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LAVORO: Infortuni sul lavoro, malattia professionale aggravata da menomazioni preesistenti.

 

CORTE COSTITUZIONALE  25 febbraio – 13 aprile 2021 SENTENZA N. 63

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Assistenza e solidarieta' sociale  -  Indennita'  per  infortuni  sul lavoro  e  malattie  professionali  -  Determinazione   del   danno
  biologico  -  Malattia  professionale  aggravata   da   menomazioni preesistenti al nuovo regime valutativo, per le quali  l'assicurato
  gia'  percepiva  un  indennizzo  -  Considerazione  dell'integrita' psicofisica completa, anziche' di quella ridotta per effetto  delle
  preesistenze  -  Irragionevolezza,  violazione  dei   principi   di uguaglianza   e   di   solidarieta'   sociale   -    Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
- Decreto legislativo 23 febbraio 2000, n.  38,  art.  13,  comma  6,  secondo periodo. 
- Costituzione, artt. 3 e 38. 

(GU n.15 del 14-4-2021 )

  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma
6, secondo e terzo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000,
n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli  infortuni
sul lavoro e le malattie professionali,  a  norma  dell'articolo  55,
comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144),  promosso  dalla  Corte
d'appello di Cagliari, sezione civile, in  funzione  di  giudice  del
lavoro,  nel  procedimento  vertente  tra  l'Istituto  nazionale  per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e A. M. quale
erede di G. P., con ordinanza del 26 maggio 2020, iscritta al n.  130
del registro ordinanze 2020 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto  l'atto  di  costituzione  dell'INAIL,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udita nell'udienza pubblica  del  10  febbraio  2021  la  Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    uditi l'avvocata Luciana Romeo per l'INAIL,  in  collegamento  da
remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della  Corte
del 30 ottobre 2020, e l'avvocato dello Stato Alfonso Peluso  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 febbraio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 26 maggio 2020 ed iscritta al  r.
o. n. 130 del 2020, la Corte d'appello di Cagliari,  sezione  civile,
in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento  agli
artt.  3  e  38  della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 6, secondo e  terzo  periodo,  del
decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in  materia
di assicurazione contro  gli  infortuni  sul  lavoro  e  le  malattie
professionali, a norma dell'articolo 55,  comma  1,  della  legge  17
maggio 1999, n. 144), «nella parte in cui portano ad una duplicazione
totale o parziale dell'indennizzo,  a  differenza  delle  fattispecie
disciplinate dal 1° periodo dello stesso comma». 
    2.-  Il  giudice   rimettente   riferisce   di   dover   decidere
sull'appello proposto contro la sentenza del Tribunale  ordinario  di
Cagliari, in funzione di giudice del lavoro, del 7  aprile  2017,  n.
590. 
    2.1- Nel procedimento  di  primo  grado,  il  giudice  era  stato
chiamato a determinare, in base alle  norme  censurate  nel  presente
giudizio, l'indennizzo INAIL per il danno biologico cagionato da  una
asbestosi, concorrente con una pregressa tecnopatia (nello  specifico
una broncopneumopatia), per la quale l'assicurato (G. P.) aveva  gia'
maturato, in base al precedente  regime  normativo  (il  decreto  del
Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124,  recante  «Testo
unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro  gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali»), una rendita INAIL
liquidata nell'85 per cento dell'inabilita' lavorativa. 
    Il giudice di primo grado  liquidava  la  rendita  per  il  danno
biologico da asbestosi,  aderendo  alle  conclusioni  del  consulente
tecnico d'ufficio, che riteneva di non dover scindere tale  danno  da
quello provocato dalla broncopneumopatia; di conseguenza, il  giudice
liquidava il danno biologico, in base al secondo periodo del comma  6
dell'art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, nella percentuale complessiva
del 75 per cento,  derivante  dalla  stima  congiunta  degli  effetti
dell'asbestosi e della broncopneumopatia.  Al  contempo,  poiche'  il
terzo periodo del medesimo comma 6 dispone che l'assicurato  continui
a percepire la rendita corrisposta per la precedente  patologia  (nel
caso di  specie,  per  un'inabilita'  lavorativa  dell'85  per  cento
provocata dalla broncopneumopatia), il giudice  di  primo  grado,  al
fine di evitare duplicazioni, disponeva la detrazione dai ratei della
nuova  prestazione  di  quelli  percepiti  per  la  rendita  gia'  in
godimento, cosi' aderendo ad un orientamento  in  precedenza  accolto
dalla stessa Corte d'appello. 
    2.2.- Avverso la sentenza di primo  grado,  l'Istituto  nazionale
per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) proponeva
appello,  contestando  la  valutazione   cumulativa   degli   effetti
dell'asbestosi  con  quelli  della  malattia  verificatasi  sotto  il
precedente regime normativo e gia' indennizzata in base al d.P.R.  n.
1124 del 1965. Adduceva, pertanto, che  dall'eventuale  totale  degli
effetti  pregiudizievoli   stimati   in   danno   biologico   dovesse
scorporarsi quello conseguente  alla  patologia  ascrivibile  ratione
temporis al t.u. infortuni, onde valutare il mero danno riconducibile
alla  tecnopatia  verificatasi  sotto  il  nuovo  sistema   normativo
(l'asbestosi, la cui autonoma stima veniva  quantificata  nel  7  per
cento di danno  biologico);  e  questo  veniva  giustificato  con  la
necessita' di rispettare la separazione fra i due sistemi  normativi,
attuata dal legislatore, e con l'esigenza di evitare duplicazioni. 
    2.3.- Il lavoratore appellato, al quale e' poi subentrato l'erede
A. M., contestava la pretesa della controparte  e  proponeva  appello
incidentale, chiedendo la riforma della sentenza di primo grado nella
parte in cui aveva disposto  la  detrazione  dai  ratei  della  nuova
prestazione di quelli percepiti per la precedente. 
    3.- Il giudice a quo, nel doversi pronunciare sul significato  da
attribuire all'art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, del  d.lgs.
n.  38  del   2000,   ha   ritenuto   di   non   potersi   distaccare
dall'interpretazione sostenuta  dalla  Corte  di  cassazione  in  due
sentenze (sezione lavoro, 19 marzo 2018, n. 6774 e 13 marzo 2018,  n.
6048), che avevano riformato  precedenti  giudizi  formulati  proprio
dalla Corte d'appello di Cagliari. Secondo la Suprema Corte, «qualora
il lavoratore goda di una  rendita  per  una  malattia  professionale
denunciata prima dell'entrata in vigore della disciplina dettata  dal
decreto legislativo 38/2000 (ovvero prima del 25 luglio del  2000)  e
successivamente venga colpito da  una  nuova  malattia  professionale
(non importa se concorrente o coesistente) il  grado  di  menomazione
conseguente alla nuova malattia professionale  deve  essere  valutato
senza tenere conto delle preesistenti menomazioni» e  senza,  dunque,
effettuare lo scorporo che consentirebbe di stimare  i  soli  effetti
derivanti dalla patologia concorrente  verificatasi  sotto  il  nuovo
regime normativo (Corte di cassazione, sezione  lavoro,  sentenza  13
marzo 2018, n. 6048). 
    La Corte d'appello di Cagliari, preso atto che l'applicazione del
richiamato principio di diritto porterebbe, nella fattispecie oggetto
del giudizio a quo, a  riconoscere  -  in  base  al  secondo  periodo
dell'art. 13, comma 6, del d.lgs.  n.  38  del  2000  -  una  rendita
parametrata sul 75 per cento del  danno  biologico,  derivante  dagli
effetti combinati  della  broncopneumopatia  e  dell'asbestosi,  e  a
preservare - in base al terzo periodo  dell'art.  13,  comma  6,  del
d.lgs. n. 38 del 2000 - la rendita per l'85 per cento  di  inabilita'
lavorativa, cagionata dalla broncopneumopatia, ha sollevato questioni
di legittimita'  costituzionale  relativamente  alle  due  richiamate
disposizioni. 
    In particolare, il giudice rimettente ha ravvisato una violazione
dell'art.  3  Cost.  per  disparita'  di  trattamento  fra  le  norme
censurate e quanto prevede il primo periodo dell'art.  13,  comma  6,
del d.lgs. n. 38 del 2000. 
    Quest'ultima disposizione, infatti, riconosce all'assicurato  che
nulla abbia ricevuto dall'INAIL  per  la  prima  patologia,  compresa
l'ipotesi nella quale essa presentasse una eziologia lavorativa,  una
stima appesantita degli effetti  della  seconda  tecnopatia,  ma  non
permette  di  stimare  le  conseguenze  pregiudizievoli  della  prima
patologia professionale unitamente a quelle provocate dalla  seconda.
Per converso, la ben piu' favorevole stima  congiunta  degli  effetti
delle due tecnopatie verrebbe consentita,  secondo  l'interpretazione
dell'art. 13, comma 6, secondo periodo, del d.lgs.  n.  38  del  2000
prospettata dalla Corte di cassazione, proprio quando in base al t.u.
infortuni era stata riconosciuta una rendita  che,  grazie  al  terzo
periodo del richiamato comma 6,  continua  ad  essere  erogata.  Tale
disparita'  di  trattamento  viene  considerata  dal  rimettente  non
giustificabile e irragionevole. 
    Il giudice a quo ha ritenuto, inoltre,  violato  l'art.  3  Cost.
anche sotto la diversa angolatura della intrinseca  irragionevolezza,
in quanto le norme censurate  farebbero  «riferimento  ad  una  piena
efficienza fisica, anche se  in  concreto  gia'  compromessa»  e,  al
contempo, costringerebbero a valutare «due volte  le  conseguenze  di
una  determinata  patologia».  Ne  discenderebbe   una   duplicazione
dell'indennizzo che, oltre ad essere irragionevole, violerebbe l'art.
38 Cost. ed il principio  di  solidarieta'  sociale,  a  dispetto  di
quello che il giudice rimettente reputa  un  corollario  del  sistema
dell'assicurazione  sociale:   vale   a   dire,   il   principio   di
incompatibilita' tra le  prestazioni  derivanti  dallo  stesso  fatto
lesivo (art. 1, comma 43, della legge 8 agosto 1995, n. 335,  recante
«Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e  complementare»)  o
finanche tra le prestazioni previdenziali e quelle assistenziali, pur
se  di  diversa  origine  e  frutto  di  un  differente  sistema   di
valutazione (art. 3 della legge 29 dicembre  1990,  n.  407,  recante
«Disposizioni diverse  per  l'attuazione  della  manovra  di  finanza
pubblica 1991-1993»). 
    4.- Si e' costituito in giudizio l'INAIL, chiedendo di dichiarare
le   questioni   non   fondate,   all'esito   di   un'interpretazione
costituzionalmente orientata delle norme censurate, in linea  con  la
ricostruzione della disposizione offerta  dal  precedente  di  questa
Corte con sentenza n. 426 del 2006. 
    4.1.-  In  particolare,  la  difesa  dell'INAIL   ha   contestato
l'interpretazione  dei  giudici  di  legittimita',  secondo  i  quali
l'espressione «senza tenere conto  delle  preesistenze»,  di  cui  al
secondo periodo dell'art. 13, comma 6, del d.lgs.  n.  38  del  2000,
andrebbe intesa  nel  senso  di  non  considerare  che  la  pregressa
patologia si era verificata sotto la vigenza del d.P.R. n.  1124  del
1965, cosi' da poterne nuovamente stimare gli effetti  con  il  nuovo
paradigma del danno  biologico,  quando,  invece,  quella  tecnopatia
aveva dato luogo con il precedente regime dell'inabilita'  lavorativa
ad una  rendita,  che  continua  ad  essere  erogata  (terzo  periodo
dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000). 
    Per converso, nel rispetto della disciplina transitoria,  che  ha
inteso separare nettamente gli eventi verificatisi o denunciati prima
della data di  entrata  in  vigore  delle  nuove  tabelle  sul  danno
biologico rispetto a  quelli  successivi,  la  difesa  dell'INAIL  ha
sostenuto  che  sia  imprescindibile,  nel   caso   delle   patologie
concorrenti, effettuare lo scorporo degli effetti delle due malattie,
per poter valutare in danno biologico  solo  quelli  derivanti  dalla
tecnopatia  ascrivibile,  ratione   temporis,   al   nuovo   sistema.
Viceversa, viene  contestata  la  stima  unificata  dei  postumi,  in
conformita' a quanto gia' affermato da questa Corte con  la  sentenza
n. 426 del 2006. 
    4.2.- Infine, la difesa  dell'INAIL  ha  aggiunto  che,  qualora,
viceversa, l'interpretazione offerta dalla Corte di cassazione con le
richiamate sentenze n. 6774 del 2018 e  n.  6048  del  2018  «dovesse
essere [considerata] l'unica interpretazione possibile  del  predetto
comma 6 dell'art. 13», in tal  caso,  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale dovrebbero ritenersi fondate. 
    5.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha chiesto di dichiarare  le  questioni  inammissibili  o,
comunque, manifestamente infondate. 
    5.1.- L'Avvocatura ha  eccepito,  nel  rito,  l'inammissibilita',
adducendo che il rimettente invoca  una  pronuncia  manipolativa  non
costituzionalmente obbligata in una  materia  riservata  alle  scelte
discrezionali del  legislatore.  L'ablazione  delle  norme  impugnate
lascerebbe, allora,  nell'ordinamento  un  vuoto  normativo,  che  il
giudice delle leggi  non  potrebbe  colmare  con  un  diverso  regime
transitorio attraverso l'individuazione di una regola differente  che
non sia obbligata sul piano costituzionale. 
    5.2.-  L'Avvocatura,   inoltre,   ha   sostenuto   la   manifesta
infondatezza delle questioni, alla luce della  sentenza  n.  426  del
2006  di  questa  Corte,  che  avrebbe  giustificato  la  scelta  del
legislatore  di  «cristallizzare,  per   un   limitato   periodo   di
applicazione intertemporale ed in considerazione del "consolidamento"
delle  liquidazioni  gia'  effettuate  in  base   alla   preesistente
normativa,  la  disciplina  applicabile  a   fattispecie   eterogenea
rispetto a quella oggetto della nuova e piu'  favorevole  normativa»,
ponendo «una netta  cesura  tra  i  due  regimi  applicabili  ratione
temporis». 
    6.- L'erede dell'assicurato non si e' costituito in giudizio. 
    7.- Nell'udienza del 10 febbraio 2020, la  parte  intervenuta  in
giudizio e l'Avvocatura  hanno  insistito  per  l'accoglimento  delle
conclusioni  rassegnate  negli  scritti  difensivi.  In  particolare,
l'Avvocatura generale dello Stato ha chiarito che la sua richiesta di
manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale
e' da ritenersi adesiva all'interpretazione  prospettata  dall'INAIL,
in conformita'  con  quanto  gia'  deciso  da  questa  Corte  con  la
ricordata sentenza n. 426 del 2006. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte d'appello di Cagliari, sezione civile,  in  funzione
di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38
della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art.  13,  comma  6,  secondo  e  terzo  periodo,  del   decreto
legislativo 23 febbraio 2000,  n.  38  (Disposizioni  in  materia  di
assicurazione  contro  gli  infortuni  sul  lavoro  e   le   malattie
professionali, a norma dell'articolo 55,  comma  1,  della  legge  17
maggio 1999, n. 144) «nella parte in cui portano ad una  duplicazione
totale o parziale dell'indennizzo,  a  differenza  delle  fattispecie
disciplinate dal 1° periodo dello stesso comma». 
    2.- L'articolo censurato, nel suo comma  6,  si  compone  di  tre
periodi.  Essi   stabiliscono   che:   «Il   grado   di   menomazione
dell'integrita'  psicofisica  causato  da  infortunio  sul  lavoro  o
malattia  professionale,  quando  risulti  aggravato  da  menomazioni
preesistenti concorrenti derivanti da fatti estranei al lavoro  o  da
infortuni o malattie professionali verificatisi  o  denunciate  prima
della data di entrata in vigore del decreto ministeriale  di  cui  al
comma 3 e non indennizzati in rendita,  deve  essere  rapportato  non
all'integrita' psicofisica completa, ma a quella ridotta per  effetto
delle preesistenti  menomazioni,  il  rapporto  e'  espresso  da  una
frazione  in  cui  il  denominatore  indica  il  grado   d'integrita'
psicofisica preesistente e il numeratore la differenza tra questa  ed
il grado d'integrita' psicofisica residuato dopo  l'infortunio  o  la
malattia professionale. Quando per le conseguenze degli  infortuni  o
delle malattie professionali verificatisi o  denunciate  prima  della
data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma  3
l'assicurato percepisca una rendita o sia stato liquidato in capitale
ai sensi del testo unico, il  grado  di  menomazione  conseguente  al
nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale  viene  valutato
senza tenere conto delle preesistenze.  In  tale  caso,  l'assicurato
continuera'  a   percepire   l'eventuale   rendita   corrisposta   in
conseguenza di infortuni  o  malattie  professionali  verificatisi  o
denunciate prima della data sopra indicata». 
    2.1.- Il giudice rimettente ha posto in dubbio, sotto il  profilo
della non manifesta infondatezza, che sia  conforme  ai  principi  di
eguaglianza  e  di  solidarieta'  sociale  la  norma  che   da   tali
disposizioni ha ricavato in via interpretativa la  giurisprudenza  di
legittimita' in due pronunce (Corte di  cassazione,  sezione  lavoro,
sentenze 19 marzo 2018, n. 6774 e 13 marzo 2018,  n.  6048).  Secondo
tale ricostruzione, qualora l'assicurato goda di una rendita per  una
malattia professionale liquidata in base al  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  30  giugno  1965,  n.  1124  (Testo  unico   delle
disposizioni per l'assicurazione obbligatoria  contro  gli  infortuni
sul lavoro e le malattie  professionali),  il  grado  di  menomazione
relativo  ad  una  «nuova  malattia  professionale  (non  importa  se
concorrente o coesistente) [...] deve essere  valutato  senza  tenere
conto delle preesistenti menomazioni» e senza che si possa scorporare
il danno biologico da apparato ovvero il danno  biologico  riferibile
alla prima tecnopatia, verificatasi sotto il regime normativo di  cui
al d.P.R. n. 1124 del 1965 (Corte di cassazione, sentenza n. 6048 del
2018). 
    2.2.- Con riguardo all'art. 3 Cost.,  il  giudice  rimettente  ha
ritenuto  che  le  norme  censurate  determinino  una  ingiustificata
disparita' di trattamento rispetto ai lavoratori  ai  quali  non  sia
stata riconosciuta alcuna rendita per  la  prima  tecnopatia.  Questi
ultimi assicurati - la cui situazione e' regolata dal  primo  periodo
del comma 6 dell'art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 - non  godono  del
beneficio della stima congiunta  in  danno  biologico  degli  effetti
pregiudizievoli delle due patologie aventi causa  lavorativa,  mentre
tale privilegio - secondo l'interpretazione  proposta  dalla  Suprema
Corte con riferimento al secondo  periodo  dello  stesso  comma  6  -
verrebbe  singolarmente  concesso  proprio  a  chi,  per   la   prima
tecnopatia, gia' riceveva e continua a mantenere una rendita  stimata
tramite la capacita' lavorativa generica. 
    2.3.- Secondo la Corte d'appello di Cagliari, il  cumulo  tra  le
prestazioni derivanti dallo stesso fatto lesivo spezzerebbe, inoltre,
il collegamento con i presupposti dell'art. 38 Cost. e inficerebbe la
ragionevolezza  e   l'adeguatezza   del   rimedio   predisposto   dal
legislatore, in violazione dell'art. 3 Cost. 
    3.-  In  via  preliminare,  occorre  esaminare  le  eccezioni  di
inammissibilita' prospettate dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
secondo la quale, per un verso, il  petitum  del  giudice  rimettente
mirerebbe a conseguire, in una  materia  riservata  alle  scelte  del
legislatore,  una  sentenza   manipolativa   non   costituzionalmente
obbligata e, per un altro verso, non sarebbe superato  il  vaglio  di
non manifesta infondatezza,  ritenendosi  le  questioni  identiche  a
quelle gia' dichiarate non fondate con la sentenza costituzionale  n.
426 del 2006. 
    3.1.- La prima eccezione non e' fondata. 
    Questa Corte non mette in  dubbio  che  le  scelte  adottate  dal
legislatore nel  regolare  il  diritto  intertemporale  e  il  regime
transitorio siano connotate da una rilevante discrezionalita', che e'
doveroso preservare. 
    Tuttavia, questo non sottrae tale normazione  al  giudizio  sulla
legittimita' costituzionale, ben potendo il sindacato  essere  svolto
tenendo conto della ratio ispiratrice della disciplina. 
    Il giudizio di questa Corte, dunque, e' necessario, onde  evitare
zone franche immuni dal  sindacato  di  legittimita'  costituzionale,
tanto piu' ove siano coinvolti i diritti fondamentali e il  principio
di eguaglianza, che incarna il modo di essere  di  tali  diritti.  In
particolare - come e' stato gia' rilevato in precedenti  occasioni  -
la «ammissibilita' delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
risulta [...]  condizionata  non  tanto  dall'esistenza  di  un'unica
soluzione  costituzionalmente  obbligata,   quanto   dalla   presenza
nell'ordinamento di una o piu' soluzioni costituzionalmente adeguate,
che si inseriscano nel tessuto normativo coerentemente con la  logica
perseguita dal legislatore» (si veda, da ultimo, la sentenza  n.  252
del 2020 e in senso conforme le sentenze n. 224 del 2020; n.  99  del
2019; n. 233, n. 222 e n. 41 del 2018; n.  236  del  2016).  In  tale
prospettiva, onde  non  sovrapporre  la  propria  discrezionalita'  a
quella  del  Parlamento,  la  valutazione  della  Corte  deve  essere
condotta attraverso «precisi punti di riferimento  e  soluzioni  gia'
esistenti» (ex multis, sentenze n. 224 del 2020 e n. 233 e n. 222 del
2018; n. 236 del 2016), che, nello  specifico  contesto,  si  possono
inferire dalle stesse scelte di fondo  operate  dal  legislatore  nel
regolare il regime intertemporale e quello transitorio,  nonche'  dai
principi generali dell'ordinamento. 
    3.2.- Anche la seconda eccezione sollevata dalla difesa  erariale
non e' fondata. 
    Essa assume che le questioni sottoposte  all'esame  del  presente
giudizio siano le stesse dichiarate non fondate con  la  sentenza  n.
426 del 2006, mentre tale presupposto non appare corretto. 
    Le questioni giudicate nel 2006 vertevano sul diverso  dubbio  di
irragionevole disparita' di trattamento fra la  disciplina  dell'art.
13, comma 6, secondo e terzo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000,  che
conduce all'erogazione di due  rendite  -  una  inerente  al  vecchio
regime e l'altra stimata in base al nuovo -, e l'art.  13,  comma  5,
del d.lgs.  n.  38  del  2000.  Quest'ultima  norma  disciplina,  per
converso, i danni policroni derivanti  da  patologie  verificatesi  o
denunciate entrambe sotto la vigenza del d.lgs. n. 38  del  2000,  la
cui stima avviene unificando i  postumi  delle  due  tecnopatie,  con
conseguente erogazione di un'unica rendita per il danno biologico. 
    Ebbene, la non fondatezza di tale questione, cui si  aggiungevano
la declaratoria di insussistenza dell'eccesso  di  delega,  ai  sensi
dell'art. 76 Cost., e la reputata assenza di violazioni dell'art.  38
Cost.  risultavano  integralmente  incentrate  sulla  necessita'   di
preservare la distinzione fra gli ambiti applicativi delle leggi  che
si sono succedute  nel  tempo  «atteso  che  il  [suo]  fluire  [...]
costituisce elemento di per se' idoneo a differenziare le  situazioni
soggettive» (sentenza n. 426 del 2006). 
    4.- Nel merito le questioni sono fondate. 
    5.- L'art. 13,  comma  6,  del  d.lgs.  n.  38  del  2000  e'  la
disposizione che regola  il  passaggio  da  un  sistema  assicurativo
incentrato sulla capacita' lavorativa generica, in base al d.P.R.  n.
1124 del 1965,  ad  una  disciplina  che  ha  accolto,  nel  contesto
dell'assicurazione sociale INAIL,  il  nuovo  paradigma,  di  matrice
civilistica,  del  danno  biologico,  cosi'  adattando  al   contesto
indennitario l'imprescindibile esigenza di  una  piena  tutela  della
salute  del  lavoratore.  L'infortunio  sul  lavoro  o  la   malattia
professionale colpiscono, infatti, il lavoratore nel  suo  bene  piu'
prezioso, la salute, e  questo  impone  una  tutela  che  affonda  le
proprie radici nell'art. 38 Cost. 
    5.1.- Il profondo mutamento di prospettiva che il  d.lgs.  n.  38
del  2000   ha   segnato   rispetto   all'approccio   prevalentemente
patrimonialistico, che dominava  la  visione  del  t.u.  infortuni  -
seppure la capacita' lavorativa generica ambisse gia' ad una  qualche
maggiore  latitudine  del   pregiudizio   rispetto   alla   capacita'
lavorativa specifica -, e'  la  ragione  a  fondamento  della  scelta
operata  dal  legislatore  nel  regolare  i  danni  policroni   nella
dimensione intertemporale.  Si  tratta  della  decisione  -  riflessa
nell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000 e conforme  all'art.
11 delle Preleggi - di tracciare una netta linea di demarcazione  fra
il precedente assetto normativo, deputato  a  regolare  le  patologie
verificatesi o denunciate prima della data di entrata in vigore delle
tabelle per la stima del  danno  biologico,  e  la  disciplina  delle
tecnopatie che, ratione  temporis,  vengono  valutate  con  il  nuovo
paradigma. 
    5.2.- Insieme a tale scelta, l'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38
del 2000 contempla anche una  norma,  che  rispecchia  l'esigenza  di
riconoscere nel nuovo sistema una piena valutazione  del  pregiudizio
subito dall'assicurato, tanto  piu'  in  quanto  il  danno  biologico
riflette istanze di rango costituzionale. In  particolare,  il  primo
periodo della disposizione richiamata consente di tenere conto, nella
stima del danno biologico provocato da una tecnopatia, dell'eventuale
aggravamento derivante da una malattia concorrente, pur se questa non
ha una causa lavorativa. La  tecnica  adottata,  cosiddetta  "formula
Gabrielli"  (che  ha  una  tradizione  risalente   nella   disciplina
previdenziale e nella scienza medico-legale), fa ricorso  alla  stima
degli effetti  della  preesistente  patologia  concorrente  solo  per
abbattere il valore che rispecchia lo stato di salute su  cui  incide
la successiva tecnopatia, sicche' i postumi di quest'ultima  potranno
essere autonomamente  apprezzati  nella  loro  maggiore  entita'.  In
sostanza,  e'  una  tecnica  che  consente  di  valutare  in  maniera
indipendente il maggior peso delle conseguenze pregiudizievoli di una
patologia concorrente dovuto alle preesistenze. 
    Per questa ragione, essa e' stata adottata dal legislatore  anche
come  norma  di  diritto  transitorio  per  le  fattispecie  in   cui
sussisteva  la  causa  lavorativa  per  una  patologia   concorrente,
verificatasi o denunciata prima che entrasse  in  vigore  il  decreto
ministeriale per la stima del danno biologico e per la quale non  era
stato erogato alcun indennizzo dall'INAIL (art. 13,  comma  6,  primo
periodo del  d.lgs.  n.  38  del  2000).  In  sostanza,  la  "formula
Gabrielli", da un lato, ha  consentito  al  legislatore,  nel  regime
transitorio, di valorizzare la preesistenza (tanto piu'  rispetto  ad
una patologia professionale) nel caso in cui  questa  aggravasse  gli
effetti di una tecnopatia concorrente; da un altro lato, ha  permesso
di ottenere tale risultato senza contaminare i sistemi  valutativi  e
senza applicare retroattivamente il danno biologico per  stimare  gli
effetti di menomazioni verificatesi  o  denunciate  prima  della  sua
entrata in vigore. 
    5.3.- Alla luce di tali scelte effettuate in piena sintonia con i
principi costituzionali si profila,  tuttavia,  nel  secondo  periodo
dell'art. 13, comma 6,  del  d.lgs.  n.  38  del  2000,  un  elemento
dissonante, in quanto la tecnica prescelta dal regime transitorio (la
"formula Gabrielli") per valorizzare l'eventuale maggior  peso  della
patologia concorrente, senza creare commistioni fra  diversi  sistemi
valutativi e senza applicare retroattivamente  la  nuova  disciplina,
non viene adottata per le patologie concorrenti per le quali, in base
al t.u. infortuni, fosse stato erogato un indennizzo. 
    Tale pregiudizio per l'assicurato - come si  dira'  -  non  trova
alcuna giustificazione nella scelta legislativa di preservare  a  suo
favore la rendita liquidata in base  al  vecchio  sistema  valutativo
parametrato sulla capacita' lavorativa generica. 
    6.- Nel 2006 - come si e' gia' anticipato - si e' posta in dubbio
la  legittimita'  costituzionale  delle  due  norme,  in  quanto  non
consentivano di erogare l'indennizzo INAIL  per  il  danno  biologico
cagionato  da  un  infortunio  sul   lavoro   o   da   una   malattia
professionale, i cui effetti pregiudizievoli non superavano il  nuovo
limite  della  franchigia  (fissato  nel  6  per  cento   del   danno
biologico),  non  potendo  avere  alcuna  rilevanza  la  preesistente
tecnopatia concorrente, che aveva dato luogo ad un indennizzo in base
al t.u. infortuni. 
    Sennonche',  in  tale  occasione  i  giudici  rimettenti  avevano
sollevato questioni di legittimita'  costituzionale  non  contestando
l'intrinseca irragionevolezza del diverso trattamento riservato  alle
patologie concorrenti nel regime transitorio, bensi'  -  come  si  e'
gia' illustrato - l'irragionevole disparita' di  trattamento  fra  le
previsioni di diritto intertemporale e  la  regolamentazione  dettata
per le patologie che si verificano sotto il nuovo regime normativo  e
che vedono operare «una  valutazione  complessiva  dei  postumi»  con
conseguente liquidazione di un unico indennizzo (art.  13,  comma  5,
del d.lgs. n. 38 del 2000). 
    Una   tale   impostazione   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale avrebbe determinato,  in  caso  di  accoglimento,  una
radicale alterazione  della  scelta  operata  dal  legislatore  nella
disciplina del diritto intertemporale, tant'e' che  questa  Corte  ha
escluso un simile esito,  nel  rispetto  della  discrezionalita'  del
legislatore, e ha ritenuto non fondate le questioni. 
    6.1.- L'orientamento della sentenza n.  426  del  2006  e'  stato
seguito dalla giurisprudenza di legittimita', che ha negato, ai  fini
del superamento della franchigia, la possibilita', ex art. 13,  comma
6,  secondo  periodo,  del  d.lgs.  n.  38  del  2000,   di   stimare
congiuntamente gli effetti delle patologie verificatesi sotto  i  due
diversi sistemi normativi (fra le molte, Corte di cassazione, sezione
lavoro, ordinanza 5 giugno 2020, n. 10789; sentenza 22 novembre 2016,
n. 23781; sentenza 19 maggio 2008, n. 12613). 
    6.2.- L'interpretazione fornita con la sentenza n. 426 del  2006,
nel senso della separata considerazione degli  effetti  derivanti  da
tecnopatie verificatesi sotto i due diversi regimi normativi (il che,
nel  caso  delle  patologie  concorrenti,   implica   la   necessaria
scomposizione di un'eventuale stima congiunta dei loro effetti) viene
invocata nel  presente  giudizio  sia  dalla  difesa  dell'INAIL  sia
dall'Avvocatura generale dello  Stato  a  supporto  di  una  sentenza
interpretativa   di   rigetto,   fondata   su   una   interpretazione
costituzionalmente orientata. 
    6.2.1.- Sennonche' il precedente di questa Corte se, da un  lato,
e'  valso  a  ribadire  l'intangibilita'  della  scelta  operata  dal
legislatore nel regolare, in linea con l'art. 11 delle  Preleggi,  il
diritto intertemporale, da un altro lato, non si e'  potuto  misurare
con i nuovi sospetti di illegittimita'  costituzionale  avanzati  dal
giudice rimettente nel presente giudizio. 
    Le diverse questioni di legittimita' costituzionale ora sollevate
pongono il differente problema della ragionevolezza nel confronto tra
la disciplina  del  primo  e  quella  del  secondo  e  terzo  periodo
dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000. E  poiche'  proprio
tale raffronto evidenzia un  vulnus  ai  danni  dell'assicurato,  che
irragionevolmente si vede privato - nel secondo periodo della norma -
di una piena stima del danno biologico, in caso di tecnopatia  i  cui
effetti pregiudizievoli siano aggravati da quelli  di  una  pregressa
patologia  concorrente  (e  non  gia'  meramente  coesistente),  deve
escludersi che  l'interpretazione  dell'art.  13,  comma  6,  secondo
periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000, focalizzata sulla valutazione del
danno biologico derivante dalla seconda tecnopatia concorrente, senza
tenere conto delle preesistenze, possa proporsi quale interpretazione
costituzionalmente orientata. 
    7.- Quanto sopra ricostruito consente di inferire le ragioni  che
hanno indotto la Suprema Corte (sentenze n. 6774 del 2018 e  n.  6048
del 2018) a fornire l'interpretazione dell'art. 13, comma 6,  secondo
e terzo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000 relativamente  alla  quale
sono stati sollevati i dubbi di legittimita' costituzionale. 
    In  particolare,  la  Corte  di   cassazione   ritiene   che   il
medico-legale  debba  stimare  il  danno  biologico  considerando  in
maniera unitaria gli effetti della seconda malattia con quelli  della
prima tecnopatia concorrente, pur se questa  e'  ascrivibile  ratione
temporis al precedente regime  normativo  e  continua  a  dare  luogo
all'erogazione della rendita maturata in base al d.P.R. n.  1124  del
1965. L'espressione «senza tenere  conto  delle  preesistenze»  viene
intesa nel senso di non tenere conto che la "preesistenza" (la  prima
tecnopatia)  si  e'  verificata  o  e'  stata  denunciata  sotto   il
precedente regime normativo, il che apre la via  ad  una  valutazione
modellata sul criterio che opera nel comma 5 dell'art. 13 del  d.lgs.
n. 38 del 2000, vale a dire la stima unificata dei postumi. In questo
caso, tuttavia, non si giunge all'erogazione  di  una  sola  rendita,
come accade in applicazione del comma 5, bensi' di due rendite (o  di
una rendita e un indennizzo in capitale). 
    Pur dovendosi riconoscere  che  la  richiamata  ricostruzione  e'
stata motivata dall'esigenza di porre rimedio, con i  soli  strumenti
dell'interpretazione, al vulnus creato dalla  formulazione  letterale
della disposizione - tant'e' che nella sua motivazione  la  Corte  di
cassazione prende atto di non poter applicare, nelle ipotesi  di  cui
al secondo periodo del comma 6, la  "formula  Gabrielli"  -  tuttavia
questa  Corte  non  puo'  esimersi  dal  rilevare  che  la  soluzione
ermeneutica adottata conduce ad un esito che contrasta con  l'art.  3
Cost. sotto il duplice profilo posto in luce dal rimettente. 
    7.1.- In primo luogo, la richiamata interpretazione del secondo e
terzo periodo del comma 6 induce a ritenere che, quando l'INAIL abbia
gia'  corrisposto  un  indennizzo  per  gli  effetti  cagionati  alla
capacita' lavorativa generica dalla  prima  patologia  con  eziologia
professionale, le conseguenze pregiudizievoli di quest'ultima debbano
di nuovo essere stimate in danno biologico, in quanto concorrono  con
la  seconda  tecnopatia;  viceversa,  allorche'  l'INAIL  non   abbia
corrisposto alcun indennizzo in base al t.u. infortuni, la previsione
del primo periodo del comma 6, in  pieno  ossequio  al  principio  di
separazione fra i due regimi normativi che si  succedono  nel  tempo,
non  consente  la  stima  unificata  degli  effetti  delle  patologie
concorrenti. 
    In sostanza, la soluzione interpretativa alla quale  si  rapporta
il   rimettente   porterebbe   irragionevolmente   a   ritenere   che
l'assicurato, il quale ha gia' avuto dall'INAIL un indennizzo per  la
prima tecnopatia, otterrebbe  di  piu',  nella  stima  degli  effetti
pregiudizievoli derivanti dalla seconda tecnopatia  concorrente,  del
lavoratore che - in base al t.u.  infortuni  -  non  avesse  ricevuto
alcun precedente indennizzo. 
    7.2.- In secondo luogo, sempre l'interpretazione a cui si riporta
il rimettente consente  la  piena  stima  in  danno  biologico  delle
conseguenze pregiudizievoli di una tecnopatia verificatasi  sotto  il
precedente regime normativo, unita alla persistente erogazione  della
rendita gia' liquidata per tale  prima  patologia  in  base  al  t.u.
infortuni. Questo conduce, in violazione dell'art. 3 Cost.  sotto  il
profilo  della  intrinseca  irragionevolezza  della  norma,  ad   una
duplicazione di indennizzi inerenti  alla  medesima  tecnopatia,  non
riconducibile  ai  casi  eccezionali   espressamente   previsti   dal
legislatore a beneficio di particolari categorie di soggetti fragili. 
    8.- Il contrasto con  l'art.  3  Cost.  dell'art.  13,  comma  6,
secondo e  terzo  periodo,  del  d.lgs.  n.  38  del  2000,  in  base
all'interpretazione censurata, fa riemergere il dato  testuale  della
norma che non consente, in base al secondo periodo, di  tenere  conto
delle  preesistenze  che  eventualmente  aggravino   una   tecnopatia
concorrente. Ne deriva, rispetto  a  tali  ipotesi,  un  vuoto  nella
tutela  dell'assicurato  che  la  stessa  ordinanza   di   rimessione
suggerisce di colmare mediante l'estensione della disciplina, di  cui
all'art. 13, comma 6, primo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000,  alle
patologie concorrenti, di cui al secondo periodo del medesimo  comma.
Spetta, dunque, a questa Corte  accertare  se  tale  soluzione  possa
contemperare due esigenze imprescindibili. 
    Per un verso, occorre tenere conto della  scelta  effettuata  dal
legislatore nel regolare  il  diritto  intertemporale,  la'  dove  ha
inteso evitare - come ha sottolineato anche la citata sentenza n. 426
del 2006 - ogni commistione valutativa tra  vecchio  e  nuovo  regime
normativo, e, dunque, in linea  con  l'art.  11  delle  Preleggi,  ha
voluto escludere che si potessero stimare, con il nuovo paradigma del
danno  biologico,  gli  effetti  di  una  tecnopatia  verificatasi  o
denunciata sotto  il  precedente  sistema  valutativo,  unitamente  a
quelli derivanti da altra ascrivibile al nuovo regime normativo. 
    Per un  altro  verso,  questa  prima  istanza  deve  essere  resa
compatibile con  i  parametri  costituzionali  evocati  nel  presente
giudizio (artt. 38 e 3 Cost., quest'ultimo sotto il  duplice  profilo
della ragionevolezza della norma e del confronto  fra  la  disciplina
del primo periodo e quella del secondo e terzo periodo  del  comma  6
dell'art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000). 
    9.- La necessita' di riconoscere nel nuovo sistema  una  pienezza
di tutela al danno biologico affonda - come si e' anticipato - le sue
radici nell'art. 38 Cost. 
    Tale previsione costituzionale  impone,  infatti,  di  approntare
tutti i mezzi necessari a indennizzare  gli  effetti  pregiudizievoli
dell'alterazione della salute considerati nella loro  integralita'  e
non tollera che, irragionevolmente, una parte del danno biologico non
venga considerata nella stima dell'indennizzo. 
    In particolare, qualora il danno policrono derivante da patologie
concorrenti evidenziasse - in base alla valutazione  medico-legale  -
una maggiore gravita' degli effetti pregiudizievoli a  cagione  delle
preesistenze, posto che, nel  rispetto  della  logica  propria  della
disciplina intertemporale, il legislatore ha saputo individuare,  con
il primo periodo dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n.  38  del  2000,
una tecnica valutativa idonea a stimare tale  maggiore  gravita'  del
danno biologico, senza determinare commistioni  fra  diversi  sistemi
valutativi ne' applicazioni retroattive della  nuova  disciplina,  si
deve ritenere che contrasti con gli artt. 38 e  3  Cost.  la  mancata
estensione  della   richiamata   normativa   anche   alle   patologie
concorrenti, che ricadano nel raggio applicativo del secondo  periodo
dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38  del  2000,  solo  in  quanto
avevano dato luogo ad un indennizzo in base al t.u. infortuni. 
    Il capitale liquidato in passato dall'INAIL o, in alternativa, la
persistente erogazione  della  precedente  rendita  sono  prestazioni
dovute all'assicurato nel rispetto dei diritti maturati sotto il t.u.
infortuni.  Proprio  l'eterogeneita'   fra   danno   da   incapacita'
lavorativa generica e danno biologico  evidenzia,  da  un  lato,  che
quanto e' stato riconosciuto per il primo pregiudizio non puo' essere
tolto e, da un altro lato, che la prestazione maturata in passato non
puo' ritenersi un beneficio tale da incidere su quanto spetta per  il
danno biologico derivante da una successiva patologia aggravata dalla
preesistenza. 
    La mancata  estensione  alle  patologie  concorrenti  di  cui  al
secondo periodo dell'art. 13, comma 6, del  d.lgs.  n.  38  del  2000
della  "formula  Gabrielli",  che  non  comporta  alcun  rischio   di
duplicazione di indennizzi, risulta poi tanto piu' irragionevole, ove
si consideri che la medesima viene  adottata  non  solo  come  regime
transitorio, ma anche come tecnica che valorizza l'aggravamento della
patologia concorrente,  quando  la  preesistenza  neppure  aveva  una
eziologia lavorativa. Solo la prospettata estensione della disciplina
di cui al primo  periodo  della  disposizione  consente,  dunque,  di
evitare una irragionevole disparita' di trattamento, in contrasto con
l'art. 3 Cost., nella  disciplina  delle  patologie  concorrenti.  Il
primo periodo del comma 6 consente,  infatti,  una  piena  stima  del
danno biologico anche nei casi in cui la  preesistente  malattia  non
abbia una eziologia lavorativa, sicche', onde evitare  la  denunciata
irragionevole disparita'  di  trattamento,  la  sua  disciplina  deve
essere estesa ai casi in cui la  preesistente  patologia  concorrente
abbia origine lavorativa, garantendo cosi' in tutte le fattispecie di
tecnopatie  i  cui  effetti  risultino  aggravati   dalla   patologia
concorrente la piena stima del danno biologico. 
    10.- Per le ragioni sopra esposte, si deve  ritenere  che  l'art.
13,  comma  6,  secondo  periodo,  del  d.lgs.  n.  38  del  2000  e'
costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che  il
grado  di  menomazione   dell'integrita'   psicofisica   causato   da
infortunio  sul  lavoro  o  malattia  professionale,  quando  risulti
aggravato  da  menomazioni  preesistenti  concorrenti,  deve   essere
rapportato non  all'integrita'  psicofisica  completa,  ma  a  quella
ridotta per effetto delle preesistenti  menomazioni,  secondo  quanto
dispone il primo periodo del comma 6 dell'art. 13 d.lgs.  n.  38  del
2000. In tal caso - come sempre avviene  in  applicazione  del  primo
periodo  -  il  medico-legale  andra'  a  scorporare  dagli   effetti
combinati delle due patologie valutati  in  danno  biologico,  quelli
riconducibili alla preesistenza,  che  non  vengono  in  quanto  tali
stimati, ma servono  solo  ad  abbattere  il  valore  dell'integrita'
psicofisica su cui si riverbera la patologia concorrente,  che  vede,
dunque, appesantiti i propri effetti pregiudizievoli  e  la  relativa
stima. 
    11.-   Resta   ferma,   nel   rispetto   dei   diritti   maturati
dall'assicurato sotto la vigenza del t.u. infortuni,  l'applicazione,
anche alle  patologie  concorrenti,  dell'art.  13,  comma  6,  terzo
periodo, del d.lgs. n. 38 del  2000,  posto  che  l'estensione  della
"formula Gabrielli" a tali tecnopatie rientranti nel secondo  periodo
non determina - come si e' sopra dimostrato  -  alcuna  irragionevole
duplicazione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13,  comma  6,
secondo periodo, del decreto legislativo  23  febbraio  2000,  n.  38
(Disposizioni in materia di assicurazione contro  gli  infortuni  sul
lavoro e le malattie professionali, a norma dell'articolo  55,  comma
1, della legge 17 maggio 1999,  n.  144),  nella  parte  in  cui  non
prevede che, per le patologie aggravate da  menomazioni  preesistenti
concorrenti, trovi applicazione la  medesima  disciplina  contemplata
dal primo periodo  in  aggiunta  alla  persistente  erogazione  della
rendita di cui al terzo periodo del medesimo comma 6. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                   Emanuela NAVARRETTA, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA 
 
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