor Vergata”, l’Organizzazione ha come scopo la diffusione, a livello sociale ed istituzionale, della conoscenza e della consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. L’ASVIS redige annualmente un rapporto dove vengono presentate sia un’analisi dello stato di avanzamento dell’Italia rispetto all’Agenda 2030 e agli obiettivi di sviluppo sostenibile, sia proposte per l’elaborazione di strategie che possano assicurare lo sviluppo economico e sociale del paese. La direttiva del presidente del Consiglio del 16 marzo 2018, contenente l’indirizzo per dare attuazione alla Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile.

La nuova Strategia Nazionale per l’economia circolare, adottata nel 2021 dal Ministero per la Transizione Ecologica, la quale prevede una serie di misure legate alla gestione dei rifiuti e alla promozione del riuso e riparazione dei prodotti.

3. L’obiettivo 11: rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili.

Le città sono centri per nuove idee, per il commercio, la cultura, la scienza, la produttività, lo sviluppo sociale e molto altro. Nel migliore dei casi le città hanno permesso alle persone di migliorare la loro condizione sociale ed economica. Tuttavia, persistono molte sfide per mantenere i centri urbani come luoghi di lavoro e prosperità, e che allo stesso tempo non danneggino il territorio e le risorse. Le sfide poste dall’ambiente urbano includono il traffico, la mancanza di fondi per fornire i servizi di base, la scarsità di alloggi adeguati, il degrado delle infrastrutture. Esse possono essere vinte in modo da permettere alle città di continuare a prosperare e crescere, migliorando l’utilizzo delle risorse e riducendo l’inquinamento e la povertà. Il futuro che vogliamo include città che offrano opportunità per tutti, con accesso ai servizi di base, all’energia, all’alloggio, ai trasporti ed altro ancora10.

Come abbiamo visto, un’importante caratteristica di tutti i 17 SDGs è che sono fortemente interconnessi l’uno con l’altro; l’SDG 11 in particolare si connette agli SDGs legati all’organizzazione dell’uomo sulla terra e alla difesa di alcune risorse naturali. In particolare all’SDG 3 (salute e benessere degli individui), all’SDG 6 (migliore qualità dell’acqua e riduzione dell’inquinamento idrico), all’SDG 9 (infrastrutture resilienti, industrializzazione inclusiva e sostenibile e favorire l’innovazione), all’SDG 10 (riduzione delle diseguaglianze), all’SDG 13 (azione contro il cambiamento climatico) e all’SDG 15 (vita sulla terra)11.

Oggigiorno, il 54% per cento della popolazione mondiale vive in aree urbane, percentuale che dovrebbe aumentare al 66% entro il 2050. Il fenomeno dell’urbanizzazione e l’espansione delle città da un lato ha favorito il progresso sociale ed economico al livello mondiale, dall’altro però ha contribuito allo sviluppo di situazioni di degrado e di povertà connesse all’inadeguata gestione delle risorse naturali al livello locale, alla scarsità o totale assenza di fondi da destinare a supporto dei servizi basilari e di adeguate strutture abitative per tutti. Attualmente, 828 milioni di persone vivono in città in condizioni di degrado e povertà urbana. L’SDG 11 punta alla trasformazione dei centri urbani in città sostenibili attraverso l’accesso di tutta la popolazione ad alloggi, servizi basilari e mezzi di trasporto adeguati, economici e sicuri, soprattutto per le persone più vulnerabili. Inoltre, poiché le città sono responsabili del 60-80% del consumo di energia e del 75% delle emissioni di sostanze nocive, occorrerà rendere le città del futuro green, obiettivo raggiungibile attraverso la riduzione degli impatti negativi sull’ambiente, il potenziamento delle aree verdi e degli spazi pubblici sicuri ed inclusivi, con un’attenzione specifica rivolta alle periferie urbane12. Dovrà, infine, essere garantita la preservazione del patrimonio artistico e culturale comune riducendo l’impatto ambientale negativo delle città e prestando particolare attenzione alla qualità dell’aria e alla gestione dei rifiuti.

L’SDG 11 comprende 10 traguardi da raggiungere nei prossimi otto anni, i cui progressi vengono misurati da 15 indicatori. I primi sette target puntano a risultati diretti, mentre gli altri tre servono a creare un contesto favorevole. Analizziamoli nel dettaglio.

11.1 Entro il 2030, garantire a tutti l’accesso ad alloggi adeguati, sicuri e convenienti e ai servizi di base e riqualificare i quartieri poveri. Questo primo traguardo è misurato dall’indicatore di performance relativo alla percentuale di popolazione urbana che vive in baracche, insediamenti informali o alloggi inadeguati. In particolare, una famiglia slum è definita come un gruppo di individui che vivono sotto lo stesso tetto senza una o più delle seguenti condizioni: accesso all’acqua potabile e a servizi igienici, nonché una superficie abitabile sufficiente.

11.2 Entro il 2030, garantire a tutti l’accesso a un sistema di trasporti sicuro, conveniente, accessibile e sostenibile, migliorando la sicurezza delle strade, in particolar modo potenziando i trasporti pubblici, con particolare attenzione ai bisogni di coloro che sono più vulnerabili, donne, bambini, persone con invalidità e anziani. A questo secondo traguardo è associato l’indicatore che misura la percentuale di popolazione che ha un accesso conveniente ai trasporti pubblici, per sesso, età e persone con disabilità.

11.3 Entro il 2030, migliorare l’urbanizzazione inclusiva e sostenibile e la capacità di pianificazione e gestione partecipativa, integrata e sostenibile degli insediamenti umani in tutti i paesi. Per misurare questo terzo traguardo gli indicatori di riferimento sono: il rapporto tra il tasso di consumo di suolo e il tasso di crescita della popolazione; la percentuale di città con una struttura di partecipazione diretta della società civile nella pianificazione e gestione urbana che opera regolarmente e democraticamente.

11.4 Potenziare gli sforzi per proteggere e salvaguardare il patrimonio culturale e naturale del mondo, ha come indicatore di performance la spesa totale (pubblica e privata) pro capite volta alla preservazione, protezione e conservazione di tutto il patrimonio culturale e naturale.

11.5 Entro il 2030, ridurre significativamente gli effetti negativi dei disastri naturali, ha come indicatori il numero di morti, dispersi e persone direttamente colpite da catastrofi per 100.000 abitanti e la perdita economica diretta in relazione al PIL globale, ai danni alle infrastrutture critiche e al numero di interruzioni dei servizi di base, attribuiti alle catastrofi.

11.6 Entro il 2030, ridurre l’impatto ambientale negativo pro-capite delle città, prestando particolare attenzione alla qualità dell’aria e alla gestione dei rifiuti urbani e di altri rifiuti. La proporzione di rifiuti solidi urbani regolarmente raccolti e con adeguato scarico finale sul totale dei rifiuti urbani prodotti, e il livello medio annuo di particolato fine nelle città sono gli indicatori che servono per misurare questo traguardo.

11.7 Entro il 2030, fornire accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri, inclusivi e accessibili a tutti, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili. L’ultimo traguardo che punta a risultati diretti, viene misurato dalla quota media della superficie edificata delle città che è spazio aperto per uso pubblico per tutti, per sesso, età, disabili, ma anche dalla proporzione di persone vittime di molestie fisiche o sessuali.

Gli ultimi tre traguardi, quelli volti a creare un contesto favorevole, sono: l’11.a, “sostenere legami economici, sociali e ambientali positivi tra le aree urbane, periurbane e rurali rafforzando la pianificazione dello sviluppo nazionale e regionale”, che ha come indicatore la percentuale di popolazione che vive in città che attuano piani di sviluppo urbano e regionale e che integrano le proiezioni della popolazione e le esigenze di risorse, per dimensione della città; l’11.b, “aumentare sostanzialmente il numero di città e insediamenti umani che adottano e attuano politiche e piani integrati verso l’inclusione, l’efficienza delle risorse, la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, la resilienza ai disastri, e sviluppare e attuare, in linea con il Quadro di Sendai per la Riduzione del Rischio di Disastri 2015-203013, una gestione olistica del rischio di disastri a tutti i livelli”, viene misurato sia dall’indicatore che riguarda il numero di Paesi che adottano e implementano strategie nazionali di riduzione del rischio di disastri in linea con il Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030, sia dalla percentuale di governi locali che adottano e attuano strategie locali di riduzione del rischio di disastri in linea con le strategie nazionali; infine, l’11.c, “sostenere i Paesi meno sviluppati nella costruzione di edifici sostenibili e resistenti utilizzando materiali locali”, ha come indicatore la proporzione del sostegno finanziario ai Paesi meno sviluppati che è destinato alla costruzione e all’ammodernamento di edifici sostenibili, resistenti ed efficienti in termini di risorse.

4. Target e strumenti di attuazione per il raggiungimento dell’obiettivo 11 ed il ruolo fondamentale dei servizi pubblici locali.

Per rendere i centri urbani più sostenibili, inclusivi e sicuri e per tutelare in modo adeguato il patrimonio culturale e naturale presente nelle città c’è ancora tanto da fare. Secondo il Sustainable Development Report 2021, infatti, c’è ancora una certa discrepanza tra il sostegno politico espresso per gli SDGs e l’integrazione degli obiettivi nei processi strategici di politica pubblica, in particolare nei bilanci nazionali e l’SDG 11 non fa eccezione.

In base a quanto sostiene l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), è sempre più necessario che i governi subnazionali implementino delle politiche adeguate al soddisfacimento dei traguardi previsti dall’SDG 11. Le azioni regionali e locali, per accelerare nella realizzazione di queste politiche, devono mirare a ridurre l’inquinamento urbano, a rafforzare l’accesso al trasporto pubblico e alla mobilità e ad incrementare l’accessibilità degli alloggi. Le misure politiche potrebbero essere considerate come indicatori dell’impegno dei governi locali a raggiungere il triplice obiettivo di essere economicamente produttivi, socialmente inclusivi e sostenibili dal punto di vista ambientale.

Il SDSN (Sustainable Development Solutions Network) sta lavorando a un nuovo progetto su “Il futuro dei trasporti e dell’uso del territorio nella città digitale” per identificare come gli strumenti di progettazione urbana e le nuove fonti di dati e modelli possano aiutare a informare la mobilità urbana e le strategie di uso del territorio nell’era digitale e sulla scia della pandemia COVID-19, che ha avuto un forte impatto sulla mobilità urbana, l’uso del territorio e i sistemi di trasporto sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, destinato a durare nel tempo. E proprio sulla base del nuovo scenario creato dalla pandemia da Covid-19, la politica e la società sono tornate ad interrogarsi sull’urgenza di attuare misure efficaci per una mobilità sempre più sostenibile14. Se infatti, da una parte, i lockdown del 2020, causando un sensibile calo dell’inquinamento atmosferico, hanno evidenziato l’importanza di un ambiente più a misura d’uomo, dall’altra le misure igieniche e di distanziamento sociale, necessarie a contenere il contagio, hanno avuto un forte impatto su vari settori del mondo della mobilità. Si è assistito, per esempio, a un ritorno dell’auto di proprietà, fino a poco tempo prima data “in agonia”, alla frenata del car sharing e, contemporaneamente, ad un’impennata della micromobilità nei grandi centri urbani. Penalizzato risulta anche il bike-sharing, calato sia a causa dell’emergenza pandemia sia per la crescente concorrenza dei monopattini elettrici in condivisione.

In particolare, UN-Habitat sta supportando i governi nazionali e locali per aiutarli a rispondere e a riprendersi dalla pandemia. Nello specifico, il piano di risposta, su base locale, nazionale e globale, mira a sostenere i governi locali, fornire dati urbani, fare una mappatura dettagliata dei bisogni, mitigare l’impatto economico e avviare la ripresa.

Per quanto riguarda la performance dell’Italia rispetto all’obiettivo 11, stando ai dati diffusi dall’ASviS nel Rapporto 2021 su Città e Comunità Sostenibili e dall’Istat nel Rapporto SDGs 2021, il Paese ha ancora ampi margini di miglioramento sotto diversi aspetti.

Sempre l’ASviS, per migliorare le condizioni delle città italiane, presenta diverse proposte, tra cui: l’approvazione di una norma per la costituzione di un’unica cabina di regia per la rigenerazione urbana presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims); il superamento della logica dei soli bandi al fine di contrastare il disagio abitativo; la costituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione abitativa; l’impulso al trasporto rapido di massa nelle aree urbane; la connessione degli incentivi per i veicoli a basse emissioni al reddito; il superamento dei limiti presenti nella Strategia nazionale per le aree interne grazie a strumenti innovativi di pianificazione; per una miglior qualità dell’aria, adottare una diversa governance che coinvolga con maggiore decisione il livello nazionale e affronti temi quali la produzione di energia, il sistema dei trasporti, le principali filiere produttive; l’estensione dei finanziamenti per la riforestazione urbana a tutti i comuni ed enti territoriali italiani e il sostegno di tali politiche di incremento del capitale naturale delle città attraverso una pianificazione specifica per il verde.

Come sottolinea la stessa ASviS, il Goal 11 dell’Agenda 2030 è al centro delle azioni previste dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Il fondo complementare al Pnrr, infatti, prevede 2 miliardi di euro di investimenti per migliorare l’efficienza energetica, la resilienza e la sicurezza sismica, nonché la condizione sociale nel patrimonio residenziale pubblico.

Tra le politiche nazionali messe in atto a sostegno del Goal 11, è stato riavviato il Programma straordinario per le periferie, con erogazioni di importi medi di oltre 30 milioni di euro al mese. È partita, inoltre, una linea di progetti di rigenerazione urbana gestiti dal Ministero dell’Interno che ripartisce le risorse (8,5 miliardi di euro per Comuni capoluogo o con popolazione superiore a 15.000 abitanti) secondo le richieste dei Comuni.

Per il disagio abitativo, la principale strategia messa in atto in Italia è la dotazione di edilizia residenziale pubblica, sebbene il ridotto impegno finanziario pubblico veda il Paese svantaggiato rispetto agli altri Stati europei. Secondo gli ultimi dati, infatti, sono oltre 1,1 milioni le famiglie che si trovano in condizione di disagio abitativo, acuto o grave.

Per quanto concerne le politiche per l’abitare, il Pinqua (Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare) non contiene ancora obiettivi quantitativi. Tuttavia, per sostenere le fasce più deboli della popolazione è stata decisa la sospensione delle rate dei mutui prima casa nel corso del 2021, insieme al rifinanziamento dei fondi di sostegno alla locazione e per le morosità incolpevoli e ad alcuni contributi istituiti per l’emergenza Covid-19.

Nel corso del 2021, sono stati rinnovati sostegni per diverse categorie di operatori in ambito artistico e culturale ed è stato regolato il rilascio di voucher per spettacoli e ingressi a musei, sospesi per l’emergenza sanitaria.

Per quanto riguarda il miglioramento della qualità dell’aria, il Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr stabilisce l’erogazione di 105 milioni di euro per gli anni 2022-2024.

Sono stati adottati interventi per mitigare gli effetti della pandemia sul trasporto pubblico, in particolare sono stati destinati alle linee metropolitane 2,7 miliardi di euro nel triennio 2021-2023 e sono stati stanziati 550 milioni per il rinnovo degli autobus (50% al Sud) e 1.550 milioni per le linee ferroviarie regionali (80% al Sud). E’ stata resa obbligatoria la figura del mobility manager, che promuove e realizza interventi di organizzazione e gestione della domanda di mobilità delle persone, anche collaborando all’adozione del piano di mobilità sostenibile.

Il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dedica una quota molto elevata di risorse alle riforme ambientali (il 37,5% di tutte le risorse europee, per un totale di circa 72 miliardi di euro).

Circa 57 miliardi di euro da stanziare per la transizione ecologica e per la dotazione di infrastrutture sostenibili sono di competenza del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims). Molte di queste risorse sono territorializzate, ovvero si tratta di fondi assegnati alle regioni oppure agli enti locali perché sviluppino progetti di propria competenza o li assegnino a altri soggetti attuatori. È questo il caso, ad esempio, dei fondi dedicati alla riqualificazione dei porti, al potenziamento delle linee ferroviarie regionali, agli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana e al rafforzamento delle strutture idriche. Ed, altresì, del rinnovo degli autobus in senso ecologico, ed infatti, tra i vari provvedimenti per facilitare la transizione ecologica, il piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto anche il rifornimento da parte dei centri urbani del nostro paese di mezzi di trasporto pubblico a basse emissioni. Come stabilito e approvato in via definitiva nel dicembre 2021, nel corso della Conferenza Unificata, questi fondi, gestiti dal Mims, saranno assegnati ai grandi comuni per acquistare, nello specifico, autobus elettrici o ad idrogeno. I mezzi di trasporto a basse emissioni sono uno strumento particolarmente importante per contrastare alcuni effetti negativi del cambiamento climatico e favorire la transizione ecologica. Infatti, i trasporti sono uno dei settori più inquinanti (causa di oltre un terzo di tutte le emissioni di ossidi di azoto), e l’inquinamento atmosferico risulta ad oggi una delle conseguenze più dannose della presenza antropica sulla Terra, sia per l’ambiente stesso che per la nostra salute. Essendo poi il trasporto pubblico di per sé molto utile per arginare il problema di un troppo elevato tasso di motorizzazione – l’Italia è il secondo paese Ue con più veicoli privati per abitante – è palese che garantire una rete di trasporto pubblico efficiente ed ecologica sia essenziale. Questo con maggiore attenzione ai grandi centri abitati, maggiormente esposti all’inquinamento atmosferico generato dal traffico veicolare.

Infine, a conclusione di questa rassegna sulle politiche messe in atto a sostegno dell’Obiettivo 11 nel contesto italiano, è interessante fare un breve cenno ad una recente iniziativa di Enel X che ha creato una metrica per misurare il grado di sostenibilità delle città, attraverso la fornitura di servizi innovativi, tra cui le ricariche per l’auto elettrica, i pannelli solari, i servizi innovativi per le aziende come il demand response o gli e-bus e metriche come il Circular City Index o il Sustainability Report.

Questi progetti di Enel X hanno come obiettivo rendere i servizi accessibili alle pubbliche amministrazioni al fine di rendere le città sempre più consapevoli nel processo per diventare più sostenibili.

5. Mobilità Sostenibile e l’importanza della Pianificazione Urbana: i PUMS.

La Commissione Europea, nel 2013, ha rilanciato l’efficienza e la sostenibilità in ambito urbano con un nuovo pacchetto di misure volte alla mobilità, tra le quali considera elemento centrale l’elaborazione del Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile. Le città europee, in alternativa ad un ulteriore degrado della qualità della vita nelle aree urbane ed alla compromissione della capacità del sistema dei trasporti di esaudire la domanda di mobilità in modo efficiente e sostenibile, sono state chiamate a cogliere le opportunità offerte da un approccio integrato alla pianificazione urbana della mobilità, che ha richiesto evidenti sforzi iniziali ma che, nell’ottica della Commissione Europea, sarebbero stati ampiamente ripagati nel medio-lungo periodo.

Tenuto conto che una delle principali priorità dell’Agenda europea è guidare lo sviluppo urbano delle città su percorsi sostenibili, competitivi ed efficienti, una particolare attenzione è sempre stata richiesta al tema della mobilità. Tra le esternalità, la congestione urbana, infatti, ha sempre comporta i costi e l’impegno maggiori.

Sempre la Commissione Europea, per dare fattivo supporto agli enti territoriali, ha elaborato degli specifici working paper che si riferiscono alla Logistica Urbana, alla Regolamentazione dell’accessibilità urbana dei veicoli “smart”, agli ITS (Information Transportation System), alla sicurezza stradale urbana e ai Sustainable Urban Mobility Plans (SUMP, in italiano Piano Urbano Mobilità Sostenibile-PUMS) ed ha riconosciuto il ruolo strategico che può essere ricoperto dalla pianificazione sostenibile della mobilità in ambito urbano e, per questo, ha individuato nei PUMS lo strumento per rilanciare un sistema dei trasporti efficiente e competitivo. La risonanza dell’iniziativa relativa ai PUMS è stata tale che anche l’iniziativa del Patto dei Sindaci, e di conseguenza dei Piani di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES), sono stati interessati dall’introduzione di una dimensione dedicata alla “mobilità urbana” per le città interessate.

A tal riguardo sono stati adottati appositi strumenti; ad esempio, è stata attivata la Piattaforma Europea ENDURANCE (EU-wide Establishment of Enduring National and European Networks for Sustainable Urban Mobility), che consiste in un progetto dell’Unione Europea, co-finanziato dal programma Intelligent Energy Europe (IEE), che ha l’obiettivo di creare una rete nazionale ed europea stabile e duratura a supporto della pianificazione e della realizzazione delle misure di mobilità urbana sostenibile nelle città.

E’ opportuno, inoltre, citare il progetto IEE, “Boosting Urban Mobility Plans (BUMP), che ha segnato un progresso verso l’implementazione e l’adozione da parte dei Comuni dei PUMS quale strumento innovativo di programmazione a supporto dei Comuni con popolazione compresa tra i 40.000 e 350.000 abitanti, per la predisposizione del PUMS attraverso il trasferimento delle conoscenze e competenze necessarie, messe in rete per facilitare la condivisione di esperienze e insegnamenti.

Il PUMS è, dunque, uno strumento strategico di pianificazione, con un orizzonte temporale di lungo termine (minimo 10 anni), che si basa sugli strumenti di pianificazione esistenti e tiene in debita considerazione i principi di integrazione, partecipazione e valutazione per soddisfare, oggi e domani, le necessità di mobilità delle persone e delle merci con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita nelle città e nei loro dintorni. Gli elementi che lo contraddistinguono dai tradizionali Piani dei Trasporti/Mobilità sono da individuare proprio nei tre principi di integrazione, partecipazione15 e valutazione cui si ispira l’intero processo di elaborazione e attuazione del piano stesso.

L’attività, assolutamente innovativa, di pianificazione del PUMS16 si basa principalmente sul coordinamento e l’integrazione dei vari aspetti della sostenibilità (equità sociale ed economica, ambientale e sviluppo di qualità) nei vari settori (trasporti, urbanistica, ambiente, sviluppo economico, politiche sociali, salute, sicurezza, energia ecc.); prevede, inoltre, la cooperazione tra i vari livelli istituzionali nonché la collaborazione tra aree urbane vicine e il coinvolgimento pubblico degli stakeholder; infine, attribuisce un peso molto rilevante alle attività di monitoraggio e di valutazione dei target e delle misure pianificate che devono periodicamente accompagnare l’attuazione del piano. Il tutto si realizza nell’ottica del miglioramento dell’efficienza, dell’attrattività e della qualità del sistema dei trasporti urbani. Le politiche e le misure definite in un PUMS devono, pertanto, riguardare tutti i modi e le forme di trasporto presenti sull’intero agglomerato urbano, pubbliche e private, passeggeri e merci, motorizzate e non motorizzate, di circolazione e sosta.

Nell’accezione riconosciuta dalle Linee Guida ELTIS (“Guidelines for developing and implementing a Sustainable Urban Mobility Plan”, approvate nel 2014 dalla Direzione Generale per la Mobilità e i Trasporti della Commissione Europea) e dal loro aggiornamento pubblicato come seconda edizione delle linee guida europee nell’ottobre 2019, un “Piano Urbano della Mobilità Sostenibile è un piano strategico che si propone di soddisfare la variegata domanda di mobilità delle persone e delle imprese nelle aree urbane e peri-urbane per migliorare la qualità della vita nelle città. Il PUMS integra gli altri strumenti di piano esistenti e segue principi di integrazione, partecipazione, monitoraggio e valutazione”.

Le linee guida europee definiscono, quale finalità principale di un PUMS, quella di creare un sistema urbano dei trasporti che persegua almeno i seguenti obiettivi: 1) migliorare l’accessibilità per tutti, senza distinzioni di reddito o status sociale; 2) accrescere la qualità della vita e l’attrattività dell’ambiente urbano; 3) migliorare la sicurezza stradale e la salute pubblica; 4) ridurre l’inquinamento atmosferico e acustico, le emissioni di gas serra e il consumo di energia; 5) fattibilità economica, equità sociale e qualità ambientale. Esse elencano, inoltre, i principali benefici che un PUMS genera, sia per gli Enti locali che per la collettività nel suo insieme: 1) migliorare la qualità della vita, 2) creare benefici economici e ridurre i costi; 3) dare un valido contributo al miglioramento della salute e dell’ambiente; 4) migliorare l’accessibilità e la fluidificazione della mobilità; 5) fare un uso più efficiente delle risorse limitate a disposizione; 6) conquistare il consenso dei cittadini; 7) realizzare piani migliori grazie a un approccio interdisciplinare e integrato; 8) riuscire a soddisfare gli obblighi di legge in maniera efficace e integrata; 9) sfruttare le sinergie di più istituzioni e settori per una pianificazione collaborativa; 10) muoversi verso una nuova cultura della mobilità.

Più sinteticamente, la redazione di un PUMS ha, pertanto, l’obiettivo di migliorare la qualità e le prestazioni ambientali delle aree urbane in modo da assicurare un ambiente di vita più sano in un complessivo quadro di sostenibilità economica e sociale, facendo sì che il sistema della mobilità urbana assicuri a ciascuno l’esercizio del proprio diritto a muoversi, senza gravare, per quanto possibile, sulla collettività in termini di inquinamento atmosferico, acustico, di congestione e incidentalità. In tale ottica, il tema dell’accessibilità, intesa come insieme delle caratteristiche spaziali, distributive, organizzative e gestionali in grado di permettere la mobilità e un uso agevole, in condizioni di sicurezza e autonomia, degli spazi e delle infrastrutture della città da parte di qualsiasi persona, è da intendersi come elemento centrale per la redazione, l’implementazione e il monitoraggio di un PUMS.

Una città dove ci si sposta in modo agevole, comodo e sicuro è una città migliore, sia per i cittadini sia per le attività economiche esercitate in loco. Per questo è importante che nelle cosiddette smart city la mobilità sia sostenibile17.

Il concetto stesso di smart city racchiude in sé quello di smart mobility, termine che fa riferimento a tecnologia, infrastrutture per la mobilità (parcheggi, reti di ricarica, segnaletica, veicoli), soluzioni per la mobilità (tra cui i modelli di new mobility). E l’obiettivo finale dell’introduzione di una mobilità smart nelle nostre città è ridurre il traffico, ridurre l’inquinamento, creare flussi intelligenti e senza interruzioni, e rafforzare le economie di scala per promuovere una mobilità accessibile a tutti18.

Per quanto riguarda i risultati ottenuti in ambito europeo dall’applicazione di misure di mobilità sostenibile, uno dei casi più significativi è Stoccolma, seguita da Amsterdam. Lo indica il City Mobility Index (DCMI 2020) di Deloitte, che prende in esame la qualità della mobilità urbana in 36 centri urbani sparsi per il pianeta. I criteri usati per la ricerca (interessanti per capire meglio in cosa consiste il nuovo modo di muoversi sostenibile) sono stati: 1) Prestazioni e resilienza. Aspetti come la mobilità integrata e la modal diversity (diversità modale); 2) Visione e leadership. Investimenti, innovazione, regolamenti, ecc.; 3) Servizio e inclusione. Accessibilità e altro ancora. Per ogni criterio, le città sono state classificate da ‘emergenti’ ad ‘aspiranti’, ‘contender’, ‘top performer’ e ‘leader globale’. Amsterdam è un “leader globale” sia nella diversità modale che nella visione e nella strategia, un “top performer” quando si tratta di congestione e densità dei trasporti pubblici, ma solo una città “aspirante” per l’accessibilità dei trasporti. Il 30% dei viaggi nella capitale olandese è fatto in bicicletta e il 19% con i mezzi pubblici, le auto private sono ancora la maggior parte dei mezzi circolanti (42%).

Tokyo, seconda solo a Stoccolma, è un “leader globale” quando si tratta di sicurezza dei trasporti, ma solo “aspirante” quando si tratta di congestione e qualità dell’aria. I cittadini di Tokyo viaggiano molto di più sui mezzi pubblici (47%) e molto meno in auto (12%). Sorprendentemente, il 24% degli abitanti della metropoli cammina, contro solo il 4% di chi vive a Amsterdam.

In Italia, l’art. 22 della Legge 340/200019 ha istituito il Piano Urbano della Mobilità (PUM) quale strumento di pianificazione sistemica con orizzonte temporale decennale per i Comuni con più di 100.000 abitanti, con lo scopo di regolamentare il settore della mobilità urbana, dal punto di vista della viabilità, del trasporto pubblico e della sicurezza stradale. Il Piano Urbano della Mobilità si affiancato al Piano Urbano del Traffico (PUT), uno strumento programmatico, reso obbligatorio dal 1992 per i Comuni con più di 30.000 abitanti o interessati da particolari flussi turistici o da elevato pendolarismo, ma che non possiede la portata del PUM e si configura piuttosto come piano di gestione di breve periodo. In base alla normativa nazionale, la predisposizione del PUM costituiva un prerequisito per accedere ai co-finanziamenti nazionali per investimenti in infrastrutture (fino al 60% dell’investimento). Per il resto, il PUM era finanziato con fondi locali destinati alla gestione dei servizi di trasporto, alla gestione della domanda o per altre iniziative di riduzione del traffico.

Il PUM italiano si è avvicina man mano sempre di più al PUMS introdotto dalla Commissione Europea; infatti, il PUM originariamente era un progetto integrato di mobilità urbana, che raccoglieva e coordinava progetti del sistema della mobilità comprendenti l’insieme organico degli interventi sulle infrastrutture di trasporto pubblico e stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle tecnologie, sul parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura dei mobility manager, i sistemi di controllo e di regolazione del traffico, l’informazione all’utenza, la logistica e le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle città.

Il PUM, però, per diventare PUMS necessitava di ulteriori elementi propri del secondo ed assenti nel primo. Ad esempio, nel caso della “partecipazione”, il PUMS prevedeva sempre il coinvolgimento degli stakeholder e del pubblico in generale mentre nel caso del PUM questo avveniva solamente se si rendeva obbligatoria una procedura di Valutazione Ambientale Strategica. Inoltre, il PUMS prevedeva la predisposizione di una serie di piani di settore, tra cui anche il piano della ciclabilità, quello della diffusione delle tecnologie telematiche e una periodica attività di monitoraggio e valutazione20.

Tra le città italiane che per prime hanno deliberato il PUM, alcune sono andate sin da subito nella direzione di un vero e proprio PUMS21. Tra queste, ancor prima del varo dello Urban Mobility Package, nel 2008, il Comune di Torino aveva predisposto un PUMS descrivendo in maniera dettagliata la situazione di partenza e le azioni che intendeva realizzare in tutte le tematiche previste dalla Commissione Europea; inoltre, era stata predisposta una serie di indicatori per le attività di monitoraggio e verifica.

Milano ha avviato il procedimento per la redazione del nuovo PUMS nel 2012, stabilendo 10 linee di indirizzo che puntavano sulle infrastrutture di trasporto pubblico, accessibilità e sicurezza, mobilità dolce e condivisa.

Parma è considerato uno degli esempi migliori per le politiche di mobilità sostenibile e il PUM comunale è stato integrato (divenendo PUMS) da una serie di piani di settore, come il BiciPlan, il Piano della Sosta e le varie carte tematiche della mobilità.

Reggio Emilia ha elaborato il suo PUM, anch’esso integrato (quindi PUMS) con il BiciPlan e le Zone 30 nel centro storico.

Prato ha avviato l’elaborazione del nuovo PUMS, da parte di un apposito staff scientifico definito come La Mos, ossia “Laboratorio per la Mobilità Sostenibile”.

Roma nel 2009 ha elaborato un Piano Strategico per la Mobilità Sostenibile con linee di indirizzo alle quali conformare gli strumenti di pianificazione della mobilità, come il Piano Generale del Traffico Urbano e i Piani Particolareggiati del Traffico, il Programma Urbano della Mobilità e il Piano Regolatore Generale.

Il 5 agosto 2017 sulla Gazzetta Ufficiale n. 233 è stato pubblicato il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 4 agosto 201722 recante “Individuazione delle linee guida per i piani urbani di mobilità sostenibile, ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 25723”, poi aggiornate con Decreto n. 396 del 28 agosto 201924. Il Decreto originale è stato approvato con l’esplicita finalità di favorire l’applicazione omogenea e coordinata di linee guida per la redazione di Piani Urbani di Mobilità Sostenibile su tutto il territorio nazionale e consta di 6 articoli (Art. 1 “Finalità”, Art. 2 “Linee guida”, Art. 3 “Adozione dei PUMS”, Art. 4 “Aggiornamento e monitoraggio”, Art. 5 “Clausola di invarianza”, Art. 6 “Modifiche”) e due allegati contenenti il primo le “Procedure per la redazione e approvazione del piano urbano di mobilità sostenibile” e il secondo gli “Obiettivi, strategie ed azioni di un PUMS”.

Nelle Linee guida si fa riferimento ai seguenti aspetti: a) procedura uniforme per la redazione e l’approvazione dei PUMS, contenuta nell’allegato 1; b) individuazione delle strategie di riferimento, degli obiettivi macro e specifici e delle azioni che contribuiscono all’attuazione concreta delle strategie, nonché degli indicatori da utilizzare per la verifica del raggiungimento degli obiettivi dei PUMS (allegato 2).

Il nuovo approccio alla pianificazione strategica della mobilità urbana si basa sulle Linee Guida ELTIS ed è in linea con quanto espresso dall’allegato “Connettere l’Italia: fabbisogni e progetti di infrastrutture” al Documento di economia e finanza 2017. I macro obiettivi obbligatori che i PUMS devono raggiungere, che sono misurabili attraverso i relativi indicatori indicati nell’allegato 2, sono monitorati con le modalità indicate all’Art. 4, anche al fine di valutare il grado di contribuzione al raggiungimento progressivo degli obiettivi di politica nazionale.

Il Decreto sancisce l’obbligo di adozione del PUMS, inteso come condizione essenziale per accedere ai finanziamenti statali destinati a nuovi interventi per il trasporto rapido di massa, per tutti i Comuni con più 100.000 abitanti, fatta eccezione per quelli che ricadano in una Città metropolitana che abbia provvisto alla definizione di un proprio PUMS.

Gli enti locali, per poter accedere ai finanziamenti statali di infrastrutture per nuovi interventi per il trasporto rapido di massa, devono definire i Pums applicando le linee guida adottate. Con l’avvento delle piattaforme digitali e della sharing mobility, le azioni degli enti locali per una mobilità sostenibile possono essere ulteriormente sviluppate e incentivate.

Secondo l’analisi dei PUMS inserita nel Rapporto MobilitAria 2021, redatto da Kyoto Club e CNR-Istituto sull’Inquinamento Atmosferico, i comuni italiani aventi un PUMS approvato al 31 gennaio 2021 sono 43; di questi, 22 sono capoluoghi di provincia. Dal Rapporto emerge, inoltre, come le città di medie dimensioni abbiano intensificato gli sforzi per la pianificazione di una mobilità sostenibile per far fronte ai problemi relativi ai servizi, all’accessibilità e alla sostenibilità. Tra i principali obiettivi dei PUMS italiani troviamo la volontà di ridurre il traffico motorizzato privato favorendo l’uso della bicicletta e della mobilità attiva, il potenziamento del trasporto pubblico locale, la riduzione delle emissioni di CO2 e, infine, degli inquinanti PM10 e NOx25. Di contro, tra le strategie del PUMS, si nota una certa marginalità della logistica urbana delle merci. I cambiamenti nel comportamento dei consumatori, i nuovi servizi di e-commerce, le consegne istantanee e la pandemia COVID-19, insieme ai tradizionali movimenti delle merci, stanno causando un aumento delle consegne dell’ultimo miglio e una forte pressione sugli ambienti urbani (20% del traffico urbano e 30% delle emissioni in ambito urbano sono generate dalla logistica; in un contesto in cui lo studio FM Logistics prevede una crescita annuale del mercato dell’8%/anno fino al 2030). Ciò nonostante, l’attenzione dei PUMS rispetto alla logistica urbana rimane ancora marginale. Infatti, solo l’8% dei PUMS analizzati in Italia (46 su 560 in termini assoluti) prevedono la logistica tra le strategie26, nonostante nel Libro Bianco dei Trasporti (2011) la Commissione Europea abbia fissato come obiettivo il raggiungimento di una City Logistics libera da emissioni di CO2 entro il 2030, come ricordato anche nel recente webinar del progetto Logistica Smart organizzato da CNR-IIA e Albo dell’Autotrasporto. FIT Consulting ha lavorato all’analisi dello stato dell’arte, all’individuazione di criticità e alla definizione di pacchetti di misure volte a rendere più efficiente e sostenibile il settore che è essenziale per garantire la vitalità delle nostre città e indispensabile per la floridità del tessuto economico urbano. Al momento FIT ha all’attivo 2 PUMS approvati (Livorno e Trieste), uno adottato (Verona, in fase di approvazione) e uno in fase di redazione (Città Metropolitana di Cagliari) più due studi di approfondimento/fattibilità sulle misure di logistica dell’ultimo miglio incluse nel PUMS di Modena e Bergamo.

Giunta al termine di questo lavoro in cui ho voluto ripercorrere ed analizzare le tappe più significative che stanno coinvolgendo l’intero pianeta cercando di indirizzarlo sempre più su una prospettiva di sviluppo sostenibile, cercando di dare una risposta alla domanda iniziale che voleva indagare circa i risultati e le criticità che, a 7 anni dall’approvazione dell’Agenda 2030, emergono ad oggi nelle amministrazioni comunali, laddove l’organizzazione dei servizi pubblici ed in particolare la questione mobilità assumono primaria rilevanza, e dalla valutazione, nello specifico, della realtà amministrativa di Taranto, a me più vicina, constato il raggiunto di un discreto livello di sostenibilità.

Abbiamo più volte detto che tante sono le criticità emerse in questi anni ed ancora molto c’è da fare per migliorare le attuali situazioni ma è innegabile che, in questi anni, i progressi ed i progetti in fase di attuazione siano importanti e, mancando ancora poco più di 7 anni al 2030, molto altro possa essere realizzato. In quest’ottica ottimistica, con immenso piacere ho appreso che anche a Taranto l’Amministrazione comunale27, a partire dalla redazione del PUMS, approvato nel 2018, è impegnata in un’azione ad ampio spettro per realizzare il potenziamento del trasporto pubblico urbano, riconosciuto dal PUMS di Taranto come una risorsa strategica per accompagnare la città verso nuovi e più sostenibili modelli di mobilità, ma anche come Driver per stimolare processi di riqualificazione urbana.

La città di Taranto può contare su una dotazione importante (700.000 km/anno) di percorrenze finanziate dal fondo unico per il TPL che è necessario sfruttare al meglio. Attualmente sulla rete urbana si muovono giornalmente circa 40.000 passeggeri paganti che salgono a 60.000 se si considerano le stime di traffico effettivo calcolato sui passeggeri a bordo. Dando per scontato l’obiettivo di contrasto all’evasione, finalizzato a recuperare efficienza economica, il PUMS si è posto come scopo prioritario il raggiungimento di una maggiore competitività della rete portante urbana rispetto all’auto privata.

E’ stato rilevato che, degli oltre 540.000 spostamenti elementari in auto privata che quotidianamente si svolgono internamente alla città (i quali rappresentano l’80% degli spostamenti in auto privata effettuati all’interno del territorio comunale), circa l’85% ha una durata inferiore ai 30’. A questo scopo, il PUMS ha previsto la realizzazione di due linee di Bus Rapid Transit (BRT) che costituiscano la struttura portante della rete. Il BRT è una soluzione infrastrutturale-tecnologica-organizzativa fondata sull’utilizzo, quanto più efficiente possibile, dell’autobus i cui elementi distintivi sono: 1. adozione di soli autobus ad alta capacità e tendenzialmente con motorizzazione ibrida o elettrica; 2. sede prevalentemente riservata; 3. priorità semaforica alle intersezioni; 4. allestimento delle fermate con accosto a marciapiede, incarrozzamento a raso e servizi ai passeggeri; 5. distanziamento medio tra le fermate non inferiore ai 350 metri.

L’Amministrazione si è, altresì, impegnata per quanto concerne il potenziamento di una rete continua e sicura di itinerari ciclabili in grado di connettere reciprocamente i quartieri della città con i principali attrattori di traffico e il centro storico. Effettuando un’attività di coinvolgimento dell’Università, delle scuole secondarie di secondo grado, degli enti e delle aziende pubbliche e delle Forze Armate e dei Corpi di Polizia per ricostruire i flussi di mobilità che, quotidianamente, si muovono dalla residenza verso i luoghi di destinazione, sono stati studiati e analizzati più di 16.000 percorsi casa-scuola e casa-lavoro per definire e avviare la realizzazione di piste ciclabili compatibili con le reali esigenze di mobilità leggera.

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D.M. 4 agosto 2017, n. 397, “Individuazione delle linee guida per i piani urbani di mobilità sostenibile, ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257. (17A06675)”.

D.M. 28 agosto 2019, n. 396, “Modifiche delle linee guida per la redazione dei PUMS di cui al D. Min. Infrastrutture e Trasp. 04/08/2017.”

NOTE

1 Asvis (2020), L’Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile, Rapporto Asvis 2020.

2 A. Falzarano, Agenda 2030 tra Sviluppo Sostenibile e cultura della sostenibilità: una lettura sociologica. Agenda 2030 between Sustainable Development and the Culture of Sustainability: A Sociological Reading. Culture e Studi del Sociale-CuSsoc 2020, pg. 143-152

3 Giovannini E., L’Utopia Sostenibile, Editori Laterza (2018).

4 D. Herman E., Oltre la crescita. L’economia dello sviluppo sostenibile, Einaudi Editore (2001).

5 L. Cavalli, Fondazione Eni Enrico Mattei, 2018, Agenda 2030 da globale a locale, Milano.

6 Castellani V., Sala S., Significato e prospettive della sostenibilità. Il ruolo del mondo accademico, delle istituzioni, della scuola e delle imprese per lo svilupp o sostenibile, Tangram Edizioni Scientifiche 2010.

7 Gabrielli G., Teorie e pratiche per una gestione sostenibile delle persone, Franco Angeli Edizioni.

8 Legge 28 dicembre 2015, n. 221, “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali. (16G00006)”.

9 Porena D., Il principio di sostenibilità. Contributo allo studio di un programma costituzionale di solidarietà intergenerazionale, G. Giappichelli Editore.

10 Galuzzi P., Vitillo P., Rigenerare le città. La perequazione urbanistica come progetto, Maggioli Editore.

11 Martinelli N., Mininni M., Città Sostenibilità Resilienza: l’urbanistica italiana di fronte all’Agenda 2030, Donzelli Editore.

12 Grigorut I., Le politiche pubbliche nazionali per le città e le periferie nella prospettiva della rigenerazione urbana, Working Papers. Rivista online di Urban@it – 1/2019.

13 Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030

14 C. Pignalberi, Promuovere esperienze di apprendimento sul territorio: la sostenibilità e la resilienza come motore di “rinascita” ai tempi del Covid-19 (2021). FORMAZIONE & INSEGNAMENTO. Rivista internazionale di Scienze dell’educazione e della formazione, 281-295.

15 Gabrielli G., Teorie e pratiche per una gestione sostenibile delle persone, Franco Angeli Edizioni.

16 Tricarico L., Vecchio G., Testoni S., Comunità di pratiche della mobilità urbana: innovazione, condivisione e behavioural economics, “Working Papers. Rivista Online Di Urban@it” 2016.

17 De Castro M., Mobilità Sostenibile. Approcci, mentali e strumenti di governance, Altravista Editore.

18 Staricco L., Smart Mobility: opportunità e condizioni, TeMA Vol 6 pag341-356.

19 Legge 24 novembre 2000, n. 340, “Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi”.

20 Sacco C., Il Piano Urbano di Mobilità Sostenibile. Linee d’azione, indicatori e monitoraggio, Alinea Editrice.

21 Vittadini M. R., Rigenerazione Urbana e Mobilità Sostenibile, Ecoscienza n. 5/2017.

22 D.M. 4 agosto 2017, n. 397, “Individuazione delle linee guida per i piani urbani di mobilità sostenibile, ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257. (17A06675)”.

23 D.Lgs. 16 dicembre 2016, n. 257, “Disciplina di attuazione della direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi. (17G00005)”.

24 D.M. 28 agosto 2019, n. 396, “Modifiche delle linee guida per la redazione dei PUMS di cui al D. Min. Infrastrutture e Trasp. 04/08/2017.”

25 L.R. 23 giugno 2008, n. 16, “Principi, indirizzi e linee di intervento in materia di piano regionale dei trasporti”.

26 Fonte: “Lo stato dei PUMS in Italia”, Est motus in rebus 2019.

27 L.R. 23 giugno 2008, n. 16, “Principi, indirizzi e linee di intervento in materia di piano regionale dei trasporti”.

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