Coppia di fatto famiglia
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LA PROMESSA DI MATRIMONIO ALLA LUCE DEI PATTI PREMATRIMONIALI.

Prospettive de iure condendo e profili risarcitori.

di Giulio La Barbiera*

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23713 del 21.12.2012, ha ritenuto valido l’accordo con cui i coniugi stabiliscono in anticipo, che, in caso di cessazione del matrimonio, l’uno ceda all’altro l’immobile di sua proprietà quale indennizzo delle spese sostenute da quest’ultimo per la ristrutturazione di altro immobile adibito a casa coniugale.

Tale cauta apertura giurisprudenziale, operata dai Giudici della Corte di Cassazione, in materia di patti prematrimoniali, induce a riflettere circa l’applicabilità dei medesimi all’interno del nostro ordinamento giuridico.

Nella presente dissertazione, si esaminerà, infatti, l’incidenza dei medesimi, nel nostro ordinamento giuridico, alla luce della disciplina della promessa di matrimonio ad essi collegata, con specifico riferimento alla disciplina civilistica in materia di contratti.

Ciò premesso, va evidenziato che, in materia di promessa di matrimonio (articoli 79 ed 80 c.c.), la dottrina ritiene che la non vincolatività della promessa, collegata  al principio della libertà matrimoniale quale espressione di un vero e proprio diritto della personalità (Bianca), configuri un principio di ordine pubblico, si che nel nostro ordinamento non è ammesso l’ingresso di norme straniere che consentono l’esecuzione coattiva della promessa di matrimonio (Finocchiaro).

Ne deriva, secondo la dottrina dominante (Luisella), che la mancata celebrazione del matrimonio sia configurabile come presupposizione.

Muovendo, però, dall’assunto, che, in questo caso, siano state effettuate le pubblicazioni di matrimonio e che siano state affisse alle porte della casa comunale, ne deriva che l’espletamento di tale procedura fa assumere alla suindicata promessa la forma di “promessa solenne di matrimonio” (Trib. Monza 31 marzo 2011), facendola diventare un “contratto preliminare”, anzi un”contratto sociale prematrimoniale preliminare” in base a quanto sancito all’articolo 1322 c.c., in quanto i patti prematrimoniali, nelle loro varie forme, rientrano tra i patti che “trovano fondamento nell’art. 1322 c.c.” (Trib. Genova, sez. I, 9 marzo 2006).

Tale conclusione poggia, altresì, anche sull’utilizzo della forma scritta (ai sensi dell’articolo 1325, punto n. 4, c.c.).

Ne deriva che qualora tale ipotesi contrattuale diventi definitiva (sulla base dei ragionamenti sopra delineati nonché sussistendo i requisiti sanciti all’articolo 1325 c.c) , superando la fase preliminare, ben si può ipotizzare un’ipotesi risarcitoria, laddove si verifiche, unilateralmente, una rottura ingiustificata della promessa matrimoniale.

Nell’esaminare tale microcosmo giuridico ancora sconosciuto in gran parte, non si può non riconoscere che tale disamina risulta abbastanza complessa, in virtù del fatto che, allo stato della nostra attuale legislazione nazionale, non è ancora stata varata una disposizione codicistica che disciplini nei minimi dettagli gli accordi prematrimoniali.

Sperando che il Parlamento provveda quanto prima in materia e volendo ipotizzare de iure condendo la struttura di tale disposizione normativa ( da inserire, appositamente, dopo l’articolo 1322 c.c.), ne potrebbe venir fuori, dai lavori parlamentari, una disposizione codicistica del seguente tenore:

Art 1322-bis (“Disciplina dei patti prematrimoniali”)

  • I nubendi possono stipulare contratti preliminari, nel rispetto dei limiti sanciti in materia contrattuale, nonché dei principio sanciti agli articoli 29: 30 e 31 della Costituzione della Repubblica Italiana ed agli articoli 143; 144 e 147; 1322 e 1325 c.c. ed all’articolo 12 della Legge 848 del 1955.
  • E’ vietata la stipulazione di contratti prematrimoniali palesemente lesivi del superiore interesse della prole in età minore od, in ogni caso, tesa a porre in essere rapporti contrattuali connotati, unilateralmente o bilateralmente, da prestazioni, antecedenti e/o postume alla celebrazione del matrimonio (civile o concordatario), a carattere simulatorio (art. 1414 c.c.); a causa illecita (art. 1343 c.c.); in frode alla legge(art. 1344 c.c.) a motivo illecito (art. 1345 c.c.).
  • Per motivo illecito s’intende la finalizzazione, anche con modalità apparentemente lecite, dello strumento contrattuale alla commissione dei reati previsti e sanzionati agli articoli 629; 644 e 644-bis c.p., in quanto tali modalità contrattuali, non potendo essere degne di tutela giuridica, si riverberano sulla stabilità dell’assetto familiare costituzionalmente sancito, impedendo l’adempimento dei doveri di solidarietà sociale nei confronti dei cittadini.

Una disposizione codicistica (di matrice civile-penale) così strutturata (od almeno in maniera molto simile), disciplinerebbe molte potenziali ipotesi contrattuali “prematrimoniali” (estensibili anche per analogia legis o per analogia iuris) ed eviterebbe l’utilizzo per scopi illeciti dello strumento contrattuale (con riferimento ai reati di estorsione, usura propria ed impropria (articoli 629; 644 e 644-bis c.p.), salvaguardando al contempo, la dimensione socio-familiare, tradizionalmente intesa, sia a livello di legislazione nazionale che comunitaria.

Ciò detto e confermando che un intervento del Parlamento in tal senso sarebbe auspicabile, va, tuttavia, ammesso che, nonostante le lacune normative, sussistenti nel nostro ordinamento giuridico, risulta, comunque, possibile delineare una strategia risarcitoria, in caso di rottura ingiustificata della promessa di matrimonio, qualora la si cristallizzi, alla luce

dei patti (contratti) prematrimoniali in un contratto  preliminare prematrimoniali e successivamente in un contratto defintivo, la promessa di matrimonio, nel rispetto dei limiti  sanciti agli articoli 29; 30 e 31 della Costituzione della Repubblica Italiana, nonché agli articoli 143; 144 147; 1322 e 1325 c.c. ed all’articolo 12 della Legge 848 del 1955 ( e di conseguenza agli articoli 629; 644 e 644-bis c.p.).

Tale profilo risarcitorio si costruisce in via giurisprudenziale seguendo tale percorso:

  • Qualora si consideri la rottura ingiustificata della promessa di matrimonio (soprattutto qualche giorno prima delle nozze) alla stregua di un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell’articolo 2043 c.c.; si può far leva su quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II, Civile, con sentenza 21 maggio 2004, n. 9711.

I Giudici della Suprema sentenza, affermano, nella suindicata sentenza, che: “l’obbligazione di risarcimento del danno derivante da illecito extracontrattuale configura un debito di valore, in quanto diretta a reintegrare completamente il patrimonio del danneggiato, per cui resta sottratta al principio nominalistico e va al giudice, anche d’ufficio, quantificata tenendo conto della svalutazione monetaria sopravvenuta, secondo gli indici di deprezzamento della moneta e fino alla data di liquidazione, solamente da tale data in quest’ultimo caso, spettando (in presenza della necessaria domanda di risarcimento del lucro cessante da ritardato pagamento della somma rivalutata), gli interessi moratori, al tasso legale, sulla somma rivalutata, giacché altrimenti il creditore verrebbe a conseguire più di quanto lo stesso avrebbe ottenuto in caso di tempestivo adempimento dell’obbligazione”.

In altri termini: “La responsabilità e la conseguente domanda risarcitoria formulata  ex art 2043 c.c. presuppone solo una generica colpa con al conseguenza che spetta al danneggiato dare la prova del fatto costitutivo della propria pretesa ed il nesso tra il fatto colposo altrui e le conseguenze pregiudizievoli effettivamente sofferte” (Trib. Bologna 19 febbraio 2010).

Rimanendo ancora nell’alveo dell’articolo 2043 c.c., ma volendo considerare l’ipotesi risarcitoria come perdita di chance, si può citare quanto sancito dalla Corte di Cassazione, sez. III Civile, con sentenza 28 giugno 2005, n. 1752.

In tale sentenza, la Corte ribadisce che: “In tema di risarcimento del danno, il creditore che voglia ottenere, oltre il rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di “chance” – che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione – ha l’onere di provare pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev’essere conseguenza immediata e diretta”.

Qualora, invece, si opti per far configurare l’ipotesi risarcitoria in analisi come risarcimento di un interesse legittimo leso o, più specificamente, come “danno da contratto”, tale strategia difensiva risulta utilizzabile in sede processuale in quanto è ravvisabile un “danno ingiusto nel sacrificio dell’interesse alla conservazione della situazione di vantaggio” (Cass. civ., S.U. 22 Luglio 1999, n. 500), consistente nell’aspettativa, brutalmente frustrata, dalla rottura repentina della promessa matrimoniale, impedendo così all’altro “potenziale” coniuge, di dar vita alla creazione di una dimensione  matrimoniale e familiare (con nascita di prole) appagante, con riflessi sociali positivi anche all’esterno.

Tale ultima possibile soluzione funge da apripista verso una soluzione risarcitoria di stampo esistenzialista che, ai sensi dell’articolo 2059 c.c., nonché come strumento omnicomprensivo nonché perfezionativo di tutte le ipotesi risarcitorie sin qui prospettate, risulta, in fatto ed in diritto, la migliore soluzione da adottare, giacché  la “sussistenza del danno non patrimoniale, quale conseguenza non pregiudizievole di una lesione suscettibile di essere risarcita” può essere provata anche facendo ricorso a “presunzioni semplici” (Cass., 13 ottobre 2016, n. 20643), dato che, in virtù della “natura unitaria del danno non patrimoniale”, riferita alla “lesione di qualsiasi interesse costituzionalmente rilevante non suscettibile di valutazione economica”, il giudice di merito deve “tener conto di tutte le conseguenze che sono derivate dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni risarcitorie attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, e di non oltrepassare una soglia minima di apprezzabilità, onde evitare risarcimenti cosiddetti bagattellari” (Cass., 23 settembre 2016, n. 18746).

 

 

Bibliografia:

  • Accordi prematrimoniali: la Cassazione dice sia condizione che …. a cura di Raffaella Mari  (Avvocato)  su: laleggepertutti.it
  • I Codici Operativi OP1 Codice Civile operativo II Edizione Annotato con Dottrina e Giurisprudenza a cura di M. Sinisi; C. Carbone; G. Chiesi; G. Fini Edizioni Giuridiche Simone (articolo 79 “Non vincolatività”);
  • Luigi Tramontano Codici Civile e Penale Annotati con la giurisprudenza per l’esame di Avvocato 2013 Cedam à riferimenti:

art. 79 c.c. ( Trib. Monza 31 marzo 2011);

art. 1322 c.c. par. 39 Separazione tra coniugi e pattuizioni conseguenti Trib. Genova sez. I 9 marzo 2006;

art. 2043 c.c. à Cass. civ., sez. III, 21 maggio 20024, n. 9711 (par. 28 “Obbligazione di risarcimento danno come debito di valore”) Trib.Bologna 19 febbraio 2010 (par. 31″Onere della prova”) Cass.civ., sez. III, 28 gennaio 2005, n. 1752 (par. 32 “Perdita di chance”)  Cass. civ. S.U. 22 Luglio 1999, n. 500 (par. 48 “Risarcibilità degli interessi legittimi e il danno da contratto);

  • Codice Civile e Codice Penale – ADDENDA DI AGGIORNAMENTO 2016

I CODICI SUPERIORI 2016 diretti da Guido ALPA e Roberto GAROFOLI – Nel Diritto Editore – art. 2059 c.c.(“Principi generali”) à Cass. 13 Ottobre 2016, n. 20643 e Cass. 23 Settembre 2016, n. 18746.

 

* Avvocato Stabilito iscritto presso l’Albo degli Avvocati Stabiliti del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere.

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