Site icon QUOTIDIANO LEGALE

LAVORATORI IRREGOLARI: La presenza non giustifica automaticamente l’accertamento induttivo.

lavoratori

Il giudice tributario deve illustrare gli elementi fattuali e l’iter logico che hanno condotto a ritenere sussistenti i caratteri di gravità e sufficienza, tali da far ritenere l’intera contabilità complessivamente ed essenzialmente inattendibile, che giustifichino l’accertamento induttivo.

 
Decisione: Sentenza n. 2466/2017 Cassazione Civile – Sezione V
Classificazione: Tributario

 

Il caso.
Una SRL, a seguito di ispezione congiunta della Direzione Provinciale del Lavoro e dell’INPS, dalla quale emergeva la presenza di lavoratori irregolari, si vedeva notificare avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette e dell’IVA.

La società impugnava l’atto, e la Commissione Tributaria Provinciale riduceva del 50% il reddito determinato dall’Ufficio.

A seguito di appello la Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione di primo grado.

La società ricorre per cassazione, che accoglie il ricorso.

 

 

 

La decisione.
Nell’esaminare la questione, la Suprema Corte fa una premessa: «È ben vero che in tema di accertamento delle imposte, l’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, fa salva la possibilità di desumere l’esistenza di attività non dichiarate facendo ricorso a presunzioni semplici, assistite dalla connotazione civilistica di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c., sicché, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, è ammissibile l’accertamento induttivo del reddito qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile».

Il Collegio rileva, però, che «Nella vicenda in esame, peraltro, l’esistenza di prestazioni lavorative, senza la preventiva registrazione, ha coinvolto esclusivamente due lavoratori (su un totale di 49 dipendenti) e per un periodo di pochi mesi nel corso del 2004, con una pronta regolarizzazione (ed assunzione dei lavoratori) in epoca anteriore all’ispezione, per una somma totale di retribuzioni erogate pari a euro 6.644, in termini marginali rispetto alla complessiva attività svolta».

In sostanza, la Cassazione censura il mancato accertamento da parte dei giudici della Commissione Tributaria Regionale: e infatti afferma «la CTR ha ritenuto che “la presenza di lavoratori in nero fa scattare un accertamento induttivo” rilevando che “il verbale di ispezione dell’INPS ha richiamato rilievi per gravi irregolarità relative alla presenza di lavoratori non regolarmente risultanti dall’apposita documentazione obbligatoria”, ma omette di chiarire, alla luce della realtà aziendale, le ragioni di una tale valutazione, né illustra, in alcun modo, gli elementi fattuali e l’iter logico che hanno condotto a ritenere la violazione contestata dotata di quei caratteri di gravità e sufficienza tali da far ritenere l’intera contabilità complessivamente ed essenzialmente inattendibile e giustificare l’accertamento induttivo».

In considerazione di tale mancato accertamento in concreto, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale per un riesame dell’appello.

 

 

 

Osservazioni.
Per la Cassazione, la Commissione Tributaria Regionale ha omesso di chiarire le ragioni per le quali «la presenza di lavoratori in nero fa scattare un accertamento induttivo»; né ha illustrato gli elementi di fatto e l’iter logico che ha portato a ritenere che tale violazione sia così grave e sufficiente a far ritenere l’intera contabilità inattendibile, e quindi tale da giustificare l’accertamento induttivo.

 

 

 
Disposizioni rilevanti.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 600

Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

Art. 39 – Redditi determinati in base alle scritture contabili

Per i redditi d’impresa delle persone fisiche l’ufficio procede alla rettifica:

a) se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto dei profitti e delle perdite e dell’eventuale prospetto di cui al comma 1 dell’articolo 3;

b) se non sono state esattamente applicate le disposizioni del titolo I, capo VI, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

c) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari di cui ai numeri 2) e 4) del primo comma dell’articolo 32, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del numero 3) dello stesso comma, dalle dichiarazioni di altri soggetti previste negli articoli 6 e 7, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell’ufficio;

d) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32. L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti.

In deroga alle disposizioni del comma precedente l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma:

a) quando il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione;

b) LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 9 LUGLIO 1997, N.241;

c) quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell’art. 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dall’art. 14 ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;

d) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica. Le scritture ausiliarie di magazzino non si considerano irregolari se gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantità annotate nel carico o nello scarico e dei costi specifici imputati nelle schede di lavorazione ai sensi della lettera d) del primo comma dell’art. 14 del presente decreto.

d-bis) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o dell’articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

d-ter) in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15 per cento, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.

Le disposizioni dei commi precedenti valgono, in quanto applicabili, anche per i redditi delle imprese minori e per quelli derivanti dall’esercizio di arti e professioni, con riferimento alle scritture contabili rispettivamente indicate negli articoli 18 e 19. Il reddito d’impresa dei soggetti indicati nel quarto comma dell’art. 18, che non hanno provveduto agli adempimenti contabili di cui ai precedenti commi dello stesso articolo, è determinato in ogni caso ai sensi del secondo comma del presente articolo.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 ottobre 1972, n. 633

Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto

Art. 55 – Accertamento induttivo

Se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all’accertamento dell’imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolte o venuti a conoscenza dell’ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell’art. 19 risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33.

Le disposizioni del precedente comma si applicano anche se la dichiarazione … reca le indicazioni di cui ai numeri 1) e 3) dell’art. 28 senza le distinzioni e specificazioni ivi richieste, semprechè le indicazioni stesse non siano state regolarizzate entro il mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Le disposizioni stesse si applicano, in deroga alle disposizioni dell’art. 54, anche nelle seguenti ipotesi:

1) quando risulta, attraverso il verbale di ispezione redatto ai sensi dell’art. 52, che il contribuente non ha tenuto, ha rifiutato di esibire o ha comunque sottratto all’ispezione i registri previsti dal presente decreto le altre scritture contabili obbligatorie a norma del primo comma dell’art. 2214 del codice civile e delle leggi in materia di imposte sui redditi, o anche soltanto alcuni ditali registri e scritture;

2) quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha emesso le fatture per una parte rilevante delle operazioni ovvero non ha conservato ha rifiuta tu di esibire o ha comunque sottratto all’ispezione, totalmente o per una parte rilevante, le fatture emesse;

3) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi dell’art. 54, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione, sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente.

Se vi è pericolo per la riscossione dell’imposta l’ufficio può procedere all’accertamento induttivo, per la frazione di anno solare già decorsa, senza attendere la scadenza del termine stabilito per la dichiarazione annuale e con riferimento alle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33.

 
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 settembre 1996, n. 570

Regolamento per la determinazione dei criteri in base ai quali la contabilità ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercenti attività d’impresa, arti e professioni.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

(omissis…)

EMANA

il seguente regolamento:

Art. 1 – Inattendibilità della contabilità degli esercenti attività d’impresa

1. Ai soli fini dell’applicazione dell’art. 3, comma 181, lettera b), della legge 28 dicembre 1995, n. 549, le irregolarità delle scritture obbligatorie degli esercenti attività d’impresa si considerano gravi e rendono inattendibile la contabilità ordinaria di tali soggetti, quando:

a) le disponibilità liquide non sono specificate nei conti relativi ai depositi bancari e postali, al denaro e agli altri valori in cassa e i predetti depositi non risultano dalle scritture ausiliarie di cui all’art. 14, primo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, che possono essere sviluppate anche in sottoconti o partitari, intestati analiticamente a ciascuna banca o dipendenza di essa o a ciascun ufficio postale;

b) i conti che si riferiscono a crediti e a debiti, diversi da quelli relativi alle retribuzioni dei dipendenti, non sono integrati dalle scritture ausiliarie menzionate alla lettera a), in cui siano indicati singolarmente i creditori e i debitori, ovvero, per i crediti derivanti dalle operazioni effettuate dai soggetti di cui all’art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con riguardo alle quali non è emessa fattura oppure è emessa fattura registrata ai sensi dell’art. 24 dello stesso decreto n. 633 del 1972, da scritture elementari in cui siano rilevati singolarmente i debitori;

c) i versamenti e i prelevamenti effettuati dall’imprenditore o dai soci non sono rilevati in contabilità ed evidenziati nelle scritture ausiliarie menzionate alla lettera a), anche complessivamente;

d) i criteri adottati per la valutazione delle rimanenze non sono indicati nella nota integrativa o nel libro degli inventari.

2. Ai medesimi fini indicati nel comma 1, le contraddizioni tra le scritture obbligatorie e i dati e gli elementi direttamente rilevati si considerano gravi e rendono altresì inattendibile la contabilità ordinaria degli esercenti attività d’impresa, quando:

a) i valori rilevati a seguito di ispezioni o verifiche, anche parziali, compresi quelli dei beni di cui alla successiva lettera b), abbiano uno scostamento, rispetto a quelli indicati in contabilità, superiore al 10 per cento del valore complessivo delle voci interessate, a condizione che tale scostamento non sia riconducibile a errata applicazione dei criteri di valutazione ovvero di imputazione temporale semprechè le annotazioni effettuate in violazione dei criteri di cui all’art. 75 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, risultino dalle scritture contabili obbligatorie del periodo d’imposta antecedente o successivo a quello di competenza e derivino dall’adozione di metodi costanti di impostazione contabile. A tal fine per le rimanenze di cui all’art. 59 del citato testo unico delle imposte sui redditi, il controllo deve riguardare beni o categorie di beni il cui valore contabile è non inferiore al 25 per cento di quello complessivo risultante dall’inventario riportato nel bilancio dell’ultimo periodo d’imposta per il quale è stata presentata la dichiarazione dei redditi. Indipendentemente dal superamento del menzionato limite del 10 per cento, la disposizione non si applica quando lo scostamento è di importo inferiore a cinque milioni di lire e si applica comunque quando è superiore all’importo di cinquanta milioni di lire, che va aumentato, con riferimento ai beni di cui al predetto art. 59, dell’1 per cento del valore complessivo dei beni o categorie di beni rilevati a seguito dell’ispezione o verifica fino a tre miliardi di lire e dello 0,5 per cento di tale valore per la parte che eccede i tre miliardi di lire;

b) non risultano indicati in alcuna delle scritture contabili o, in mancanza dell’obbligo di indicazione nelle stesse, in altra documentazione attendibile, uno o più beni strumentali, diversi dagli immobili relativi all’impresa individuale, utilizzati nell’attività – anche se non posseduti a titolo di proprietà e anche se completamente ammortizzati – il cui valore complessivo sia superiore al 10 per cento di quello di tutti i beni strumentali utilizzati, esclusi i menzionati immobili. Indipendentemente dal superamento del predetto limite percentuale, la disposizione non si applica quando lo scostamento è di importo inferiore a cinque milioni di lire e si applica comunque quando è superiore a cinquanta milioni di lire. Ai fini della determinazione del valore dei beni, si tiene conto del costo storico, comprensivo degli oneri accessori di diretta imputazione e degli eventuali contributi di terzi, dei beni materiali e immateriali ammortizzabili ai sensi degli articoli 67 e 68 del testo unico delle imposte sui redditi, al lordo degli ammortamenti e delle eventuali rivalutazioni, nonché di quello dei beni di costo unitario non superiore ad un milione di lire; per i beni acquisiti in dipendenza di contratti di locazione finanziaria, si tiene conto del costo sostenuto dal concedente e, per quelli acquisiti in comodato ovvero in dipendenza di contratti di locazione non finanziaria, del valore normale al momento dell’immissione nell’attività. I costi relativi ai beni mobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’impresa ed all’uso personale o familiare dell’imprenditore si computano nella misura del 50 per cento;

c) sono impiegati lavoratori dipendenti che non risultano iscritti nei libri da tenere ai fini della legislazione sul lavoro e per i quali è scaduto il primo termine utile per il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti, o altri addetti, diversi dai familiari di cui all’art. 5, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi che prestano attività occasionale, il cui rapporto non risulta dalle scritture contabili o da altra attendibile documentazione rinvenuta nel luogo in cui sono tenute le scritture contabili. Detta disposizione si applica a condizione che i compensi non contabilizzati, calcolati sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro ovvero, per gli addetti diversi dai lavoratori dipendenti, sulla base delle retribuzioni mensili previste dagli stessi contratti, siano complessivamente superiori al 10 per cento delle spese per prestazioni di lavoro contabilizzate nello stesso periodo nel corso del quale i lavoratori dipendenti e gli altri addetti hanno prestato l’attività. A tal fine non rilevano gli scostamenti riconducibili ad errata applicazione dei criteri di imputazione temporale, semprechè le annotazioni effettuate in violazione dei criteri di cui all’art. 75 del testo unico delle imposte sui redditi emergano dalle scritture contabili obbligatorie del periodo di imposta antecedente o successivo a quello di competenza e derivino dall’adozione di metodi costanti di impostazione contabile. Indipendentemente dal superamento del predetto limite percentuale, la disposizione non si applica quando l’ammontare complessivo dei compensi non indicati in contabilità è di importo inferiore a cinque milioni di lire e si applica comunque quando è superiore a cinquanta milioni di lire.

3. Le contraddizioni riscontrate ai sensi del comma 2 sono imputabili al periodo d’imposta 1995 anche se rilevate in periodi d’imposta successivi, salvo che il contribuente dimostri, in base ad elementi certi e precisi, che le stesse sono riferibili a periodi di imposta diversi dal 1995.

Art. 2 – Inattendibilità della contabilità degli esercenti arti e professioni

1. Ai medesimi fini indicati nell’art. 1, la contabilità ordinaria degli esercenti arti e professioni è considerata inattendibile quando:

a) i valori rilevati a seguito di ispezioni o verifiche, anche parziali, compresi quelli dei beni di cui alla successiva lettera b), abbiano uno scostamento, rispetto a quelli indicati in contabilità, superiore al 10 per cento del valore complessivo delle voci interessate, a condizione che tale scostamento non sia riconducibile a errata applicazione dei criteri di imputazione temporale e semprechè le annotazioni risultino dalle scritture contabili obbligatorie del periodo d’imposta antecedente o successivo e derivino dall’adozione di metodi costanti di impostazione contabile. Indipendentemente dal superamento del menzionato limite percentuale, la disposizione non si applica quando lo scostamento è di importo inferiore a cinque milioni di lire e si applica comunque quando è superiore a cinquanta milioni di lire;

b) non risultano indicati in alcuna delle scritture contabili o, in mancanza dell’obbligo di indicazione nelle stesse, in altra documentazione attendibile, uno o più beni strumentali, diversi dagli immobili utilizzati nell’attività – anche se non posseduti a titolo di proprietà e anche se completamente ammortizzati – il cui valore complessivo sia superiore al 10 per cento di quello di tutti i beni strumentali utilizzati, esclusi i menzionati immobili. Indipendentemente dal superamento del predetto limite percentuale, la disposizione non si applica quando lo scostamento è di importo inferiore a cinque milioni di lire e si applica comunque quando è superiore a cinquanta milioni di lire. Ai fini della determinazione del valore dei beni si tiene conto del costo storico, comprensivo degli oneri accessori di diretta imputazione, dei beni ammortizzibili ai sensi dell’art. 50, commi 2, 3 e 3-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, al lordo degli ammortamenti nonché di quello dei beni di costo unitario non superiore ad un milione di lire; per i beni acquisiti in dipendenza di contratti di locazione finanziaria, si tiene conto del costo sostenuto dal concedente e, per quelli acquisiti in comodato ovvero in dipendenza di contratti di locazione non finanziaria, del valore normale al momento dell’immissione nell’attività. Le spese relative all’acquisto di beni mobili adibiti promiscuamente all’esercizio di arte o professione ed all’uso personale o familiare dell’esercente arte o professione si computano nella misura del 50 per cento;

c) sono impiegati lavoratori dipendenti che non risultano iscritti nei libri da tenere ai fini della legislazione sul lavoro e per i quali è scaduto il primo termine utile per il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti, o altri addetti, diversi dai familiari di cui all’art. 5, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi che prestano attività occasionale, il cui rapporto non risulta dalle scritture contabili o da altra attendibile documentazione rinvenuta nel luogo in cui sono conservate le scritture contabili dell’artista o professionista. Detta disposizione si applica a condizione che i compensi non contabilizzati, calcolati sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro ovvero, per gli addetti diversi dai lavoratori dipendenti, sulla base delle retribuzioni mensili previste dagli stessi contratti, siano complessivamente superiori al 10 per cento delle spese per prestazioni di lavoro contabilizzate nello stesso periodo nel corso del quale i lavoratori dipendenti e gli altri addetti hanno prestato l’attività. Indipendentemente dal superamento del menzionato limite percentuale, la disposizione non si applica quando l’ammontare complessivo dei compensi non indicati in contabilità è di importo inferiore a cinque milioni di lire e si applica comunque quando è superiore a cinquanta milioni di lire.

2. Le contraddizioni riscontrate ai sensi del comma 1 sono imputabili al periodo d’imposta 1995 anche se rilevate in periodi d’imposta successivi, salvo che il contribuente dimostri, in base ad elementi certi e precisi, che le stesse sono riferibili a periodi di imposta diversi dal 1995.

Art. 3 – Relazione tecnica

1. Entro il trentesimo giorno successivo alla notifica del verbale di ispezione previsto dall’art. 3, comma 181, lettera b), della legge 28 dicembre 1995, n. 549, il contribuente può esibire o trasmettere all’ufficio competente una relazione tecnica, redatta da uno dei soggetti abilitati ad apporre il visto di conformità di cui all’art. 78, comma 4, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, nella quale può essere documentata l’eventuale riconducibilità delle irregolarità riscontrate a meri errori formali, dovuti anche all’utilizzo di procedure meccanografiche standardizzate, che non pregiudicano l’idoneità delle scritture contabili a rappresentare la effettiva realtà aziendale. Della menzionata relazione tecnica l’ufficio deve tenere conto nel corso del procedimento di cui all’art. 2-bis del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 16 settembre 1996

Exit mobile version