L’ USO DEI MERCENARI NELLE GUERRE A BASSA INTENSITA’ DEL XXI SECOLO.
-Il caso Ucraina-
Sergio Benedetto Sabetta
La guerra in atto in Ucraina è nei fatti una guerra a bassa intensità, dove si evitano bombardamenti massicci puntando su prevalenti bombardamenti mirati per colpire le infrastrutture dell’avversario, circostanza che comporta il prevalere di una guerra di comunicazione.
D’altronde se nessuno dei due contendenti vuole occupare una regione totalmente devastata da dovere ricostruire, è anche da considerare che ormai nella cultura occidentale si è diffusa una opposizione a sacrificare i propri giovani sui campi di battaglia, si preferisce delegare a specialisti ben pagati.
Questo impone due limiti, il primo i costi da sostenere, il secondo la disponibilità di volontari per eserciti di centinaia di migliaia di uomini.
Questa circostanza si è ripetuta varie volte nel corso della storia, basti pensare nel periodo più recente al tardo Medio Evo, dove in Italia le milizie comunali vennero sostituite dalle Compagnie di Ventura, o in Europa agli eserciti delle monarchie assolutistiche del ‘600 e ‘700. Quanto sopra descritto si è ripetuto, con modalità diverse, anche nell’Europa Orientale.
Si ha in tal modo il superamento della concezione rivoluzionaria francese del “cittadino in armi”, pronto alla difesa della Nazione e dei suoi valori, dei diritti nascenti da doveri collettivi.
L’uso di mercenari nasce sia dal prevalere della necessità di corpi armati fedeli ad autorità autolegittimantesi, ma anche e soprattutto dal prevalere di una visione esclusivamente economicistica, nella quale ci si concentra sulle capacità produttive e sull’incremento economico, l’accresciuta ricchezza così prodotta sarà poi usata in termini militari, senza altre distrazioni e richieste di pesanti sacrifici alla popolazione.
Già nel corso dell’800 e ‘900 erano riapparse delle milizie mercenarie nelle guerre coloniali e di de-colonizzazione, soprattutto in Africa, ma è nel volgere del nuovo millennio che esplode il fenomeno.
Ad esempio tra il 1994 e il 2002 il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha stipulato oltre 3.000 contratti con “Compagnie Militari private” statunitensi, impiegando più di 15.000 uomini, dagli anni 2000 vi è stato un ulteriore incremento (A. Mockler, Storia dei mercenari. Da Senofonte all’Iraq, Odoya 2009).
L’uso di reparti mercenari privati permette un doppio beneficio a fronte dei costi, il primo è l’evitare di impegnare sul campo reparti regolari sottoposti ai vincoli dei trattai internazionali, compreso l’uso della tortura per recuperare informazioni, il secondo sottrarsi alla pressione dell’informazione pubblica relativamente sia alle perdite che all’uso delle truppe sul campo.
Queste caratteristiche ne hanno consigliato l’uso nelle guerre in Iraq, Siria, Libia, Afganistan e l’estensione progressiva dei compiti e dei soggetti anche privati che l’impiegano.
Mentre le Forze Armate regolari rispondono esclusivamente allo Stato, con i relativi diritti e doveri derivanti da tale status, comprese le tutele di prigioniero di guerra, i mercenari se catturati ne sono completamente privi, risultando dei puri fantasmi.
Per il diritto internazionale risulta essere mercenario colui che partecipa ad un conflitto armato per un vantaggio puramente personale e riceve una remunerazione materiale nettamente superiore a quella pagata in analoghe funzioni nelle Forze Armate regolari (Convenzione di Ginevra, protocollo addizionale 8 giugno 1977, integrata dalla Convenzione internazionale dell’Assemblea Generale delle N.U. del 4 dicembre 1989, risoluzione 44/34 entrata in vigore il 20 ottobre 2001 e ratificata dall’Italia con la L. 12 maggio 1995, n. 210, tuttavia non adottata da molti paesi, tra cui gli Stati Uniti).
Attualmente vi sono migliaia di aziende sul mercato, di cui molte anglosassoni, ma anche russe e qualcuna cinese, per cifre che nel 2019 si aggiravano sui 50 – 60 miliardi di dollari l’anno.
Dobbiamo considerare che con la fine della guerra fredda sono aumentati i conflitti a bassa intensità, fino alle attuali tensioni tra i Super Stati per definire le nuove aree di influenza, a cui si è contrapposta una riduzione degli effettivi negli eserciti nazionali.
Nella guerra in Ucraina attualmente in corso vi è stato per la prima volta un grande dispiegamento di milizie mercenarie in una guerra in Europa, sebbene nell’estremo settore sud-orientale, con tutte le problematiche sopra evidenziate dalla violazione dei diritti umanitari in guerra, riconosciuti dalle Convenzioni, alla difficoltà di inquadrare giuridicamente i combattenti delle due parti, con vicendevoli accuse di violenze (N. Cristadoro, La guerra in Ucraina. Il ruolo dei paramilitari, 132-135, Limes 4/2022 e I Mercenari d’Ucraina, 209-219, Limes 7/2022).
Quello che emerge è la fragilità attuale di una società post-moderna, che nel reclamare i più ampi e forti diritti, quasi senza doveri se non finanziari, ma incerti, si affida al contempo a milizie mercenarie per guerre di vario genere a intensità varia.
Nell’attuale fluidità sociale, dove si tende e si vorrebbe evitare il rischio vi è una forte difficoltà nel definire il soggetto, travolti dalle stesse difficoltà della decodificazione delle ambiguità comunicative, essendovi alla base una forte ambiguità sui valori se non formali nella loro esposizione, spesso in contraddizione senza una precisa scala, con una élite globale concentrata sulla finanza ma al tempo stesso non definita politicamente (P. Hammond, Media e guerra. Visioni post-moderne, Odoya 2008).
Dobbiamo concludere richiamando gli avvertimenti del Macchiavelli sui pericoli dell’uso intensivo delle milizie mercenarie, osservazione già avanzata da Polibio.