L’ESPROPRIAZIONE DEI BENI MOBILI NELLA P. A.
N. A. T. O.
( prima parte)
Sergio Benedetto Sabetta
L’analisi dei beni mobili pignorabili in materia di P. A. di maggiore interesse è il rapporto con gli organi internazionali operanti in Italia, di cui il caso più emblematico, sia per la notevole giurisprudenza che per l’ampiezza della presenza sul territorio, è dato dalla N. A. T. O.
Il Pretore di Verona con sentenza del 9/12/1980, ha enunciato che i beni dei Quartieri Generali interalleati N.A.T.O. sono sottratti al pignoramento anche per i crediti di lavoro, in forza dell’ Accordo di Parigi del 26/7/1961, ratificato con D.P.R. 19/9/1962, n. 2083.
Al contrario il Tribunale di Verona con sentenza 15/5/1981, ha respinto tale interpretazione, in quanto sarebbe “estremamente contraddittorio anche sulla base degli accordi internazionali riconoscere ai lavoratori civili i loro diritti relativamente ai rapporti di lavoro – ivi compresi quelli connessi alla tutela processuale – per poi vanificare la realizzazione degli stessi sulla base di una interpretazione normativa non giustificata da seri argomenti testuali sistematici. – Pare invece molto più logico ritenere che le norme immunitarie siano dettate a tutela di interessi di ben maggiore importanza che non la protezione nei confronto di una esecuzione per crediti da lavoro giudizialmente accertati” (1).
La Cassazione investita del problema è ritornata alla prima interpretazione dichiarando l’impignorabilità dei beni in N.A.T.O., in quanto immuni da ogni forma di esecuzione coattiva.
Il ragionamento della Corte si fonda sull’interpretazione oggettiva dell’art. 4 del Trattato di Parigi del 1961, ne considera infatti il contesto e la ratio e respinge l’interpretazione della sentenza impugnata che aveva sottolineato come l’art. 4 non contemplasse l’istituto del pignoramento così come previsto dall’ordinamento italiano.
La sentenza sottolinea che l’art. 4 va interpretato in modo non isolato ma in collegamento con il Protocollo di Parigi del 1952 ed in particolare con l’art. 11, che pone l’obbligo di concedere ai beni dei Quartieri Generali una ampia immunità dall’esecuzione forzata, con riferimento ad ogni forma di privazione coattiva della proprietà, ivi compreso il pignoramento (2).
Durante il giudizio è stata sollevata la questione della legittimità costituzionale delle norme di adattamento all’art. 4 del Trattato di Parigi ed all’art. 11 del Protocollo di Parigi rispetto agli artt. 3 e 24 Cost..
La motivazione con cui la Corte ha rigettato l’eccezione di costituzionalità ha sollevato dubbi in una parte della dottrina. Non appare convincente il prevalere dell’interesse pubblico della difesa dello Stato su quello della tutela giurisdizionale previsto dall’art. 24 Cost.
Infatti non si ritiene che possa essere invocato il valore costituzionale della difesa della Nazione per garantire alla N.A.T.O. l’immunità da misure esecutive. Né è prospettabile il ricorso all’art. 11 Cost. o all’art. 10, 1° c., Cost. , in quanto discutibili i presupposti e non facilmente dimostrabile l’esistenza di una norma internazionale generale di reciprocità.
Tuttavia la legittimità potrebbe essere garantita se fosse istituito un meccanismo particolare che garantisse il soddisfacimento dei diritti della difesa.
Nell’individuazione di tale meccanismo viene incontro il Consiglio di Stato il quale in una sua decisione, Sez. IV, 13/10/1966, n. 669, prospetta la possibilità di una eventuale intesa al fine di un accollo da parte dello Stato italiano delle obbligazioni dei Quartieri Generali interalleati (3).
NOTA
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Il diritto del lavoro, 1981, parte II, pag. 312 e seg.
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Corte di Cassazione, sez. I civ., 22/3/1984, n. 1920, Foro italiano, 1985, I, 2076
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L. Sbolci, Foro italiano, 1985, I, 2076