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LA NUOVA FORMA DI PIANO IN PUGLIA: disposizioni normative per favorire il riciclo urbano dell’economia circolare all’interno del governo del territorio. – QUOTIDIANO LEGALE
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LA NUOVA FORMA DI PIANO IN PUGLIA: disposizioni normative per favorire il riciclo urbano dell’economia circolare all’interno del governo del territorio.

PRG Piani attuativi piani regolatori

Diritto Urbanistico

 

 

LA NUOVA FORMA DI PIANO IN PUGLIA: disposizioni normative per favorire il riciclo urbano dell’economia circolare all’interno del governo del territorio. Possibili evoluzioni della legge regionale 20/2001

Angela Masella, Rachele Ramellini

ABSTRACT (ITA): Il presente lavoro si propone di analizzare la disciplina del Governo del territorio, con particolare riguardo all’area territoriale pugliese, mediante l’analisi della Legge Regionale 27 luglio 2001, n. 20. Verranno analizzati punti di forza e criticità della disciplina, che successivamente verrà posta a confronto con due modelli di legislazione più recenti: quello della Sicilia, con la disamina della Legge Regionale 13 agosto 2020, n. 19, e quello dell’Emilia-Romagna, con il conseguente esame della L.R. 21 dicembre 2017, n. 24. Nella parte finale dell’elaborato saranno offerti alcuni spunti per una proposta di riforma dell’attuale testo legislativo in vigore in Puglia, con particolare riferimento all’esperienza del riuso e della rigenerazione urbana.

ABSTRACT (ENG): The following essay aims to analyze the discipline of the territorial government, especially in regard of the Apulian region with the analysis of Legge Regionale 27 luglio 2001, n. 20. The work will analyze and compare strengths and weaknesses of the law to two new models of legislation: the first of Sicily, with the exam of the Legge Regionale 13 agosto 2020, n. 19, and the second of Emilia-Romagna, through the analysis of L.R. 21 dicembre 2017, n. 24. In the conclusion of the paper will be made some observations for a reform proposal of the current legislative text in Puglia, with a focus on the experience of urban re-use and regeneration.

SOMMARIO: 1. Breve analisi della locuzione “governo del territorio”; 2. Governo ed uso del territorio in Puglia: analisi della Legge Regionale 27 luglio 2001, n. 20; 3. Comparazione con altri modelli di pianificazione urbanistica più recenti; 4. Elementi per una proposta di Legge regionale sul governo del territorio in Puglia.

  1. Breve analisi della locuzione “governo del territorio”.

“Governo del territorio” è la locuzione che ha sostituito il termine “urbanistica” all’interno della Carta Costituzionale in seguito alla riforma del Titolo V, avvenuta con la Legge Cost. 3/2001. Oltre a modificare l’espressione utilizzata -si vedrà a breve se con un conseguente cambio di significato- la suddetta riforma ha inserito la materia tra quelle che l’art. 117 Cost. definisce di legislazione concorrente, ossia quelle per le quali la potestà legislativa viene attribuita alle Regioni, salvo che per la determinazione dei principî fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Nella variegata presenza di plurime fonti normative, costituite da diciannove leggi regionali -alcune delle quali saranno analizzate nel corso del presente lavoro- e due leggi provinciali, occorre preliminarmente, per quanto possibile, fornire una definizione di “governo del territorio”, anche al fine di verificare le effettive competenze legislative e le possibilità di ampliamento e/o di modifica del contenuto di alcune delle succitate fonti.

Come noto, ad oggi non esiste un riferimento normativo unitario all’interno del quale risulti spiegato esplicitamente a cosa ci si riferisca allorquando ci si approccia al ‘governo del territorio’; per tale ragione, bisogna ricorrere a contributi dottrinali e alle diverse pronunce giurisprudenziali intervenute, che nel tempo si sono prodigate per individuare il significato più corretto della locuzione ed altresì per circoscriverne gli effettivi contenuti.

Difatti, dottrina e giurisprudenza hanno tentato di comprendere se la materia del governo del territorio sia del tutto assimilabile alla vecchia definizione costituzionale di “urbanistica”, concernente l’assetto, l’incremento edilizio dei centri abitati e la pianificazione del territorio, ovvero se vi rientri altresì la materia dell’edilizia.

In particolare, una parte della dottrina ha corroborato la prima tesi, affermando che nel governo del territorio rientrano i medesimi contenuti dell’urbanistica, con il risultato di ottenere una piena coincidenza tra la vecchia e la nuova definizione. Secondo tale orientamento, la nuova denominazione introdotta dalla Legge costituzionale è volta unicamente a precisare che “la materia investe l’intero territorio e non solo la parte occupata dalle costruzioni1, senza però determinare un effettivo ampliamento del relativo oggetto. In quest’ottica, dunque, rientrerebbe tutto ciò che concerne l’uso dell’intero territorio -e non solo degli aggregati urbani- ai fini della localizzazione e della tipizzazione degli insediamenti di ogni genere, oltreché delle relative infrastrutture2. Ad ogni buon conto, percorrendo tale sentiero interpretativo, si finisce per omettere di fornire idonee delucidazioni all’impervio dibattito circa la riconducibilità o meno all’interno della locuzione della materia dell’edilizia, per tale intendendosi l’insieme delle conoscenze e delle tecniche necessarie per la realizzazione di una costruzione o di un edificio.

Sul punto è intervenuta a più riprese la Corte Costituzionale che, con una pluralità di pronunce concordanti sul tema discusso, ha chiarito tutti i dubbi insinuati dalla nuova dizione e dall’eliminazione di qualsiasi riferimento all’urbanistica nella nuova formulazione dell’art. 117 Cost..

Una precisa ed inequivocabile interpretazione dell’espressione “governo del territorio” è contenuta all’interno della sentenza n. 352 del 19 dicembre 2003: in quella sede, la Corte Costituzionale ha stabilito una volta per tutte che, nel novero della predetta locuzione, rientrano tanto la materia dell’urbanistica, tanto quella dell’edilizia. Si giunge a tale conclusione richiamando una pronuncia di poco anteriore -la sentenza n. 303 del 25 settembre-1 ottobre- nella quale, dopo aver analizzato le altre materie assegnate dalla riforma costituzionale alla competenza legislativa concorrente Stato-Regioni, la Corte aveva statuito l’implausibilità della sottrazione alla competenza statale dei principi propri dell’urbanistica. L’art. 117, comma 3, Cost. assegna infatti alla potestà legislativa concorrente le materie relative a porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, ovverosia temi ontologicamente connessi a tutto ciò che riguarda l’assetto e la pianificazione urbana. Di conseguenza, svincolando il governo del territorio dall’urbanistica vi sarebbe stata, a dire della Corte, la riduzione della nuova definizione costituzionale ad un mero “guscio vuoto”. Ciò posto, percorrendo il medesimo iter argomentativo della precedente pronuncia, la Corte Costituzionale ha ritenuto di ricondurre anche l’ambito della edilizia al più ampio genus del governo del territorio3.

Non a caso, poi, a distanza di pochi mesi, l’indirizzo interpretativo innanzi riportato viene ribadito, ed anzi rafforzato, con la sentenza della Corte Costituzione n. 196 del 28 giugno 20044.

Un ulteriore e rilevante passo in avanti viene compiuto a mezzo della successiva sentenza n. 232 del 16 giugno 2005: in quell’occasione, infatti, la medesima Corte si è pronunciata sul rapporto intercorrente tra il governo del territorio -sempre comprensivo dell’urbanistica e dell’edilizia- e l’alveo della tutela e della valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, finendo per ampliare ulteriormente la definizione e, soprattutto, la funzione della nuova materia. Infatti, l’organo giudicante statuisce che la materia del governo del territorio permette in qualche modo alle Regioni di intervenire anche nell’ambito della tutela dei beni culturali ed ambientali, venendosi in questo modo a delineare una disciplina aggiuntiva rispetto a quella già introdotta dalla legislazione statale (si rammenti che la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, sono materie di intervento che il secondo comma dell’art. 117 Cost. attribuisce in via esclusiva alla competenza dello Stato). Secondo la Corte Costituzionale, tale prospettazione è motivata dal fatto che, come già asserito in alcuni precedenti giurisprudenziali, “beni culturali” e “tutela dell’ambiente”, più che semplici ambiti di competenza, rappresentano un vero e proprio compito, un fine, al quale giungere, non potendosi infatti escludere aprioristicamente l’intervento dell’Amministrazione regionale in materia, essendo invece legittimata in ragione dell’attribuzione di una competenza legislativa concorrente, quale appunto il “governo del territorio”5. La sentenza richiamata ha evidentemente il merito di mettere in risalto la “forza” conferita dalla riforma alla locuzione governo del territorio, nella misura in cui arriva finanche a garantire alle Regioni la potestà di legiferare anche relativamente a questioni per le quali ne parrebbe priva.

In alcune pronunce successive, la Corte Costituzionale conferma il proprio orientamento, riconducendo alla definizione di governo del territorio tanto il settore dell’urbanistica quanto quello dell’edilizia6.

In definitiva, e senza la pretesa di risultare esaustivi, si può dire che il governo del territorio, di cui all’art. 117 Cost., riguarda tutti i provvedimenti, le norme e le procedure che, prevedendo appositi strumenti di pianificazione, si occupano di regolare l’assetto e l’utilizzazione del territorio e dei relativi insediamenti, delle strutture e delle attività, con inevitabili ripercussioni anche in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e della tutela dei beni culturali.

Dal quadro innanzi prospettato, sebbene si evinca la difficoltà di fornire una definizione unitaria e omnicomprensiva di governo del territorio (questione, tra l’altro, oramai acclarata anche in considerazione del vasto numero di contenziosi sorti in materia), l’assenza di una nozione vincolante permette comunque di intervenire, anche con strumenti più prossimi ai diretti portatori di interesse –d’altronde, una Legge regionale è maggiormente in grado di tenere in debito conto la realtà territoriale su cui si riverseranno gli effetti delle normative vigenti- in ambiti come la tutela ambientale che, come già anticipato, attenendosi ad una lettura strettamente letterale dell’art. 117 Cost., non sarebbero di diretta competenza delle Regioni.

D’altro canto, però, l’eccessiva frammentazione legislativa, invero inevitabile nel contesto della normativa regionale, necessita, in armonia con quello che è il dettato costituzionale, che lo Stato intervenga con un provvedimento armonico, che quantomeno detti delle linee di principio, unitariamente applicabili; e ciò soprattutto vista la sovrapposizione tra il governo del territorio e le materie tutela dei beni culturali e dell’ambiente, riservate alla sua competenza esclusiva, di cui si è poc’anzi discusso.

La definizione dei principi e l’individuazione precisa dei compiti in tema di governo del territorio, da attribuirsi a ciascun livello territoriale, consentirebbero un’azione unitaria e di conseguenza più efficace, scevra da inutili parcellizzazioni e, soprattutto, immune da questioni attinenti l’effettivo riparto di competenze.

2. Governo ed uso del territorio in Puglia: analisi della Legge Regionale 27 luglio 2001, n. 20.

2.1 Elementi della pianificazione urbanistica territoriale.

La Regione Puglia, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 4, dello Statuto approvato dal Consiglio Regionale in primis con deliberazione n. 155 del 21 ottobre 2003 e poi confermato, in seconda lettura, con deliberazione n. 165 del 3, 4 e 5 febbraio 2004, esercita la funzione di governo del territorio, così come definitiva nel paragrafo che precede, nel rispetto del principio di sussidiarietà sancito a livello costituzionale, da intendersi come “responsabilità primaria delle istituzioni più vicine ai bisogni e come integrazione costante con le iniziative delle formazioni sociali e del volontariato dirette all’interesse generale e alla tutela pubblica dei diritti universali”.

La tematica del governo del territorio pugliese è ancora oggi sottoposta alle disposizioni normative di cui alla Legge Regionale 27 luglio 2001, n. 20 (“Norme generali di governo e uso del territorio”), informata proprio al principio di sussidiarietà summenzionato, unitamente a quelli di efficienza e celerità dell’azione amministrativa, nonché di perequazione e trasparenza delle scelte, conformemente a quanto ivi previsto all’art. 27.

Dall’analisi della predetta disciplina, emerge in primo luogo che l’attività di pianificazione territoriale viene esercitata attraverso il metodo della co-pianificazione e, pertanto, risulta articolata su tre distinti piani operativi: regionale, provinciale e comunale.

Invero, l’architettura delineata evidenzia altresì una predisposizione di sistema di natura intrinsecamente “gerarchica”, nella misura in cui gli atti programmatori assunti a livello locale sono soggetti ad una valutazione in termini di conformità rispetto agli indirizzi macroscopici proposti sul piano territoriale superiore. Non a caso, grava sulla Giunta Regionale l’onere di dare avvio all’iter procedurale ivi delineato, a mezzo della approvazione del Documento Regionale di Assetto Generale (o, DRAG). Tale strumento assolve alla basilare funzione di definire un assetto ottimale del territorio pugliese, al contempo fissando gli obiettivi strategici da perseguire a mezzo dell’intera attività di pianificazione, anche a livello provinciale e comunale. In tale fase, conformemente ai principi enucleati all’esordio della normativa e, nell’ottica di garantire la partecipazione dei soggetti inevitabilmente portatori di interesse, in quanto insistenti (ed esistenti) sul territorio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 L.R. 20/20018 è prevista la convocazione della Conferenza Programmatica Regionale, alla quale “partecipano i rappresentanti dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNCEM, le associazioni, le forze sociali, economiche e professionali”, unitamente ad una “Conferenza di servizi, alla quale partecipano i rappresentanti delle Amministrazioni statali, per acquisirne previamente le manifestazioni di interesse”. Tanto al fine di elaborare uno schema di Documento, da sottoporre poi all’attenzione di Province, Comuni, Enti Pubblici ed Associazioni di settore per eventuali osservazioni e proposte ad integrazione del testo originario.

Partendo dalle linee generali predisposte dal DRAG e sempre in ossequio alle stesse, ai sensi dell’art. 6 della Legge in commento, i Consigli Provinciali sono tenuti all’adozione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (o, PTCT), avente –tra le altre- efficacia parificata ai piani di settore “nell’ambito delle materie inerenti la protezione della natura, la tutela dell’ambiente, delle acque, della difesa del suolo, delle bellezze naturali”, previa concertazione con le Amministrazioni competenti. Anche per tale strumento di programmazione funzionale del territorio provinciale, sostanzialmente diretto a creare un raccordo tra politiche regionali e comunali, la L.R. 20/2001 prevede un’articolata procedura di approvazione9, la quale intende garantire la partecipazione attiva di una Conferenza di Servizi, onde acquisire in prima battuta le manifestazioni di interesse dei rappresentanti partecipanti per la redazione di uno schema di Piano, cui succede l’intervento dei rappresentanti comunali, delle associazioni e delle organizzazioni portatrici di interesse, per acquisire eventuali proposte ed osservazioni in merito all’approvando schema di PTCT.

Degna di riflessione appare la circostanza che la L.R. 20/2001 non reca alcuna indicazione circa il contenuto dello stesso Piano, relativamente a cui interveniva la L.R. 13 dicembre 2004, n. 24 (rubricata “Principi, indirizzi e disposizioni per la formazione del Documento regionale di assetto generale (DRAG)”) all’art. 310.

Ad ogni buon conto, concertando le disposizioni vigenti, emerge che al PTCT spetta il compito delineare le linee di sviluppo del territorio provinciale, con peculiare riguardo ad aspetti di fondamentale rilevanza strategica a livello sovracomunale, quali ad esempio le infrastrutture, la definizione dell’aspetto idrico e idrogeologico e del consolidamento del suolo.

A completamento di tale strutturazione a livelli, è bene altresì considerare che, posteriormente all’entrata in vigore della Legge Regionale del 2001, il PTCT è stato affiancato dal Piano Territoriale Generale Metropolitano (o, PTGM) a mezzo dell’art. 1, comma 44, L. 7 aprile 2014, n. 5611 (rubricata “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”), in forza del quale alle Città metropolitane vengono attribuite le medesime funzioni riconosciute in capo alle Province, anche con riferimento alla pianificazione territoriale generale.

Con peculiare riferimento al tacco d’Italia, difatti, la Città Metropolitana di Bari adotta il proprio PTGM, che in forza della normativa statutaria vigente (art. 9 dello Statuto approvato dalla Conferenza Metropolitana con Delibera n. 1 del 18 dicembre 2014) assolve alla precipua funzione di comprendere ed indicare “le infrastrutture di interesse metropolitano, le strutture di comunicazione e le reti di servizi che interessano e interagiscono sull’area territoriale della Città Metropolitana”, con valore ed efficacia analoga a quella portata dal Piano Territoriale adottato a livello provinciale, costituendo conseguentemente un ulteriore parametro valutativo per i piani operativi di competenza dei Comuni appartenenti alla medesima, sempre previa conformità al Piano regionale.

Infine, il Titolo V della L.R. 20/2001 si occupa di disciplinare la pianificazione urbanistica a livello comunale, la quale trova espressione mediante il Piano Urbanistico Generale (o, PUG) ed i Piani Urbanistici Esecutivi (o, PUE), tutti adottati dal Consiglio Comunale.

Secondo quanto statuito all’art. 912, il PUG viaggia su un duplice binario, di fatto costituito da un lato da previsioni di ordine strutturale e, dall’altro da previsioni di natura eminentemente programmatica: questa peculiare configurazione rende siffatto strumento (da intendersi comunque come unitario) idoneo a rispondere in modo diretto alle concrete e vive esigenze urbanistiche del territorio comunale.

In particolare, la prima parte è diretta a fotografare lo scenario delle risorse disponibili sul lungo periodo, con lo scopo di localizzarle, determinarne la consistenza ed al contempo individuando forme ed input di potenziale sviluppo, palesando così la propria funzione eminentemente strategica, tra l’altro all’epoca ben lontana dall’impostazione tradizionale della programmazione urbanistica. Diversamente, le previsioni operative si realizzano sul medio-breve periodo, proprio con la finalità di dare attuazione alle direttive ed alle strategie di natura strutturale, introducendo parametri e indici urbanistici, disciplinando altresì le trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili. Resta comunque ferma la facoltà dei Comuni di adottare un PUG intercomunale per settori e porzioni territoriali oggetto di comune interesse.

Il procedimento di formazione del PUG13 trova il suo incipit nell’adozione del Documento Programmatico Preliminare (o, DPP) recante “gli obiettivi e i criteri di impostazione del PUG”, depositato presso la Segreteria del Comune adottante, onde consentire a qualsivoglia soggetto interessato di presentare osservazioni e proposte entro venti giorni dalla data del deposito. Fermo restando che, anche a seguito dell’adozione del PUG da parte del Consiglio Comunale, viene concesso un termine di sessanta giorni per la presentazione di ulteriori considerazioni e giudizi, ai quali il Piano definitivo potrebbe adeguarsi.

Dunque, il documento nella sua formulazione eventualmente integrata viene sottoposto alla cognizione della Giunta Regionale e della Giunta Provinciale per la valutazione di conformità, rispettivamente agli indirizzi di cui al DRAG ed al PTCT, se già approvati, ovvero ad altro strumento regionale di pianificazione come il Piano Urbanistico Territoriale (o, PUT) e agli indirizzi di programmazione socio-economica e territoriale ex art. 5 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Nell’evidenza di profili di non compatibilità alle disposizioni assunte al rango territoriale superiore, entro centoottanta giorni dalla data di invio, viene istituita una Conferenza di Servizi ad hoc per la proposizione di specifiche integrazioni o modifiche da apportare ai fini dell’adeguamento del PUG.

Sebbene non espressamente disciplinato dalla Legge Regionale in commento, non può non farsi richiamo ad un ulteriore passaggio, resosi indispensabile nella procedura di approvazione del PUG, quale l’avvio della Valutazione Ambientale Strategica (o, VAS), introdotta dalla Direttiva Europea 2000/42/CE del 27 giugno 2000, recepita con il D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e ss.mm.ii., seguita dalla L.R. 14 dicembre 2012, n 18 adottata dalla Regione Puglia –in adeguamento alle disposizioni della Parte Seconda del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152- e concernente la valutazione degli effetti di piani e programmi sull’ambiente e sul patrimonio culturale, allo scopo di migliorarne la qualità risolutiva. Successivamente, con l’emanazione del Regolamento Regionale 9 ottobre 2013, n. 18 in attuazione della predetta normativa, all’art. 4 viene disciplinata l’assoggettabilità alla predetta procedura dei PUG formati ai sensi della L.R. 20/2001.

Orbene, l’esecuzione del PUG definitivamente approvato, anche relativamente ad uno specifico settore, viene rimessa ai PUE, che possono essere tanto di iniziativa pubblica, quanto privata: difatti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 16 della L.R. 20/2001 essi vengono presentati direttamente dal Comune, ovvero da un consorzio privato costituito da soggetti che siano proprietari di almeno il 51% degli immobili insistenti nell’area interessata dal Piano Esecutivo o, infine, dalle società di trasformazione urbana. Una volta approvati, i predetti strumenti esecutivi, salvo l’applicabilità di disposizioni derogatorie in materia, vengono attuati in un arco temporale non superiore ad un decennio, proprio in ragione della loro natura.

2.2 Punti di debolezza della normativa vigente.

Delineato in modo volutamente schematico –finanche, riduttivo- il quadro della pianificazione territoriale in Puglia, la prima inevitabile riflessione concerne la tempistica scandagliata a livello legislativo per l’adozione dei vari piani urbanistici. Infatti, a norma di legge, la Giunta Regionale avrebbe dovuto approvare il DRAG entro centoottanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa, ma di fatto le norme sul governo del territorio hanno rappresentato “lettera morta” quanto meno fino al 2005. Soltanto dopo, sempre a livello regionale, sono stati adottati una serie di atti e provvedimenti di carattere pionieristico, aventi lo scopo di impulsare l’attività di pianificazione sul territorio pugliese, nel rispetto dei principi espressamente disciplinati proprio dalla L.R. 20/2001 ed anche di quelli fissati a livello nazionale. Tra essi, degna di nota quanto a contenuto, risulta la Circolare n. 1/2005 emessa dall’Amministrazione Regionale, ove nel capitolo introduttivo viene posta per iscritto l’intenzione di “fornire alcune prime essenziali indicazioni in merito all’attuazione della Legge Regionale 27 luglio 2001, n. 20, ‘Assetto e utilizzazione del territorio’ in attesa dell’approvazione del DRAG, anche in relazione a quanto disposto dalla successiva Legge Regionale 13 dicembre 2004, n. 24, ‘Principi, indirizzi e disposizioni per la formazione del Documento regionale di assetto generale (DRAG)’”.

Si consideri che, con riferimento alla sola parte organica di cui all’art. 4, comma 3, lettera b, della predetta legge, relativa alla necessità di fornire un fondamento programmatico ai metodi di elaborazione ed ai contenuti del Piano Urbanistico Generale- si deve attendere la deliberazione della Giunta Regionale pugliese del 03 agosto 2007, poi pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 120 del 29 agosto 2007.

Inevitabilmente, tale circostanza ha contribuito –ma, di certo, non in modo esclusivo- alla produzione di un effetto a valanga sull’attività di pianificazione ai livelli inferiori, ad inevitabile detrimento delle prerogative territoriali di sviluppo sostenibile, per le quali una attività di programmazione tempestiva avrebbe ad oggi garantito una efficienza maggiore. A questo riguardo, la non esclusività di tale rapporto causa-effetto, cui si è appena fatto cenno, è figlia del fatto che le Amministrazioni provinciali e comunali non sono state impedite nell’esercizio dei propri poteri dalla paralisi dell’attività pianificatoria regionale, nella misura in cui la L.R. 20/2001 sancisce la necessità di conformare il contenuto degli adottandi strumenti urbanistici alle linee disegnate dal DRAG (qualora approvato), non anche l’obbligatorietà di subordinarne l’azione di pianificazione spettante a Province e Comuni alla approvazione dello stesso Documento, trattandosi infatti di una competenza attribuita a questi enti dalla normativa nazionale.

Ciononostante, a solo titolo esemplificativo, si consideri che in Provincia di Lecce il PTCT è stato approvato con Deliberazione del Consiglio Provinciale n. 75 del 24 ottobre 2008, mentre a Foggia con delibera del Consiglio Provinciale n. 84 del 21 dicembre 2009. Ancora successiva la Deliberazione del Commissario Straordinario con poteri del Consiglio n. 2 del 06 febbraio 2018 a Brindisi.

Ponendo poi l’attenzione sulla pianificazione territoriale comunale, a seguito del decorso di oltre vent’anni dall’entrata in vigore della Legge Regionale in commento, “si evince come anche i comuni non sembrano considerare la pianificazione come attività fisiologica di governo del territorio, da assoggettare a un periodico e complessivo rinnovamento […] Nel complesso il rinnovamento degli strumenti con piani di nuova generazione in vigore riguarda 44 comuni, ovvero circa il 18% dei comuni”14. Emerge, infatti, che la maggioranza dei Comuni pugliesi sia tutt’oggi ancorata a strumenti pianificatori di vecchia generazione, tra cui proprio quelli a maggiore densità di popolazione.

A ben vedere, è proprio la struttura della L.R. 20/2001 a far trapelare rilevanti spunti di riflessione: innanzitutto, essa consta di soli venticinque articoli ed è impostata in modo schematico, dettando in sostanza i principi cardine della materia del governo del territorio, unitamente all’iter procedurale di approvazione degli strumenti di pianificazione disciplinati, rimandando inevitabilmente alla disciplina di dettaglio il compito di approfondire contenuti e modalità di applicazione degli stessi.

Sebbene la L.R. 20/2001 possa essere annoverata tra le “leggi di nuova generazione”, è evidente che essa induce ad una eccessiva, e spesso disordinata, frammentarietà della disciplina urbanistica, che contribuisce a renderla meno chiara e decisamente meno proiettata al soddisfacimento dei bisogni delle generazioni presenti e di quelli future, soprattutto alla luce delle nuove emergenze.

A ciò si aggiunga che il disegno gerarchico-piramidale posto alla base della stessa Legge sembra entrare in conflitto con la sua stessa funzione: invero, se da un lato si opta per un regime di pianificazione su tre livelli allo scopo di cristallizzare i rispettivi ambiti di intervento -seppur secondo il metodo della co-pianificazione e nel rispetto del principio di sussidiarietà- dall’altro la medesima struttura viene scomposta dall’eventuale ritardo d’azione degli Enti territoriali.

Oltre a quanto già argomentato innanzi, si consideri ad esempio che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 11, comma 7 e 8, L.R. 20/2001, il PUG adottato viene sottoposto al vaglio della Giunta Regionale e Provinciale per la verifica di compatibilità, da effettuarsi entro il termine perentorio di centocinquanta giorni dalla data di ricezione, decorso invano il quale, esso si intende “controllato con esito positivo”.

Con tutta evidenza, nonostante tale sistemazione sia in astratto configurata in modo avveduto, di fatto finisce per scontrarsi inesorabilmente con l’operato carente delle Amministrazioni territoriali, restio a favorire il continuo perfezionamento della disciplina in materia di governo del territorio, a maggior ragione alla luce del susseguirsi di avvenimenti irrimediabilmente destinati a mutare il substrato economico, sociale e politico su cui una legge sul governo del territorio si fonda, come i cambiamenti climatici, l’emergenza sanitaria e l’allarme demografico.

3. Altri modelli di pianificazione urbanistica regionale più recenti.

3.1 Governo del territorio in Emilia-Romagna: la Legge Regionale 21 dicembre 2017, n. 24.

La nuova Legge regionale sulla tutela e l’uso del territorio dell’Emilia Romagna, la L.R. 21 dicembre 2017, n. 24, è stata pubblicata sul BUR n. 304 del 21 dicembre 2017 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 2018. La predetta legge è un esempio di disciplina del governo del territorio moderna e conforme all’ampio significato della nuova espressione inaugurata dalla riforma del Titolo V.

Una delle caratteristiche principali della normativa è quello di agire per principi dichiarati. Tra le prime cose che vengono in rilievo leggendo il testo, infatti, vi è l’ampio spazio dedicato alla definizione dei principi e obiettivi generali: l’art. 1 enuncia che la legge stabilisce “la disciplina regionale in materia di governo del territorio” in conformità ai principi fondamentali della legislazione statale, dell’ordinamento europeo e della potestà legislativa esclusiva statale.

La medesima disposizione ha altresì il pregio di fornire una precisa interpretazione della locuzione governo del territorio, definendolo l’insieme delle attività di analisi, valutazione, programmazione, regolazione, controllo e monitoraggio degli usi e delle trasformazioni del territorio e degli effetti delle politiche socio economiche su di esso incidenti, individuando gli organi predisposti al suo esercizio (Comuni e loro Unioni, la Città metropolitana di Bologna, i soggetti di area vasta e la Regione). Inoltre, sempre l’art. 1 della predetta Legge individua le finalità sottese al governo del territorio, quali il perseguimento dell’equità e della competitività del sistema sociale ed economico, il soddisfacimento dei diritti fondamentali delle attuali e delle future generazioni con riguardo in particolare alla salute, all’abitazione e al lavoro.

Inoltre, risulta di peculiare rilevanza il riferimento alle generazioni future ed ai loro diritti fondamentali, tutelabili attraverso l’imposizione di obblighi a carico dei consociati appartenenti alla “generazione presente”; questione che, come noto, ha acceso un ampio dibattito dottrinale, ancora in corso, soprattutto a seguito della recente riforma Costituzionale15.

Un’altra peculiarità della normativa regionale emiliana, tra l’altro direttamente consequenziale alla previsione di un’azione per principi dichiarati, è quella relativa al perseguimento di obiettivi stabiliti. Il testo normativo difatti sancisce perentoriamente che tutti gli strumenti ivi previsti devono essere diretti in modo specifico a contenere il consumo di suolo, quale bene comune e risorsa non rinnovabile, oltre a consentire la rigenerazione dei territori urbanizzati e il miglioramento della qualità urbana ed edilizia, con particolare riguardo alle ripercussioni ambientali; essi devono altresì tendere alla tutela ed alla valorizzazione del territorio e alla conservazione delle biodiversità, alla tutela ed alla valorizzazione degli elementi storico-culturali del territorio regionale, alla promozione delle condizioni di attrattività dei sistemi regionali e locali e il maggiore livello di conoscenza del territorio.

Gli obiettivi, così come individuati, rendono l’azione prevista dalla Legge regionale pienamente conforme all’ampia interpretazione del governo del territorio fornita dalla Corte Costituzionale ed esaminata nel paragrafo in epigrafe. Scorrendo tra gli articoli, infatti, appare evidente come, al di là della pianificazione, tutto sia orientato al raggiungimento delle finalità connesse alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali. L’intero impianto normativo, inoltre, risulta coerente con i più recenti orientamenti europei che mirano a ridurre il consumo del suolo, sino ad arrivare all’obiettivo di consumo netto pari a zero entro il 205016.

Altra caratteristica che viene posta in risalto leggendo il testo legislativo -anche questa conforme agli standard ed alle più recenti determinazioni europee- è la previsione di termini e valori specifici per il raggiungimento delle finalità. Si è già menzionato il consumo del suolo e gli obiettivi di “consumo netto zero” per il raggiungimento dei quali la Legge regionale prevede un limite massimo dei piani per le previsioni insediative future. Segnatamente, l’art. 5 prevede dei casi tassativi in cui il consumo del suolo è consentito (opere pubbliche, di interesse pubblico e comunque volte ad aumentare l’attrattività del territorio; non è consentito, invece, per la realizzazione di nuove edificazioni residenziali, ad eccezione degli interventi di riuso e rigenerazione o di edilizia sociale). Per i pochi interventi accordati, l’art. 6 introduce un limite preciso alla pianificazione territoriale ed urbanistica, che può prevedere il consumo del suolo entro il limite massimo del tre per cento della superficie del territorio urbanizzato.

Ancora, la Legge regionale in commento incentiva gli interventi di riuso e rigenerazione all’interno del territorio urbanizzato ed il miglioramento della qualità urbana ed edilizia, con particolare attenzione alla performance ambientale. La rigenerazione urbana, pilastro fondamentale del testo in analisi, è strettamente legata alla questione del consumo del suolo, tant’è che viene espressamente menzionata nei casi in cui è prevista la possibilità di costruire nuovi insediamenti: tali interventi edificatori devono consentire anche operazioni attinenti al riuso ed alla rigenerazione di parti del territorio urbanizzato a prevalente destinazione territoriale. Sono invero previste delle misure attinenti alla rigenerazione urbana volte a disincentivare il consumo del suolo, quali, ad esempio la predisposizione da parte del Comune di un Albo degli immobili pubblici e privati resi disponibili per la rigenerazione urbana, (art. 15); la possibilità per l’Ente Comunale di consentire l’utilizzazione temporanea di edifici, sia pubblici che privati, dismessi per usi diversi da quelli consentiti allo scopo di realizzare di iniziative di interesse pubblico (art.16); la previsione di Concorsi di architettura e progettazione partecipata. Per favorire l’esecuzione di interventi di riuso e rigenerazione da parte degli enti locali o di altri enti pubblici, all’art. 12 viene previsto che la Regione possa prevedere e concedere contributi.

Dal testo normativo è ricavabile una netta differenza tra la disciplina degli interventi di riuso e rigenerazione, per i quali, oltre ai contributi, sono previste anche delle deroghe rispetto alla normativa preesistente17, e quella invece relativa alla costruzione di nuovi insediamenti urbani, che appare decisamente più limitata18. La stessa è prevista, come visto, solo in assenza di ragionevoli alternative e comunque all’interno del parametro stabilito del tre per cento della superficie del suolo urbanizzato al momento dell’entrata in vigore della legge.

Una menzione particolare nell’ambito della rigenerazione va fatta in ordine alla Valutazione di Sostenibilità Ambientale e Territoriale (o, VALSAT), ossia lo strumento valutativo conforme alla Valutazione Ambientale Strategica (o, VAS). Detto strumento -seppure non certamente innovativo essendo stato introdotto con la L.R. 20/2000- viene previsto al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile e di prevedere gli effetti sull’ambiente e sul territorio derivanti dalla attuazione dei diversi Piani strategici. Le Amministrazioni devono provvedere infatti a redigere un rapporto ambientale e territoriale, denominato “documento VALSAT”, costituente parte integrante del Piano sin dalla fase di elaborazione, ove vengono individuate e valutate le alternative idonee a realizzare gli obiettivi perseguiti dagli strumenti pianificatori e gli effetti sull’ambiente. Nel predetto documento sono anche descritti i potenziali impatti sull’ambiente e sul territorio delle misure prescelte e le eventuali alternative idonee a impedirli, nonché gli indicatori indispensabili per il monitoraggio degli stessi.

Alla luce di quanto sinora riportato, appare ovvio che per consentire il raggiungimento di obiettivi così complessi nei tempi stabiliti e per agevolare la formazione di strumenti pianificatori dettagliati, la Legge regionale abbia dovuto prevedere delle semplificazioni di carattere amministrativo.

È stato innanzitutto previsto un unico Piano generale per ciascun ente di riferimento: il Piano Urbanistico Generale (o, PUG) per i Comuni e le Unioni; il Piano Territoriale Metropolitano (o, PTM) per la città Metropolitana di Bologna e il Piano Territoriale di Area Vasta (o, PTAV) per le province; il Piano Territoriale Regionale (o, PTR) per le Regioni. A differenza, però, di quanto accade in altre realtà regionali, la Legge ha definitivamente statuito che tra questi piani non vi debba essere un rapporto di tipo gerarchico: l’art. 2419, infatti, supera definitivamente il modello di pianificazione “a cascata” in favore della ripartizione delle competenze, così che, in caso di conflitto tra le previsioni dei diversi strumenti di pianificazione, prevalga quello stabilito dal Piano a cui la regolazione della materia o della tematica è conferita dalla legge, senza la necessità che vengano apportate modifiche alle previsioni dei piani che eccedono le effettive competenze.

Il principale strumento di pianificazione è il PUG, diretto soprattutto a regolare ed incentivare i processi di riuso e rigenerazione urbana, a favore dei quali la normativa prevede che il Piano debba individuare criteri localizzativi di massima, mediante una rappresentazione cartografica necessariamente ideogrammatica. Le previsioni del PUG relative al riuso e alla rigenerazione si attuano anche attraverso accordi operativi di iniziativa privata. L’art. 30 della Legge emiliana attribuisce al Comune la possibilità di promuovere la presentazione di proposte di accordi operativi, mediante la pubblicazione periodica di avvisi pubblici di manifestazione di interesse con i quali vengono indicati gli obiettivi da perseguire nella attuazione del PUG. Tali accordi operativi hanno il valore e gli effetti dei piani urbanistici attuativi e sono soggetti alle forme di pubblicità previsti dalla L. 241/1990.

Il PTR disciplina a livello unitario la tutela e valorizzazione del paesaggio ed è caratterizzato da una componente strategica e una strutturale: la prima definisce gli obiettivi, gli indirizzi e le politiche che l’Ente regionale deve perseguire per attuare le finalità di tutela del territorio del piano, assicurando uno sviluppo economico e sociale sostenibile ed inclusivo. Nella componente strutturale vi è una concreta individuazione e rappresentazione paesaggistica, ricomprendente anche le caratteristiche ambientali e storico-culturali, del territorio regionale e delle relative infrastrutture, nonché tutti i servizi e gli insediamenti di carattere strategico, stabilendo prescrizioni e indirizzi per definire le scelte di assetto territoriale.

Il PTM introduce le scelte strategiche e strutturali di assetto del territorio finalizzate allo sviluppo sociale ed economico territoriale, nonché alla tutela e valorizzazione ambientale dell’area metropolitana di competenza.

Il PTAV, infine, si occupa della pianificazione strategica del territorio provinciale coordinando le scelte urbanistiche strutturali dei Comuni e delle loro Unioni che incidono su interessi pubblici che esulano dalla scala locale.

3.2 Governo del territorio in Sicilia: elementi della Legge Regionale 13 agosto 2020, n. 19

Nella Regione siciliana la materia del governo del territorio risulta attualmente rimessa al contenuto della Legge Regionale 13 agosto 2020, n. 19 e successive modificazioni frattanto intervenute, la quale ha il pregio di aver ristrutturato l’attività di pianificazione territoriale compatibilmente ai nuovi obiettivi di sostenibilità posti anche a livello sovranazionale. Difatti, analizzando l’architettura della stessa, emerge che il legislatore regionale ha inteso ergere un’articolata costruzione normativa di ben cinquantasei articoli, fondata da un lato sull’inquadramento dei principi ispiratori dell’intera materia -espressamente previsti al Titolo I rubricato appunto “Finalità e principi”- e, dall’altro, sulla determinazione a monte di strumenti pianificatori ad hoc, di cui al Titolo II rubricato Strumenti e procedure di concertazione”. In particolar modo, all’esito di un percorso irto e piuttosto duraturo, come dettato all’art. 3 della predetta Legge, si è ritenuto di dover adeguare l’ambito del governo del territorio ai principi inderogabili di sussidiarietà, sostenibilità ambientale, partecipazione, concertazione, semplificazione e flessibilità delle procedure, oltreché di perequazione urbanistica e compensazione20, ciascuno dei quali risulta poi oggetto di approfondimento alle disposizioni successive. Tale impostazione documenta visibilmente l’intento di fornire agli operatori di settore un quadro normativo quanto più possibile unitario nella predisposizione e, di conseguenza, anche maggiormente agevole nella esecuzione. Invero, viene a delinearsi un approccio di governance multilivello, che distribuisce le competenze da attribuirsi agli Enti territoriali interessati allo scopo di tendere alla massima efficienza degli interventi in relazione alle rispettive aree di intervento. Di tal guisa, dunque, viene modificato l’approccio tipicamente ‘accentratore’ della Regione nella politica di governo del territorio, lasciando maggiore spazio ad “(atteggiamenti) concertativi, negoziali, contrattuali, nonché dalla scomposizione dei ruoli propositivi e gestionali nelle politiche pubbliche in un più ampio numero di attori pubblici e nella corresponsabilità di soggetti privati”21. Tanto è vero che gli strumenti e le procedure di concertazione, diretti a coordinare le attività di pianificazione urbanistica sui vari livelli, quali la Conferenza di pianificazione (art. 10), l’accordo di pianificazione (art. 11) e l’accordo di programma (art. 12), finiscono per costituire il fulcro della disciplina innovativa dettata dalla Legge Regionale.

A ciò si aggiunga altresì la rilevanza assunta dall’intenzione di eseguire le attività pianificatorie, perseguendo al contempo gli obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale: si consideri, a titolo esemplificativo, che le scelte di pianificazione sul territorio siciliano devono tendere al ‘consumo di suolo a saldo zero’, privilegiandosi pertanto le opere di rigenerazione urbana22 e di recupero/riuso del suolo edificato già esistente, a salvaguardia del paesaggio e della qualità dell’ambiente -tra l’altro, in piena aderenza con il quadro internazionale ed europeo23– in luogo di quelle espansive. Inoltre, ai sensi e per gli effetti dell’art. 18, la Legge stabilisce che, durante l’iter di formazione degli strumenti di pianificazione urbanistica, gli Enti territoriali sono tenuti a provvedere alla Valutazione Ambientale Strategica (o, VAS) onde fornire contezza degli effetti derivanti dalla loro eventuale attuazione, evidenziando altresì la loro congruità rispetto agli obiettivi generali prefissati.

A completamento di questa breve disamina della normativa di principio dettata, non può poi ignorarsi la centralità assunta anche dalla ‘partecipazione’ alla programmazione urbanistica da parte di soggetti pubblici e privati, nonché di associazioni ed organizzazioni, onde garantire il più ampio coinvolgimento di qualsivoglia soggetto che sia portatore di un interesse rilevante nella espletanda attività. Partecipazione che si esplica non solo tramite la presentazione di osservazioni o proposte a progetti già elaborati o in corso di elaborazione, ma anche a mezzo dell’acquisizione costante di informazioni concernenti le esigenze della platea di destinatari in materia, oltreché mediante il dibattito politico sugli obiettivi e la pubblicità di atti e documenti riguardanti l’azione realizzata.

Ad ogni buon conto, superata la prima parte della normativa regionale siciliana, il Legislatore si è poi occupato della disciplina di dettaglio della pianificazione urbanistica territoriale, articolata su piani, in modo essenzialmente ‘gerarchico’. A livello regionale, occorre fare riferimento al Piano Territoriale Regionale (o, PTR)24, avente per espressa previsione carattere economico-sociale, giacchè finalizzato alla determinazione delle strategie di sviluppo territoriale sul lungo, medio e breve periodo, oltreché degli obiettivi e delle misure di tutela su vasta scala, al contempo provvedendo alla programmazione coordinata sia delle risorse disponibili che del quadro pianificatorio sui vari piani. Tanto è vero che le disposizioni contenute all’interno del PTR prevalgono su quelle eventualmente assunte in contrasto dagli altri Enti Locali, su cui appunto grava un onere di conformazione alla disciplina regionale entro novanta giorni dalla data di approvazione del Piano.

Accanto al PCT, la Legge in commento pone il Piano territoriale consortile (o, PTC) ed il Piano della Città metropolitana (o, PCM) “con valenza strategica, strutturale e di coordinamento composti prevalentemente da direttive, da indirizzi e dal coordinamento della pianificazione dei comuni”25. Per espressa previsione, anche in questa circostanza, i predetti Piani assumono carattere conformativo rispetto all’attività di pianificazione comunale, obbligando di conseguenza gli stessi Comuni ad un adeguamento contenutistico, entro centoottanta giorni dall’approvazione.

Infine, proseguendo nella disamina, la Legge sul governo del territorio in Sicilia si occupa del Piano Urbanistico generale Comunale (o, PUG)26, il quale –sempre in piena aderenza con il PTR, il PCT o il PCM oltreché dei piani di settore eventualmente in vigore al momento della formazione- costituisce lo strumento pianificatorio maggiormente prossimo al territorio, la cui efficacia non è sottoposta a vincoli temporali, salvo eccezioni. Tralasciando l’analisi delle disposizioni inerenti i procedimenti di formazione dei Piani innanzi indicati, sebbene risultino disciplinati nel dettaglio, risulta evidente che la richiamata Legge Regionale –a differenza della maggioranza delle altre vigenti sulla penisola italiana in materia- abbia in primis perseguito l’obiettivo di fornire uno strumento giuridico unitario, non solo a livello procedurale, ma anche eminentemente sostanziale, sì da evitare una dispersione delle fonti, che inevitabilmente si pone a discapito delle urgenze richieste dalla materia del governo del territorio e che non sono più conciliabili con una impostazione legislativa pressoché desueta e confusa.

Difatti, la lettura della Legge rende una disciplina chiara, coerente ed esaustiva a livello concettuale, la quale ha il pregio di intraprendere come un vero e proprio ‘percorso’ normativo, offrendo non una mera enunciazione di principi, ma un tessuto omogeneo che nasce dalla corposa individuazione di principi e finalità del governo del territorio, per poi proseguire con la predisposizione degli strumenti pianificatori, dei mezzi di attuazione e degli standard urbanistici/ambientali/architettonici da rispettare, analizzando infine l’esercizio dei poteri sostitutivi della Regione.

Più precisamente, l’epilogo della normativa regionale è rappresentato –non a caso- dal potere conferito all’Assessore regionale per il Territorio e l’Ambiente e, per esso, al Dirigente Generale del Dipartimento regionale dell’Urbanistica di sopperire all’eventuale inerzia di Città metropolitane, liberi Consorzi comunali e Comuni nell’espletamento delle competenze a questi affidate in materia, evidentemente per evitare la stasi della pianificazione urbanistica.

4. Elementi per una proposta di Legge regionale sul governo del territorio in Puglia.

Dall’analisi dei due modelli di pianificazione urbanistica regionale di cui al paragrafo che precede possono trarsi alcuni spunti di riflessione utili per la stesura di una proposta di riforma della Legge Regionale vigente in Puglia, al fine di renderla maggiormente conforme alla nozione in senso ampio di “governo del territorio”, così come delineata nel presente lavoro, oltreché agli obiettivi di sviluppo sostenibile posti a livello sovranazionale.

Con riferimento alle criticità già evidenziate27, potrebbe rivelarsi opportuno innanzitutto procedere ad un ampliamento della normativa in materia, a mezzo della predisposizione di previsioni di dettaglio in merito al contenuto prescrittivo degli strumenti pianificatori, così da cristallizzare le finalità proprie di ciascuno di essi. Difatti, dall’analisi della predetta Legge, si denota una maggiore attenzione alla disciplina procedurale di approvazione, a discapito della attenta individuazione delle effettive competenze urbanistiche spettanti agli Enti Territoriali, per le quali evidentemente occorre richiamare altre fonti.

A ben vedere, tanto la Legge approvata in Regione Sicilia, tanto quella vigente in Emilia-Romagna, non mancano di definire minuziosamente il contenuto dei diversi Piani, innanzitutto operando una netta differenziazione fra gli stessi ed altresì attribuendo centralità programmatica al PUG, inteso come il principale strumento pianificatorio.

Altrettanto rilevante risulta la necessità di superare la tradizionale impostazione gerarchica che informa i rapporti tra i diversi attori della pianificazione, giacchè rivelatasi inefficace a livello pratico, in quanto sconfitta dall’inerzia o, comunque, dal ritardo d’azione a carico delle Amministrazioni. Seguendo l’esempio della Legge regionale emiliana, la quale-come detto- ha il vanto di introdurre un criterio di ripartizione a livello di competenze, si potrebbe dunque evitare la vanificazione degli obiettivi e delle finalità strategiche dell’attività pianificatoria: in sostanza, stabilendo una suddivisione netta delle competenze spettanti a ciascun Ente Amministrativo, ciascuno di questi potrebbe operare in maniera autonoma per il perseguimento delle proprie finalità di governo del territorio, senza essere neppure astrattamente subordinato a previsioni gerarchicamente superiori che, magari, non sono neanche state approvate28.

Ciò posto, una diretta conseguenza dell’innovazione portata dalla previsione di una ripartizione di competenze, così come innanzi delineata, sarebbe rappresentata dalla semplificazione degli effetti scaturenti da un eventuale conflitto determinato dal contenuto dei diversi strumenti pianificatori approvati: si rammenti che in tale circostanza ci si limiterebbe ad applicare le disposizioni del piano approvato dall’Ente a cui è demandata la regolazione della materia dalla Legge regionale in vigore, senza che un conflitto di disposizioni possa invece far insorgere un obbligo di modifica delle previsioni in contrasto a carico degli Enti territoriali “gerarchicamente inferiori”.

È evidente pertanto che si tratterebbe di una semplificazione di carattere strutturale, capace tuttavia di influire in modo diretto sulla efficienza dell’intera “macchina” Amministrativa.

Altro grande merito delle Leggi regionali vigenti in Sicilia ed Emilia Romagna attiene alla strutturazione dell’intero impianto normativo eretto, che nella prima parte individua la i principi generali e le finalità da perseguire nell’esecuzione della attività di governo del territorio. Diversamente, la Legge regionale pugliese vi dedica soltanto due disposizioni, che definire concise è riduttivo, tra l’altro richiamando i soli principi di sussidiarietà, efficienza dell’azione, trasparenza delle scelte e perequazione, ignorando l’ulteriore esigenza di introdurre, proprio per il tramite degli strumenti di pianificazione, azioni dirette al perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

È pur vero che la normativa in questione è oramai datata e che, successivamente alla sua entrata in vigore, si è sviluppata una maggiore sensibilità attorno al tema della sostenibilità, intesa come “condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere le possibilità delle generazioni future di realizzare i propri29. Ciò premesso, occorre dunque attivarsi affinché anche la Regione Puglia possa dotarsi di una Legge che, alla stregua degli esempi normativi summenzionati, sia fondata su strutture giuridiche e organizzative formulate accuratamente, anche al fine di sopperire alle intervenute urgenze di promozione della rigenerazione urbana e di recupero del patrimonio edilizio già esistente.

D’altronde, la rigenerazione urbana assolve ad oggi ad un ruolo fondamentale nell’ottica dello sviluppo sostenibile, giacchè risulta destinata a migliorare la qualità urbana ed architettonica delle aree, garantendo in pari tempo un cospicuo risparmio delle risorse energetiche e naturali disponibili, oltre alla razionalizzazione e all’efficientamento della vita urbana30.

Ad ogni buon conto, si rende opportuno sottolineare che la Regione Puglia ha già legiferato in materia, a mezzo dell’adozione della L.R. 29 luglio 2008 n. 21, la quale introduce una prospettiva esaustiva degli interventi necessari per il recupero e la riqualificazione urbana, attraverso il risanamento del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici, il recupero o la realizzazione di urbanizzazioni, spazi verdi e servizi, ovvero ancora tramite il risanamento dell’ambiente urbano con la previsione di infrastrutture ecologiche31. Tuttavia, l’attuazione dei suddetti interventi viene riservata a Programmi integrati di rigenerazione urbana adottati dai Comuni, singoli o associati, ovvero proposti da soggetti pubblici o privati portatori di interesse, comunque in conformità “ai piani regolatori generali, ai programmi di fabbricazione o ai piani urbanistici generali comunali vigenti”, venendo in evidenza la frammentarietà delle fonti e quindi lungi dall’avvicinarsi agli obiettivi di semplificazione, cui si è fatto cenno innanzi.

Tali problematicità sarebbero superate facendo cadere la struttura tendenzialmente gerarchica che permea i rapporti tra i livelli di pianificazione (in favore di un riparto per competenze), introducendo principi e criteri relativi all’attività di rigenerazione urbana direttamente all’interno della disciplina regionale in materia di governo del territorio, la quale dunque deve provvedere a disegnare un quadro dei vari Piani urbanistici –e, specialmente del PUG- che, a loro volta, devono contenere le prescrizioni di carattere operativo per l’attuazione degli obiettivi fissati dalla Legge Regionale vigente in materia.

1 Stella Richter M., I principi del diritto urbanistico, Milano, 2002

2 Corte Cost., sentenza 29 dicembre 1982, n. 239

3 Corte Cost., sentenza n. 362 del 19 dicembre 2003: “[…] Questa Corte ha recentemente affermato (sentenza n. 303 del 2003, n. 11.1. del “Considerato in diritto”) che di siffatta materia fa parte l’urbanistica, cui storicamente appartiene la disciplina dei titoli abilitativi ad edificare. Secondo tale sentenza, «se si considera che altre materie o funzioni di competenza concorrente, quali porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, sono specificamente individuate nello stesso terzo comma dell’art. 117 Cost. e non rientrano quindi nel “governo del territorio”, appare del tutto implausibile che dalla competenza statale di principio su questa materia siano stati estromessi aspetti così rilevanti, quali quelli connessi all’urbanistica, e che il “governo del territorio” sia stato ridotto a poco più di un guscio vuoto».

Nella medesima prospettiva, anche l’ambito di materia costituito dall’edilizia va ricondotto al «governo del territorio». Del resto la formula adoperata dal legislatore della revisione costituzionale del 2001 riecheggia significativamente quelle con le quali, nella più recente evoluzione della legislazione ordinaria, l’urbanistica e l’edilizia sono state considerate unitariamente (v. art. 34 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione sulle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, modificato dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, Disposizioni in materia di giustizia amministrativa).”reperibile su www.cortecostituzionale.it

4 Corte Costituzionale, sentenza n. 196 del 28 giugno 2004: “Per ciò che riguarda l’art. 117 Cost., la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito (cfr. le sentenze n. 303 e n. 362 del 2003) che nei settori dell’urbanistica e dell’edilizia i poteri legislativi regionali sono senz’altro ascrivibili alla nuova competenza di tipo concorrente in tema di “governo del territorio”. reperibile su www.cortecostituzionale.it

5In tale ordine di idee questa Corte ha affermato che «“la tutela dell’ambiente”, più che una “materia” in senso stretto, rappresenta un compito nell’esercizio del quale lo Stato conserva il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e non derogabili da queste; e che ciò non esclude affatto la possibilità che leggi regionali, emanate nell’esercizio della potestà concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione o di quella “residuale” di cui all’art. 117, quarto comma, possano assumere tra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale» (v. sentenza n. 307 del 2003, paragrafo 5 del Considerato in diritto, nonché sentenze n. 407 del 2002, n. 222 del 2003 e n. 62 del 2005). D’altra parte, mentre non è discutibile che i beni immobili di valore culturale caratterizzano e qualificano l’ambiente – specie dei centri storici cui la norma impugnata si riferisce – ha rilievo l’attribuzione della valorizzazione dei beni culturali alla competenza concorrente di Stato e Regioni. Ai fini del discrimine delle competenze, ma anche del loro intreccio nella disciplina dei beni culturali, elementi di valutazione si traggono dalle norme del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e paesaggistici). Tale testo legislativo ribadisce l’esigenza dell’esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, comma 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le Regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, comma 3). Inoltre, a rendere evidente la connessione della tutela e valorizzazione dei beni culturali con la tutela dell’ambiente, sono le lettere f) e g) del comma 4 dell’art. 10 del suindicato codice, le quali elencano, tra i beni culturali, le ville, i parchi, i giardini, le vie, le piazze e in genere gli spazi aperti urbani di interesse artistico o storico. Con riguardo a tale ultimo rilievo è anche sotto altro, più specifico, aspetto che viene in evidenza la competenza regionale. La materia del governo del territorio, comprensiva dell’urbanistica e dell’edilizia (v. sentenze n. 362 del 2003 e n. 196 del 2004), rientra tra quelle di competenza legislativa concorrente. Spetta perciò alle Regioni, nell’ambito dei principi fondamentali determinati dallo Stato, stabilire la disciplina degli strumenti urbanistici. Ora, non v’è dubbio che tra i valori che gli strumenti urbanistici devono tutelare abbiano rilevanza non secondaria quelli artistici, storici, documentari e comunque attinenti alla cultura nella polivalenza di sensi del termine.”

6 Si veda, ex multis: Corte Costituzionale sentenza n. 68 del 5 aprile 2018

7 Art. 2 “Princìpi”: 1. La presente legge assicura il rispetto dei princìpi di: a) sussidiarietà, mediante la concertazione tra i diversi soggetti coinvolti, in modo da attuare il metodo della copianificazione; b) efficienza e celerità dell’azione amministrativa attraverso la semplificazione dei procedimenti; c) trasparenza delle scelte, con la più ampia partecipazione; d) perequazione.

8 Art. 5: “Procedimento di formazione e variazione del D.R.A.G.”: 1. Per garantire il più ampio coinvolgimento della intera comunità regionale nella definizione dei programmi, obiettivi e suscettività socio – economiche del territorio, il Presidente della Giunta regionale convoca la Conferenza programmatica regionale, alla quale partecipano i rappresentanti dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNCEM, le associazioni, le forze sociali, economiche e professionali. 2. Il Presidente della Giunta regionale, al fine della elaborazione dello schema di Documento, indice con proprio decreto una Conferenza di servizi, alla quale partecipano rappresentanti delle Amministrazioni statali, per acquisirne previamente le manifestazioni di interesse. 3. La Giunta regionale, tenendo conto delle risultanze della Conferenza di cui al comma 2 e sentita la competente Commissione consiliare, adotta lo schema di Documento (3). 4. Lo schema di Documento è pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia e dell’avvenuta pubblicazione è dato avviso sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana nonché su un quotidiano diffuso in ciascuna Provincia. 5. I comuni e le province possono far pervenire alla Regione le loro proposte integrative sullo schema di Documento entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dello stesso sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia. 6. I soggetti pubblici di cui all’articolo 3, comma 3, nell’ambito delle rispettive competenze, possono far pervenire indicazioni sullo schema di Documento entro il termine previsto dal comma 5. 7. Le organizzazioni ambientaliste, socio – culturali, sindacali ed economico – professionali attive nel territorio regionale possono proporre osservazioni entro lo stesso termine di cui al comma 5. 8. La Giunta regionale, decorsi i termini di cui ai commi precedenti, approva il D.R.A.G. del territorio, con specifica considerazione delle Proposte di cui al comma 5. 9. Il D.R.A.G. è pubblicato con le modalità di cui al comma 4. 10. Il Documento acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia. 10-bis. Con le medesime procedure di cui ai commi precedenti, il DRAG è approvato per parti corrispondenti a materie organiche fra quelle indicate alle lettere a), b) e c) del comma 3 dell’articolo 4 (4). 11. Il periodico aggiornamento e le variazioni del Documento sono adottate con il procedimento di cui ai commi precedenti. I termini sono ridotti della metà.

9 Art. 7: “Procedimento di formazione e variazione del P.T.C.P.”: 1. Il Presidente della Provincia, al fine della elaborazione dello schema di P.T.C.P., indice una Conferenza di servizi, alla quale partecipano i rappresentanti delle Amministrazioni statali, delle Amministrazioni comunali, delle Comunità montane, delle Autorità di bacino, dei Consorzi di bonifica, per acquisirne previamente le manifestazioni di interesse. 2. Il Consiglio provinciale, su proposta della Giunta provinciale, adotta lo schema di P.T.C.P. 3. Lo schema di P.T.C.P. è depositato presso la segreteria della Provincia. Dell’avvenuto deposito è dato avviso sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia nonché su almeno due quotidiani a diffusione provinciale. 4. I comuni possono presentare le loro proposte sullo schema di Piano entro sessanta giorni dalla data di avviso sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia. 5. Le organizzazioni ambientaliste, socio – culturali, sindacali ed economico – professionali attive nel territorio provinciale possono proporre osservazioni allo schema di P.T.C.P. entro i termini di cui al comma 4. 6. Il Consiglio provinciale, entro i successivi sessanta giorni, si determina in ordine alle osservazioni pervenute nei termini e, con specifica considerazione delle proposte di cui al comma 4, adotta il Piano territoriale di coordinamento provinciale e lo trasmette alla Giunta regionale per il controllo di compatibilità con il DRAG, ove approvato, e con ogni altro strumento regionale di pianificazione territoriale esistente, ivi inclusi i piani già approvati ai sensi degli articoli da 4 a 8 della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), ovvero agli indirizzi regionali della programmazione socio – economica e territoriale di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) (6). 7. La Giunta regionale si pronuncia entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla data di ricezione del P.T.C.P., decorso inutilmente il quale lo stesso si intende controllato con esito positivo. 8. Il termine di cui al comma 7 può essere interrotto una sola volta qualora la Giunta regionale richieda alla Provincia chiarimenti o ulteriori documenti, nel qual caso il nuovo termine decorre dalla ricezione degli stessi. 9. Qualora la Giunta regionale deliberi la non compatibilità del P.T.C.P. con il D.R.A.G., la Provincia ha facoltà di indire una Conferenza di servizi, alla quale partecipano il Presidente della Giunta regionale o suo Assessore delegato e il Presidente della Provincia o suo Assessore delegato. In sede di Conferenza di servizi le Amministrazioni partecipanti, nel rispetto del princìpio di copianificazione, devono indicare le modifiche necessarie ai fini del controllo positivo. 10. La Conferenza assume la determinazione di adeguamento del P.T.C.P. alle modifiche di cui al comma 9 entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data della prima convocazione, l’inutile decorso del quale comporta la definitività della delibera regionale di cui al comma 9. 11. La determinazione di adeguamento della Conferenza di servizi deve essere recepita dalla Giunta regionale entro trenta giorni dalla data della comunicazione della determinazione medesima. L’inutile decorso del termine comporta il controllo positivo da parte della Giunta regionale. 12. Il Consiglio provinciale approva il P.T.C.P. in via definitiva in conformità della deliberazione della Giunta regionale di compatibilità o di adeguamento di cui al comma 11, ovvero l’esito dell’inutile decorso del termine di cui ai commi 7 e 11. 13. Il P.T.C.P. definito ai sensi dei commi precedenti è pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione Puglia. Dell’avvenuta pubblicazione è data notizia su almeno due quotidiani diffusi nella Provincia. 14. Il P.T.C.P. acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia. 15. Le variazioni del P.T.C.P. sono adottate con il procedimento di cui ai commi precedenti.

10 Art. 3 L.R. 13 dicembre 2004, n. 24: “Piano territoriale di coordinamento provinciale”: 1. I contenuti e la formazione del Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) sono disciplinati dagli articoli 6 e 7 della l.r. 20/2001. Ferme restando le competenze dei Comuni e degli Enti parco, il PTCP: a) delinea il contesto generale di riferimento e specifica le linee di sviluppo del territorio provinciale; b) stabilisce, in coerenza con gli obiettivi e con le specificità dei diversi ambiti territoriali, i criteri per la localizzazione degli interventi di competenza provinciale; c) individua le aree da sottoporre a specifica disciplina nelle trasformazioni al fine di perseguire la tutela dell’ambiente, con particolare riferimento ai Siti Natura 2000 di cui alle direttive n. 79/409/CEE e n. 92/43/CEE; d) individua le aree, nell’esclusivo ambito delle previsioni del Piano urbanistico territoriale tematico (PUTT) delle stesse, da sottoporre a specifica disciplina nelle trasformazioni al fine di perseguire la tutela dell’ambiente. 2. La formazione del PTCP richiede: a) la sistematica rilevazione e analisi delle risorse del territorio provinciale, con specifico riferimento sia ai sistemi locali, sia al suo ruolo attuale e desiderato nei sistemi nazionali e comunitari; b) la definizione del quadro conoscitivo complessivo e articolato di ogni tipologia di rischio sismico e idrogeologico; c) gli indirizzi e le direttive per perseguire gli obiettivi economici, spaziali e temporali dello sviluppo della comunità provinciale nello scenario definito dalla programmazione regionale; d) le azioni e gli interventi necessari per ottimizzare la funzionalità del sistema della mobilità sul territorio; e) le azioni necessarie per perseguire gli obiettivi energetici provinciali; f) gli indirizzi per rendere omogenee a scala provinciale le regolamentazioni e le programmazioni territoriali di scala comunale.

11 Art. 1, comma 44, L. 7 aprile 2014, n. 56: A valere sulle risorse proprie e trasferite, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e comunque nel rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno, alla città metropolitana sono attribuite le funzioni fondamentali delle province e quelle attribuite alla città metropolitana nell’ambito del processo di riordino delle funzioni delle province ai sensi dei commi da 85 a 97 del presente articolo, nonché’, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, le seguenti funzioni fondamentali: a) adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’ente e per l’esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto territorio, anche in relazione all’esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni, nel rispetto delle leggi delle regioni nelle materie di loro competenza; b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano; c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D’intesa con i comuni interessati la città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive; d) mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell’ambito metropolitano; e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana come delineata nel piano strategico del territorio di cui alla lettera a); f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.

12 Art. 9 “Contenuti del P.U.G.”: 1. Il P.U.G. si articola in previsioni strutturali e previsioni programmatiche. 2. Le previsioni strutturali: a) identificano le linee fondamentali dell’assetto dell’intero territorio comunale, derivanti dalla ricognizione della realtà socio-economica, dell’identità ambientale, storica e culturale dell’insediamento, anche con riguardo alle aree da valorizzare e da tutelare per i loro particolari aspetti ecologici, paesaggistici e produttivi; b) determinano le direttrici di sviluppo dell’insediamento nel territorio comunale, del sistema delle reti infrastrutturali e delle connessioni con i sistemi urbani contermini. 3. Le previsioni programmatiche: a) definiscono, in coerenza con il dimensionamento dei fabbisogni nei settori residenziale, produttivo e infrastrutturale, le localizzazioni delle aree da ricomprendere in P.U.E., stabilendo quali siano le trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili; b) disciplinano le trasformazioni fisiche e funzionali consentite nelle aree non sottoposte alla previa redazione di P.U.E. 4. La redazione di P.U.E. è obbligatoria per le aree di nuova urbanizzazione, ovvero per le aree da sottoporre a recupero.

13 Art. 11 “Formazione del P.U.G.”: 1. Il Consiglio comunale adotta, su proposta della Giunta, un Documento programmatico preliminare (D.P.P.) contenente gli obiettivi e i criteri di impostazione del P.U.G. Nei comuni ricadenti all’interno del comprensorio di una Comunità montana, il D.P.P. deve prendere in considerazione le previsioni contenute nel piano pluriennale di sviluppo socioeconomico in relazione al singolo Comune. 2. Il D.P.P. è depositato presso la segreteria del Comune e dell’avvenuto deposito è data notizia mediante pubblicazione di avviso su almeno tre quotidiani a diffusione provinciale. 3. Chiunque può presentare proprie osservazioni al D.P.P., anche ai sensi dell’articolo 9 della L. n. 241/1990, entro venti giorni dalla data del deposito. 4. La Giunta comunale, sulla base del D.P.P. di cui al comma 1 e delle eventuali osservazioni, propone al Consiglio comunale l’adozione del P.U.G. Il Consiglio comunale adotta il P.U.G. e lo stesso è depositato presso la segreteria comunale; dell’avvenuto deposito è data notizia mediante pubblicazione di avviso su tre quotidiani a diffusione provinciale nonché mediante manifesti affissi nei luoghi pubblici. 5. Chiunque abbia interesse può presentare proprie osservazioni al P.U.G., anche ai sensi dell’articolo 9 della L. n. 241/1990, entro sessanta giorni dalla data del deposito. 6. Il Consiglio comunale, entro i successivi sessanta giorni, esamina le osservazioni proposte nei termini di cui al comma 5 e si determina in ordine alle stesse, adeguando il P.U.G. alle osservazioni accolte. 7. Il P.U.G. così adottato viene inviato alla Giunta regionale e alla Giunta provinciale ai fini del controllo di compatibilità rispettivamente con il D.R.A.G. e con il P.T.C.P., ove approvati. Qualora il D.R.A.G. e/o il P.T.C.P. non siano stati ancora approvati, la Regione effettua il controllo di compatibilità rispetto ad altro strumento regionale di pianificazione territoriale ove esistente, ivi inclusi i piani già approvati ai sensi degli articoli da 4 a 8 della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56, ovvero agli indirizzi regionali della programmazione socio – economica e territoriale di cui all’articolo 5 del D. Lgs. n. 267/2000. 8. La Giunta regionale e la Giunta provinciale si pronunciano entro il termine perentorio di centocinquanta giorni dalla ricezione del P.U.G., decorso inutilmente il quale il P.U.G. si intende controllato con esito positivo (11). 9. Qualora la Giunta regionale o la Giunta provinciale deliberino la non compatibilità del P.U.G. rispettivamente [con il D.R.A.G.] o con il P.T.C.P., il Comune promuove, a pena di decadenza delle misure di salvaguardia di cui all’articolo 13, entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data di invio del P.U.G., una Conferenza di servizi alla quale partecipano il Presidente della Giunta regionale o suo Assessore delegato, il Presidente della Provincia o suo Assessore delegato e il Sindaco del Comune interessato o suo Assessore delegato. In sede di Conferenza di servizi le Amministrazioni partecipanti, nel rispetto del principio di copianificazione, devono indicare specificamente le modifiche necessarie ai fini del controllo positivo. 10. La Conferenza di servizi assume la determinazione di adeguamento del P.U.G. alle modifiche di cui al comma 9 entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data della sua prima convocazione, l’inutile decorso del quale comporta la definitività delle delibere regionale e/o provinciale di cui al comma 9, con contestuale decadenza delle misure di salvaguardia. 11. La determinazione di adeguamento della Conferenza di servizi deve essere recepita dalla Giunta regionale e/o dalla Giunta provinciale entro trenta giorni dalla data di comunicazione della determinazione medesima. L’inutile decorso del termine comporta il controllo positivo da parte della Giunta regionale e/o della Giunta provinciale. 12. Il Consiglio comunale approva il P.U.G. in via definitiva in conformità delle deliberazioni della Giunta regionale e/o della Giunta provinciale di compatibilità o di adeguamento di cui al comma 11, ovvero all’esito dell’inutile decorso del termine di cui ai commi 8 e 11. 13. Il P.U.G., formato ai sensi dei commi precedenti, acquista efficacia dal giorno successivo a quello di pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia della deliberazione del Consiglio comunale di cui al comma 12. 14. Il Comune dà avviso dell’avvenuta formazione del P.U.G. mediante manifesti affissi nei luoghi pubblici e mediante la pubblicazione su almeno due quotidiani a diffusione provinciale.

14 F. Calace, L. Casanova, G. Mangialardi, A. Rana e L. Rignanese, L’urbanistica in Puglia tra normazione, strumenti e azioni di governo del territorio, Urbanistica, Il Sole 24 Ore, Norme & Tributi plus Enti Locali & Edilizia, 2021.

15 Con la Legge Costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 sono state apportate delle modifiche al contenuto degli artt. 9 e 41 della Costituzione, concernenti la tutela dell’ambiente. In particolare all’art. 9 è stato aggiunto un riferimento agli interessi delle generazioni future: “La Repubblica […] Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”

16 Nella decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 novembre 2013, all’art. 23 dell’Allegato si menzionava l’obiettivo di consumo netto di suolo pari a zero entro il 2050; Il 17 novembre 2021 la Commissione Europea ha approvato la “Strategia del Suolo per il 2030”, divenuta parte integrante del Green Deal Europeo, il cui obiettivo principale è far sì che, entro il 2050, tutti gli stati membri della Comunità Europea evitino di consumare suolo e che annuncia una nuova legge in materia di tutela del suolo da approvare entro il 2023.

17 Art. 10 – Deroghe al decreto ministeriale n. 1444 del 1968: 1. In attuazione dell’articolo 2 bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, gli edifici esistenti nel territorio urbanizzato che siano oggetto degli interventi di riuso e rigenerazione urbana individuati dall’articolo 7, comma 4, della presente legge ovvero di recupero funzionale, di accorpamento o di ogni altra trasformazione espressamente qualificata di interesse pubblico dalla disciplina statale e regionale vigente, possono essere demoliti e ricostruiti, all’interno dell’area di sedime o aumentando la distanza dagli edifici antistanti, anche in deroga ai limiti di cui all’articolo 9 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, fermo restando il rispetto delle norme del codice civile e della disciplina di tutela degli edifici di valore storico architettonico, culturale e testimoniale di cui all’articolo 32, comma 7, della presente legge. In caso di demolizione di edifici costruiti in aderenza a quelli del vicino o con comunione del muro divisorio, la ricostruzione deve avvenire nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 9 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, fatta salva l’ipotesi della fedele ricostruzione. 2. Gli eventuali incentivi volumetrici riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati con la soprelevazione dell’edificio originario, anche in deroga agli articoli 7,8 9 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, nonché con ampliamento fuori sagoma dell’edificio originario laddove siano comunque rispettate le distanze minime tra fabbricati di cui all’articolo 9 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968 o quelle dagli edifici antistanti preesistenti, se inferiori. Il medesimo principio trova applicazione per gli interventi di addensamento o sostituzione urbana previsti dal PUG in conformità alla presente legge. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 prevalgono sulle diverse previsioni sulla densità edilizia, sull’altezza degli edifici e sulle distanze tra fabbricati previste dagli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.

18 Caselli B. [et. al.], La nuova disciplina regionale sulla tutela e l’uso del territorio in Emilia Romagna (L.R. 24/2017), Enti Locali & Edilizia, 2021

19Art. 24 – “Riparto delle funzioni pianificatorie secondo il principio di competenza”- 1. Allo scopo di semplificare e qualificare il contenuto dei piani, superando il meccanismo della pianificazione a cascata, le funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica sono conferite dalla presente legge secondo il principio di competenza, secondo il quale ciascun strumento di pianificazione deve limitarsi a disciplinare esclusivamente le tematiche e gli oggetti che gli siano attribuiti dalla presente legge, in conformità alla legislazione statale e regionale vigente. 2. In applicazione del principio di competenza di cui al comma 1, in caso di conflitto tra le previsioni di diversi strumenti di pianificazione, prevale quanto stabilito dal piano cui la regolazione di quella materia o di quella tematica è conferita dalla legge, senza la necessità di modificare le previsioni dei piani che esulano dalle loro competenze. In particolare, in applicazione di tale principio: a) la cartografia relativa ai contenuti strategici dei piani territoriali e del PUG deve avere carattere ideogrammatico, con l’effetto che la puntuale delimitazione dei relativi perimetri è di competenza esclusiva degli accordi operativi e dei piani attuativi di iniziativa pubblica; b) le indicazioni della componente strategica del PUG, relative ai criteri di localizzazione delle nuove previsioni insediative, agli indici di edificabilità, alle modalità di intervento, agli usi e ai parametri urbanistici ed edilizi, costituiscono riferimenti di massima circa l’assetto insediativo del territorio comunale, la cui puntuale definizione e specificazione è di competenza esclusiva degli accordi operativi e dei piani attuativi di iniziativa pubblica. 3. Il principio di competenza regola altresì il rapporto tra i piani generali e i piani tematici o settoriali del medesimo livello istituzionale, in quanto il piano generale fissa, in termini conoscitivi e normativi, il quadro strategico generale che costituisce il riferimento necessario per i piani settoriali del medesimo livello di pianificazione. 4. Ai fini della presente legge: a) per piani generali si intendono gli strumenti con i quali ciascun ente pubblico territoriale detta, per l’intero ambito di propria competenza, la disciplina di tutela e uso del territorio frutto della composizione dell’insieme degli interessi pubblici attribuita alla sua competenza; b) per piani settoriali o tematici si intendono gli strumenti con i quali, nei casi espressamente previsti dalla legge, gli enti pubblici territoriali o gli enti pubblici preposti alla cura di specifici interessi pubblici stabiliscono la disciplina pianificatoria contraddistinta dagli obiettivi e contenuti di carattere settoriale di propria competenza.

20 Art. 3 “Principi generali”: 1. Le funzioni di governo del territorio sono svolte dagli enti locali e dalla Regione nel rispetto dei canoni di efficienza, economicità ed imparzialità dell’azione amministrativa nonché nel rispetto dei principi di: a) sussidiarietà; b) sostenibilità e consumo di suolo tendente a zero; c) partecipazione; d) concertazione; e) semplificazione e flessibilità; f) perequazione. 2. Il governo del territorio si attua mediante una pluralità di piani, tra loro coordinati e differenziati, i quali nel loro insieme compongono lo scenario della pianificazione dell’intero territorio e delle strategie e dinamiche dei sistemi abitativi, produttivi, ambientali, paesaggistici e culturali che lo compongono.

21 G. Trombino, Dopo una attesa lunga 40 anni, approvata in Sicilia una nuova legge per il governo del territorio, Urbanistica, Il Sole 24 Ore, Norme & Tributi plus Enti Locali & Edilizia, 2021.

22 Dossier Studi, Ambiente, Parlamento Italiano, Camera dei deputati in collaborazione con l’istituto di ricerca CRESME, “Le politiche di rigenerazione urbana. Prospettive e possibili impatti”, n. 32/2, giugno 2022; consultabile online su: https://temi.camera.it/leg18/dossier/OCD18-16888/le-politiche-rigenerazione-urbana-prospettive-e-possibili-impatti.html.

23 Si rammenti che, fra le altre fonti, la tematica della rigenerazione urbana compare nel disegno d’azione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (si veda, obiettivo 11: “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili”), sottoscritta in data 25 settembre 2015 da centronovantatré Paesi delle Nazioni unite, ivi compresa l’Italia.

24 Art. 19 “Contenuti del Piano territoriale regionale con valenza economico-sociale (PTR)”: 1. Il Piano territoriale regionale con valenza economico-sociale, di seguito denominato PTR, costituisce lo strumento di proiezione territoriale delle strategie di sviluppo economico e sociale di breve, medio e lungo termine con le quali la Regione realizza, orienta, indirizza e coordina la programmazione delle risorse e la pianificazione strategica, di coordinamento territoriale e urbanistica delle Città metropolitane, dei liberi Consorzi comunali e dei comuni, singoli o associati; 2. I contenuti e le procedure del PTR sono definiti da apposito atto di indirizzo della Giunta di Governo regionale, su proposta dell’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge; […] 5. Il PTR, in relazione alle prescrizioni di tutela, conservazione e valorizzazione dell’ambiente, contiene il quadro generale degli obiettivi e le misure generali di tutela da perseguire nelle diverse parti del territorio regionale, costituendo questi elementi invarianti o complementari alle scelte di sviluppo territoriale e socio-economico. Il PTR è elaborato su una base informativa prodotta dal SITR che ne costituisce parte integrante in maniera dinamica; il PTR, pertanto, rappresenta il quadro conoscitivo unificato regionale di tutti i processi di pianificazione e governo del territorio. 6. Il PTR contiene: a) gli elementi costitutivi del territorio regionale, con particolare riferimento alle caratteristiche naturali, culturali, paesaggistico – ambientali, geologiche, rurali, antropiche e storico archeologiche dello stesso, nonché alle specializzazioni, funzioni e ruoli delle Città Metropolitane, dei liberi Consorzi comunali e dei comuni, singoli o associati, al fine di assicurarne la migliore sinergia ed efficacia della loro azione; b) il quadro conoscitivo, a scala adeguata, del proprio territorio come risultante delle trasformazioni avvenute e dei programmi in atto; c) i criteri generali e gli indirizzi per la programmazione e la pianificazione territoriale degli enti locali, al fine di garantirne la complessiva coerenza; a tal fine, definisce gli elementi costituenti limiti essenziali di salvaguardia della sostenibilità ambientale dello sviluppo socioeconomico del territorio regionale; d) il quadro delle iniziative inerenti alla realizzazione sul territorio regionale delle infrastrutture e delle opere pubbliche di interesse regionale, nazionale e sovranazionale; e) l’individuazione delle zone di preservazione e salvaguardia ambientale; f) i criteri operativi generali per la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali e ambientali ,in conformità con le previsioni del piano paesaggistico, del piano regionale delle aree protette, dei piani di bacino, e degli altri atti di programmazione e regolamentazione regionale e nazionale in materia di salvaguardia delle risorse idriche, geologiche, idrogeologiche, agricole, forestali, di riduzione dell’inquinamento acustico, elettromagnetico ed atmosferico, di smaltimento dei rifiuti; g) gli indirizzi generali per il riassetto del territorio ai fini della prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici, ed ai fini della riduzione degli inquinamento nei centri abitati e nelle zone industriali; h) i criteri di conservazione, recupero e riqualificazione degli insediamenti esistenti con particolare riferimento ai centri storici; i) l’individuazione e la regolamentazione degli ambiti che hanno vocazioni specifiche o siano localizzazioni di impianti ad alta tecnologia o che devono essere riqualificati per gravi carenze di urbanizzazione primaria e secondaria, di significativa ampiezza e consistenza territoriale; l) i criteri e le modalità per favorire il coordinamento tra le pianificazioni degli enti locali e per incentivare l’associazionismo tra essi; m) i criteri di definizione della rete infrastrutturale e delle altre opere di interesse regionale nonché i criteri per la localizzazione e il dimensionamento delle stesse; n) gli indirizzi finalizzati ad assicurare la compatibilità territoriale degli insediamenti industriali esistenti e il recupero delle aree industriali dismesse; o) l’individuazione di aree agricole strategiche. 7. Il PTR può altresì prevedere forme di compensazione territoriale intercomunale, come definite dal Capo III del Titolo VI, a favore degli enti locali ricadenti in ambiti di limitate possibilità di sviluppo o forme di compensazione ambientale ed energetica per interventi che determinano impatti rilevanti sul territorio anche in comuni non direttamente interessati dagli interventi stessi. A tal fine, il PTR indica le modalità per suddividere solidalmente i vantaggi e gli oneri conseguenti tra gli enti locali, in rapporto alle differenti potenzialità di sviluppo e ai vincoli di sostenibilità derivanti a ciascuno dai contenuti della programmazione regionale. 8. Il PTR può inoltre individuare ambiti che hanno vocazioni specifiche o prevedano localizzazioni di impianti di alta tecnologia o che devono essere riqualificati per gravi carenze di urbanizzazioni primarie e secondarie, di significativa ampiezza e consistenza territoriale. 8 bis. Gli interventi sui beni paesaggistici sono ammessi nei soli casi e limiti previsti dai piani paesaggistici regionali ovvero dalla disciplina d’uso dei beni paesaggistici, dettata ai sensi degli articoli 140 e 141 bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Le previsioni dei piani paesaggistici non sono derogabili dagli altri strumenti pianificatori, sono cogenti e sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute in altri strumenti, ai sensi degli articoli 143, comma 9, e 145 comma 3, del Codice. Gli enti locali e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, assicurando la partecipazione degli organi regionali preposti alla tutela paesaggistica, ai sensi dell’art. 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

25 Art. 22 “Contenuti del piano territoriale consortile (PTC) e del piano della Città metropolitana (PCM)”: […] Ai sensi dei predetti piani, i liberi Consorzi comunali e le Città metropolitane definiscono gli obiettivi strategici relativi all’assetto e alla tutela del proprio territorio, connessi ad interessi di rango sovracomunale o costituenti attuazione della pianificazione regionale come definita dal PTR e di cui costituiscono un approfondimento strutturale. Sono interessi di rango sovracomunale quelli riguardanti l’intero territorio dei comuni facenti parte del libero Consorzio, o comunque quello di più comuni, e dei territori delle Città metropolitane. 2. Il PTC ed il PCM: a) individuano gli elementi costitutivi del territorio delle Città metropolitane o dei liberi Consorzi comunali, con particolare riferimento alle caratteristiche naturali, culturali, paesaggistico – ambientali, geologiche, rurali, agro – silvo – pastorali, antropiche e storiche – archeologiche dello stesso; b) definiscono il quadro conoscitivo del proprio territorio come risultante dalle trasformazioni avvenute, tenendo conto dei rischi naturali presenti sul territorio (sismico, idrogeologico, vulcanico, di erosione delle coste); c) definiscono le misure da adottare per la prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali sulla base degli studi di cui al comma 6; d) dettano disposizioni volte ad assicurare la tutela e la valorizzazione dei beni ambientali sul territorio; e) indicano le caratteristiche generali delle infrastrutture e delle attrezzature di interesse intercomunale e sovracomunale; f) incentivano la conservazione, il recupero e la riqualificazione degli insediamenti esistenti con particolare riferimento ai siti e ai centri storici; g) individuano le strategie della pianificazione urbanistica fornendo indicazioni per ciascuno dei comuni, delle Città metropolitane e dei liberi Consorzi comunali, utili al dimensionamento dei piani urbanistici comunali indicando i criteri e gli ambiti per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e la rigenerazione dei tessuti urbani al fine di ottimizzarne l’utilizzazione e migliorarne la qualità complessiva nella prospettiva del raggiungimento del consumo di suolo zero di cui all’articolo 34 nonché l’indicazione dei limiti di sostenibilità delle relative previsioni; h) indicano criteri e modalità per favorire il coordinamento tra le pianificazioni dei comuni e per incentivare l’associazionismo fra i medesimi comuni; i) individuano le zone nelle quali è opportuno proporre l’istituzione di aree naturali protette; l) indicano, anche in attuazione degli obiettivi della pianificazione regionale, le prospettive di sviluppo del territorio; m) definiscono, in coerenza con la programmazione regionale, la rete infrastrutturale e le al tre opere di interesse sovracomunale nonché i criteri per la localizzazione e il dimensionamento delle stesse, in coerenza con le analoghe previsioni di carattere statale e regionale; n) indicano i principi per la realizzazione di un sistema di mobilità sostenibile, adottando soluzioni multimodali, di mobilità individuale, condivisa e pubblica, favorendo la realizzazione di reti per la mobilità dolce anche extraurbana; o) contengono gli indirizzi finalizzati ad assicurare la compatibilità territoriale degli insediamenti industriali, artigianali e commerciali, con particolare riferimento alle grandi strutture di vendita, verificando l’offerta sul territorio e programmandone la razionalizzazione ai sensi di quanto disposto dall’articolo 5 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 28 e successive modificazioni; p) indicano, in coerenza con le prescrizioni del PTR, l’assetto idrogeologico del territorio e, in particolare: 1) concorrono alla maggiore definizione del quadro conoscitivo del territorio regionale, con riguardo ai fenomeni di dissesto idrogeologico, mediante l’aggiornamento dell’inventario regionale dei fenomeni franosi, secondo i criteri e le modalità definiti dalla Regione; 2) definiscono l’assetto idrogeologico del territorio, anche attraverso la realizzazione di opportuni studi e monitoraggi, sviluppando ed approfondendo i contenuti del PTR e del piano di bacino e degli ulteriori piani di settore, in coerenza con le direttive regionali e dell’autorità di bacino; 3) censiscono ed identificano cartograficamente, anche a scala di maggior dettaglio, le aree soggette a tutela o classificate a rischio idrogeologico e sismico in coerenza con la normativa vigente nonché quelle interessate da colture specializzate, per effetto di atti adottati dalle autorità competenti in materia; 4) indicano, per tali aree, le linee di intervento nonché le opere prioritarie di consolidamento e sistemazione e quelle di colture specializzate. 3. Il PTC ed il PCM definiscono, in conformità ai criteri individuati dalla Regione, gli ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico, analizzando le caratteristiche, le risorse naturali e le funzioni e dettando i criteri e le modalità per individuare a scala comunale le aree agricole, nonché specifiche norme di valorizzazione, di uso e di tutela, in coerenza con gli strumenti di pianificazione e programmazione regionali, ove esistenti. 4. Il PTC ed il PCM possono individuare ambiti territoriali per i quali si rende necessaria la definizione di azioni di coordinamento per l’attuazione del Piano. Le azioni di coordinamento sono definite dal comune capofila dei liberi Consorzi comunali o dal capoluogo della Città metropolitana, d’intesa con i comuni interessati, ed approvate secondo le procedure stabilite dallo stesso PTC o PCM. 5. Il PTC ed il PCM, in conformità con le disposizioni vigenti di tutela e valorizzazione del paesaggio rurale ed in coerenza con le attività di programmazione e pianificazione dello sviluppo rurale regionale, coordinano le trasformazioni del territorio non urbano e favoriscono la definizione di sistemi territoriali rur – urbani per il rafforzamento dei territori interni e dei sistemi non metropolitani, eventualmente dettagliando e specificando le disposizioni contenute nelle linee guida di cui all’articolo 37, comma 3. 6. I piani di cui al presente articolo prevedono, in fase preliminare e per i livelli di pianificazione consortile e comunale, la redazione dei seguenti studi da elaborare su apposita cartografia aggiornata, i cui contenuti sono disciplinati con successivi decreti assessoriali: a) rapporto ambientale di cui all’articolo 13, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, come previsto dall’articolo 18; b) relazione geologica di cui all’articolo 26, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 e successive modificazioni; c) studio agricolo forestale di cui all’articolo 3, comma 11, della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15 e successive modificazioni; d) studio di compatibilità idraulica (invarianza idraulica e idrologica) come previsto dal vigente Piano di Gestione del Rischio Alluvioni.

26 Art. 25 L.R. 13 agosto 2020, n. 19 “Contenuti del Piano urbanistico generale comunale (PUG)”: 1. Il Piano urbanistico generale comunale (PUG) è lo strumento generale di governo del territorio comunale con il quale i comuni programmano e disciplinano, conformemente alle disposizioni del PTR e del PTC o del PCM nonché dei vigenti piani di settore con finalità di tutela dell’ambiente, del paesaggio e delle risorse naturali, le attività di tutela, valorizzazione e trasformazione urbanistico – edilizia dell’intero territorio comunale, mediante disposizioni che incidono direttamente sul regime giuridico dei suoli. […] 3. Il PUG, in particolare: a) specifica gli obiettivi da perseguire nel governo del territorio comunale e gli indirizzi per l’attuazione degli stessi, in coerenza con quelli individuati nella pianificazione sovraordinata; b) definisce gli elementi del territorio urbano ed extraurbano raccordando la previsione di interventi di trasformazione con le esigenze di salvaguardia delle risorse naturali, paesaggistico – ambientali, agro – silvo – pastorali e storico-culturali disponibili, nonché i criteri per la valutazione degli effetti ambientali degli interventi stessi; c) determina i fabbisogni insediativi e le priorità relative alle opere di urbanizzazione in coerenza con quanto previsto nella pianificazione sovracomunale; d) stabilisce la suddivisione del territorio comunale in zone territoriali omogenee, individuando le aree non suscettibili di trasformazione e quelle in cui è possibile la trasformazione attraverso la programmazione degli interventi pubblici e privati; e) indica le trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili nei singoli ambiti, garantendo la tutela e la valorizzazione dei centri storici nonché lo sviluppo sostenibile del territorio comunale; f) promuove l’architettura contemporanea e la qualità dell’edilizia pubblica e privata, prevalentemente attraverso la previsione del ricorso a concorsi di progettazione per particolari interventi di opere pubbliche di particolare valenza architettonica e favorendo il concorso di progettazione per gli interventi privati attraverso incentivi e premialità; g) disciplina i sistemi di mobilità di beni e persone, dando priorità ai sistemi del trasporto pubblico e alla mobilità dolce e sostenibile, pedonale e ciclabile; h) assicura la piena compatibilità delle previsioni in esso contenute rispetto all’assetto idrogeologico e geomorfologico del territorio comunale, come risultanti da apposite indagini di settore preliminari alla redazione del piano, introducendo nelle norme di attuazione le misure individuate nello studio di compatibilità idraulica; i) precisa il perimetro, le destinazioni d’uso e le regole per la trasformazione o conservazione delle aree urbanizzate e da rigenerare; l) annovera i beni paesaggistici, ambientali, culturali e storico-architettonici a tutela; m) precisa le modalità di intervento sui tessuti urbani storici, sulla base di specifiche elaborazioni riferite alla conservazione e valorizzazione del contesto fisico-spaziale e socioeconomico che consentano interventi edilizi diretti tali che siano salvi i vincoli di natura paesaggistica o monumentale di cui al codice dei beni culturali; n) stabilisce i parametri quantitativi, qualitativi e funzionali da rispettare negli interventi edilizi in relazione ai diversi ambiti insediativi, nel rispetto delle caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche, sismiche e paesaggistiche dei luoghi, valorizzandone il rapporto con gli ambienti urbani preesistenti, e fissando standard di qualità ecologica, ambientale e architettonica; o) identifica le aree che per particolare complessità, consistenza e rilevanza devono essere disciplinate da piani urbanistici attuativi; p) alla luce dei principi di contenimento del consumo di suolo, in conformità con la programmazione dello sviluppo rurale disciplina gli interventi produttivi nel verde agricolo, nel rispetto di quanto prescritto all’articolo 37; protezione; r) stabilisce le modalità di localizzazione nel territorio comunale delle attività produttive con particolare riguardo a quelle di tipo commerciale in coerenza con le previsioni dei piani sovracomunali; s) localizza le attrezzature ed i servizi relativi ai diversi ambiti di intervento e specifica le reti delle infrastrutture riferite anche alla pianificazione sovraordinata. 4. Il PUG inoltre: a) tiene conto delle risorse e delle potenzialità economiche dirette ed indirette e definisce un quadro di coerenza e priorità per la redazione del programma pluriennale delle opere pubbliche di cui costituisce premessa giuridica obbligatoria; b) recepisce e coordina a livello comunale le disposizioni derivanti da piani di settore di qualsiasi livello aventi rilevanza territoriale; c) prevede meccanismi di perequazione e compensazione urbanistica, con il duplice obiettivo di assicurare una maggiore equità e di agevolare la realizzazione dei servizi e delle infrastrutture; d) prevede, a fronte di benefici pubblici aggiuntivi, una disciplina di incentivazione per interventi finalizzati alla riqualificazione urbanistico – ambientale ed alla rigenerazione urbana e territoriale, anche ai fini della promozione del risparmio energetico e della sicurezza sismica. 5. Il PUG definisce il perimetro degli insediamenti esistenti in condizione di degrado o in assenza di qualità, al fine di: a) realizzare la loro rigenerazione mediante un’adeguata urbanizzazione primaria e secondaria; b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, paesaggistico – ambientale ed idrogeologico; c) realizzare un razionale inserimento territoriale ed urbano degli insediamenti. 6. Il PUG può subordinare l’attuazione degli interventi di recupero urbanistico ed edilizio degli insediamenti, perimetrati ai sensi del comma 5, alla redazione di appositi piani di recupero (PRU), il cui procedimento di formazione segue la disciplina prevista per i piani particolareggiati attuativi (PPA) di cui al Capo II. 7. Il PUG si articola in una parte strutturale strategica ed una parte operativa cui si applicano le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 19. L’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente emana, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le linee guida per la redazione del PUG, con particolare riferimento ai seguenti punti: a) relazione su criteri, finalità e contenuti; b) norme tecniche di attuazione (NTA) riguardanti interventi edilizi di nuova costruzione, manutenzione, recupero, trasformazione e sostituzione edilizia, le attività produttive, il mantenimento e lo sviluppo dell’attività agricola; c) rappresentazioni cartografiche dello stato di fatto e di progetto, a scala adeguata, in conformità alle basi cartografiche del SITR, a scala 1:2000 o a denominatore inferiore per il centro urbano e le frazioni abitate. 8. La definizione degli interventi e procedure relative ai titoli abilitativi edilizi è riprodotta nel regolamento edilizio comunale di cui all’articolo 29.

27 Si veda par. 2.2, infra.

28 Si veda par. 2.2, infra, in merito alla tardiva approvazione del DRAG alla produzione di un effetto a valanga sull’attività di pianificazione ai livelli inferiori.

29Rapporto Brundtland (Our Common FutureReport of the World Commission on Environment and Developement), 1987

30 Mantini P., Rigenerazione urbana, resilienza, re/evolution. Profili Giuridici, 2013, reperibile su: www.inu.it

31 Art. 2., Legge Regionale 29 luglio 2008, n. 21- “Programmi integrati di rigenerazione urbana”: I programmi integrati di rigenerazione urbana sono strumenti volti a promuovere la riqualificazione di parti significative di città e sistemi urbani mediante interventi organici di interesse pubblico. I programmi si fondano su un’idea guida di rigenerazione legata ai caratteri ambientali e storico-culturali dell’ambito territoriale interessato, alla sua identità e ai bisogni e alle istanze degli abitanti. Essi comportano un insieme coordinato d’interventi in grado di affrontare in modo integrato problemi di degrado fisico e disagio socio-economico che, in relazione alle specificità del contesto interessato, includono: a) la riqualificazione dell’ambiente costruito, attraverso il risanamento del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici, garantendo la tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio storico-culturale, paesaggistico, ambientale; b) la riorganizzazione dell’assetto urbanistico attraverso il recupero o la realizzazione di urbanizzazioni, spazi verdi e servizi e la previsione delle relative modalità di gestione; c) il contrasto dell’esclusione sociale degli abitanti attraverso la previsione di una molteplicità di funzioni e tipi di utenti e interventi materiali e immateriali nel campo abitativo, socio-sanitario, dell’educazione, della formazione, del lavoro e dello sviluppo; d) il risanamento dell’ambiente urbano mediante la previsione di infrastrutture ecologiche quali reti verdi e blu finalizzate all’incremento della biodiversità nell’ambiente urbano, sentieri didattici e mussali, percorsi per la mobilità ciclabile e aree pedonali, spazi aperti a elevato grado di permeabilità, l’uso di fonti energetiche rinnovabili e l’adozione di criteri di sostenibilità ambientale e risparmio energetico nella realizzazione delle opere edilizie. 2. I programmi sono predisposti dai comuni singoli o associati o sono proposti ai comuni da altri soggetti pubblici o privati, anche fra loro associati. I programmi assumono gli effetti di strumenti urbanistici esecutivi. A quelli di iniziativa privata si applica la previsione di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 16 della legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio). 3. I programmi devono interessare ambiti territoriali totalmente o prevalentemente edificati. I programmi non possono comportare varianti urbanistiche per trasformare in aree edificabili aree a destinazione agricola, comunque definite negli strumenti urbanistici comunali, fatta eccezione per quelle contigue necessarie alla realizzazione di verde e servizi pubblici nella misura massima del 5 per cento della superficie complessiva dell’area d’intervento. Tale variante deve comunque essere compensata prevedendo una superficie doppia rispetto a quella interessata dal mutamento della destinazione agricola, destinata a ripermeabilizzare e attrezzare a verde aree edificate esistenti.

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