Nella seduta di martedì 9 ottobre Il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge costituzionale di riforma del Titolo V.
L’intervento – spiega la nota diffusa da Palazzo Chigi – “si è reso necessario viste le criticità emerse nel corso di questi anni; tuttavia, dato il breve spazio di legislatura ancora a disposizione, l’obiettivo è quello di apportare modifiche quantitativamente limitate, ma significative dal punto di vista della regolamentazione dei rapporti fra lo Stato e le regioni.
Le principali innovazioni concernono il controllo della Corte dei Conti sugli atti e sui bilanci regionali, il coinvolgimento delle regioni a statuto speciale al risanamento della finanza pubblica e l’assoggettamento della loro autonomia finanziaria al principio dell’equilibrio di bilancio, l’introduzione della cd clausola di supremazia (presente in gran parte degli ordinamento federali) che affida allo Stato, a prescindere dalla ripartizione delle competenze legislative con le regioni, il compito di garante dei diritti costituzionali e dell’unità della Repubblica, la revisione dell’assetto della potestà legislativa attraverso lo spostamento alla competenza esclusiva dello Stato di diverse “materie” attualmente in regime di potestà concorrente, la ridefinizione del rapporto fra legislazione statale e regionale nelle materie di competenza concorrente attraverso il superamento del concetto di “principi fondamentali”, la ridefinizione dei limiti della c.d. competenza legislativa “residuale” delle regioni, la disciplina della c.d. “attrazione in sussidiarietà” della competenza legislativa.
In particolare vengono riservate alla competenza esclusiva dello Stato alcune materie che erano precedentemente oggetto della legislazione concorrente tra Stato e Regioni: il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la disciplina dell’istruzione, il commercio con l’estero, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia.
Inoltre vengono attribuite in esclusiva allo Stato anche materie sino ad ora non specificamente individuate nella Costituzione e che sono state oggetto, in questi anni, di contenzioso costituzionale: la disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, le norme generali sul procedimento amministrativo, i livelli minimi generali di semplificazione amministrativa e la disciplina generale degli enti locali. Ciò significa che lo Stato non sarà più competente soltanto a disciplinare le funzioni fondamentali dei Comuni e delle altre autonomie territoriali, ma potrà ad esempio legiferare sul dimensionamento degli enti locali.
La materia del turismo è stata altresì trasferita dalla competenza esclusiva delle regioni alla competenza concorrente e quindi la legge statale potrà contribuire a disciplinare la materia.
L’obiettivo è quello di impostare il rapporto fra leggi statali e leggi regionali secondo una logica di complementarietà e di non conflittualità.
Altre significative novità riguardano la flessibilizzazione dei confini tra la potestà regolamentare dello Stato e delle Regioni, il riconoscimento di rango costituzionale alla Conferenza Stato-Regioni, la preclusione dell’impugnazione degli atti che abbiano ricevuto intesa o parere favorevole in sede di Conferenza Stato-Regioni, il potere di impugnazione delle leggi regionali da parte del Governo e l’uniformazione del controllo di costituzionalità delle leggi siciliane alle regole vigenti per le altre regioni.
Nello specifico l’attribuzione della potestà regolamentare viene formulata in maniera diversa da quella attuale: non si farà più riferimento alle cd materie, cioè agli ambiti di potestà legislativa, ma all’esigenza di disciplinare l’attuazione delle leggi dello stato e delle regioni.
Il ddl mira inoltre ad affermare il principio di leale collaborazione attribuendo rango costituzionale alla conferenza stato-regioni, ai fini dello svolgimento coordinato dell’attività legislativa, regolamentare e amministrativa dello Stato, ma anche delle regioni e delle province autonome. si dispone inoltre, in funzione di deflazione del contenzioso, che non potranno essere impugnati dinanzi alla Corte costituzionale gli atti ( aventi o meno carattere legislativo) che abbiano ottenuto un’intesa o un parere favorevole in Conferenza Stato-Regioni.
Infine viene uniformata la procedura di impugnazione delle leggi regionali siciliane a quella operante per le leggi di tutte le altre regioni, anche a statuto speciale, come già auspicato dalla stessa corte.
La procedura attualmente vigente era originariamente legata alla competenza dell’alta corte siciliana ed affida il potere di impugnazione ad un organo non politico (il Commissario dello Stato per la regione siciliana) entro un termine molto ristretto (cinque giorni).
Qualora venisse definitivamente approvato il ddl, invece, le leggi regionali siciliane potrebbero essere impugnate dal Governo con la stessa procedura prevista per le altre Regioni.