di Carlo Rapicavoli –
La Corte Costituzionale, appena sei mesi dopo la sentenza n. 188 del 24 luglio 2015, torna a ribadire, con la sentenza 10/2016 depositata il 29 gennaio 2016, il principio fondamentale secondo il quale l’attribuzione di funzioni agli Enti Locali – pena la sanzione di incostituzionalità – deve essere accompagnata da adeguate risorse finanziarie per l’esercizio delle stesse.
Ne consegue la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge finanziaria della regione Piemonte del 2014 nella parte in cui non consente di attribuire adeguate risorse per l’esercizio delle funzioni conferite alle Province.
Il principio ribadito dalla Corte ha potenziali effetti sull’intero complesso normativo sia statale che regionale.
Per il comparto delle Province, in particolare, non si può non fare riferimento alla legge di stabilità 2015 (Legge 190/2014), che ha comportato una riduzione insostenibile di risorse a Province e Città metropolitane, tanto da indurre lo stesso legislatore a correre, in qualche modo, ai ripari, prima per l’esercizio 2015 con il D. l. 78/2015, e poi per il 2016 con la legge di stabilità, prevedendo bilanci di previsione solo annuali e misure di emergenza in materia finanziaria che, senza correttivi adeguati, condurranno inesorabilmente al dissesto tutti gli Enti.
La motivazione della sentenza è di una chiarezza esemplare; riportare alcun stralci della stessa rende certamente evidente il significato meglio di qualunque commento.
“Ogni stanziamento di risorse deve essere accompagnato da scopi appropriati e proporzionati alla sua misura; il principio di buon andamento implica, da un lato, che le risorse stanziate siano idonee ad assicurare la copertura della spesa, a cominciare da quella relativa al personale dell’amministrazione, e, dall’altro, che dette risorse siano spese proficuamente in relazione agli obiettivi correttamente delineati già in sede di approvazione del bilancio di previsione” (sentenza n. 188 del 2015)”.
“Il principio del buon andamento – ancor più alla luce della modifica intervenuta con l’introduzione del nuovo primo comma dell’art. 97 Cost. ad opera della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale) – è strettamente correlato alla coerenza della legge finanziaria regionale e di quella di bilancio con la programmazione delle attività e dei servizi che si intendono finanziare a legislazione vigente”.
“In assenza di adeguate fonti di finanziamento a cui attingere per soddisfare i bisogni della collettività di riferimento in un quadro organico e complessivo, è arduo rispondere alla primaria e fondamentale esigenza di preordinare, organizzare e qualificare la gestione dei servizi a rilevanza sociale da rendere alle popolazioni interessate”.
“In detto contesto, la quantificazione delle risorse in modo funzionale e proporzionato alla realizzazione degli obiettivi previsti dalla legislazione vigente diventa fondamentale canone e presupposto del buon andamento dell’amministrazione, cui lo stesso legislatore si deve attenere puntualmente”.
“È stato in proposito più volte ribadito da questa Corte che «l’esistenza di oneri nascenti dal contenuto della legge determina la necessità dell’indicazione dei mezzi finanziari per farvi fronte. Verrebbe altrimenti “disatteso un obbligo costituzionale di indicazione al quale il legislatore, anche regionale (ex plurimis, sentenza n. 68 del 2011), non può sottrarsi, ogni qual volta esso preveda attività che non possano realizzarsi se non per mezzo di una spesa” (sentenza n. 51 del 2013)» (sentenza n. 4 del 2014)”.
“L’eccessiva riduzione delle risorse e l’incertezza sulla loro definitiva entità non consentono una proficua utilizzazione delle stesse in quanto «solo in presenza di un ragionevole progetto di impiego è possibile realizzare una corretta ripartizione delle risorse […] e garantire il buon andamento dei servizi con esse finanziati» (sentenza n. 188 del 2015)”.
“La riduzione sproporzionata delle risorse, non corredata da adeguate misure compensative, è infatti in grado di determinare un grave vulnus all’espletamento da parte delle Province delle funzioni espressamente conferite dalla legge regionale, determinando una situazione di “inadempimento” rispetto ai parametri legislativi fissati dalla legge n. 59 del 1997 e dalla stessa legge regionale di attuazione, la cui vigenza permane nella sua originaria configurazione”.
“Sotto tale profilo, le norme impugnate «non superano il test di proporzionalità, il quale “richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio […] sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti e se stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi” (sentenza n. 1 del 2014)» (sentenza n. 272 del 2015)”.
“Dette norme operano, nel quadro ordinamentale dei servizi esercitati sul territorio regionale, in direzione opposta all’obiettivo di assicurare lo svolgimento delle funzioni conferite alle Province”.
“Dunque la forte riduzione delle risorse destinate a funzioni esercitate con carattere di continuità ed in settori di notevole rilevanza sociale risulta manifestamente irragionevole proprio per l’assenza di proporzionate misure che ne possano in qualche modo giustificare il dimensionamento (su analoga questione, sentenza n. 188 del 2015)”.
“L’art. 3 Cost. è stato ulteriormente violato sotto il principio dell’eguaglianza sostanziale a causa dell’evidente pregiudizio al godimento dei diritti conseguente al mancato finanziamento dei relativi servizi”.
“Tale profilo di garanzia presenta un carattere fondante nella tavola dei valori costituzionali e non può essere sospeso nel corso del lungo periodo di transizione che accompagna la riforma delle autonomie territoriali”.
“Questa Corte non ignora il processo riorganizzativo generale delle Province che potrebbe condurre alla soppressione di queste ultime per effetto della riforma costituzionale attualmente in itinere”.
“Tuttavia l’esercizio delle funzioni a suo tempo conferite – così come obiettivamente configurato dalla legislazione vigente – deve essere correttamente attuato, indipendentemente dal soggetto che ne è temporalmente titolare e comporta, soprattutto in un momento di transizione caratterizzato da plurime criticità, che il suo svolgimento non sia negativamente influenzato dalla complessità di tale processo di passaggio tra diversi modelli di gestione”.
“Dunque le norme impugnate, nella parte in cui, in modo irragionevole e sproporzionato, riducono – senza alcun piano di riorganizzazione o di riallocazione – le dotazioni finanziarie per l’esercizio delle funzioni conferite dalla legge della Regione Piemonte n. 34 del 1998, pregiudicandone in tal modo lo svolgimento, risultano in contrasto con gli artt. 3, 97, 117 e 119 Cost. e debbono, pertanto, essere dichiarate costituzionalmente illegittime”.