LA RIFORMA DELLE PROVINCE E IL SUPERAMENTO DELLA LEGGE DELRIO.
di Carlo Rapicavoli
Su molti quotidiani in edicola oggi 12 agosto 2023, riportando gli esiti di uno dei tanti incontri politici agostani, sono pubblicati commenti sulla riforma delle Province in discussione al Senato, con al centro la reintroduzione dell’elezione diretta degli organi.
La Prima Commissione Permanente del Senato ha elaborato un testo unificato dei nove progetti di legge presentati da tutte le forze politiche e avviato la discussione generale con l’esame degli emendamenti, che probabilmente sarà ultimato alla ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa di agosto.
Come accade quasi ineluttabilmente, gran parte dei commentatori non riescono a sottrarsi alla tentazione di riportare l’attenzione esclusivamente sul “ceto politico” e sui relativi costi oppure sull’interesse politico-elettorale del momento che giustificherebbe accelerazioni o rallentamenti, trattative e scambi, per indirizzare verso la direzione più favorevole la scelta finale comunque ormai obiettivo pressoché unanimemente riconosciuto come necessario.
Da più parti – inascoltati – abbiamo segnalato l’incoerenza e la dannosità della scelta operata nel 2014, sostenuta soltanto dal tanto sbandierato taglio delle poltrone, peraltro ampiamente compensato dal proliferare di enti e agenzie intermedie, sconosciute ai più e sottratti al controllo dei cittadini elettori proprio per sopperire, in parte, al vuoto lasciato dal trasferimento delle funzioni di competenza regionale dalle Province ad altri Enti.
Ciò a dimostrazione appunto dei danni provocato dalla Legge Delrio, che non ha comportato alcun risparmio, ma soltanto inefficienza e conseguenze negative soprattutto nella gestione del patrimonio pubblico, in particolare strade e scuole.
Con l’esperienza di chi ha vissuto dall’interno gli esiti di tutto questo processo, almeno negli ultimi 25 anni, non mi stanco di segnalare che l’attenzione va posta innanzitutto sulle funzioni svolte a livello provinciale.
Un approfondimento serio su questo aspetto, sempre trascurato nel dibattito pubblico tutto concentrato sulle “poltrone”, porterebbe certamente a fare tesoro dell’esperienza, degli errori fatti cui rimediare, e dell’obiettivo reale di evitare che si ripetano con il “copia incolla”, non auspicato in primo luogo da chi opera all’interno delle Province e dalla stessa UPI che le rappresenta.
Un’analisi su quanto hanno continuato a fare le Province nell’ultimo decennio, malgrado i dissennati interventi “riformatori” del legislatore, aiuterebbe a comprendere bene l’urgenza di una riforma seria e compiuta. Le Province, malgrado ancora oggi non tutti sembrano averlo compreso, non sono state soppresse e, con difficoltà enormi, hanno continuato ad operare senza interruzioni, seppure con i tagli dissennati operati dalla Legge di Bilancio 2015 sul personale, ridotto del 50%, e su un prelievo forzoso sulle entrate proprie, che permane in parte ancora oggi, che si è tradotto nell’impossibilità di garantire anche minimi interventi sul territorio.
Con l’inversione di tendenza finalmente compresa ed avviata a partire dal 2018, si sta recuperando tutto il tempo perduto grazie alle tante professionalità che, con spirito di servizio, hanno rinunciato a trasferirsi, approfittando dalla mobilità “agevolata”, in altri Enti più sicuri e allettanti. E grazie ai Sindaci e agli amministratori comunali che, a titolo gratuito (l’indennità per il Presidente è stata ripristinata finalmente soltanto da pochi mesi) hanno assicurato il governo delle Province.
E con i finanziamenti PNRR sull’edilizia scolastica, le Province hanno dimostrato grande capacità di programmazione, progettazione e investimento. Già nel mese di maggio per l’attuazione dei progetti PNRR assegnati alle Province finanziati dalla Missione4 – C3 PNRR, relativi alla messa in sicurezza, l’efficientamento energetico e la costruzione di edifici delle scuole secondarie superiori, avevano già aggiudicato le gare per un importo pari al 69% del finanziamento totale assegnato – di cui un 9% si è tradotto in opere completate e consegnate alle comunità – e il restante 31% delle gare era già in fase avanzata, con aggiudicazioni previste entro l’estate.
Mi piacerebbe molto un confronto su questi temi, per definire finalmente un assetto ordinamentale che eviti sovrapposizioni di competenze e il proliferare di enti, che concentri su Comuni e Province le funzioni amministrative in modo chiaro, che faccia delle Province un ente ad alta specializzazione, che gestisca gli interventi sul territorio – strade, scuole, ambiente, trasporti, difesa del suolo, gestione faunistica, pianificazione territoriale di area vasta ecc. – non esercitabili a livello comunale, oltre ai servizi per i Comuni, soprattutto quelli di minore dimensione, come le stazioni uniche appaltanti o i concorsi territoriali per la selezione del personale. Mi piacerebbe che venisse definito seriamente senso e ruolo delle Città Metropolitane, create dalla Legge Delrio ma sostanzialmente identiche alle Province cui sono subentrate.
È auspicabile in questo senso che finalmente si possa procedere alla revisione dell’Ordinamento degli Enti Locali, già all’esame del Consiglio dei Ministri dell’8 agosto scorso, ormai risalente al Testo Unico del 2000 (D. Lgs. 267/2000) a sua volta frutto delle disposizioni della Legge 142/1990 e che ha visto negli anni il sovrapporsi di norme, spesso non coordinate, che necessitano di aggiornamento e semplificazione, per eliminare sovrapposizioni in particolare nell’individuazione ed esercizio delle funzioni fondamentali di Comuni e Province, risorse finanziarie certe e riconoscimento dell’autonomia organizzativa, amministrativa e finanziaria, sancita dalla Costituzione ma molto spesso non attuata dalla legislazione ordinaria. Auspicabile altresì che il processo di riforma tenga conto dei contenuti della delega fiscale approvata definitivamente dalla Camera e che prevede all’art. 14 “Princìpi e criteri direttivi per la revisione del sistema fiscale dei Comuni, delle Città Metropolitane e delle Province”, per dare finalmente riisorse certe agli Enti Locali ed attuare l’autonomia finanziaria sancita dalla Costituzione e mai attuata.
La scelta sulla elettività degli organi è una conseguenza logica del ruolo di governo del territorio di area vasta che non può che essere svolto a livello provinciale (si pensi ad esempio alla pianificazione territoriale e strategica o alla gestione dei servizi pubblici locali), evitando assemblee pletoriche. Servono Consigli Provinciali snelli e concretamente rappresentativi del territorio (l’attuale sistema non garantisce alcuna rappresentanza) e Giunte con pochi assessori che affianchino il Presidente eletto che rappresenta l’intero territorio.
Nessun ritorno al passato ma per una volta, superando la sterile ricerca di facili consensi, si ponga rimedio ad errori gravi che hanno pesato molto sui territori e si faccia davvero una “piccola” riforma, che, in quanto tale, possa essere veramente utile.