di Carlo Rapicavoli –
Il Corriere della Sera pubblica il 4 novembre una “inchiesta” sulle Province, l’ennesima, di Sergio Rizzo e titola “Oltre 11 mila nuovi posti negli asili nido con il taglio della politica nelle Province”.
Titolo ad effetto che ammalia l’opinione pubblica.
Peccato che siamo di fronte ad una pessima dimostrazione di quello che appare essere il migliore giornalismo di inchiesta del nostro Paese.
Rizzo si limita a riportare acriticamente i dati presentati dal Ministro Delrio in Commissione affari Costituzionali il 28 ottobre scorso e pubblicati nel sito del Ministero degli Affari Regionali.
Né il Ministro né Rizzo sottolineano il fatto che i 113 milioni di Euro l’anno dei costi degli organi politici delle Province si riferiscono al 2010 e non sono più attuali.
I costi non sono di 113 milioni, ma meno della metà, se si tiene conto – cosa che il Ministro evita appositamente di fare – della futura composizione degli organi delle Province che deriverebbe prima dell’applicazione del Decreto Legge n. 2 del 2010, che ha ridotto del 20% il numero di consiglieri ed assessori, e poi del Decreto Legge n. 138 del 2011 che ha ridotto della metà il numero di consiglieri ed assessori.
Pertanto, solo per fare un esempio, Province come Padova o Verona che oggi hanno 36 consiglieri provinciali, in occasione del rinnovo del 2014 avrebbero un consiglio provinciale di 14 consiglieri e passerebbero da 12 a 4 assessori.
Parliamo dunque di una spesa massima, non di 113 milioni di euro, ma di circa 34 milioni di Euro l’anno per gli organi di tutte le Province italiane.
Il giornalista parla di spese aggredibili delle Province per i cosiddetti “global service” per circa 553 milioni tralasciano di ricordare che tali spese comprendono i costi per il riscaldamento e la manutenzione ordinaria degli edifici scolastici superiori.
Ad oggi, secondo l’ultima rilevazione sui dati dell’anagrafe scolastica del Ministero dell’Istruzione, le Province gestiscono 3.226 Istituti scolastici di scuola secondaria (licei, istituiti tecnici, etc..) ripartiti in 5.179 edifici scolastici composti di 117.348 classi che accolgono 2.596.031 alunni.
Per ridurre i costi dei servizi stipulano contratti di Global Service: in questo modo ogni Provincia, attraverso un solo contratto di servizio assicura il funzionamento di tutte le Scuole che gestisce.
Gli appalti globali o di manutenzione “a lotti territoriali” garantisce infatti economie di scala e migliore efficienza ed efficacia del servizio.
Un dato economico elementare ed inconfutabile.
Vengono quindi presentate tabelle e dati del tutto fuorvianti e prive di riscontro con l’unico obiettivo di colpire chiaramente ed orientare il lettore
Quindi il giornalista ricorda che dalla riforma delle Province deriverebbero risparmi dalle partecipate. Tesi ardita ma non dimostrata.
Al contrario è proprio da queste che bisognerebbe partire.
Recentemente sono stati resi noti i dati riferiti alle società partecipate e agenzie varie di Stato, Regioni e Enti Locali e si è appreso che sono circa 7.800; oltre 19.000 consiglieri di amministrazione; 15 miliardi solo di stipendi per oltre 300.000 addetti.
Eppure per il Governo e per Rizzo il problema sono le Province invertendo in modo strumentale il ragionamento.
Molte delle funzioni svolte dalle varie partecipate potrebbero essere gestite direttamente da Regioni, Province e Comuni, così sfoltendo immediatamente – senza alcuna necessità di riforme costituzionali – presidenti e consiglieri di amministrazione, non eletti dal popolo, ma nominati dalla politica.
Con risparmi che andrebbero ben oltre quelli che si immagina possano derivare dalla riforma voluta dal Ministro Delrio.
Ecco Rizzo pone un altro tassello che conferma tristemente come viene scritta oggi l’agenda politica e su quali basi si progettano le riforme istituzionali.
Lo fa dando enfasi e piena copertura mediatica ad un documento con dati incompleti e parziali, senza quella valutazione critica che ci si attenderebbe.
Lo fa alimentando, come avviene da anni, un’opinione diffusa verso la tesi abolizionista che trova facili consensi, spesso ampiamente disinformati. E lo fa proprio la vigilia dell’assemblea delle Province italiane quasi a volere preventivamente confutare tesi e dati concreti che in quella sede presumibilmente verranno diffusi.
Dati che – siamo certi – non troveranno alcuno spazio ed alcuna attenzione da parte dei nostri illustri giornalisti d’inchiesta.