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La distribuzione delle fonti rinnovabili modifica gli equilibri mondiali.

di MARIA GABRIELLA IMBESI. Recentemente il network delle energie rinnovabili REN 211  ha pubblicato l’ultimo rapporto annuale sull’utilizzo mondiale delle fonti rinnovabili. Al lavoro hanno contribuito oltre 500 ricercatori internazionali che partecipano, a loro volta, a team multidisciplinari.  

La distribuzione mondiale delle risorse rinnovabili e le politiche di investimento sottese sono la cartina tornasole di un nuovo equilibrio che vede in posizione trainante i Paesi emergenti e pone nuove prospettive di crescita anche per il continente africano.
Dunque l’assetto geopolitico è in trasformazione e le fonti rinnovabili stanno diventando una leva di sviluppo che impone  una nuova strategia degli investimenti.

Lo studio, basandosi su alcuni parametri significativi (capacità totale di produzione di energia eolica, biomassa, energia idrica ed eolica, di produzione di acqua calda da energia solare, di biodiesel ed etanolo, ecc.), registra il trend positivo del mercato energetico, degli investimenti industriali del settore e anche delle relative politiche di sviluppo.

Infatti negli ultimi due anni si è assistito ad una crescita della domanda globale di energia rinnovabile, in particolare di energia eolica, idrica e solare. Ad esempio il prezzo dei pannelli solari e degli strumenti per l’energia eolica posizionati in mare hanno subito continui cali dovuti sia alle economie di scala che alle nuove tecnologie. Il fenomeno è peraltro conseguenza diretta dell’aumento dell’offerta di turbine e pannelli solari di provenienza cinese. Soprattutto nel settore del riscaldamento e del condizionamento le fonti rinnovabili hanno offerto grandi potenzialità di applicazione a livello industriale e domestico, accompagnate da un buon standard di innovazione tecnologica.

Tutto questo, nonostante la crisi economica internazionale e le conseguenti tensioni dei mercati, ha creato nuove opportunità di lavoro e di sviluppo economico consolidando le industrie del settore e spingendole anzi ad esplorare nuovi mercati.

Ciò ha reso le energie rinnovabili appetibili non solo per l’imprenditoria, ma anche per molti consumatori sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo.

Le energie alternative sono decollate in Asia, America latina, Stati Uniti occidentali e Africa che hanno investito molto in nuove tecnologie: gli Stati dell’Africa settentrionale e medio orientale (MENA Middle East North Africa) e il Sudafrica sono stati coinvolti nel corso del 2012 nella  realizzazione di progetti ambiziosi.

I Paesi che l’anno scorso hanno incrementato la capacità di generare energie alternative sono soprattutto Cina2, Stati Uniti, Brasile, Canada e Germania seguiti, se si esclude l’energia idrica, da Spagna, Italia e India. In Cina, in particolare, la produzione di energia eolica ha superato quella di carbone e, per la prima volta anche quella nucleare; mentre l’energia eolica e solare hanno segnato ampi livelli di penetrazione in Paesi come Danimarca e Italia.

L’impatto è stato rilevante sotto il profilo dello sviluppo tecnologico e dell’occupazione che, direttamente o indirettamente, ha coinvolto circa 5.7 milioni di lavoratori a livello mondiale. Infatti le rinnovabili hanno incentivato nuove applicazioni industriali, inclusa la desalinizzazione (utilizzata soprattutto nelle regioni aride per produrre energia solare) e l’industria mineraria la cui attività sfrutta energia in forma intensiva ed è allocata spesso in regioni lontane dai centri abitati.

Quanto alla distribuzione geografica dell’energia alternativa, la Germania è diventata una potenza leader del settore, affiancata da altre “economie verdi” come Austria, Belgio, Finlandia, Italia, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera e Regno Unito.

Il nostro Paese non sfigura a livello mondiale riuscendo a posizionarsi, a seconda dei parametri considerati, nelle prime cinque posizioni. Per esempio, si colloca al 5° posto (dopo potenze economiche come Stati Uniti, Germania e Giappone) per la quota di investimenti annuali e al primo addirittura per la produzione di energia solare. Nel 2012,  sempre nel settore dell’energia solare, mantiene saldamente la seconda posizione per la capacità complessiva di sviluppo alle spalle della Germania. In generale in Italia, se si esclude l’energia idroelettrica, si assiste a una capacità di sviluppo totale elevatissima a dimostrazione che le politiche agevolative adottate stanno dando i loro frutti.

La politica industriale

Alla fine del 2012 risultano coinvolti nella produzione di energie rinnovabili ben 138 Stati. Ma il rapido cambiamento delle condizioni di mercato per le energie rinnovabili, vincolato ai bilanci nazionali, così come il diffuso impatto della crisi economica mondiale, hanno avuto effetti diversi: alcuni Paesi sono stati costretti a rivedere le disposizioni normative che disciplinano il settore in senso restrittivo; altri, invece, hanno reagito migliorando le infrastrutture e altri ancora hanno adottato obiettivi più ambiziosi.

Tra gli strumenti per lo sviluppo delle fonti alternative è diffuso il c.d. feed-in tariff o tariffa omnicomprensiva, ovvero un meccanismo attraverso il quale viene riconosciuta per un certo periodo (solitamente 15 anni) a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili e certificati come tali, una tariffa per l’energia prodotta e immessa in rete. Tale energia viene venduta alla rete con un’unica tariffa agevolata che include la componente incentivante e la componente di valorizzazione dell’energia elettrica immessa in rete.

Parallelamente si è assistito alla crescita di politiche pubbliche più competitive nella distribuzione delle energie rinnovabili.

Le energie rinnovabili hanno sostituito quelle fossili e nucleari in almeno quattro mercati: generazione energetica, riscaldamento e climatizzazione, carburanti e, infine, servizi energetici nel settore rurale.

Settore del riscaldamento e del condizionamento

Lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili (biomassa, energia solare e geotermica in particolare) copre spesso la produzione corrente di acqua calda e riscaldamento, ma in alcuni casi anche di raffreddamento, grazie a refrigeratori ad assorbimento e pompe di calore.
Tali risorse sono ormai largamente utilizzate per produrre calore nei processi industriali e nelle applicazioni dell’agricoltura. Inoltre la progettazione secondo criteri bioclimatici (c.d. sistema solare passivo) consente di fornire calore e spesso illuminazione agli edifici pubblici e privati.

L’Europa è la regione leader nei consumi bioclimatici, ma la richiesta di energia alternativa si sta diffondendo ovunque, soprattutto nei Paesi emergenti. Gli impianti solari sono infatti utilizzati in almeno 56 Stati per la produzione di acqua calda nelle abitazioni private e negli edifici pubblici e il loro uso è estensivo in Cina. L’energia geotermica è, invece, diffusa in oltre 78 Stati per la produzione di calore, compresi i sistemi di teleriscaldamento, per piscine e per processi industriali e agricoli che fanno tradizionalmente grande uso delle pompe di calore.
Da rimarcare il fatto che l’utilizzo delle energie rinnovabili è ancora limitato rispetto alla domanda, che pure registra un aumento, ma che l’interesse crescente verso questo settore è stato accompagnato, soprattutto in Europa, da una serie di politiche di supporto che hanno spinto e continuano a spingere i consumatori verso le “tecnologie verdi”.

Il trasporto

Anche il settore dei trasporti è stato profondamente influenzato dalle energie rinnovabili, con l’introduzione di bio carburanti e lo sviluppo di veicoli e treni elettrici, mentre si sta sperimentando l’utilizzo di veicoli a idrogeno

Tuttavia il ricorso ai biocarburanti è ancora piuttosto limitato, in quanto supera appena la soglia del 2,5% dei trasporti globali, sebbene le aspettative del settore siano in crescita.

Aumenta, ad esempio, la quantità di biometano e biogas purificato presente nei carburanti degli autoveicoli privati e pubblici e dei treni locali in numerosi Paesi dell’Unione europea (soprattutto Germania e Svezia) e in alcune comunità del Nord America.

Si stanno inoltre diffondendo trasporti elettrici soprattutto nelle grandi città contraddistinte da un numero crescente di autovetture, motocicli, scooter e biciclette a fornitura elettrica. In proposito la Banca tedesca ha annunciato che nel 2013 favorirà investimenti con l’obiettivo che il 75% dei trasporti a lunga gittata siano riforniti con energie rinnovabili.

Livello degli investimenti

La crisi economica e la conseguente riduzione degli investimenti, associate all’incertezza sulle politiche ambientali, hanno comunque mostrato i loro effetti in Europa, in Cina e in India.

Gli investimenti nel settore delle rinnovabili, pure contando su 244 bilioni di dollari per il 2012, sono di fatto calati di un 12% circa rispetto al livello record raggiunto nel 2011, sebbene restino al di sopra della soglia raggiunta nel 2010.

La riduzione degli investimenti, che contrasta un trend positivo pluriennale, è il risultato dell’incertezza sulle politiche infrastrutturali che ha contraddistinto le maggiori economie industrializzate. In Europa gli investimenti sono calati del 36% e negli USA del 35%, anche se i finanziamenti per le rinnovabili superano ancora quelli stanziati per lo sfruttamento delle tradizionali energie fossili.

L’aspetto più eclatante è però il divario registrato tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo: nei primi gli investimenti sono scesi globalmente del 29% per un ammontare di 132 bilioni di dollari; nei secondi sono, al contrario, saliti del 34% raggiungendo i 112 bilioni, cifra che rappresenta praticamente quasi la metà degli investimenti mondiali.

Il cambiamento è sintomatico di una diversa distribuzione della ricchezza mondiale e del diverso approccio alle tematiche ambientali. Mentre Europa e Stati Uniti riducono le spese per incentivare energia eolica e solare, l’interesse mondiale degli investitori si sposta verso i mercati emergenti dove cresce l’attrattività delle energie rinnovabili e scendono i costi di turbine e pannelli solari. Comunque, in materia, Europa e Cina da sole concentrano il 60% degli investimenti. Gli impianti solari sono stati il comparto energetico trainante, raccogliendo la metà degli investimenti per fonti rinnovabili, e la quasi totalità dei finanziamenti è concentrata sui pannelli solari.

Il caso dell’Africa

Un caso che merita particolare attenzione è quello del continente africano che è stato (e purtroppo è tuttora) sfruttato da compagnie petrolifere e industrie estrattive straniere. Tuttavia l’Africa è ormai consapevole delle potenzialità raggiunte nel settore delle energie rinnovabili.
Ampie aree dell’Africa settentrionale e meridionale sfruttano gli impianti solari e altre regioni possono contare sul grande potenziale dell’energia eolica e geotermica. Nel complesso al momento è sfruttato soltanto il 7% del potenziale di energia elettrica. Nonostante gli sforzi, il mercato africano delle energie rinnovabili resta il fanalino di coda a livello mondiale. Di positivo il fatto che molti Stati africani stanno adottando una visione politica globale dello sviluppo sostenibile e cercano di favorire l’applicazione di economie di scala. In particolare il nord Africa continua a guidare, grazie all’energia eolica, il processo di sviluppo del continente, mentre ad est, soprattutto in Kenya, si punta essenzialmente sull’energia geotermica. In Sudafrica inoltre sono in progetto per il 2013 numerosi impianti eolici e solari, dopo che per anni si è parlato solo di riforme e regolamentazione.

Il problema è che il continente si avvale sostanzialmente di tecnologie importate che ne hanno finora condizionato la crescita economica. Le cose però stanno rapidamente cambiando, in quanto alcune organizzazioni interregionali (come EAC3, ECOWAS4, MENA5 e SADC6) stanno promuovendo l’innovazione tecnologica interna e nuove strategie economiche.

Per lo sviluppo del settore sono previsti investimenti che coprono solo il 6% del PIL del continente (circa 41 bilioni di dollari annui) e resta così cruciale l’apporto di capitali stranieri. Strategico in questo senso è il ruolo della Cina che sta finanziando numerosi progetti per lo sviluppo dell’energia idrica in Etiopia, Nigeria, Sudan e Zambia, e di quella geotermica in Kenya. Ma gli investitori cinesi sono molto attivi anche nell’ambito del solare e dell’eolico.

Il rapporto lascia però aperte alcune incognite sul futuro del Continente: la percezione dall’esterno non è positiva. Se, da un lato, il fermento degli investimenti stranieri fa ben sperare per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, dall’altro permane il rischio che capitali e investitori stranieri possano avere un effetto boomerang per l’Africa trasformandosi in una minaccia per la prosperità economico-sociale delle comunità locali e per la stabilità politica degli Stati coinvolti.

L’Africa resta, comunque, uno dei continenti più attivi e promettenti nel settore delle rinnovabili e ha ancora in mano il suo destino politico-economico.

Note
1  Rapporto REN 21:Worldwide Engagement for Sustainable Energy Strategies 2012,  luglio 2013
2  Per il 2013 il 12° Piano quinquennale cinese prevede “lo stanziamento di 294 miliardi di dollari (1.800 milioni di Yuan)”, da Il Sole 24 Ore del 23 agosto 2013
3      East Africa Community che comprende Burundi, Kenya, Rwanda, Uganda e Tanzania
4      The Economic Community Of West African States cui aderiscono 16 Stati: Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Gana, Guinea, Guinea Bissau, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo
5      Middle East and North Africa
6      Southern Africa Development Community: Angola, Botswana, Congo, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Seychelles, Sud Africa, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbabwe

L’articolo è stato tratto dalla Rivista Giuridica www.AmbienteDiritto.it


 

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