La vicenda riguarda le intercettazioni delle conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con l’ex ministro dell’Interno ed ex vicepresidente del Csm Nicola Mancino, sottoposto a sorveglianza dai pm siciliani nell’ambito dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia. La Consulta ha deciso anche di ridurre i tempi previsti per l’esame nel merito del ricorso sollevato dal Capo dello Stato, che verrà affrontato la seconda settimana di novembre.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva presentato ricorso dopo le intercettazioni indirette di conversazioni telefoniche con l’ex ministro dell’Interno ed ex vicepresidente del Csm Nicola Mancino, sottoposto a sorveglianza dai pm siciliani nell’ambito dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia. Al centro del ricorso, la mancata distruzione delle telefonate registrate intercettando le conversazioni dell’ex ministro Mancino: il comportamento dei pm di Palermo avrebbe leso le prerogative garantite al Capo dello Stato dall’articolo 90 della Costituzione, è la tesi sostenuta dall’Avvocatura dello Stato.
La Procura di Palermo si difende sostenendo che per procedere alla distruzione delle intercettazioni è necessaria, in base al codice di procedura penale, un’apposita udienza davanti al gip.
«Non siamo sorpresi. La valutazione di ammissibilità è un passaggio processuale, serve a stabilire se ci sono i presupposti astratti del conflitto di attribuzione. Ma non ha nessuna incidenza su fondatezza dei contenuti, quindi sul ricorso». Così il procuratore di Palermo, Francesco Messineo. «La questione – ha proseguito il procuratore – sarà adesso analizzata nel merito, sarà esaminata nei dettagli, ancora la vicenda è tutta da decidere. Vedremo cosa succederà nell’udienza che ha fissato la Corte. Lì si capirà davvero qual è l’orientamento dei giudici». Per Messineo «si tratta di una valutazione solo formale, se astrattamente sussistono i presupposti, non significa che dall’analisi della vicenda non possa emergere con chiarezza che il nostro operato è stato corretto».
Mentre, il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, commentando la decisione della Consulta di dichiarare ammissibile il conflitto di attribuzione tra la Procura di Palermo e il Quirinale ha dichiarato che la decisione era scontata: “Non siamo per nulla sorpresi, era una decisione scontata che ci attendevamo. Non avevamo dubbi che il conflitto d’attribuzione fosse ammissibile, ma la fondatezza è un altro discorso”. Anche Igroia, come prima di lui il procuratore capo Francesco Messineo ha voluto sottolineare: “Non abbiamo mai leso le prerogative del Capo dello Stato”.