di Carlo Rapicavoli. Le nuove disposizioni sulla durata del tirocinio per l’accesso alle professioni, introdotte dal D. L. 1/2012, si applicano da subito a tutti i praticanti, prescindendo dalla data di inizio della pratica.
Sulla durata del tirocinio per l’accesso alle professioni, interviene finalmente a fare chiarezza il Ministero della Giustizia, con la Circolare 4 luglio 2012 “Durata del tirocinio previsto per l’accesso alle professioni regolamentate. Interpretazione dell’art 9, comma 6, del d.l. 24 gennaio 2012, convertito con modificazioni dalla l. 24 marzo 2012 n. 27” del Dipartimento per gli Affari di Giustizia – Direzione generale della giustizia civile.
La questione interpretativa, che aveva dato luogo a diverse controversie, nasce dal disposto dell’art. 9, comma 6, del D. L. 1/2012, convertito con modificazioni in Legge 27/2012 “La durata del tirocinio previsto per l’accesso alle professioni regolamentate non può essere superiore a diciotto mesi; per i primi sei mesi, il tirocinio può essere svolto, in presenza di un’apposita convenzione quadro stipulata tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica. Analoghe convenzioni possono essere stipulate tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all’esito del corso di laurea. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle professioni sanitarie, per le quali resta confermata la normativa vigente”.
Un articolato e condivisibile parere del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Brindisi, contenuto nella delibera del 24 aprile, aveva ampiamente argomentato sull’applicabilità della nuova disciplina anche ai tirocini iniziati prima del 24 gennaio 2012, data di entrata in vigore dell’art. 9 citato.
“Il principio di irretroattività della legge, sancito dall’art.11 delle preleggi – si legge nella delibera – implica che la legge nuova può applicarsi ad effetti non ancora esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente, quando essa sia diretta a disciplinare tali effetti nonché il suo perdurare nel tempo, con autonoma considerazione dei medesimi, indipendentemente dalla loro correlazione con l’atto o fatto giuridico che li abbia generati” (Cass.Civ., III, 16 aprile 2008 n.9972; id., I, 8 marzo 2001 n.3385; ibidem, 9 febbraio 2001 n.1851; id., sez.lav., 5 aprile 2000 n.4221; id., 1 giugno 1976 n.1965; id., 29 gennaio 1973 n.271; id., 12 ottobre 1972 n.3018; C.d.S., V, 21 maggio 2010 n.3216). Orbene, facendo buona applicazione del richiamato principio interpretativo dell’art.11 citato, il comma 6 dell’art.9 del d.l. n.1/2012 prevede una diversa durata complessiva del tirocinio e può essere applicato alle situazioni di pratica forense in corso, per le quali cioè non è stato ancora rilasciato il certificato di compiuta pratica, in quanto indica appunto una “nuova “ durata che non incide sul momento genetico dell’iscrizione nel registro dei praticanti, bensì produce l’effetto di ridurre il periodo complessivo del procedimento volto all’acquisizione della condizione necessaria per partecipare all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato. La nuova previsione del resto, piuttosto che modificare o comprimere fatti o status sorti anteriormente alla sua entrata in vigore, agevola il percorso del tirocinio sotto l’unico aspetto della diminuzione del periodo e dunque costituisce una positiva incisione sulla posizione giuridico-soggettiva del praticante avvocato”.
Il consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Potenza con delibera del 3 maggio 2012 ha disposto “con effetto immediato, che la durata del tirocinio ai fini del rilascio del certificato di compiuta pratica sia di 18 mesi, in luogo dei 24 sino ad oggi previsti”.
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze con delibera del 9 maggio 2012 ha deciso “di ritenere applicabile a tutti i praticanti, anche a quelli iscritti antecedentemente alla data del 24.1.2012, la durata di diciotto mesi del tirocinio e conseguentemente ritenere applicabile, al momento del rilascio del certificato di compiuta pratica, il DL n. 1/2012”.
Sennonché il 14 maggio il Ministro della Giustizia ha trasmesso al Presidente del Consiglio Nazionale Forense un parere dell’Ufficio Legislativo del Ministero, datato 18 aprile 2012, di opposto avviso.
Sosteneva l’Ufficio Legislativo in quell’occasione che “non vi sono margini interpretativi per ritenere che le nuove disposizioni sulla durata del tirocinio possano essere applicate retroattivamente”.
L’Ufficio era giunto a tali conclusioni sulla base delle seguenti discutibili argomentazioni:
a) Mancano norme transitorie
b) Secondo l’art. 11 delle preleggi, la legge non ha efficacia retroattiva;
c) La concreta organizzazione del tirocinio viene normalmente pianificata in funzione della sua durata complessiva e pertanto l’applicazione delle nuove disposizioni ai tirocini iniziati anteriormente stravolgerebbe(!) i piani di tirocinio.
L’Ufficio si è premurato di chiarire che la modifica introdotta in sede di conversione in legge del decreto, che ha sostituito il verbo “potrà” con “può”, è una modifica di “mero drafting” e che “l’uso del tempo presente in luogo di quello futuro non può essere interpretato come espressione della mutata volontà del legislatore di applicare le nuove disposizioni anche ai tirocini in corso”.
Francamente il parere dell’Ufficio Legislativo non appariva convincente.
In primo luogo, per richiamare le preleggi come fatto dall’Ufficio, va ricordato che l’art. 12 fissa le regole di interpretazione.
L’interpretazione letterale non offre dubbi: “la durata del tirocinio…non può essere superiore a diciotto mesi”.
“Non può”, dice la norma, da oggi, per i tirocini senza distinzioni fra quelli in essere e quelli da avviare.
Ma ancora più chiara appare essere la volontà del legislatore.
Va ricordato che la disposizione in esame è stata introdotta con decreto legge in virtù “della straordinaria necessità ed urgenza” di intervenire, come prevede l’art. 77 della Costituzione.
E il Governo nel rispetto dell’art. 77 della Costituzione dichiara “Ritenuta la straordinarietà ed urgenza di emanare disposizioni per favorire la crescita economica e la competitività del Paese, al fine di allinearla a quella dei maggiori partners europei ed internazionali, anche attraverso l’introduzione di misure volte alla modernizzazione ed allo sviluppo delle infrastrutture nazionali, all’implementazione della concorrenza dei mercati, nonché alla facilitazione dell’accesso dei giovani nel mondo dell’impresa”.
Se la chiara volontà del legislatore è quella di favorire l’accesso dei giovani al mondo del lavoro, quale elemento che caratterizza la straordinarietà e l’urgenza dell’intervento normativo, appare evidente che l’intenzione era quella di estendere a tutti i giovani, subito, la riduzione del periodo di preparazione all’accesso alla professione.
Come palesemente ha sottolineato il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze “una interpretazione restrittiva della norma, rappresenterebbe dei profili di dubbia costituzionalità sotto il profilo della disparità di trattamento perché si vengono a determinare casi di praticanti iscritti dopo il 24.1.2012 che riuscirebbero a sostenere l’esame di avvocato con un anno di anticipo rispetto a chi invece si è iscritto, anche solo di pochi giorni, prima di tale data, provocando quindi una discriminazione per l’acquisizione del titolo e conseguentemente per l’entrata nel mondo del lavoro”.
Ed inoltre “la mancanza di una norma transitoria che disciplini i casi di quei praticanti già iscritti alla data del 24.1.2012 ma che completino la pratica in data successiva e la scelta legislativa della decretazione in via d’urgenza, depongono per una applicazione immediata della legge a tutti i tirocini in corso”.
L’eccesso di formalismo ravvisabile nel parere dell’Ufficio Legislativo del Ministero stride fortemente con l’intenzione del legislatore e mal si concilia con lo stesso tenore letterale della norma.
L’Ufficio parlava di “drafting normativo volto ad eliminare ogni dubbio circa l’efficacia precettiva della norma” e poi giungeva ad una interpretazione che ne limita fortemente ed ingiustificatamente la portata innovativa e di immediata applicazione propria del decreto legge.
Acquisito il parere del Ministero, alcuni Consigli dell’Ordine degli Avvocati avevano provveduto ad adeguarsi, altri, come ad esempio il Consiglio dell’Ordine di Firenze, con la delibera n. 14 del 30 maggio 2012, avevano confermato il precedente orientamento, così aprendo la strada ad un ragionevole ripensamento dello stesso Ministero.
La posizione del Consiglio di Firenze è tra l’altro così argomentata:
1) L’invocato principio della irretroattività della legge, ai sensi dell’art. 11 delle Preleggi, non può trovare ingresso nella fattispecie in esame, e cioè ai tirocini in corso al 24.01.2012 poiché la nuova normativa, cd. ius superveniens, va ad incidere su rapporti giuridici ancora non esauriti; infatti l’applicabilità della nuova durata del tirocinio anche a quelli che alla data del 24.01.2012 non si erano conclusi, è ammessa perché rapporti ancora pendenti, anche se sorti precedentemente all’entrata in vigore della nuova legge;
2) L’interpretazione fornita dal parere appare in contrasto con la ratio della recente disciplina legislativa in materia di liberalizzazioni, segnatamente in tema di accesso alle professioni, che ha fissata in 18 mesi la durata a regime del tirocinio;
3) L’applicabilità della nuova normativa anche alle pratiche in corso alla data del 24.01.2012 è confermata dall’Ordinanza Dirigenziale del 4.4.2012 (prot. n. 2155) pubblicata sulla G.U. del 10.04.2012 – 4° Serie speciale n. 28 con cui, nell’indire la sessione di esami di Stato per l’anno 2012 per l’esercizio della professione di perito industriale, indica in 18 mesi il periodo di pratica sufficiente per l’ammissione all’esame di abilitazione richiamando espressamente l’art. 9 comma 6 del D. L. 1/2012 in questione.
Non va dimenticato infatti che la questione non attiene soltanto alla pratica forense ma al tirocinio per l’accesso a tutte le professioni regolamentato per legge.
Finalmente giunge la Circolare del 4 luglio del Ministero.
Si legge nella Circolare “L’art. 9 comma 6 del D.L. 24.1.2012, convertito con modificazioni dalla legge 24.3.2012, n. 27, stabilisce che “la durata del tirocinio previsto per l’accesso alle professioni regolamentate non può essere superiore a diciotto mesi”.
Questo Ministero è stato investito, da privati e da Ordini professionali, della richiesta di parere in merito alla applicabilità della suddetta disposizione anche a coloro i quali abbiano iniziato il tirocinio anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova legge (24.1.2012).
Invero, né il decreto legge né la legge di conversione contengono disposizioni transitorie volte a regolare i casi di tirocinio professionale iniziato prima dell’entrata in vigore del decreto-legge.
Occorre pertanto fare riferimento ai principi generali in materia di successione di leggi nel tempo, tenuto conto della peculiarità della fattispecie.
Secondo l’art. 11 delle disposizioni prel. cod. civ. la legge dispone per l’avvenire. Occorre tuttavia considerare, in linea generale, che nei rapporti di durata – quale quello che attiene allo svolgimento della pratica professionale – la nuova legge può applicarsi agli effetti non esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente quando sia diretta a regolare questi effetti indipendentemente dall’atto o dal fatto giuridico che li generò; quando invece essa, per regolare gli effetti, agisce sul fatto o sull’atto generatore del rapporto, la legge nuova, salve espresse disposizioni, non estende la sua portata a quegli effetti.
Nel caso di specie, deve ritenersi che la norma sia applicabile immediatamente, ovvero anche ai casi di tirocinio iniziato in precedenza, peraltro con le precisazioni che seguono.
Si evidenzia, al riguardo, che la volontà del legislatore è chiaramente improntata ad ampliare fin dall’immediato la possibilità di accesso dei giovani al mondo del lavoro, in armonia con il più generale disegno di liberalizzazioni delle professioni.
Peraltro, ove si accedesse alla contraria interpretazione, si verificherebbero situazioni di palese disparità di trattamento nell’accesso alla professione in relazione alla data di inizio del tirocinio, nel senso di penalizzare fortemente coloro che abbiano iniziato la pratica professionale immediatamente prima dell’entrata in vigore della norma, e ciò in violazione del principio costituzionale di uguaglianza consacrato nell’art.3 Cost.
Si rileva, altresì, che in sede di conversione il legislatore ha usato – per riferirsi alla durata del tirocinio – il tempo presente in sostituzione del tempo futuro previsto nel decreto.
D’altra parte, si ritiene che l’esame di abilitazione opererà la verifica necessaria in ordine all’idoneità allo svolgimento della professione, rispetto alla quale la fase preparatoria rappresenta un mero requisito di ammissione.
Occorre peraltro affrontare in questa sede le modalità di svolgimento della pratica, alla luce della circostanza che la nuova norma prevede che “per i primi sei mesi, il tirocinio può essere svolto, in presenza di un’apposita convenzione quadro stipulata tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica”. Tanto significa che, secondo la nuova disposizione normativa, ai fini del compimento della pratica professionale è necessario che un periodo di dodici mesi, non surrogabile con altra forma di tirocinio, sia svolto con la frequentazione effettiva di uno studio professionale.
La riforma in questione assume di conseguenza valenza generale e va a disciplinare tutti i tirocini previsti per l’accesso alle professioni regolamentate, dovendosi ritenere non più applicabili le disposizioni con essa incompatibili”.